venerdì 27 aprile 2018

Le strade del 25 aprile


La giunta Calatroni
Nei giorni dell'insurrezione del 25 aprile vi fu un'altra rivoluzione, certamente meno drammatica per il contributo di sangue richiesto, ma non meno significativa per i protagonisti di quegli eventi. Uno dei primi atti della Cremona liberata, di cui si fece interprete la prima giunta repubblicana presieduta dal sindaco del CLN Bruno Calatroni, fu la rivoluzione toponomastica con cui vennero modificati i nomi delle vie che ricordavano gli avvenimenti ed i protagonisti di quel ventennio di dittatura ormai alle spalle. Il 28 aprile 1945 Calatroni aveva inviato al prefetto un rapporto sulla dinamica della Liberazione: “Si può calcolare che le forze partigiane clandestine che hanno partecipato alla liberazione della città assommassero a circa tremila uomini…trenta i caduti dalla parte dei patrioti”. Il 5 maggio, solo una settimana dopo, con la presenza, oltre al sindaco, dei vice Leggeri e Marabotti, e degli assessori Agosti, Bodini, Granata, Lambertini e Zanotti venne approvata all'unanimità la delibera con cui veniva modificata l'intitolazione di alcune vie “intitolate a nomi che ricordano specialmente il periodo più funesto e più tragico imposto all'Italia e alla nostra Città, dalla dittatura fascista, o comunque possono essere sostituiti da nomi più cari alla Città di Cremona”. Ma già dal 30 aprile Calatroni aveva richiesto che si sostituisse immediatamente l'intitolazione di Martiri fascisti con Attilio Boldori e di via Malta con quella di Felice Cavallotti, ed aveva sollecitato l'ufficio tecnico a fornire i nomi di tutte le vie che dovevano essere rinominate. Già nel corso della giornata le intitolazioni incriminate erano state rimosse e il sindaco chiedeva al Prefetto indicazioni sulle nuove intitolazioni Queste sono le attuali vie Attilio Boldori, Felice Cavallotti, Giacomo Matteotti, Ala Ponzone, Ferruccio Ghinaglia, Amedeo Tonani, don Minzoni, corso Vittorio Emanuele II, Piazza della Pace e galleria 25 Aprile. In realtà non mancò qualche inconveniente, dovuto alla fretta del momento. Via Giuseppina, ad esempio, finì per oltre un anno col chiamarsi interamente via Tonani, contrariamente a quanto avrebbe voluto il sindaco Calatroni. In una nota inviata al segretario, con la data del 20 gennaio 1946, lo stesso sindaco puntualizzava: “La delibera con cui veniva imposto il nome di Tonani alla via Giuseppina riguardava solo il tratto compreso dalla via Pippia all'osteria del Gelsomino, invece è accaduto che tutta la via Giuseppina ha preso il nome di Tonani, mentre invece dal Gelsomino in su doveva restare Giuseppina, Provveda far fare l'opportuna rettifica e poi mi riferisca”. Ma si provvide alla correzione solo a novembre.
Mussolini alla lapide dei Martiri fascisti nel 1923 (foto Fazioli)
