Corso Campi agli inizi del Novecento |
Quanti errori urbanistici si sarebbero
potuti evitare se i nostri amministratori avessero prestato maggiore
attenzione a quanto profetizzava quasi centocinquant'anni fa Fulvio
Cazzaniga! Senza aver bisogno di piani regolatori o grandi alchimie
urbanistiche, il direttore del “Corriere cremonese” nell'assolato
agosto del 1871 disegnava il futuro della città fino al duemila con
un'intelligenza e una lungimiranza senza precedenti. La città per
lui non aveva segreti: con una perspicacia ed un intuito che ancora
adesso lasciano stupefatti Cazzaniga, tra il serio e il faceto, in
una serie di articoli intitolati “Una bizzarria, cronologia
anticipata dell'edilizia cremonese”, pubblicati sui numeri 66 e 67,
stendeva le linee generali dello sviluppo urbanistico futuro. Un po'
per gioco ed un poco per provocazione, quello spirito libero ed
audace immaginò come sarebbe stata la sua Cremona dopo la sua morte.
Date, ricostruzioni e nuovi assetti, periodici storici perfettamente
delineati, un chiara visione dello sviluppo urbanistico e delle sue
direttrici, lo sventramento del centro storico, lo spostamento delle
funzioni direzionali. Tutto è presente in quelle poche colonne
scritte strettissime, senza fotografie, ma estremamente chiare e
profetiche. Come abbia fatto Cazzaniga è un mistero. Sta di fatto
che quella che lui stesso definì una “bizzarria” e che
probabilmente come tale voleva venisse considerata, è quanto di più
attuale esista oggi in fatto di pianificazione urbanistica. La sua
lunga carrellata sulla cronologia anticipata dell'edilizia cremonese
procede di vent'anni in vent'anni. Si inizia con il 1880: in
quell'anno Cazzaniga ipotizza l'ultimazione dei giardini pubblici di
piazza Roma, dopo la demolizione del complesso di San Domenico. “Ora
che le sue piantagioni sono cresciute – scrive – lo si riconosce
il più bel ornamento di Cremona, ed è oggetto di invidia in tutte
le città vicine. A poco a poco tutte le case prospicienti sul
giardino si sono alzate d'uno o più piani, ed abbellite. In
parecchie di esse si aprirono alberghi, caffè grandiosi, birrerie e
fondaci sontuosi. Un speculatore ha comprate le case Anselmi e
Pagliari, e vi ha fabbricato un teatro di mezzana capacità per la
Commedia e l'Opera buffa”. I giardini pubblici vennero inaugurati
effettivamente nel 1878 e il teatro Ricci, edificato una prima volta
nel 1859 venne ripristinato dopo il furioso incendio del 1896,
prendendo il nome di Politeama Verdi. Sempre negli stessi anni si
ipotizza la sistemazione dell'ufficio postale (avvenuta realmente nel
1885), la copertura dei due canali Cremonella e Marchionis e la
sistemazione definitiva del selciato delle vie e delle piazze della
città: “Finalmente per ogni dove si vada si cammina bene, e la
pulizia è ovunque”, esclama soddisfatto Cazzaniga, destinato ad
essere esaudito solo nel 1902, con due anni di ritardo sulla
previsione, con il primo tratto di superficie stradale bitumata in
piazza Roma.
