Il palazzo Duemiglia a Cremona |
Il
“giardino del cremonese”: questo era il Comune di Due Miglia
quando, cento anni fa, il 26 febbraio 1920, se ne decise la
soppressione e l'aggregazione a Cremona, che per qualche anno si
chiamò comune di “Cremona ed uniti”. Così lo descrive Angelo
Grandi nel 1858 (Descrizione dello stato fisico, politico,
statistico, storico, biografico della provincia e diocesi di Cremona,
vol. II, p. 13): “Due Miglia. Provincia e diocesi, distretto I e
pretura di Cremona. Comune con consiglio. Superficie pertiche 75.617;
scudi 847.247, 00, 32. Abitanti 8385. La deputazione ha un ufficio
proprio con residenza in Cremona, sotto la giurisdizione dell' I. R.
Commissario comunale di polizia in città. Vi sono due medici e 3
levatrici. Questo comune non è un aggregato di caseggiati, cui possa
applicarsi la denominazione di villaggio o borgo, ma è formato da
casali e cascine coloniche, sparse quasi tutt'all'intorno di Cremona,
partendo dai Corpi Santi, per il circuito irregolare di due ed in
alcuni punti tre miglia, ed è suddiviso in sei quartieri chiamati di
Picenengo composto di 29 frazioni; S. Ambrogiodi 13; Boschetto 27; S.
Bernardo 45; S. Felice 31 e Battaglione 28. In totale tra casali e
cascine num. 173, in cui vi sono 405 case. Ciascuno di questi
quartieri è fornito di scuole elementari minori maschili e
femminili. In quanto allo spirituale è distribuito il comune in
parti, che differiscono dalla divisione politica, dirette dalle
parrocchie di Picenengo, S. Ambrogio, S. Maria del Boschetto, S.
Bernardo, S. Felice e S. Sigismondo, oltrechè varj altri casali in
minor quantità spettano alle parrocchie di Castagnino Secco,
Persico, S. Giacomo del Campo o Lovara, Bonemerse e S. Gioachino del
Bosco. Il vasto territorio è in gran parte irriguo, ed alimentato
anche col fino concime della città; per cui rigogliose veggonsi le
ortaglie, copiosissime l messi, floridi i lini, il trifoglio, i geli
e le viti; e per tanta ubertosità può chiamarsi il giardino del
cremonese”.
Gli
statuti cittadini del 1387-88 indicano una fascia di territorio
circostante la città, aldilà del limite costituito dal cavo Cerca,
un corso d'acqua derivato dal Naviglio civico. Era in effetti un
terreno molto fertile, caratterizzato dalla presenza di orti e
appezzamenti, spesso con la presenza di piccoli agglomerati, dove
veniva largamente coltivata la vite, concepiti al servizio di
vettovagliamento della città. In seguito alle pressanti richieste
della città, questa fascia si era proporzionalmente allargata
aumentando la fascia produttiva, fino a raggiungere tre miglia circa
dalla cintura muraria della città. Nel catasto di Carlo V, compilato
nel 1550-51 questo settore posto a nord della città, che si estende
quasi a forma di ferro di cavallo intorno alle mura, inizia ad essere
denominato “Due Miglia”: la vite vi è coltivata in forma
intensiva ed impegna circa il 65% dell'intera superficie agraria, a
fronte di quasi il 25% destinato al seminativo, ed il restante parte
a prato e parte ad orti e giardini per circa il 3,5%.
La
Cremona, che conosciamo oggi, risultava dunque spalmata su un cuore
centrale, identificabile nell'attuale centro storico con qualche
propaggine periferica, su una fascia territoriale ad esso esterna,
chiamata dei “Corpi Santi”, e su un ferro di cavallo (il Comune
di Due Miglia). Che, praticamente da Ovest ad Est, comprimeva il
nucleo centrale, già delimitato a Sud, dai predetti “Corpi Santi”
affacciati sul Po. Uno scenario, questo, più coerente ad una città
delle mura e dei ponti levatoi, dei poteri del conte vescovo e delle
parrocchie, che non alle esigenze poste dai profondi mutamenti che
erano in vista.