Ma fu soprattutto su via Martiri Fascisti che si concentrò la prima attenzione della giunta, per l'alto significato simbolico che rivestiva, sottolineato anche dalla presenza di una lapide a ricordo incastonata su via Balbo, che sarebbe in seguito divenuta via Ala Ponzone. L'intitolazione, infatti, ricordava il tentativo dei fascisti di impadronirsi della città un giorno prima della Marcia su Roma. Farinacci era rientrato a Cremona la mattina del 26 ottobre 1922, dopo essere stato a Roma e Napoli, e con in suoi più stretti collaboratori aveva preparato meticolosamente l'azione che poi avrebbe avuto luogo la sera del giorno successivo. Il piano era quello di dare l'assalto ed occupare la Prefettura. Paolo Pantaleo descrive l'episodio minuziosamente (Paolo Pantaleo, Il Fascismo cremonese, Cremona, Cremona Nuova 1931): “Il prefetto eleva formale protesta, dichiara che compirà intero il proprio dovere. Convoca immediatamente il questore, il maggiore dei carabinieri, il comandante del presidio. Dopo una breve discussione dichiara, secondo gli ordini ricevuti da Roma, di rimettere i poteri civili all'autorità militare. Questa immediatamente dispone perchè siano fortemente sbarrate le vie d'accesso alla prefettura. Intanto arrivano a frotte i fascisti dalla provincia: una parte tenta di forzare il portone della prefettura, un altro si addensa in via Bissolati. I carabinieri si distendono lungo attraverso via Vittorio Emanuele e roteando i moschetti tentano respingere le camicie nere che aumentano continuamente di numero, decise ad affrontare ogni rischio. In prefettura guardie regie e carabinieri afferrano i fascisti, che vi erano penetrati e vi si erano installati, e riescono a metterne parecchi alla porta. Mentre si sta studiando il modo di impadronirsi delle prefettura giunge un inviato da Perugia, il quale è latore dell'ordine di sospendere per 24 ore l'azione, in previsione di una nuova situazione che andava delineandosi a Roma. I ministri, infatti, avevano rassegnato all'on. Facta le loro dimissioni e si divulgava la notizia che il presidente del consiglio avesse in animo di chiamare l'on. Mussolini a far parte del governo. Non era possibile attenersi all'ordine venuto da Perugia. Cerano già dei morti, la provincia era tutta in mao dei fascisti: rimandare l'azione equivaleva ad una ritirata in piena regola, senza speranza di una ripresa fortunata e vittoriosa. L'on. Farinacci corre al telefono e chiama il Duce a Milano. Unadramamtico dialogo si svolse. “Ho l'ordine di sospendere l'azione – dice Farinacci – ma ormai è troppo tardi, orami il dado è tratto; fermarsi sarebbe danno irreparabile. Il nostro piano, ormai conosciuto e diffuso, non potrebbe attuarsi più tardi”, “Avete delle vittime tra i fascisti?”. “Tre morti a San Giovanni in Croce e parecchi fascisti feriti in provincia. Abbiamo assediato la prefettura a attendiamo il momento propizio per conquistarla”. “Di fronte a questi fatti”, conclude Mussolini, non resta che continuare”. “Benissimo noi ci rimettiamo ai tuoi ordini, pronti anche ad inviare rinforzi a Milano se occorressero”. E l'azione continua”. In realtà la Prefettura si difese sparando sui fascisti al punto che Farinacci dovette ritirarsi, rimandando l'azione al giorno dopo, ma di fronte all'arrivo di nuovi fascisti dalla provincia al comandante della guarnigione non rimase altro che arrendersi per evitare una carneficina. Alla fine restarono sul terreno dieci morti e si contarono quaranta feriti tra i fascisti.