Via Solferino |
Della localizzazione del nuovo palazzo
delle Poste si iniziò invece a parlare nel 1913, mentre la prima
decisione in materia per piazza Filodrammatici, ipotizzando il nuovo
ufficio in casa Grasselli, fu del 1920. La decisione definitiva per
corso Campi fu adottata nel 1925, prevedendovi di fronte una grande
piazza di contorno. Una delle preoccupazioni maggiori del nostro
direttore era l'accesso alla stazione ferroviaria: Cazzaniga
ipotizzava che verso il 1900 l Comune decidesse di demolire parte
dell'albergo San Giorgio e del vicino mulino, rimangiandosi in
seguito tutto quanto nel giro di pochi anni: “Riconosciuto lo
sproposito dell'accesso alla stazione ferroviaria – annotava il
giornalista per il ventennio 1900-1920 – vi si rimedia con
l'adozione dell'altro progetto, quello di aprire nelle mura del
Passeggio una barriera, che prospetti la stazione e serva di sbocco
alla via Diritta, per la quale si penetra nel cuore della città più
presto e senza tante svolte? Visto che il livello stradale sul
crocicchio di via Affaitati coincideva perfettamente con quello della
stazione ferroviaria, si coordinarono insieme mediante un alzamento
della strada e con opportuno e graduale abbassamento del piano del
Passeggio. Un vasto piazzale abbellito da piantagioni con costruzioni
simmetriche ai lati della barriera prospetta la stazione; e praticato
un lieve rettifilo al locale delle Orsoline, la via Diritta,
fiancheggiata da palazzi, e una delle prime arterie della città,
viene per così dire restituita al comodo ed al pubblico decoro”.
Diabolico Cazzaniga, degno emulo padano di Jules Verne: il giardino
della stazione fu realizzato nel 1987, sedici anni dopo, e nel 1906
iniziò il dibattito sull'abbattimento del pubblico Passeggio. Due
anni dopo fu spostato nei giardini della stazione il monumento a
Garibaldi, fino allora davanti a palazzo Cittanova, e nello stesso
periodo venne realizzato il prolungamento di via Palestro. Non
pensiamo che Cazzaniga, spirito polemico per eccellenza, possedesse
doti paranormali. Certamente, oltre ad avere una profonda conoscenza
della città e dei suoi problemi, aveva dalla sua il desiderio di
cambiarne in qualche modo l'evoluzione, migliorandola, venendo
incontro a quello che era il buonsenso comune.
Un esempio è quello del rettifilo di
corso Vittorio Emanuele, ipotizzato dal nostro Cazzaniga a cavallo
tra il 1900 ed il 1920. Si cancella finalmente quello monumentale
sproposito degli uomini pratici ed economici che reggevano il Comune
nel 1840 o lì per lì; togliendo la mostruosa sporgenza delle case,
dopo il Teatro in via Po; e si spende dieci volte di più di quanto
sarebbe costata l'opera eseguita suo tempo”.
Si sbagliò, invece, Cazzaniga sui
tempi di abbattimento della cinta muraria che individuò nel
ventennio, mentre invece i lavori ebbero inizio nel 1908 con la
soppressione di porta Po e porta Venezia, seguita nel 1910 da quelal
di porta Romana; per piazza Lodi, che avrebbe dovuto diventare un
elegante “square”, si pensava che prima o poi qualcuno avrebbe
richiesto di farvi un mercato, mentre in realtà, in tempi non
sospetti, vi sorse un supermercato. Il giornalista individuò anche
cn incredibile perspicacia la necessità di costruire una galleria
coperta, m ne sbagliò, seppur non di molto, la collocazione. Dai
giardini di piazza Roma una tettoia coperta a vetro avrebbe dovuto
condurre attraverso l'attuale via Solferino fino in piazza del Duomo.
La galleria, come sappiamo, venne
edificata sul lato opposto dei guardini tra il 1932 e il 1934.
