La locandina del Cinematografo Lumière |
Si spengono le luci e, nel buio della
sala, i cavalli sembrano uscire dallo schermo tra nuvole di polvere.
Poi le prime automobili sbucano all’improvviso tra i passanti
sbigottiti. E’ una serata ricca di emozioni, quella del 20
settembre 1896 al teatro Filodrammatici. Il Cinematografo Lumière
approda a Cremona, a neppure un anno dall’esordio al Salon Indien,
nel seminterrato del Gran Café di Parigi, al numero 14 di Boulevard
des Capucines, il 28 dicembre del 1895. A portarvelo un certo
Giuseppe Filippi: avrebbe voluto fare la prima proiezione in un
teatro più degno, ma il Concordia era in crisi, ed a stento era
riuscito a rabberciare in qualche modo la stagione lirica, ed il
Ricci, che poi sarebbe andato a fuoco la notte di quel 10 dicembre,
era chiuso. Non restava che il teatrino dei Filodrammatici, che il
presidente Arrigo Camisasca, storcendo il naso di fronte a quella
novità che “alterava la mente della gente”, aveva deciso di
affittare per garantirsi qualche piccolo introito che lo salvasse
dalla precaria condizione economica. Lo spettacolo dei Lumière
veniva presentato come un esperimento, ma i cremonesi erano già
rimasti incuriositi qualche mese prima al passaggio in città di
Alexandre Promio, un agente dei fratelli francesi, con una strana
macchina per riprendere la gente dal vero. Alla prima serata si
presentò uno sparuto numero di curiosi, ma tanto bastò per
suscitare una piccola rivoluzione.“Gli esperimenti di fotografia
animata dati l’altra sera e ieri sera al Filodrammatici –
scriveva il cronista il 22 settembre 1896 – riuscirono
sorprendenti. Si ripeteranno per poche sere dalle 8 alle 11, di
mezz’ora in mezz’ora. Ingresso cent. 50, ragazzi cent. 25. E’
uno spettacolo curioso e nuovo per i cremonesi e che ovunque ha
ridestato la più grande meraviglia”. Quelle serate al Filo
costituirono un avvenimento che, nelle parole entusiaste del
cronista, avrebbero cambiato il mondo: “Domenica sera, al
Filodrammatico, si riprodussero sei quadri: un mercato, il baluardo
degli italiani a Parigi, le capre, il maneggio, una via a
Pietroburgo, e un bagno non penale. Vi sono particolari nella
riproduzione della realtà che colpiscono: dopo che i cavalli han
fatto il salto dell’ostacolo, voi vedete la polvere alzarsi; nel
via vai delle grandi città, istantaneamente colpito, voi notate le
espressioni di chi passa, e movimenti, voi sentite quasi anche quello
che dicono o almeno lo si sentirà in seguito, con probabile, felice
connubio del microfono e del cinematografo, l’esordio è stato
lusinghiero, si tratta di cosa assolutamente nuova e bella. Si
fermerà quattro o cinque giorni e le rappresentazioni serali avranno
luogo dalle ore 19 in avanti”.
Jean Alexandre Promio |
Visto il successo le proiezioni vennero
ripetute l’anno successivo. Si iniziò lunedì 20 settembre.
La sorpresa, tuttavia, non mancò
neppure quella sera, anche se il Filippi, prudentemente, si era
tutelato tenendo in serbo un’altra meraviglia da mostrare: il
grafofono, uno strumento simile ad un grammofono, con voci registrare
su un cilindro che veniva fatto udire, quanto possibile, in sincronia
con le immagini proiettate sullo schermo. Il cronista riferì che le
immagini non soltanto si muovevano, ma anche parlavano, segno che il
“grafofono” aveva raggiunto il suo scopo meravigliando forse
ancora di più delle Cinematografo Lumière. Una grandissima
impressione aveva suscitato soprattutto la “sfilata del 2°
Reggimento del genio prussiano” su cui il grafofono aveva
registrato i secchi ordini del comandante, il rumore degli stivali
dei soldati e la musica della fanfara. E la sera successiva il
pubblico aveva stipato il piccolo teatro in ogni ordine di posti
chiedendo al termine della serata la ripetizione della proiezione,
un’abitudine squisitamente teatrale. Per ottenere il bis, però, ci
volle oltre un’ora di attesa, per un inconveniente sfuggito allo
stesso Filippi che, rimontando la pellicola, l’aveva collocata alla
rovescia, cosicchè si era visto il reggimento marciare all’indietro,
tra la grande ilarità degli spettatori, accentuata dall’ingresso
sulla scena di un cagnolino che, tra le gambe dei soldati, aveva
iniziato anch’esso a correre al contrario. E lo stesso accadde con
la bobina successiva, contenente “Il bagno di Diana a Milano”,
girato l’anno prima da Promio nel capoluogo lombardo, e già
presentato al Filo nel primo ciclo di proiezioni. Il cronista
osservava che il Cinematrografo Lumière presentava l’inconveniente
dello sfarfallìo delle immagini e questo gli aveva procurato il mal
di testa, tuttavia doveva ammettere “che lo spettacolo scientifico
era interessante e in molta parte nuovo di zecca”. Al secondo
spettacolo di giovedì 23 settembre dovettero intervenire i
carabinieri per allontanare con la forza la folla che si assiepava
nella piazzetta, attirata dal nuovo programma che prevedeva anche una
registrazione al grafofono del flautista cremonese Cesare Sala. Per i
successivi appuntamenti di sabato e domenica Filippi aveva preparato
un programma speciale: si era recato con il suo Cinematografo sulle
sponde del Po ed aveva ripreso la sfilata dei canottieri non
dimenticando di riprendere con lunghe inquadrature anche il pubblico
presente e la folla dei curiosi, decretando, con un processo di
autoriconoscimento, l’infallibile successo degli spettacoli. Alla
registrazione del flautista Sala si aggiunse quella del violinista
Andrea Calamani che sul grafofono incise una sua romanza cantata da
Giovanni Girelli. Filippi nella settimana di permanenza a Cremona
fece affari d’oro, con offerte impensabili da parte del presidente
del teatro Filodrammatici, che aveva vinto l’iniziale diffidenza ed
era entusiasta del successo. Tuttavia, raccolti armi e bagagli, se ne
andò senza lasciare spiegazioni, forse attirato da piazze più
appetibili.