Il sacrario dei Martiri fascisti in via Balbo nel 1939
Attilio Boldori, a cui fu dedicata via Martiri Fascisti, era stato proprio una vittima di quelli, ucciso a bastonate l'11 dicembre 1921 nei pressi della Cascina Marasca di San Vito di Casalbuttano, per l'unica colpa di essere stato  rappresentante socialista in Amministrazione provinciale, di cui era stato vice-presidente, ed al Comune di Due Miglia, di cui era stato Sindaco. Via Felice Cavallotti tornava invece alla sua denominazione originaria, che aveva avuto fin dal marzo del 1898, quattro giorni dopo la sua drammatica morte, avvenuta nel corso di un duello con il monarchico Ferruccio Macola, interrotta solo nel 1940 quando la via venne denominata via Malta. Via Ala Ponzone dal 1943 era stata intitolata a Italo Balbo.
Ma vi erano anche altre strade che con il fascismo avevano modificato la loro intitolazione: viale Regina Margherita il 10 febbraio 1944 era stata rinominata via Fratelli Bandiera e tale rimase fino al 13 marzo 1951 quando venne ripristinata la vecchia denominazione di “viale Po”. Via Bassa era divenuta nel 1940 via cardinal Guglielmo Massaia, un cappuccino che peraltro non ebbe mai rapporti con Cremona, e tale è rimasta fino ai nostri giorni. Via San Lorenzo fu dedicata alla poetessa Rachele Botti Binda, per poi tornare nel 1955 alla denominazione originaria; via Martiri di Sclemo era divenuta nel 1940 via Fanny Brambati, insegnante all'Istituto Tecnico e prima fiduciaria provinciale del Fascio femminile, scomparsa nel 1939 e la denominazione di Martiri di Sclemo era passata ad un tratto di via S. Antonio del Fuoco; via Carlo Alberto nel 1931 era stata intitolata ai fratelli Cairoli, via Villa Glori al medico Gaspare Cerioli, piazza della Pace a Costanzo Ciano, su determinazione, nel 1939, dello stesso podestà Francesco Gambazzi con i ringraziamenti personali del figlio Galeazzo; piazza S. Angelo era divenuta piazza Guglielmo Marconi: vicolo del Teatro era stata intitolato a Tito Minniti, aviatore  decorato con la medaglia d’oro al valor militare, morto nel 1935, e considerato eroe della guerra d’Etiopia. Nel giugno del 1945 su proposta del repubblicano Vittorio Dotti la strada definitivamente intitolata a Gaetano Cesari; via Concordia, allora la quarta a destra di corso Vittorio Emanuele che sbocca di fianco alla chiesa di Santa Lucia, era stata dedicata alla medaglia d'oro al valor militare Angelo Morsenti; corso Vittorio Emanuele ad Ettore Muti, segretario nazionale del partito fascista per un solo anno dal 1939 al 1940 e morto in circostanze oscure un mese dopo la caduta del regime il 25 luglio 1943; via porta Po Vecchia era stata dedicata ad un seniore della Milizia fascista che aveva partecipato alla marcia su Roma nel 1922, Luigi Valcarenghi, medaglia d'oro, caduto nel 1936 in Africa orientale; via Diritta (nome dato allora a via Arcangelo Ghisleri) era divenuta fin dal 11 ottobre 1927 via 28 Ottobre, in ricordo della marcia su Roma, e solo con il 15 maggio 1945 sarebbe stata dedicata al Ghisleri, anche se si pensava in un primo tempo ad una intitolazione ai fratelli Alfredo ed Antonio di Dio, attribuita invece poi al primo tratto di Ala Ponzone tra corso Vittorio Emanuele e via Astegiano, e sei anni dopo ad un strada all'inizio di via Castelleome. Si lasciò stare invece via Gonzaga, divenuta nel 1930 via XI Febbraio in ricordo dei Patti Lateranensi dell'anno precedente.
La galleria 23 marzo, poi 25 aprile
Con il 7 maggio, oltre quelle che abbiamo detto, mutarono nome anche via della Repubblica, che divenne via Giacomo Matteotti, via Balbo che mutò in via Ala Ponzoni, tranne, come abbiamo visto il primo tratto; via Fratelli Cairoli divenne via Ferruccio Ghinaglia, un giovane di Polengo ucciso a Pavia, in borgo Ticino, da una squadra di picchiatori fascisti il 21 aprile 1921, in occasione della festa del Natale di Roma, a cui nel nostro cimitero è dedicato un monumento dello scultore Adamo Anselmi. L'originaria via Giuseppina, come visto, divenne per oltre un anno via Amedeo Tonani, denominazione poi restata solo al tratto che, da via Postumia conduce appunto a via Giuseppina, dove aveva abitato il ragazzo ventunenne che aveva deciso di seguire i partigiani, per poi venire ucciso a Favello in val di Susa un mese prima della Liberazione, medaglia d'argento al valor militare. Via Fanny Brambati divenne via don Giovanni Minzoni (prima a sinistra di via Stenico), via Muti tornò ad essere corso Vittorio Emanuele II, piazza Ciano tornò piazza della Pace, come era dal 1919 e la galleria 23 marzo, che doveva ricordare la nascita dei fasci italiani di combattimento nel 1919 in piazza San Sepolcro a Milano, diventò galleria 25 Aprile. Il primo lavoro della nuova commissione toponomastica poteva dirsi, almeno per il momento, concluso.

Nessun commento:

Posta un commento