Incredibile invece la “profezia” su piazza Stradivari, che
Cazzaniga progettava di allargare per fare spazio al mercato. Siamo
tra il 1920 e il 1940. Sentite un po' cosa scriveva: “Si rende
indispensabile di allargare piazza Cavour. A quest'uopo da un lato si
prolunga il portico del caffè Soresini fino al Giardino Centrale, e
dall'altro si abbatte casa Rossi. Il Comune si riserva in avvenire,
se il bisogno lo esigerà, di demolire anche l'isolato fra piazza del
Lino e piazza Cavour. Intanto i Cremonesi, oltre la Galleria di
Becchiere Vecchie, hanno un porticato, ove passeggiare al coperto
dalal pioggia, dal vento e dalla neve”. Palazzo Galizioli venne
abbattuto nel 1935 e l'anno successivo venne presentato il progetto
per la grande Piazza Littorio, dopo che venne abrogato il vincolo
monumentale; nel 1938 vennero abbattuti i portici orientali di piazza
Cavour per la costruzione della sede delle Corporazioni, mentre
l'anno successivo vennero espropriate le case sul lato ovest. Insomma
farinacci, che conoscesse o meno le indicazioni del suo illustre
concittadino, arrivò alle stesse conclusioni nel tempo programmato,
ed a distanza di 125 da quelle profezie, nel 1996 il Comune pensò ad
una nuova sistemazione della piazza, conclusa un paio d'anni dopo.
E veniamo al 1940: per quella data
Cazzaniga pensa venuto il momento di isolare il Duomo. In effetti il
piano regolatore che lo prevede è del 1914 e nel 1926 per
l'isolamento completo mancava solamente l'abbattimento del fabbricato
della Canonica, la sistemazione del Camposanto e il taglio rispetto
al palazzo vescovile, ultimati nel 1933. Ma forse è più
interessante annotare quanto il nostro scriveva al proposito dello
sviluppo urbanistico del villaggio Po: “Un argine di prim'ordine,
largo, alto e robusto, si costruisce lungo la sponda sinistra del Po
da Cava Tigozzi fino allo stradone passeggio. Il sobborgo ed i
quartiere interni di porta Po sono così solidamente garantiti. La
sicurezza crea la fiducia, e sorgono dappertutto fra il Po e la città
fabbricati e ville. Il Morbasco esso pure fortemente arginato, si
adorna di pubblici passeggi, di stabilimenti di bagni e di lieti
ritrovi”. Forse era un po' troppo ottimista riguardo al Morbasco,
che pure è stato depurato e inserito nell'ambito del parco
sovracomunale, ma non si sbagliava nel successo del villaggio Po: la
prima licenza edilizia a scopo residenziale è infatti del 1902 e
negli anni Cinquanta e Sessanta il villaggio ha conosciuto quella
forte crescita che Cazzaniga proprio per quegli anni antecedenti il
1970 aveva auspicato. E sempre in quegli anni si sarebbe dovuto
avverare uno dei tanti sogni nel cassetto del giornalista: la
sistemazione definitiva di palazzo Ala Ponzone, “adattato a sede
dei corpi scientifici, letterarj ed artistici della provincia;
giacchè si è riconosciuto che il sapere è una potenza civile, la
quale in ciascuna provincia dello Stato ha il diritto di un'alta
rappresentanza. Quivi si allogano gli uffici dell'Istituto
Politecnico, dell'accademia di Belle Arti, del Museo Civico, ecc. e
si collocano le doviziose collezioni delle scienze e delle arti”.
Un sogno, abbiamo detto, ma non lontano dall'essersi realizzato: il
museo in palazzo Ala Ponzone fu inaugurato effettivamente nel 1888,
anche se il progetto della città studi interessò poi invece palazzo
Fraganeschi con la costruzione della scuola industriale e quello del
polo culturale di palazzo Affaitati, acquistato nel 1924, dove nel
1938 si inaugurò la Biblioteca Governativa.
Il libro dei sogni si chiude con il
Duemila: dal 1970 la Banca Popolare ha sede “in un grande e
maestoso fabbricato” posto su uno dei lati dei giardini pubblici
(in realtà è poco lontano, in via Cesare Battisti), “la quale per
lo sviluppo colossale di questa istituzione non poteva più capire in
casa Schizzj, ove stette per più di un secolo, e che ha ceduto alla
Società degli Operaj, essa pure assai prospera per il suo governo e
per varie vistose eredità conseguite”.
