Una storia davvero sfortunata quella
dei monumenti dedicati ad Antonio Stradivari. Come se una sorta di
maledizione gravasse sulla memoria del principe dei liutai da quando,
demolita la cappella del Rosario in san Domenico, dove si trovava il
suo sepolcro, le sue ossa andarono sciaguratamente disperse in una
fossa comune del cimitero. Eravamo nel 1897 e Luigi Ferrari, nipote
dell'imprenditore che aveva demolito la chiesa, il 20 dicembre
scriveva al marchese Giorgio Sommi Picenardi: “Le tre teste trovate
nel sepolcro Stradivari vennero conservate in casa mia per diversi
anni; poi stanchi di vederle sempre ballottare da un posto all'altro
decidemmo di portarle nel Cimitero di Cremona, dove credo si trovano
ancora”. Da quel momento, forse oppressi dal senso di colpa, fu una
continua rincorsa a progettare monumenti, che peraltro non furono mai
realizzati. I tre che furono eretti negli anni più recenti, non
hanno avuto un esito migliore: a quello di Floriano Bodini in piazza
Stradivari, realizzato nel 1999, già utilizzato anche per tendere i
fili del mercato, sono state asportare le aste del compasso;
decapitata più volte del ricciolo del violino, che il maestro scruta
attentamente nel ricordo dell'iconografia dell'Hamman, è invece la
creazione più recente in vetroresina posta in corso Garibaldi, dopo
essere stata dimenticata nelle serre comunali.
Il cippo in piazza Roma nel 1950 in un servizio di Epoca |
Ha finito le sue
peregrinazioni in piazza Marconi lo Stradivari di Gianfranco Paulli
del 2010, dopo essere stato ospite ingombrante sotto i portici del
cortile Federico II, ed in una dimessa aiuola di via Palestro, sul
retro del museo civico, è finito il bel busto di Pietro Foglia. Non
gode di miglior salute la lapide in marmo posta nel 1953 in piazza
Roma a ricordare la presenza del sepolcro, soluzione di ripiego in
sostituzione di un precedente cippo immortalato in una maliziosa foto
pubblicata da Epoca nel 1950 a corredo di un reportage di Joseph
Wechsberg, mentre un cane vi depone il suo “ricordo”. Eppure
anche in quegli anni si parlava di realizzare quel monumento di cui
si era tanto discusso quarant'anni prima. Era il 28 febbraio 1910
quando l'assessore Cinisetti, per conto del sindaco Dario Ferrari
scriveva al celebre scultore milanese di origini cremonesi Luigi
Secchi un'accorata lettera: “Mi rivolgo a lei, che onora l'arte
italiana e la terra ove ella nacque e invoco, la di lei grande
valentia insieme alla sua accondiscendenza per solvere un debito
morale, che incombe alla città di Cremona in ispecial guisa, e
concorrere in un atto elevato e geniale- Nella chiesa di S. Domenico,
che abbattuta più di 30 anni or sono ha lasciato posto a vaghezza di
piante e fiori giacquero le ossa del grande liutaio cremonese Antonio
Stradivari e la tomba era contrassegnata da una pietra sepolcrale
collocata in altra delle cappelle laterali della chiesa. La pietra
venne rimossa nell'atto della demolizione e si conserva come cosa
sacra nel Museo Civico. Ma purtroppo le ossa andarono confuse con
quelle di altri cadaveri tumulati nello stesso sepolcro. Ora con la
pianta topografica della località alla mano si è potuto stabilire
il fronte dell'attuale giardino di piazza Roma corrispondente a
quello ove esisteva la tomba dello Stradivari. Tale fronte è di
limitata estensione, di modo che, volendosi, come questa
amministrazione di proporre, erigere e collocare un ricordo durevole,
questo non potrebbe essere che relativamente di piccola mole,
racchiuso oltrechè che l'aiuola, nella quale dovrebbe trovare posto
il ricordo sopradetto, misura in larghezza all'incirca metri 2.
Intanto questo municipio porge invito a Lei, valorosissimo artista,
che si compiaccia di studiare e intentare un progetto di ricordo
monumentale, il quale sia adatto e rispondente al fine che che il
Comune si propone e si faccia tempo alla località ove l'opera d'arte
in onore di Antonio Stradivari deve sorgere. Se la S.V. Ill.
esaudisse in massima alla preghiera che in nome di questa
amministrazione mi onoro di rivolgerle, si compiaccia favorirmi
sollecito e desiderato riscontro e mi indichi fare tutti quei visti
ed elementi che io dovrò fornirle per agevolare i suoi studi e la
sua proposta. Con grato animo e con distinta stima e osservanza mi
protesto, pel sindaco”. Secchi rispose pochi giorni dopo dicendo
che, per precedenti impegni, era impossibilitato venire a Cremona per
effettuare un sopralluogo ed, in sua vece, avrebbe mandato il figlio,
ingegnere ed architetto. In realtà le carte non dicono se poi il
sopralluogo avvenne effettivamente, sta di fatto che già il 28
aprile il “ricordo monumentale” si era ridotto ad un “semplice
collocamento in giardino d'un segno modestissimo, ma appropriato, in
marmo, su quale siano scolpite queste parole: 'Qui la tomba del
sovrano dei liutai (provvisorio)”, alto circa 90 centimetri e
“l'epigrafe dev'essere in nero”.
