La giunta Calatroni |
Nei giorni dell'insurrezione del 25
aprile vi fu un'altra rivoluzione, certamente meno drammatica per il
contributo di sangue richiesto, ma non meno significativa per i
protagonisti di quegli eventi. Uno dei primi atti della Cremona
liberata, di cui si fece interprete la prima giunta repubblicana
presieduta dal sindaco del CLN Bruno Calatroni, fu la rivoluzione
toponomastica con cui vennero modificati i nomi delle vie che
ricordavano gli avvenimenti ed i protagonisti di quel ventennio di
dittatura ormai alle spalle. Il
28 aprile 1945 Calatroni aveva inviato al prefetto un rapporto sulla
dinamica della Liberazione: “Si può calcolare che le forze
partigiane clandestine che hanno partecipato alla liberazione della
città assommassero a circa tremila uomini…trenta i caduti dalla
parte dei patrioti”. Il 5 maggio, solo una settimana dopo, con la
presenza, oltre al sindaco, dei vice Leggeri e Marabotti, e degli
assessori Agosti, Bodini, Granata, Lambertini e Zanotti venne
approvata all'unanimità la delibera con cui veniva modificata
l'intitolazione di alcune vie “intitolate a nomi che ricordano
specialmente il periodo più funesto e più tragico imposto
all'Italia e alla nostra Città, dalla dittatura fascista, o comunque
possono essere sostituiti da nomi più cari alla Città di Cremona”.
Ma già dal 30 aprile Calatroni aveva richiesto che si sostituisse
immediatamente l'intitolazione di Martiri fascisti con Attilio
Boldori e di via Malta con quella di Felice Cavallotti, ed aveva
sollecitato l'ufficio tecnico a fornire i nomi di tutte le vie che
dovevano essere rinominate. Già nel corso della giornata le
intitolazioni incriminate erano state rimosse e il sindaco chiedeva
al Prefetto indicazioni sulle nuove intitolazioni Queste sono le
attuali vie Attilio Boldori, Felice Cavallotti, Giacomo Matteotti,
Ala Ponzone, Ferruccio Ghinaglia, Amedeo Tonani, don Minzoni, corso
Vittorio Emanuele II, Piazza della Pace e galleria 25 Aprile. In
realtà non mancò qualche inconveniente, dovuto alla fretta del
momento. Via Giuseppina, ad esempio, finì per oltre un anno col
chiamarsi interamente via Tonani, contrariamente a quanto avrebbe
voluto il sindaco Calatroni. In una nota inviata al segretario, con
la data del 20 gennaio 1946, lo stesso sindaco puntualizzava: “La
delibera con cui veniva imposto il nome di Tonani alla via Giuseppina
riguardava solo il tratto compreso dalla via Pippia all'osteria del
Gelsomino, invece è accaduto che tutta la via Giuseppina ha preso il
nome di Tonani, mentre invece dal Gelsomino in su doveva restare
Giuseppina, Provveda far fare l'opportuna rettifica e poi mi
riferisca”. Ma si provvide alla correzione solo a novembre.