L'architrave
che sosteneva una simile assurdità era rappresentato, a Cremona come
in altri comuni capoluogo (come Milano), dall'impianto della esazione
dei dazi, fondamentali per quel modello tributario e motivo di
privilegio per alcuni ceti.
“I
Corpi Santi”, cioè la fascia di territorio immediatamente a
ridosso dei bastioni cittadini, all'inizio del XVII secolo aveva una
superficie di 7.802 pertiche sulla quale insistevano una cinquantina
di abitazioni ed alcuni mulini, ma non erano presenti edifici di
culto. La parte meridionale del territorio era costituita dalle
golene del Po ed era soggetta a periodiche alluvioni, mentre quella
più vicina alla città era destinata solitamente ad ospitare gli
accampamenti militari delle armate che periodicamente assediavano la
città e, di conseguenza, bersaglio preferito dell'artiglieria
difensiva posta sulle mura. Era pertanto una zona scarsamente
popolata, soprattutto in seguito alla distruzione delle borgate, un
tempo esistenti fuori dalle mura, in occasione degli eventi bellici.
Per
secoli le cascine appena fuori le mura della città di Cremona erano
state poste in una condizione amministrativa anomala, essendo
soggette alla città ma non avendo accesso all'amministrazione
comunale, in una situazione in parte simile a diversi altri
capoluoghi lombardi. L'anomalia cremonese rispetto alle altre
province era il fatto che qui il territorio suburbano era
ulteriormente suddiviso in due cerchie, i Corpi Santi propriamente
detti fino ad un miglio dalla città, e le Due Miglia fino a tale
distanza. Non è nota con certezza la motivazione di una simile
anomalia, forse dettata da ragioni di difesa militare essendo le due
comunità separate dal Naviglio civico, o forse per motivi fiscali,
essendo ulteriormente diminuiti i diritti dei duemiglini e
conseguentemente aumentato il carico erariale. Nel
1756, in seguito alla riforma del catasto voluta dal governo
austriaco, il territorio dei Corpi Santi fu unito a Cremona con il
nome di “Corpi Santi dentro l'acqua”, in quanto compreso
all'interno del Cavo Cerca. I Corpi Santi rimasero uniti alla città
fino al 1805, quando furono costituiti in comune autonomo, per poi
essere nuovamente riuniti nel 1810 in seguito alla disposizione del
governo francese di concentrare i piccoli comuni in quelli maggiori.
Con ritorno degli austriaci si ritornò allo status quo precedente e
i Corpi Santi furono uniti al Comune di Cremona di cui costituirono
il circondario.
Il sindaco di Cremona Attilio Botti |
Ben
diverso il destino delle Due Miglia. Dalla
seconda metà del sec. XVII il territorio fu costituito dai sei
quartieri di Picenengo, Soncino (poi S. Ambrogio), Boschetto, San
Bernardo, San Felice e Battaglione. Il governo all'Università degli
estimati e ad alcuni ufficiali: i consoli, i deputati, il tesoriere,
il cancelliere e il ragionato. Nel Compartimento territoriale
teresiano del 1757 il territorio è costituito ancora da questi sei
quartieri e nel 1758 fu emanata una riforma particolare per il suo
governo.Tra il 1798 ed il 1801 i sei quartieri furono costituiti in
altrettanti comuni autonomi, aggregati nel 1805 nel ricostituito
comune di Due Miglia. Con
l'attivazione dei comuni in base alla compartimentazione territoriale
del regno lombardo-veneto, le Due Miglia, costituite da Boschetto,
Quartiere del Battaglione, Picenengo, Sant’Ambrogio, San Bernardo e
San Felice, dal 1816 facevano parte del distretto I di Cremona della
provincia di Cremona.
Nel 1853 le Due Miglia, sempre costituite da quartiere Boschetto, Battaglione, Picenengo, Sant’Ambrogio, San Bernardo e San Felice, erano un comune con consiglio con ufficio proprio del distretto I di Cremona della provincia di Cremona e contavano 8198 abitanti. Nel 1867 fu aggregato il comune di Cava Tigozzi.
Nel 1853 le Due Miglia, sempre costituite da quartiere Boschetto, Battaglione, Picenengo, Sant’Ambrogio, San Bernardo e San Felice, erano un comune con consiglio con ufficio proprio del distretto I di Cremona della provincia di Cremona e contavano 8198 abitanti. Nel 1867 fu aggregato il comune di Cava Tigozzi.
