mercoledì 28 dicembre 2016

Il mancato monumento a Stradivari

Una storia davvero sfortunata quella dei monumenti dedicati ad Antonio Stradivari. Come se una sorta di maledizione gravasse sulla memoria del principe dei liutai da quando, demolita la cappella del Rosario in san Domenico, dove si trovava il suo sepolcro, le sue ossa andarono sciaguratamente disperse in una fossa comune del cimitero. Eravamo nel 1897 e Luigi Ferrari, nipote dell'imprenditore che aveva demolito la chiesa, il 20 dicembre scriveva al marchese Giorgio Sommi Picenardi: “Le tre teste trovate nel sepolcro Stradivari vennero conservate in casa mia per diversi anni; poi stanchi di vederle sempre ballottare da un posto all'altro decidemmo di portarle nel Cimitero di Cremona, dove credo si trovano ancora”. Da quel momento, forse oppressi dal senso di colpa, fu una continua rincorsa a progettare monumenti, che peraltro non furono mai realizzati. I tre che furono eretti negli anni più recenti, non hanno avuto un esito migliore: a quello di Floriano Bodini in piazza Stradivari, realizzato nel 1999, già utilizzato anche per tendere i fili del mercato, sono state asportare le aste del compasso; decapitata più volte del ricciolo del violino, che il maestro scruta attentamente nel ricordo dell'iconografia dell'Hamman, è invece la creazione più recente in vetroresina posta in corso Garibaldi, dopo essere stata dimenticata nelle serre comunali. 
Il cippo in piazza Roma nel 1950 in un servizio di Epoca
Ha finito le sue peregrinazioni in piazza Marconi lo Stradivari di Gianfranco Paulli del 2010, dopo essere stato ospite ingombrante sotto i portici del cortile Federico II, ed in una dimessa aiuola di via Palestro, sul retro del museo civico, è finito il bel busto di Pietro Foglia. Non gode di miglior salute la lapide in marmo posta nel 1953 in piazza Roma a ricordare la presenza del sepolcro, soluzione di ripiego in sostituzione di un precedente cippo immortalato in una maliziosa foto pubblicata da Epoca nel 1950 a corredo di un reportage di Joseph Wechsberg, mentre un cane vi depone il suo “ricordo”. Eppure anche in quegli anni si parlava di realizzare quel monumento di cui si era tanto discusso quarant'anni prima. Era il 28 febbraio 1910 quando l'assessore Cinisetti, per conto del sindaco Dario Ferrari scriveva al celebre scultore milanese di origini cremonesi Luigi Secchi un'accorata lettera: “Mi rivolgo a lei, che onora l'arte italiana e la terra ove ella nacque e invoco, la di lei grande valentia insieme alla sua accondiscendenza per solvere un debito morale, che incombe alla città di Cremona in ispecial guisa, e concorrere in un atto elevato e geniale- Nella chiesa di S. Domenico, che abbattuta più di 30 anni or sono ha lasciato posto a vaghezza di piante e fiori giacquero le ossa del grande liutaio cremonese Antonio Stradivari e la tomba era contrassegnata da una pietra sepolcrale collocata in altra delle cappelle laterali della chiesa. La pietra venne rimossa nell'atto della demolizione e si conserva come cosa sacra nel Museo Civico. Ma purtroppo le ossa andarono confuse con quelle di altri cadaveri tumulati nello stesso sepolcro. Ora con la pianta topografica della località alla mano si è potuto stabilire il fronte dell'attuale giardino di piazza Roma corrispondente a quello ove esisteva la tomba dello Stradivari. Tale fronte è di limitata estensione, di modo che, volendosi, come questa amministrazione di proporre, erigere e collocare un ricordo durevole, questo non potrebbe essere che relativamente di piccola