E' un artista straordinario che Cremona
ha ben presto dimenticato, anche se autore di opere conservate oggi
al Metropolitan Museum of Arts. Forse perchè gran parte della sua
vita si è svolta a Bruxelles e a Lierre, al seguito dei banchieri
Affaitati e a Cremona sarebbe ritornato ormai novantenne per
realizzare nel 1611, un anno prima della morte, una Madonna con i
santi Antonio abate e San Carlo per la chiesa di Sant'Egidio ed
Omobono che, secondo Giambattista Zaist, sarebbe l'unica sua opera
nota. In realtà Giovanni Battista Lodi fu uno dei più grandi
artisti della seconda metà del XVI secolo, autore di disegni per una
serie di arazzi realizzati dalla bottega di Willem de Pannemaker nel
febbraio del 1552 ed autore lui stesso di alcuni episodi delle Storie
di Mosè per Ercole Gonzaga, conservati oggi a Milano nella villa
Simonetta, sede della scuola civica di musica “Claudio Abbado”.
Di questa sua attività di disegnatore si sono occupati recentemente
lo storico dell'arte olandese Bert W. Meijer, direttore dell'Istituto
Universitario Olandese di Storia dell'arte di Firenze, e Thomas P.
Campbell, esperto di arazzi del MOMA di New York.
Storie di Mercurio e Herse, MOMA, New York |
Di questa sua particolare attività non
fanno menzione invece gli storici locali. Lo Zaist, ad esempio, si
limita a scrivere: “Lodi Giovan Battista, s'egli è vero, lo che
scrisse Antonio Campi, fu certamente un'assai virtuoso professore
delle nostr'arti, perocché da lui viene annoverato insieme coi
solenni dipintori Camillo Boccacino, Giulio Campi suo fratello, e
Bernardo Sogliaro, così leggendosi nella istoria di esso. 'A nostri
tempi poi, ne quali pare, che la Pittura sia ridotta al colmo della
perfezione, sono stati eccellenti, e molto famosi, Camillo Boccacino,
Giovambattista Lodi, Giulio mio fratello, ed il poco fa nominato,
Bernardo Sogliaro, le cui eccellentissime opere sono tenute in
grandissimo pregio'. Per altro, non facendosi menzione che della di
lui persona, senza far parola d'alcuno de suoi dipinti, giusta
l'assunto del nostro istorico, non so che mi dire di esso, se non che
forse abbia dipinto pochissimo, o siansi perdute, od altrove portate
le di lui opere. Il sol quadro, che a mia notizia pur anco di lui si
serba, si è quello, che trovasi nella chiesa prepositurale mitrata
de' SS. Egidio, ed Omobuono, ed è il primo, passatala cupola, nella
nave laterale dalla parte dell'Epistola, il quale in suo altare
rappresentata la Vergine sopra le nubi, col Bambino in braccio, ed al
basso S. Antonio Abate, e l'Arcivescovo S. Carlo. E tal'opera fu da
lui fatta l'anno 1611. Parla di esso Antonio Campi sopra mentovato
nella sua storia lib. 3, pag. 197”. (Notizie istoriche de' pittori,
scultori, ed architetti cremonesi. Cremona, Ricchini 1774, p. 45).
In tutto al Lodi, sia in qualità di
progettista che di esecutore di cartoni, sono state ricondotte almeno
quattro serie di arazzi fiamminghi tra i più importanti del XVI
secolo: il “Fructus belli” una serie di otto pezzi del tessitore
di Bruxelles Jehan Baudouyn per Ferrante Gonzaga 1545-47, di cui
sopravvivono sei (Musée National de la Renaissance, Château
d'Ecouen; Fondazione Edward James, West Dean College, Chichester,
Inghilterra; Musei Reali d'Arte e Storia, Bruxelles); La vita di Mosè
(Châteaudun Castle, Monuments Historiques, Francia), una serie di
dodici pezzi tessuta da Willem Dermoyen (e forse Peter van Oppenem)
per Ferrante Gonzaga tra il 1545 e il 1550; i “Puttini”
((collezione Giannino Marzotto, Trissino), un set di sei pezzi
intessuto da Willem de Pannemaker per Ferrante Gonzaga tra il 1552 e
il 1557 ed infine le “Storie di Mercurio e Herse” di cui esistono
una serie di otto pezzi di cui uno completo e due gruppi parziali nel
Metropolitan Museum, nel Palazzo del Quirinale e varie collezioni
spagnole private, intessuto dai Willem Dermoyen (attivo 1520 a ca.
1548 a Bruxelles), tra il 1545 ed il 1550 e da Willem de Pannemaker
verso il 1570.