Il bozzetto di Michieli |
Bisogna attendere il 1914 perchè nasca
una commissione promossa dall'Associazione Filodrammatica e dalla
Società Concerti con il compito di costituire un Comitato
Internazionale per erigere a Cremona un monumento ad Antonio
Stradivari ed ai liutai cremonesi, presieduta da Alfonso Mandelli,
con la partecipazione di monsignor Angelo Berenzi, Gaetano Cesari e
Federico Caudana. Ma lo scoppio della guerra frena l'iniziativa, che
viene riproposta nel 1919 alla nuova amministrazione comunale guidata
da Attilio Botti, perchè “dia, prima di ogni altro, il suo aiuto
finanziario all'iniziativa che ha raccolto l'interessamento di quanti
hanno ammirazione per i grandi liutai cremonesi”. Ed il Comune
rispose l'anno dopo con un primo stanziamento di duemila lire.
Tuttavia anche questo progetto restò lettera morta. Bisogna arrivare
al 2 aprile 1936 per trovare finalmente traccia di un nuovo progetto
monumentale nella prima riunione dell'Ente provinciale del Turismo,
presieduto da Tullo Bellomi, in occasione della costituzione del
Comitato per le celebrazioni stradivariane del 1937. In realtà non
si fa alcun accenno ad un progetto specifico, anche se oggi sappiamo,
sulla scorta dell'epistolario di Illemo Camelli conservato presso la
Biblioteca Statale di Cremona, che lo scultore individuato per la sua
realizzazione fu il cremonese Antonio Pezzani, abbastanza noto per la
sua partecipazione alla Biennale di Venezia del 1930, marito della
nobildonna soncinese Vittoria Della Scala, contattato direttamente
dallo stesso Tullo Bellomi. Fino ad ora l'unico bozzetto noto per un
monumento a Stradivari in occasione delle celebrazioni del
bicentenario del 1937 era quello in gesso patinato e bronzo
realizzato da Guglielmo Michieli, originario di Padova ed insegnante
all'Istituto Tecnico Ala Ponzone di Cremona, autore, tra le altre
cose, della tomba di Giuseppe Fieschi al cimitero. E' il bozzetto che
mostra l'avvocato Mario Stradivari all'inviato di Epoca nel servizio
di Wechsberg del 1950. Non sono invece noti i bozzetti preparati da
Pezzani. Sappiamo che furono cinque, ma non che fine abbiano fatto.
La discussione in Giunta comunale nel 1950 (da Epoca) |
Tutta la vicenda del mancato monumento
a Stradivari che si sarebbe voluto affidare allo scultore cremonese
trasferitosi a Milano, nasce all'insegna dell'improvvisazione e della
confusione che presiedettero alla prima fase dell'organizzazione
delle celebrazioni stradivariane del 1937. Dopo la costituzione del
comitato locale, presieduto da Roberto Farinacci e Tullo Bellomi, nel
maggio 1936 il direttore del museo civico Ala Ponzone Illemo Camelli
suggerì ai due di rivolgersi ad un artista cremonese per la
realizzazione di un monumento a Stradivari, senza ricorrere ad un
concorso nazionale, idea che, almeno agli inizi, sembra fosse quella
prevalente. Tullo Bellomi contattò allora lo scultore, ritenuto “per
la sua qualità di cremonese e per la personalità del suo stile,
l'artista più adatto per essere segnalato al costituendo comitato”
(lettera di Tullo Bellomi del 10 novembre 1936, Ms. Camelli 31/10).
Si dovette però attendere il rientro di Farinacci dall'Africa
Orientale per poter commissionare all'artista un bozzetto del
monumento da mostrare al ras, contando sul solo rimborso a Pezzani
delle spese sostenute per il materiale e la fusione, che lo stesso
aveva valutato in 1500 lire. Il monumento sarebbe stato collocato
sotto uno degli archi del portico della galleria XXIII Marzo,
prospiciente i giardini pubblici. Il 4 luglio Camelli scriveva a
Pezzani che il bozzetto doveva essere visto da Farinacci a casa
propria, in quanto a lui solo sarebbe spettata la decisione finale ed
il 10 settembre l'artista consegnò a Bellomi i primi due bozzetti
che, però, con ogni probabilità non furono mai mostrati al gerarca.
Per quale motivo? Lo spiega lo stesso Pezzani il 15 novembre 1936
nella minuta di una lettera mai spedita a Tullo Bellomi, ma appunto
per questo, molto sincera. “...si è venuti alla determinazione di
fare un lavoro di tutt'altro genere (vedi programma ufficiale)
mettendo semplicemente da parte il mio progetto, prima di esaminarlo.