Mussolini alla lapide dei Martiri fascisti nel 1923 (foto Fazioli) |
Ma
fu soprattutto su via Martiri Fascisti che si concentrò la prima
attenzione della giunta, per l'alto significato simbolico che
rivestiva, sottolineato anche dalla presenza di una lapide a ricordo
incastonata su via Balbo, che sarebbe in seguito divenuta via Ala
Ponzone. L'intitolazione, infatti, ricordava il tentativo dei
fascisti di impadronirsi della città un giorno prima della Marcia su
Roma. Farinacci era rientrato a Cremona la mattina del 26 ottobre
1922, dopo essere stato a Roma e Napoli, e con in suoi più stretti
collaboratori aveva preparato meticolosamente l'azione che poi
avrebbe avuto luogo la sera del giorno successivo. Il piano era
quello di dare l'assalto ed occupare la Prefettura. Paolo Pantaleo
descrive l'episodio minuziosamente (Paolo Pantaleo, Il Fascismo
cremonese, Cremona, Cremona Nuova 1931): “Il prefetto eleva formale
protesta, dichiara che compirà intero il proprio dovere. Convoca
immediatamente il questore, il maggiore dei carabinieri, il
comandante del presidio. Dopo una breve discussione dichiara, secondo
gli ordini ricevuti da Roma, di rimettere i poteri civili
all'autorità militare. Questa immediatamente dispone perchè siano
fortemente sbarrate le vie d'accesso alla prefettura. Intanto
arrivano a frotte i fascisti dalla provincia: una parte tenta di
forzare il portone della prefettura, un altro si addensa in via
Bissolati. I carabinieri si distendono lungo attraverso via Vittorio
Emanuele e roteando i moschetti tentano respingere le camicie nere
che aumentano continuamente di numero, decise ad affrontare ogni
rischio. In prefettura guardie regie e carabinieri afferrano i
fascisti, che vi erano penetrati e vi si erano installati, e riescono
a metterne parecchi alla porta. Mentre si sta studiando il modo di
impadronirsi delle prefettura giunge un inviato da Perugia, il quale
è latore dell'ordine di sospendere per 24 ore l'azione, in
previsione di una nuova situazione che andava delineandosi a Roma. I
ministri, infatti, avevano rassegnato all'on. Facta le loro
dimissioni e si divulgava la notizia che il presidente del consiglio
avesse in animo di chiamare l'on. Mussolini a far parte del governo.
Non era possibile attenersi all'ordine venuto da Perugia. Cerano già
dei morti, la provincia era tutta in mao dei fascisti: rimandare
l'azione equivaleva ad una ritirata in piena regola, senza speranza
di una ripresa fortunata e vittoriosa. L'on. Farinacci corre al
telefono e chiama il Duce a Milano. Unadramamtico dialogo si svolse.
“Ho l'ordine di sospendere l'azione – dice Farinacci – ma ormai
è troppo tardi, orami il dado è tratto; fermarsi sarebbe danno
irreparabile. Il nostro piano, ormai conosciuto e diffuso, non
potrebbe attuarsi più tardi”, “Avete delle vittime tra i
fascisti?”. “Tre morti a San Giovanni in Croce e parecchi
fascisti feriti in provincia. Abbiamo assediato la prefettura a
attendiamo il momento propizio per conquistarla”. “Di fronte a
questi fatti”, conclude Mussolini, non resta che continuare”.
“Benissimo noi ci rimettiamo ai tuoi ordini, pronti anche ad
inviare rinforzi a Milano se occorressero”. E l'azione continua”.
In realtà la Prefettura si difese sparando sui fascisti al punto che
Farinacci dovette ritirarsi, rimandando l'azione al giorno dopo, ma
di fronte all'arrivo di nuovi fascisti dalla provincia al comandante
della guarnigione non rimase altro che arrendersi per evitare una
carneficina. Alla fine restarono sul terreno dieci morti e si
contarono quaranta feriti tra i fascisti.
Il sacrario dei Martiri fascisti in via Balbo nel 1939 |
Attilio
Boldori, a cui fu dedicata via Martiri Fascisti, era stato proprio
una vittima di quelli, ucciso a bastonate l'11 dicembre 1921 nei
pressi della
Cascina Marasca di San Vito di Casalbuttano, per l'unica colpa di
essere stato rappresentante
socialista in Amministrazione provinciale, di cui era stato
vice-presidente, ed al Comune di Due Miglia, di cui era stato
Sindaco. Via Felice Cavallotti tornava invece alla sua denominazione
originaria, che aveva avuto fin dal marzo del 1898, quattro giorni
dopo la sua drammatica morte, avvenuta nel corso di un duello con il
monarchico Ferruccio Macola, interrotta solo nel 1940 quando la via
venne denominata via Malta. Via Ala Ponzone dal 1943 era stata
intitolata a Italo Balbo.
Ma
vi erano anche altre strade che con il fascismo avevano modificato la
loro intitolazione: viale Regina Margherita il 10 febbraio 1944 era
stata rinominata via Fratelli Bandiera e tale rimase fino al 13 marzo
1951 quando venne ripristinata la vecchia denominazione di “viale
Po”. Via Bassa era divenuta nel 1940 via cardinal Guglielmo
Massaia, un cappuccino che peraltro non ebbe mai rapporti con
Cremona, e tale è rimasta fino ai nostri giorni. Via San Lorenzo fu
dedicata alla poetessa Rachele Botti Binda, per poi tornare nel 1955
alla denominazione originaria; via Martiri di Sclemo era divenuta nel
1940 via Fanny Brambati, insegnante all'Istituto Tecnico e prima
fiduciaria provinciale del Fascio femminile, scomparsa nel 1939 e la
denominazione di Martiri di Sclemo era passata ad un tratto di via S.