La visione di Aglauro, MOMA, New York |
Poco si sa delle prime fasi della vita
e della formazione artistica di Giovanni Battista Lodi, ma dovette
nascere probabilmente intorno al 1520 perchè già nel 1540 era
consulente della corte imperiale per valutare il valore di quattro
quadri del pittore fiammingo Frans Borreman. Sicuramente, qualunque
fosse l'attività svolta in quegli anni, Lodi era una figura di un
certo peso nel settore dell'industria tessile e nella produzione di
arazzi, e nelle Fiandre si
svolse gran parte della carriera e della sua fortuna artistica,
probabilmente al seguito del banchiere cremonese Gian Carlo
Affaitati. Quest'ultimo era stato inviato dallo zio Giovan Francesco
a dirigere la nuova filiale di Anversa per il commercio, oltre che
della canna da zucchero, delle spezie provenienti dal Portogallo, e
proprio sotto la sua direzione, dopo la morte dello zio avvenuta nel
1528, l'azienda raggiunse la sua massima espansione con filiali in
tutta Europa. E proprio a Lier, nei pressi di Anversa, nella casa
dell'Affaitati, si trasferì nel 1550 anche Giovan Battista Lodi,
lasciando la propria abitazione di Bruxelles, dove aveva abitato tra
il 1540 ed il 1549 conducendo una bottega con l'apprendista Conrad
Schot, in seguito divenuto uno degli aiuti di Antonis Mor van
Dashorst.
In
una disposizione a Bruxelles per il Procuratore Generale del Brabante
nel dicembre 1553, Schot, che aveva ventisei anni, dichiarava di
essere stato l'apprendista di un artista italiano chiamato "Johan
Baptista", che viveva nel Hoochstrate, per un periodo di circa
quattro o cinque anni. Schot deve essere stato con Lodi dal 1544 al
1549, dopo aver lavorato con Anthonis Mor per un anno e mezzo e con
Jan Maes per tre anni dopo. Come Mor e il suo allievo Maes
specializzato nella ritrattistica, è possibile che anche Schot si
sia addestrato nella bottega di Lodi. Lo stesso "Jan Baptista"
è stato descritto in un secondo e più lungo documento come "un
italiano e un ricco" che ha poi abbandonato la pittura "perché
aveva abbastanza da vivere ed era vecchio in anni" e viaggiò a
Lier per vivere con il signor Jan Carlo. Questo "Jan Carlo"
era Gian Carlo Affaitati.
Secondo
quanto sostiene lo storico Jean Denucé (Inventaire des Affaitati,
banquiers italiens à Anvers, de l'année 1568, Anversa, De Sikkel,
1934) Lodi avrebbe anche realizzato opere per Gian Carlo, di cui si
trova notizia in un inventario dei beni famigliari steso dal cugino
Giambattista a favore dei nipoti, dopo il ritiro dagli affari dello
stesso Gian Carlo nel 1545. Secondo Gianni Toninelli potrebbe essere
attribuito al Lodi un ritratto di Gian Carlo Affaitati ricordato nel
1576 e poi ancora nel 1635 nella collezione della famiglia nobile
cremonese Sforzosi, commercianti anch'essi ad Anversa e collezionisti
di opere ed arredi fiamminghi, di cui si è persa traccia.
La visione di Aglauro, MOMA, New York |
Decisamente
più importante, però, il ruolo svolto da Gian Battista Lodi nel
settore dell'arazzeria in qualità di valutatore, grazie, con ogni
probabilità, al fatto di avere lavorato come pittore e disegnatore
di cartoni al servizio di Ferrante Gonzaga, divenuto duca di Milano
nell'aprile del 1546 e nel 1557 comandante delle truppe asburgiche in
Fiandra, nella preparazione della campagna culminata con la battaglia
di San Quintino il 10 agosto, e poi morto a Bruxelles il 16 novembre.
Nella capitale del ducato Ferrante commissionò l'ampliamento e il
restauro del palazzo ducale, avviò la risistemazione dell'area
monumentale del duomo, dotò la città di un ampio circuito di mura
bastionate, mentre il suo architetto Domenico Giunti progettò la
risistemazione della Gualtiera, villa suburbana acquistata nel 1547,
l'attuale villa Simonetta.
Il
ruolo di Giovan Battista Lodi è particolarmente significativo
nell'esecuzione del famoso ciclo di arazzi del “Fructus belli”.
Ferrante Gonzaga era un grande collezionista di arazzi e con ogni
probabilità prima di fare il proprio ingresso a Milano il 19 giugno
1546, ne commissionò una serie di otto agli arazzieri di Bruxelles.