E perciò io ho lavorato e Lei ha fatto in modo che abbia lavorato
assolutamente per niente. Senza impegno che lo scopo del progetto
cioè la statua dello Stradivari figurasse nel programma del
bicentenario? Ma questo lo dice lei, ora, egregio Commendatore. Ma
chi può crederle? Nessuno. Non io. Che non mai sentito parlare altro
che della statua in bronzo da collocare sotto uno degli archi
prospicienti i giardini. Questo tema mi fu esposto da Lei più di un
anno fa fin dal nostro primo colloquio e Lei mi portò a vedere
l'arco e parlò di una lapide da murarsi al disopra, e di
un'incorniciatura dell'arco, ecc. ecc. Questo tema fu mantenuto
sempre, nei successivi abboccamenti con Lei e col Prof. Don Camelli.
Questo tema fu ripetuto al momento in cui mi disse di preparare un
bozzetto perchè l'on.le Farinacci era tornato in sede (lo dice Lei,
ancora oggi nella Sua lettera!). Nessuno mai mi accennò nemmeno
lontanamente alla possibilità di un altro tema. Ma chi è
quell'artista che accetterebbe di perder tempo e denaro nel
progettare una statua alle condizioni che oggi Lei denuncia? E se
c'era la possibilità, il dubbio anche lontano, che la statua allo
Stradivari non dovesse essere compresa nel programma, Lei, galantuomo
e gentiluomo, mi avrebbe lasciato lavorar dei mesi e spender soldi?
Abbia pazienza, qui si casca nell'assurdo. Dunque Lei che era o
doveva essere 'magna pars' del Comitato e quindi informatissimo e ben
sicuro di quello che faceva, Lei che fu anzi proprio incaricato di
predisporre un programma (lo dice nelle sue lettere) mi fece
progettare una statua ed ora il programma la esclude”. E più
avanti ricorda ancora: “Si rammenti che Ella mi disse che per tutte
le esigenze artistiche mi rivolgessi al Prof. Don Camelli. Questi
gentilmente discusse e vagliò con me le diverse possibilità di
atteggiamento, misure, basamenti e sempre in relazione all'arco e per
poter decidere con coscienza (Egli ed io credevamo di far sul serio)
preparai diversi bozzetti preliminari, e di questi ne furono scelti
due da ingrandire con l'arco”.
L'avvocato Mario Stradivari con il bozzetto del monumento di Michieli |
Ma ci sono altri particolari che
avrebbero giustificato la scelta di abbandonare il progetto e che lo
stesso Pezzani spiega in un'altra lettera del 12 novembre: “Portati
i progetti a Cremona, nessuno li ha visti, neppure per curiosità.
Venuto ad avvisarLa che avevo adempiuto all'incarico sentii
capovolgere tutta la situazione: possibilità di concorso nazionale,
là dove prima si escludeva il concorso; di un complesso
architettonico per onorare più personaggi anziché la statua dello
Stradivari decisa da più di un anno e di cui mi si è sempre parlato
come di programma certo. Le assicuro he anche se non ho mostrato né
stupore né disappunto, ho sentito fortemente l'uno e l'altro. Ad
ogni modo ho tenuto a dirlo che lo avevo eseguito esattamente
l'incarico da Lei ricevuto. Ma Lei neppure allora non mi fece alcuna
osservazione su ciò. Me la fa oggi sul fatto dell'incarico. Poi
venne la conferma ufficiale del cambiamento di programma e la
costituzione di un comitato Nazionale per il quale non ho inteso
affatto di lavorare e la cui decisione non mi può interessare”.
Erano stati i giornali del 25 ottobre precedente a dare ufficialmente
la notizie che il comitato aveva invece nascosto a Pezzani. A
spiegare come si erano svolti i fatti era stato d'altronde lo stesso
Tullo Bellomi con una lettera non priva di ambiguità sottese: “Circa
poi le difficoltà nate, non certo per causa mia, riconosco che il
mio silenzio in proposito e le pubblicazioni avvenute nel frattempo,
potevano giustificare le sue preoccupazioni. Su ciò trovo doveroso
spiegare e giustificarmi: l'idea di un monumento collettivo ai
musicisti e liutai cremonesi, venuta al nostro Podestà e accolta
favorevolmente dall'on. Farinaccci, è ancora allo stato di
desiderio, anche se si è ritenuto per ragioni speciali, di farne
cenno nel programma pubblicato e ciò perchè vi ostano due grandi
difficoltà: la contrarietà di una parte dell'opinione pubblica
cittadina, che desidera un monumento a Stradivari e solo a lui, nel
luogo dove visse e abitò; e ciò che più importa, la insufficienza
dei mezzi. Se queste difficoltà non potranno, come non è da
escludersi, essere superate, si dovrà tornare alla mia primitiva e
più modesta idea. Ed allora saranno certo ripresi in considerazione
i suoi bozzetti. Se nulla Le scrissi finora al riguardo, fu appunto a
causa di questo stato di incertezza e per la speranza di uscirne
presto e poterle dare una risposta decisiva”. Oggi sappiamo che, in
realtà, si decise di utilizzare diversamente le risorse destinate
alla realizzazione del monumento per costituire con quei fondi le
basi della Scuola Internazionale di liuteria che nel 1938 inaugurò i
suoi corsi.
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