Giuseppe Bodini |
Sulle rive del Po, tra Pomponesco e Guastalla, verso la metà dell'Ottocento girava una storiella. Si raccontava che un vecchio in punto di morte avesse rivelato ai suoi cinque figli scapestrati che nell'unico appezzamento di terreno che avrebbe loro lasciato in eredità era nascosto un grande tesoro. Per tre anni i figli vangarono senza sosta quel terreno senza trovarvi nulla, ma in compenso lo resero il più produttivo della zona. Non diventarono ricchi, ma da quel momento si dedicarono con profitto alla coltivazione della terra. Una parabola forse un po' banale, ma il fatto che circolasse tra la gente indica che vi era ancora qualcuno riottoso ad accettare la rigorosa disciplina del lavoro. Uno di questi era sicuramente Giuseppe Bodini, nato a Grontardo il 23 giugno 1821, numismatico, bibliofilo, maestro elementare, arrotino e violinista, ma anche occultista e vagabondo. Uno “strano”, insomma, nel ricordo dell'immaginario popolare. Quando morì a Pescarolo, il 26 dicembre 1889, lasciò un breve manoscritto “Dei tesori nascosti” dove in una quarantina di fitte pagine egli disserta di leggende plutoniche e magia naturale, dà consigli sui modi per scoprire e per “levare” tesori e ne segnala addirittura la presenza di ben ventotto, sparsi qua e là lungo la riva sinistra del Po cremonese e casalasco. Il manoscritto dovrebbe essere posteriore al 1845, l'anno più recente in cui da quelle parti, secondo Bodini, sarebbe stato interrato un tesoro. Eppure, almeno fino al 1867, la sua esistenza dovette essere abbastanza regolare: sposato con Teresa Guindani, cucitrice, tre figlie, Catterina, Maria e Giuseppina, un lavoro da maestro elementare, per cui aveva passato gli esami il 20 novembre 1863. Ma con il 20 ottobre 1867 la sua vita cambia: la Giunta di Gambara con ogni probabilità non gli rinnova l'incarico di maestro e inizia per lui l'esistenza vagabonda del “muléta” e del suonatore occasionale. Una fotografia ingiallita del 17 agosto 1873 lo ritrae vestito goffamente mentre indica in modo vistoso il suo violino con lo sguardo che scruta nell'obiettivo. Ma a quel tempo Bodini era già famoso per quell'altra sua attività, giudicata dai malevoli non troppo cristallina, di esperto numismatico con la passione per le scienze occulte, come lascerebbe intendere una cartolina postale in un cui un numismatico, alla ricerca di notizie su certe monete d'oro trovate in una pentola dissotterrata in un campo di Castelnuovo del Vescovo, chiede al parroco di Pescarolo come si possa rintracciare Bodini, “el muleta”.
Possiamo immaginare che l'interesse del nostro maestro per un tema così insolito sia stato risvegliato dalle numerose dicerie sui tesori nascosti provenienti dallo stesso ambiente rustico e popolare in cui viveva. Alcune di queste voci non facevano che ripetere stancamente e senza alcuna fantasia gli echi di immagini e temi fiabeschi: una classica «pignatta di marenghini» si diceva, ad esempio, fosse sepolta nel campo dell'organo di Gadesco e in altre località di quei dintorni la fantasia popolare segnalava la presenza di stivali, fiaschettti, bauli, casse, paioli stracolmi di monete d'oro. Bodini raccolse poi anche notizie che affondavano le loro radici in remote tradizioni leggendarie, come quella sul “tesoro del Re di Spagna” nascosto a “Belvedere”, diffuse dal barbiere e tessitore di “Ca' de' Ghinzani”, Francesco Pagliari. Ma Bodini citò, anche se in modo più generico, tra i suoi testimoni anche un paio di altri personaggi appartenenti al medesimo microcosmo rurale: un “fittabile” di “Pievedelmona” ed un “cavalaro” di “Bonamerzo”. Fu da loro che il nostro apprendista cercatore apprese le segrete ubicazioni, le entità (espresse sempre in lire cremonesi) e le date di interramento dei tesori.
Fu però grazie a Bodini se quel vasto e disperso patrimonio di leggende orali e notizie ritrovò improvvisamente vita. Il maestro di Grontardo riuscì infatti a collegare la gran massa di informazioni sui tesori nascosti, che giorno dopo giorno raccoglieva nei paesi adagiati lungo le rive del Po, con il suo personale patrimonio di conoscenze e saperi estraneo alla cultura tradizionale di quell'ambiente. Il suo bagaglio culturale, decisamente eclettico e disordinato, dove la conoscenza del francese e del latino si mescola all'interesse per le materie esoteriche, fa poi il resto: le confidenze raccolte e le chiacchiere intessute di mistero, trovano riscontro nelle dottrine occulte assorbite dai testi degli autori del passato che gli erano capitati tra le mani e che, in certi casi, egli stesso aveva trascritto di suo pugno con la pazienza di un antico amanuense, come è il caso del "Trinum magicum sive secretorum magicorum opus" di Cesare Longino edito a Francoforte nel 1673, dove si affronta il tema dei patti col demonio, da lui tradotto a Grontardo nel 1843. E così la gran massa di notizie locali che le sue formidabili antenne avevano captato viene inserito piuttosto al centro di quella galassia dove stanno i testi della tradizione occulta con i quali il maestro di Grontardo era entrato in contatto.