mole, racchiuso oltrechè che l'aiuola, nella quale dovrebbe trovare posto il ricordo sopradetto, misura in larghezza all'incirca metri 2. Intanto questo municipio porge invito a Lei, valorosissimo artista, che si compiaccia di studiare e intentare un progetto di ricordo monumentale, il quale sia adatto e rispondente al fine che che il Comune si propone e si faccia tempo alla località ove l'opera d'arte in onore di Antonio Stradivari deve sorgere. Se la S.V. Ill. esaudisse in massima alla preghiera che in nome di questa amministrazione mi onoro di rivolgerle, si compiaccia favorirmi sollecito e desiderato riscontro e mi indichi fare tutti quei visti ed elementi che io dovrò fornirle per agevolare i suoi studi e la sua proposta. Con grato animo e con distinta stima e osservanza mi protesto, pel sindaco”. Secchi rispose pochi giorni dopo dicendo che, per precedenti impegni, era impossibilitato venire a Cremona per effettuare un sopralluogo ed, in sua vece, avrebbe mandato il figlio, ingegnere ed architetto. In realtà le carte non dicono se poi il sopralluogo avvenne effettivamente, sta di fatto che già il 28 aprile il “ricordo monumentale” si era ridotto ad un “semplice collocamento in giardino d'un segno modestissimo, ma appropriato, in marmo, su quale siano scolpite queste parole: 'Qui la tomba del sovrano dei liutai (provvisorio)”, alto circa 90 centimetri e “l'epigrafe dev'essere in nero”. 
Il bozzetto di Michieli
Bisogna attendere il 1914 perchè nasca una commissione promossa dall'Associazione Filodrammatica e dalla Società Concerti con il compito di costituire un Comitato Internazionale per erigere a Cremona un monumento ad Antonio Stradivari ed ai liutai cremonesi, presieduta da Alfonso Mandelli, con la partecipazione di monsignor Angelo Berenzi, Gaetano Cesari e Federico Caudana. Ma lo scoppio della guerra frena l'iniziativa, che viene riproposta nel 1919 alla nuova amministrazione comunale guidata da Attilio Botti, perchè “dia, prima di ogni altro, il suo aiuto finanziario all'iniziativa che ha raccolto l'interessamento di quanti hanno ammirazione per i grandi liutai cremonesi”. Ed il Comune rispose l'anno dopo con un primo stanziamento di duemila lire. Tuttavia anche questo progetto restò lettera morta. Bisogna arrivare al 2 aprile 1936 per trovare finalmente traccia di un nuovo progetto monumentale nella prima riunione dell'Ente provinciale del Turismo, presieduto da Tullo Bellomi, in occasione della costituzione del Comitato per le celebrazioni stradivariane del 1937. In realtà non si fa alcun accenno ad un progetto specifico, anche se oggi sappiamo, sulla scorta dell'epistolario di Illemo Camelli conservato presso la Biblioteca Statale di Cremona, che lo scultore individuato per la sua realizzazione fu il cremonese Antonio Pezzani, abbastanza noto per la sua partecipazione alla Biennale di Venezia del 1930, marito della nobildonna soncinese Vittoria Della Scala, contattato direttamente dallo stesso Tullo Bellomi. Fino ad ora l'unico bozzetto noto per un monumento a Stradivari in occasione delle celebrazioni del bicentenario del 1937 era quello in gesso patinato e bronzo realizzato da Guglielmo Michieli, originario di Padova ed insegnante all'Istituto Tecnico Ala Ponzone di Cremona, autore, tra le altre cose, della tomba di Giuseppe Fieschi al cimitero. E' il bozzetto che mostra l'avvocato Mario Stradivari all'inviato di Epoca nel servizio di Wechsberg del 1950. Non sono invece noti i bozzetti preparati da Pezzani. Sappiamo che furono cinque, ma non che fine abbiano fatto.