Nel
frattempo si ragionava su una possibile aggregazione a Cremona, ma
solo nel 1914, quando sia al Due Miglia che nel capoluogo arrivarono
al governo due amministrazioni socialiste, la questione venne
affrontata affidando uno studio all'onorevole Antonino Graziadei,
che, nel giugno 1919, consegnò la sua relazione, sostenendo
l'utilità dell'operazione per una serie di motivi. Innanzi tutto la
mancanza di una soluzione di continuità che obbligava il centro di
Cremona all'interno di una cintura costituita da un altro comune; poi
le maggiori funzioni a carico dei comuni che obbligavano quelli
vicini a raggrupparsi per farvi fronte insieme; l'assurdità di una
situazione che, in mancanza di un'area esterna, aveva costretto da un
lato il Comune di Cremona a scorporare una piccola zona del Due
Miglia per realizzarvi il proprio cimitero e dall'altro il Due Miglia
a insediare fuori del proprio territorio gli uffici comunali nel
centro di Cremona, ed infine i vantaggi che ne sarebbero derivati nei
termini di funzionamento dei servizi pubblici. La relazione, e la
relativa convenzione, vennero presentate all'approvazione del
consiglio comunale del 28 giugno 1919 insieme alla delibera da
presentare al Governo per ottenere il decreto del Re che approvasse
l'unificazione. Le uniche perplessità vennero dall'ingegner Remo
Lanfranchi sul fatto di approvare gli articoli della convenzione.
Il sindaco di Due Miglia Attilio Boldori |
Si
trattava di 9 articoli che disciplinavano le rendite patrimoniali e
le passività dei due comuni che sarebbero andate in carico al nuovo
comune, il quale avrebbe assunto la denominazione di “Cremona ed
Uniti”. Il nuovo organismo avrebbe costruito tutte le strade di
comunicazione già deliberate dal Due Miglia, e curato l'estensione
del servizio tramviario nei principali quartieri aggregati,
risolvendo nel miglior modo possibile il problema dei passaggi a
livello. Per quanto riguardava l'istruzione pubblica il nuovo comune
avrebbe costruito tre nuovi edifici scolastici nei quartieri di San
Bernardo, Picenengo e Boschetto, già progettati e deliberati dal Due
Miglia, dotati di un doposcuola e di un asilo ed ammettendovi
gratuitamente gli alunni più poveri, a cui sarebbe stata sommistrata
gratuitamente la refezione. A tutti i quartieri di Due Miglia
sarebbero stati estesi gli impianti per la distribuzione dell'acqua
potabile e dell'energia elettrica. L'articolo 7 era dedicato
interamente all'Ospizio Soldi, sorto a Due Miglia, che sarebbe stato
migliorato con l'aggregazione di un'ulteriore area, ed amministrato
in modo autonomo da un consiglio di cinque membri scelti e nominati,
uno fra la famiglia del dottor Francesco Soldi in linea discendente
ed altri quattro fra gli elettori residenti nel comune di Due Miglia.
Il nuovo comune sarebbe stato tenuto a ricoverare a proprio carico
almeno 130 fra anziani e malati cronici appartenenti al Due Miglia,
scelti dal consiglio di amministrazione, ed a stanziare nel bilancio
per l'assistenza a domicilio di famiglie bisognose del Due Miglia una
somma che non sarebbe stata inferiore alla media spesa nel
quinquennio 1914-1918 dallo stesso comune, affidandone l'erogazione
alla Congregazione di Carità. Le funzioni di esattoria e tesoreria
sarebbero rimaste in carico all'ufficio del Comune di Cremona secondo
il contratto esistente con la Banca del Monte di Pietà. Lo schema di
convenzione e l'ordine del giorno vennero approvati all'unanimità
anche in seconda lettura il 5 luglio. La richiesta, su carta bollata
da due lire, è firmata dai due sindaci socialisti Attilio Botti per
Cremona e Attilio Boldori per Due Miglia.
Il
decreto di unificazione dei due comuni, firmato il 10 febbraio 1920
dal re Vittorio Emanuele III, venne pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale del 26 febbraio.