Che Lodi fosse impegnato in questa attività è confermato in due
lettere che l'arazziere Jeahn Baudouyn inviò successivamente a
Ferrante. Nella prima, scritta da Bruxelles il 15 giugno 1547,
Baudouyn chiedeva ulteriori fondi per gli arazzi raccontando che Lodi
e Giovanni Balbani, un mercante di Lucca che operava ad Anversa con
gli Affaitati, avrebbero valutato la serie completa e spiegava che
Balbani gli doveva ancora 250 monete d'oro ed aveva rifiutato
ulteriori crediti. Successivamente, il 31 agosto 1547, Baudouyn
scrisse nuovamente a Gonzaga dicendo di essere felice se "Jehan
Baptiste Lodi pittore" avesse valutato le tappezzerie ultimate.
Il 10 febbraio 1552, si sa che lo
stesso Lodi scriveva da Lier una lettera, come consulente di Ferrante
Gonzaga per una serie di arazzi che il governatore intendeva
commissionare, senza specificarne il nome, ad un tessitore di
Bruxelles che poi avrebbe tessuto l'arazzo della conquista di Tunisi
per Carlo V. Anche se Lodi non ha menzionato il suo nome, questo
tessitore deve essere stato Willem de Pannemaker, il cui marchio
appare nella Conquista di Tunisi. La serie di arazzi senza nome che
Gonzaga avrebbe voluto commissionare era probabilmente quella dei
Puttini, che sarebbe stata infatti tessuta da Pannemaker tra il 1552
e il 1557, sulla base di un disegno di solito attribuito a Lodi.
Gli arazzi in questione includevano
fili d'oro e argento, un particolare che ha permesso di identificarli
con una serie di “Puttini” ora in una collezione privata. Questi
ultimi presentano gli stessi tratti di una serie realizzata a Mantova
per il fratello di Ferrante, Ercole, sui disegni eseguiti da Giulio
Romano nel corso degli anni Quaranta. Nel gruppo di Ercole, però, i
putti tra i vigneti sembrano recare in sè un simbolismo eucaristico,
mentre il motivo presente nella serie di Ferrante sembra piuttosto
un'evocazione dell'età d'oro, un soggetto che bene si legava al
nuovo ruolo di governatore dello Stato di Milano. Stilisticamente, le
figure dei putti e le composizione degli arazzi con i Puttini di
Ferrante hanno molto in comune con le figure e i paesaggi del
“Fructus belli” e delle “Storie di Mosè”, e uno degli arazzi
dei Puttini rappresenta edifici che sembrano ricordare la Villa
Gualtiera, la casa del governatore milanese.
Storie di Mercurio ed Herse |
Per queste ragioni si è ipotizzato che
l'ideazione e la progettazione dei cartoni dei tre gruppi di arazzi
siano opera dello stesso atelier di pittori e disegnatori, e in forza
del ruolo avuto da Lodi nei negoziati per l'esecuzione della serie
dei Puttini, Delmarcel ha suggerito la sua partecipazione anche alla
stesura dei cartoni preparatori. Solo nuove ricerche d'archivio,
unite ad uno studio approfondito dei modelli della serie di Mosè,
potranno meglio delineare l'identità e il carattere di questo
artista cremonese, che avrebbe potuto avere un ruolo anche molto più
importante di quanto non sia stato ancora identificato, per la
progettazione e la preparazione dei cartoni di alcune delle più
importanti tappezzerie dei 1540.
Come ha rilevato Nello Forti Grazzini,
un'altra serie che richiede ulteriori ricerche in questo contesto è
quella degli otto pezzi che costituiscono le “Storie di Mercurio e
Herse”, di cui esistono esemplari di altissima qualità, come
abbiamo detto al Metropolitan Museum, al Quirinale e in varie
collezioni spagnole private. Il gruppo più recente porta il marchio
di una tappezzeria identificata con la bottega di Dermoyen, mentre in
seguito compare il segno di Willem de Pannemaker. Sulla scorta della
storia raccontata nelle Metamorfosi di Ovidio, la serie rappresenta
figure idealizzate in paesaggi italiani eseguiti dal vivo, con echi
di modelli di scuola raffaellesca in diverse scene. Sulla base di
considerazioni stilistiche, la stesura di questa serie può
probabilmente essere collocata alla fine degli anni '40. Le citazioni
dai disegni della scuola di Raffaello hanno condotto i cgli studiosi
precedenti ad ascrivere la storia di Mercurio e Herse a una varietà
di allievi del maestro, tra cui Giovanni Francesco Penni e Tommaso
Vincidor. Tuttavia, la probabile data di stesura della serie e gli
evidenti caratteri stilistici che la legano agli arazzi del “Fructus
belli” e alle “Storie di Mosè” suggeriscono che la serie è
stata progettata e creata dallo stesso gruppo di disegnatori e
cartonisti che risentono degli elementi di scuola raffaellesca
trasmessi attraverso l'officina di Giulio Romano a Mantova.