La discussione in Giunta comunale nel 1950 (da Epoca)
Tutta la vicenda del mancato monumento a Stradivari che si sarebbe voluto affidare allo scultore cremonese trasferitosi a Milano, nasce all'insegna dell'improvvisazione e della confusione che presiedettero alla prima fase dell'organizzazione delle celebrazioni stradivariane del 1937. Dopo la costituzione del comitato locale, presieduto da Roberto Farinacci e Tullo Bellomi, nel maggio 1936 il direttore del museo civico Ala Ponzone Illemo Camelli suggerì ai due di rivolgersi ad un artista cremonese per la realizzazione di un monumento a Stradivari, senza ricorrere ad un concorso nazionale, idea che, almeno agli inizi, sembra fosse quella prevalente. Tullo Bellomi contattò allora lo scultore, ritenuto “per la sua qualità di cremonese e per la personalità del suo stile, l'artista più adatto per essere segnalato al costituendo comitato” (lettera di Tullo Bellomi del 10 novembre 1936, Ms. Camelli 31/10). Si dovette però attendere il rientro di Farinacci dall'Africa Orientale per poter commissionare all'artista un bozzetto del monumento da mostrare al ras, contando sul solo rimborso a Pezzani delle spese sostenute per il materiale e la fusione, che lo stesso aveva valutato in 1500 lire. Il monumento sarebbe stato collocato sotto uno degli archi del portico della galleria XXIII Marzo, prospiciente i giardini pubblici. Il 4 luglio Camelli scriveva a Pezzani che il bozzetto doveva essere visto da Farinacci a casa propria, in quanto a lui solo sarebbe spettata la decisione finale ed il 10 settembre l'artista consegnò a Bellomi i primi due bozzetti che, però, con ogni probabilità non furono mai mostrati al gerarca. Per quale motivo? Lo spiega lo stesso Pezzani il 15 novembre 1936 nella minuta di una lettera mai spedita a Tullo Bellomi, ma appunto per questo, molto sincera. “...si è venuti alla determinazione di fare un lavoro di tutt'altro genere (vedi programma ufficiale) mettendo semplicemente da parte il mio progetto, prima di esaminarlo. E perciò io ho lavorato e Lei ha fatto in modo che abbia lavorato assolutamente per niente. Senza impegno che lo scopo del progetto cioè la statua dello Stradivari figurasse nel programma del bicentenario? Ma questo lo dice lei, ora, egregio Commendatore. Ma chi può crederle? Nessuno. Non io. Che non mai sentito parlare altro che della statua in bronzo da collocare sotto uno degli archi prospicienti i giardini. Questo tema mi fu esposto da Lei più di un anno fa fin dal nostro primo colloquio e Lei mi portò a vedere l'arco e parlò di una lapide da murarsi al disopra, e di un'incorniciatura dell'arco, ecc. ecc. Questo tema fu mantenuto sempre, nei successivi abboccamenti con Lei e col Prof. Don Camelli. Questo tema fu ripetuto al momento in cui mi disse di preparare un bozzetto perchè l'on.le Farinacci era tornato in sede (lo dice Lei, ancora oggi nella Sua lettera!). Nessuno mai mi accennò nemmeno lontanamente alla possibilità di un altro tema. Ma chi è quell'artista che accetterebbe di perder tempo e denaro nel progettare una statua alle condizioni che oggi Lei denuncia? E se c'era la possibilità, il dubbio anche lontano, che la statua allo Stradivari non dovesse essere compresa nel programma, Lei, galantuomo e gentiluomo, mi avrebbe lasciato lavorar dei mesi e spender soldi? Abbia pazienza, qui si casca nell'assurdo. Dunque Lei che era o doveva essere 'magna pars' del Comitato e quindi informatissimo e ben sicuro di quello che faceva, Lei che fu anzi proprio incaricato di predisporre un programma (lo dice nelle sue lettere) mi fece progettare una statua ed ora il programma la esclude”. E più avanti ricorda ancora: “Si rammenti che Ella mi disse che per tutte le esigenze artistiche mi rivolgessi al Prof. Don Camelli. Questi gentilmente discusse e vagliò con me le diverse possibilità di atteggiamento, misure, basamenti e sempre in relazione all'arco e per poter decidere con coscienza (Egli ed io credevamo di far sul serio) preparai diversi bozzetti preliminari, e di questi ne furono scelti due da ingrandire con l'arco”.
L'avvocato Mario Stradivari con il bozzetto del monumento di Michieli
Ma ci sono altri particolari che avrebbero giustificato la scelta di abbandonare il progetto e che lo stesso Pezzani spiega in un'altra lettera del 12 novembre: “Portati i progetti a Cremona, nessuno li ha visti, neppure per curiosità. Venuto ad avvisarLa che avevo adempiuto all'incarico sentii capovolgere tutta la situazione: possibilità di concorso nazionale, là dove prima si escludeva il concorso; di un complesso architettonico per onorare più personaggi anziché la statua dello Stradivari decisa da più di un anno e di cui mi si è sempre parlato come di programma certo. Le assicuro he anche se non ho mostrato né stupore né disappunto, ho sentito fortemente l'uno e l'altro. Ad ogni modo ho tenuto a dirlo che lo avevo eseguito esattamente l'incarico da Lei ricevuto. Ma Lei neppure allora non mi fece alcuna osservazione su ciò. Me la fa oggi sul fatto dell'incarico. Poi venne la conferma ufficiale del cambiamento di programma e la costituzione di un comitato Nazionale per il quale non ho inteso affatto di lavorare e la cui decisione non mi può interessare”. Erano stati i giornali del 25 ottobre precedente a dare ufficialmente la notizie che il comitato aveva invece nascosto a Pezzani. A spiegare come si erano svolti i fatti era stato d'altronde lo stesso Tullo Bellomi con una lettera non priva di ambiguità sottese: “Circa poi le difficoltà nate, non certo per causa mia, riconosco che il mio silenzio in proposito e le pubblicazioni avvenute nel frattempo, potevano giustificare le sue preoccupazioni. Su ciò trovo doveroso spiegare e giustificarmi: l'idea di un monumento collettivo ai musicisti e liutai cremonesi, venuta al nostro Podestà e accolta favorevolmente dall'on. Farinaccci, è ancora allo stato di desiderio, anche se si è ritenuto per ragioni speciali, di farne cenno nel programma pubblicato e ciò perchè vi ostano due grandi difficoltà: la contrarietà di una parte dell'opinione pubblica cittadina, che desidera un monumento a Stradivari e solo a lui, nel luogo dove visse e abitò; e ciò che più importa, la insufficienza dei mezzi. Se queste difficoltà non potranno, come non è da escludersi, essere superate, si dovrà tornare alla mia primitiva e più modesta idea. Ed allora saranno certo ripresi in considerazione i suoi bozzetti. Se nulla Le scrissi finora al riguardo, fu appunto a causa di questo stato di incertezza e per la speranza di uscirne presto e poterle dare una risposta decisiva”. Oggi sappiamo che, in realtà, si decise di utilizzare diversamente le risorse destinate alla realizzazione del monumento per costituire con quei fondi le basi della Scuola Internazionale di liuteria che nel 1938 inaugurò i suoi corsi.


Nessun commento:

Posta un commento