Antonio del Fuoco; via Carlo Alberto nel 1931 era stata intitolata ai
fratelli Cairoli, via Villa Glori al medico Gaspare Cerioli, piazza
della Pace a Costanzo Ciano, su determinazione, nel 1939, dello
stesso podestà Francesco Gambazzi con i ringraziamenti personali del
figlio Galeazzo; piazza S. Angelo era divenuta piazza Guglielmo
Marconi: vicolo del Teatro era stata intitolato a Tito Minniti,
aviatore decorato con la medaglia d’oro al valor militare,
morto nel 1935, e considerato eroe della guerra d’Etiopia. Nel
giugno del 1945 su proposta del repubblicano Vittorio Dotti la strada
definitivamente intitolata a Gaetano Cesari; via Concordia, allora la
quarta a destra di corso Vittorio Emanuele che sbocca di fianco alla
chiesa di Santa Lucia, era stata dedicata alla medaglia d'oro al
valor militare Angelo Morsenti; corso Vittorio Emanuele ad Ettore
Muti, segretario nazionale del partito fascista per un solo anno dal
1939 al 1940 e morto in circostanze oscure un mese dopo la caduta del
regime il 25 luglio 1943; via porta Po Vecchia era stata dedicata ad
un seniore della Milizia fascista che aveva partecipato alla marcia
su Roma nel 1922, Luigi Valcarenghi, medaglia d'oro, caduto nel 1936
in Africa orientale; via Diritta (nome dato allora a via Arcangelo
Ghisleri) era divenuta fin dal 11 ottobre 1927 via 28 Ottobre, in
ricordo della marcia su Roma, e solo con il 15 maggio 1945 sarebbe
stata dedicata al Ghisleri, anche se si pensava in un primo tempo ad
una intitolazione ai fratelli Alfredo ed Antonio di Dio, attribuita
invece poi al primo tratto di Ala Ponzone tra corso Vittorio Emanuele
e via Astegiano, e sei anni dopo ad un strada all'inizio di via
Castelleome. Si lasciò stare invece via Gonzaga, divenuta nel 1930
via XI Febbraio in ricordo dei Patti Lateranensi dell'anno
precedente.
La galleria 23 marzo, poi 25 aprile |
Con
il 7 maggio, oltre quelle che abbiamo detto, mutarono nome anche via
della Repubblica, che divenne via Giacomo Matteotti, via Balbo che
mutò in via Ala Ponzoni, tranne, come abbiamo visto il primo tratto;
via Fratelli Cairoli divenne via Ferruccio Ghinaglia, un giovane di
Polengo ucciso a Pavia, in borgo Ticino, da una squadra di
picchiatori fascisti il 21 aprile 1921, in occasione della festa del
Natale di Roma, a cui nel nostro cimitero è dedicato un monumento
dello scultore Adamo Anselmi. L'originaria via Giuseppina, come
visto, divenne per oltre un anno via Amedeo Tonani, denominazione poi
restata solo al tratto che, da via Postumia conduce appunto a via
Giuseppina, dove aveva abitato il ragazzo ventunenne che aveva deciso
di seguire i partigiani, per poi venire ucciso a Favello in val di
Susa un mese prima della Liberazione, medaglia d'argento al valor
militare. Via Fanny Brambati divenne via don Giovanni Minzoni (prima
a sinistra di via Stenico), via Muti tornò ad essere corso Vittorio
Emanuele II, piazza Ciano tornò piazza della Pace, come era dal 1919
e la galleria 23 marzo, che doveva ricordare la nascita dei fasci
italiani di combattimento nel 1919 in piazza San Sepolcro a Milano,
diventò galleria 25 Aprile. Il primo lavoro della nuova commissione
toponomastica poteva dirsi, almeno per il momento, concluso.
Nessun commento:
Posta un commento