Ma vediamo quali sono i suggerimenti del nostro maestro per cercare e trovare i tesori nascosti. I tesori di cui l'opera parla non sono quelli “che noi possiamo avere presso di noi, perché di questi - non merita descrizione”, ma “quelli che si nasconde con secretezza e “dei quali si ignora il preciso luogo”. Nella ricerca Bodini si affida a strumenti d'indagine e di verifica “che oltrepassano l'ordine naturale” e che lui stesso definisce “cose stravagante”: un misterioso arsenale fatto di “segni”, “secriti” e “buone calamite”. In questo scenario perdono qualsiasi significato le tecniche di ricerca tradizionale, perchè, scrive Bodini, quando i tesori “è molto tempo che son nascosti e trascurati vengono posseduti da certi spiriti” e perciò “non si possono levarli se non con modi operanti sopranaturalmente”. L'esito non è però scontato e il rischio di fallire nell'impresa costituisce anzi l'eventualità più probabile, cosicchè: “alfin di molte fatiche non si possono levarli; e potrebbero succedere quasi ai più bravi del mondo”. Per assicurasi il risultato il risultato, tuttavia, è necessario tracciare al suolo cerchi magici, osservare attentamente i mutamenti di stato di liquidi versati in un'ampolla, fabbricare una “palla simpatica” ripiena delle più incongrue sostanze, e via dicendo. Ad indicare la presenza di un tesoro sepolto può venire in aiuto, però, qualche segnale: “I tesori nascosti da qualche tempo e che sono trascurati perchè non sono alla mente da nessuna persona; danno alcuni segni, come sono, che si sente o si vede una chioccia coi pulcini a crotolare; e allora e segno che in quel luogo vi e nascosto un tesoro: e tal volta si e veduto una polla grigia, e questo è segno che vi e nascosto un tesoro misturato oro ed argento. Ale volte si sono veduto l'ombra d'un soldato, ed all'ora è segno che è un tesoro nascosto ad un tempo di sacheggio. Alle volte si è veduto delle torcie acese la quale parevano/ che fosser sostenute da diversi personaggi ed e perche sono tesori guarnati in tempo di notte al lume di torcia: E si possono vedere molte altre cose stravagante a tenor delle diverse positure che incombenza le circostanziali fenonomistiche”.
Una pagina del manoscritto |
“Per scoprire un tesoro – scrive Bodini – dovete portarvi nel luogo dove si sospetta che vi sia nascosto un tesoro, e lì dovete avere una bottiglia d'acqua santa, colla qual dovete far un circolo, vuotandola bel bello acciò sia abbastanza; guardano di non lasciar nepur un dito di sito senza avervi versato l'acqua, che se lasciate un poco di sito asciutto, per quello vi passano gli spiriti maligni; e dovete guardar bene prima di far il circolo, di circondarvi dentro il tesoro che sospettate che vi sia”: Segue poi la fabbricazione di tre croci e la lettura di alcune formule magiche scritte in alfabeto greco con il compito di muovere le croci verso il tesoro. Diversamente andrebbe bene anche un anello d'oro benedetto.
Bodini manifesta una predilezione particolare per le ore della notte, il tempo che di solito è riservato alle suggestioni oniriche e all'indeterminatezza dei sogni. Ma questo ribaltamento temporale, determina anche un rovesciamento dei valori “diurni” del lavoro, per cui, ad esempio, una volta muniti della zappa per cercare il tesoro, accade che “la prima zappata che darete sorge una figura, ed allora non si deve prendersi paura, ma anzi dovete farvi coraggio e parlargli, e dirgli - dalla parte di Dio zappatì - e sporgergli il Zappone, e se lo rifiuta, tornare ancora a sporgervelo sino che lo ha tolto, dicendo sempre 'Dalla parte di Dio' e nessuno non deve buffare, cioe non ridere ne far scherzi nemen parlare senza bisogno; tolto che avrà il Zappone la detta figura, stando tutti serij, vedrete che in un momento discuarcierà il Tesoro”. Qui insomma è l'ombra che deve faticare al posto dell'uomo.