La macchina da presa dei fratelli Lumière |
Sta di fatto che per un paio d’anni
il cinema, dopo aver offerto un assaggio della sua grande popolarità,
se ne stette lontano da Cremona un paio d’anni. Le cause sono forse
da rintracciarsi nella mancanza di spazi adatti ad accogliere un
pubblico via via più numeroso: il Concordia era ancora alle prese
com la sua crisi interna, mentre il Politeama, inaugurato il 6
gennaio 1898, sfornava spettacoli e getto continuo, tra stagioni
liriche di prosa, circhi equestri, cavallerizzi e acrobati, clowns,
operette e varietà che determinavano un grande favore del pubblico.
Bisognò dunque attendere il settembre 1899 per ritrovare i pionieri
della settima arte ed il loro ritornò scatenò il finimondo. Per la
prima volta non si trattò più di esperimenti ma di spettacoli veri
e propri realizzati dai fratelli Lumière, che trovarono proprio nel
Politeama la location ideale. In cinque giorni si assistette ad oltre
trenta proiezioni al prezzo d’ingresso di 40 centesimi in platea e
di 20 nel loggione, talmente alla portata di tutte le tasche che il
pubblico non mancò di assistere a tutte le proiezioni, sancendo in
modo definitivo il successo del cinema sotto il Torrazzo. I cremonesi
in quell’occasione poterono vedere per almeno una decina di volte
“Corrida de toros” e “Vita di Gesù Cristo”, una serie di
tavole viventi realizzate dagli operatori Léar e Basile e film che
oggi sono considerati pietre miliari nella storia del cinema, come
“L’arrivée d’un train en gare de la Ciotat” di Auguste e
Louis Lumière, proiettato la prima volta il 6 gennaio 1896, “Partie
d’écarté”, con la partecipazione del padre stesso dei fratelli
Lumière, “Una strada di Londra”, “Piccioni in San Marco” di
Promio, “Demolizione di un vecchio muro”. Vennero proiettati
anche film comici come “Lotta di quattro donne”, corrispondente a
“Bataille de femme avec chien”, girato da Louis Lumière nel
1896, “La battaglia con le palle di neve” sempre del 1896, con un
ciclista che viene colpito e cade davanti alla cinepresa, “Bologna
ore 18, Brescia ore 14”.
Con l’inizio del secolo il
Cinematografo Lumière non conobbe ostacoli anche se per qualche anno
non vi fu destinato stabilmente un locale. Verso il 1905 il Reale
Cinematografo Gigante, l’agenzia itinerante ideata da Salvatore
Spina, portò alcuni film al Politeama, fra cui “La dannazione di
Faust” realizzato nel 1903 da Georges Mèliès, il primo mago degli
effetti speciali, e nel maggio 1908 fu la volta del “Royal
Thaumatograph”, più noto come “Cinematografo Parlante” che
mandò in visibilio il pubblico.
Bisogna attendere però l’anno
successivo per avere la prima sala cinematografica in pianta stabile.
A crearla è Cristoforo Nobili, un rappresentante di macchine da
scrivere Remington, che fa cinema per proprio diletto a scopo
sperimentale.
Con la complicità di Walter Sacchi,
che possiede una rudimentale macchina da proiezione, inizia a
proiettare i primi nastri di celluloide su un bianco telone nel
salone posto sopra l’ingresso del Politeama. Le pellicole vengono
noleggiate nel negozio di Giovanni Pettine, in via Panfilo Castaldi
17 a Milano. Purtroppo siamo ancora agli inizi e le copie dei film
sono uniche, per cui le pellicole si rigano velocemente peri continui
passaggi nei proiettori artigianali e gli spettatori escono dalla
sala con gli occhi rossi ed affaticati.