Viale Regina Margherita, oggi viale Po |
Le ex caserme austroungariche sono
diventate sede di scuole e musei: “Il vasto locale del Corpus
Domini viene trascelto per la sede del Museo industriale cremonese e
a tal uopo lo si adatta decorandolo anche al di fuori di una facciata
maestosa e conveniente. Quivi sono insediate le scuole professionali
delle arti dei mestieri; e si raccolgono le collezioni di tutti gli
strumenti inservienti alle industrie, dai più antichi ai più
recenti. V'ha altresì la raccolta storiche dei campioni e quella dei
modelli di tutte le macchine più utili e più usate in qualsiasi
manifattura. Si approfitta dei cortili e delle ortaglie attigue per
costruirvi il locale delle esposizioni industriali...”. Come non
pensare al parco dei monasteri?
La città degli anni Settanta presenta,
ovviamente, problemi di traffico ignoti al nostro direttore che, con
lungimiranza davvero eccezionale riesce però a prefigurarsi un
quadro non del tutto privo di verosimiglianza. “La maggior parte
delle sue case – scrive – si sono alzate di uno o più piani; e
la sua arteria principale, il Corso, riesce in molti punti troppo
angusto, e quindi d'impaccio e pericoloso alal circolazione. Corretto
qua e là a piazza Garibaldi, dove già furono l'albergo del Sole,
casa Finzi ecc. dove maggiore è il bisogno e il lavoro è nella
stretta che incomincia di fronte all'oreficeria Isacchi e prosegue.
Si trova quindi indispensabile di fare il relativo rettifilo sulla
linea dell'Albergo Italia fino alla via Ariberti o del Teatro. E così
si ha la compiacenza e il vantaggio di possedere l'arteria principale
della città quasi diritta; la quale principia dalla stazione
ferroviaria e con poche deviazioni termina in piazza Cavour. La spesa
sarebbe stata minore se anche qui non si avesse dovuto correggere e
scontare uno sproposito dei nostri maggiori, uomini pratici ed
economi, i quali per poche migliaja di lire nel 1820 o lì per lì si
lasciarono sfuggire l'occasione di comperare e demolire lo stabile
degli Orfanotrofi che ingombrava il Corso”. Al rettifilo di corso
Campi si iniziò a pensare nel 1924 con l'acquisto di alcune case da
parte del Comune sui lato ovest. Il piano regolatore vero e proprio
venne elaborato nel 1926, quando venne edificata dall'architetto
Ranzi la facciata del palazzo della Cooperativa dei Sarti. Un anno
dopo veniva edificato il palazzo Pizzamiglio sull'angolo di via
Guarneri, poi sede delle Assicurazioni Generali. Un nuovo acquisto di
case, questa volta sul lato est venne deciso nel 1929, mentre nel
1930 si abbatteva una casa posta in piazza Cavour sempre sul lato
orientale di corso Campi. Nel 1931 si iniziavano le demolizioni per
far posto alla galleria XXV Aprile, con il primo progetto a T
dell'ingegner Mori che risparmiava le case verso il giardino
pubblico. Nel 1933 si completarono i lavori per il primo lotto della
Galleria, iniziando nel frattempo le demolizioni per la realizzazione
del secondo. La Galleria veniva definitivamente inaugurata l'anno
successivo.
Su una cosa, però, Cazzaniga, si
sbagliò: non previde due guerre mondiali, che tanto abbondano invece
nelle profezie di Nostradamus. Dai suoi tempi al 1970, quando la sua
cronologia si ferma, il nostro giornalista calcolò ottant'anni
ininterrotti di pace, portatrici di benessere e prosperità. Come non
riuscì a calcolare esattamente, e questo è più comprensibile, il
reale andamento demografico della città che, secondo le sue stime,
nel 1971 avrebbe toccato le sessantamila unità. Sbagliò, ma non di
molto: una decina di migliaia di anime, o poco più.