Può però sorgere qualche complicazione: “E vi averto ancora che nel lasciarvi, la detta figura se la caso vi avesse di dire 'vigneret o manderet', ditegli 'non vengo e non mando' perche se gli dite 'vignerò', alora entro otto giorni morirete o la mano morirete entro un anno e un giorno: e se gli dite 'manderò', vi moriranno tutti i vostri di casa, dunque e meglio dirgli 'non vengo e non mando' per esser salvi tutti”. Potrebbe darsi anche il caso che le ombre siano più di una, che si sentano strepiti, rumori, lampi e grida con raffiche di vento, ma “se siete bravi Maghi dovete star franchi, perche stando franchi, la figura che parlerà viu suggerirà el preciso modo che dovere addoperare per levare il tesoro che vi siete intramessi di levare”. Se quindi, da un lato, per riuscire a dissotterrare un tesoro è necessario, come scrisse Bodini, dar prova di essere dei “bravi Maghi”, anche per nasconderlo nel più sicuro dei modi dovranno osservarsi delle precise prescrizioni rituali, le quali potranno persino comportare l'esecuzione di sacrifici umani. Bodini stesso affronta con parole esplicite questo argomento: “vi sono stati di quelli che guarnando il Tesoro hanno ucciso una persona e poi ve l'anno sotterrata in cima, e nel mentre che la sotterrava vi hanno detto: Tu tenderai a questo Tesoro”. Nel manoscritto di Bodini però l'evocazione del tema dei sacrifici umani compiuti per “guarnare” i tesori ricompare solo come pura menzione di un mito fondante.
Il maestro di Grontardo asserisce anche di avere notizie precise della presenza di 28 tesori nascosti nei paesi attorno. Si inizia, ovviamente, da Grontardo: un “gran tesoro” sarebbe stato sepolto nel 1780 a pochi passi dalla torre dell'oratorio della Madonna della Strada; un altro, nascosto nel 1827, sarebbe sepolto dietro la muraglia “verso mattina”del cimitero di San Basiglio. Nella cascina di San Giovanni del Deserto “dalla parte verso monte” a pochi passi dall'ingresso della stalla, “andando verso la porta”, sarebbe stato sepolto un tesoro nel 1827, così come in un edificio chiamato “Purga, appresso alla scala di dentro” nel 1770. A Scandolara Ripa d'Oglio, nei pressi di un ponte di pietra “alle colonne della vianova distante un tiro di schioppo dalla strada di Persico” sarebbe stato nascosto nel 1782 un “bel tesoro”, ed un altro nel 1834 a pochi passi da un crocifisso dipinto sul muro di fianco ad una portella “all'oratorio detto Senigola della parte verso monte” a Pescarolo. Sulla strada per Cicognolo a pochi passi da una cappelletta affiancata da una roggia vi sarebbe dal 1831 un tesoro di 50.000 lire cremonesi, ed addirittura un “gran tesoro” vicino alla cascina Fenile di Sant'Antonio di Pessina Cremonese, sulla strada diretta a Stilo de' Mariani (1815); un altro sarebbe nascosto nel cimitero di Pieve Delmona e, nello stesso comune, “a due o tre tiri di schioppo” da un filare di gelsi, posto dietro una roggia, nei pressi della cascina Cà del Lupo, ve ne sarebbe un latro nascosto nel 1842. E sempre nella cascina Torre Nuova un fattore di nome Console vi avrebbe nascosto un tesoro nel 1820. Poco distante da una fontana coperta “con muri pitturati” nei pressi di un'edicola dedicata alla Madonna di Caravaggio sulla strada per Gabbioneta, sarebbe stato nascosto un tesoro nel 1832; nel territorio di Binanuova, a pochi passi da un'edicola detta “Morti della Muracca”, sulla riva dell'Oglio distante due campi dalla cascina Casamento ad poco più di un chilometro da Gabbioneta, vi sarebbe un tesoro nascosto nel 1840. Dal 1771 sarebbe nascosto un tesoro nei pressi del muro dell'oratorio di San Damaso “dalla parte verso mezzo giorno” ad Alfiano Vecchio, frazione di Corte de' Frati ed un fiaschetto con il manico rotto, ma contenente monete, sarebbe nascosto nella muraglia della cascina Cà dell'Ora che costeggia la strada. Un altro sarebbe sepolto ad un braccio di distanza da un chiodo piantato in un pioppo nel cimitero delle “Ciaveghe di S. Matè”, una località che non è stato possibile identificare con nessuna delle attuali. Uno stivale pieno d'oro sarebbe stato nascosto nel 1830 ad un tiro di schioppo dalla località Posta di Cicognolo ed un tesoro sarebbe nascosto a pochi passi dall'oratorio della Madonna Sgarzonara, tra Vescovato, Gadesco e Cà de' Sfondrati. Altri tesori, di cui però il nostro maestro non specifica né l'importo né la data in cui sarbbero stati nascosti, sono indicati a Belvedere, a San Pietro nel comune di Gadesco, in una non meglio specificata cascina Cantarana, a Cà de' Marozzi , alla cascina Malongola nel comune di Malagnino, nel campo dell'organo a Gadesco, in un campetto a Villarocca, in un'edicola a San Salvatore, Bonemerse, e in un prato nei pressi della cascina Sidolo nel comune di Cicognolo, dove sarebbero nascosti un cassone e sete piccoli paioli per la bollitura dei bozzoli pieni di monete.