Nello stesso Politeama tra il 1909 ed
il 1915 operano altri due cinematografari della prima ora, Pettini e
Marcenaro, che allestiscono spettacoli singolarmente per i bambini e
gli adulti. Ma il primo gestore di spettacoli cinematografici
itineranti è Ernesto Sereni, originario di Ancona, ed in origine
giostraio.
Il padre, morendo, gli ha lasciato
infatti in eredità una giostra acquistata dopo anni di sacrifici,
con dieci cavalli bianchi di cartapesta, ognuno dei quali fissato ad
una palo di ottone lucidissimo che lo attraversa in verticale. La
giostra è molto particolare: coperta da un telone circolare di
velluto rosso, nasconde al proprio interno uno speciale organi a
canne che suona melodie e pezzi d’opera, alimentato da un moto
diesel che fa funzionare un sistema elettrico.
Quasi subito Sereni baratta la giostra
con un tendone militare, adibito a Ospedale da campo e camere
operatoria di primo intervento. Sotto il tendone, fin dagli inizi del
Novecento e fino allo scoppio della prima guerra mondiale, allestisce
i suoi spettacoli cinematografici viaggianti alla Fiera di Porta
Milano, per poi portarli in giro in tutta Italia. Dal 1900 al 1914
gira le città con il suo “Kinetoscope Edison”, una cassetta di
legno dotata di oculari con lenti attraverso cui per pochi minuti si
possono vedere immagini in movimento. “Ricordo perfettamente la
figura di Ernesto Sereni – scrive di lui Gianfranco Cattagni – Me
lo ricordo coi capelli candidi ed il volto rugoso, relegato in un
vecchio tetro e buio negozio, in fondo a via Volturno, al numero
civico 40. In quel negozietto scuro e ammuffito, ha un bella mostra
giocattoli, bambole, pettini, spazzole, dentifrici ed altre mille
cianfrusaglie, buttate in vetrina alla rinfusa. Sereni è piccolo di
statura, tarchiato, la faccia tonda ed il volto dell’eterno
ragazzo. E due occhi mobilissimi, neri e intelligenti. Con un vecchio
proiettore e con l’organetto a canne, proietta le comiche di un
arco che va da Ridolini a Charlie Chaplin. L’ingresso al
Cine-viaggiante costa poco e la gente entra. Ora, nel suo negozietto,
si gode la vecchiaia. Offre ninnoli e balocchi; non può più offrire
a noi ragazzi una cosa preziosa: la fantasia”.
Il salto di qualità avviene però,
prima della guerra, con il vero antesignano del cinema cittadino,
Dino Calza, gestore con il fratello Pino, del Teatro Milanese, una
delle prime sale cinematografiche meneghine, in corso Vittorio
Emanuele.
Dino Calza |
Per dissapori con l’altro socio, il
commendatore Papa, proprietari di una catena di teatri milanesi, i
due decidono di trasferirsi a Cremona: trovano una magazzino per
carta da macero in una vecchia casa del centro storico, lo svuotano,
ripuliscono e lo riempiono di sedie e panche. Diventa il cinema di
“Via Curzia”, subito dopo ribattezzato “Cinema Calza”, il
primo ambiente cittadino destinato esclusivamente alla settima arte,
con duecento posti, disadorno ma pulito.
Verso il 1910 Dino Calza stipula un
contratto con la Società Filodrammatica Cremonese, prendendo in
gestione anche il teatro Filo ad uso di cinema. Ma è passato troppo
tempo dall’ultima volta che i cremonesi hanno assistito ad una
proiezione, ed i cinema non sono molto frequentati.
Quando il pioniere sembra sul punto di
mollare tutto, arriva il soccorso insperato della guerra di Libia: è
la prima in cui alcuni bravi operatori al seguito del truppe girano
lungometraggi sugli avvenimenti bellici in terre lontane. E’
proprio grazie ai primi “cinegiornali” che il cinema torna ad
essere affollato. E Calza abbina alle proiezioni tutto ciò che può
far spettacolo.
Nel 1911 deve chiudere per mancanza di
risorse il teatro Eden, in via Zara nella zona di piazza Castello,
dove si organizzano vari spettacoli, dal cinema, ai piccoli circhi,
alle marionette. Calza decide quindi nel 1913 di allestire il primo
cinema estivo all’aperto nel cortile di un vecchio palazzo in via
Gaetano Tibaldi: fili di ferro tesi da un muro a all’altro con un
sistema di teli mobili da chiudere sulle teste degli spettatori in
caso di maltempo. E’ il cinema all’aperto “Giardino Esperia”.
E quando nel 1915 l’Italia entra in
guerra reagisce con un atto di coraggio che gli fa costruire un nuovo
fabbricato in via Anguissola: il più grande edificio di quei tempi
destinato al cinema. Il progetto viene affidato ad Attilio Gamba, il
fabbricato e le coperture murarie vengono eseguite sotto la direzione
di Enrico Guindani, la decorazione degli ambienti è opera dello
scultore Guido Persico, membro della Reale Accademia di Brera,
coadiuvato dal milanese Mario Ceresa e dal cremonese Ferruccio Rossi.
I piloni in cemento armato ed i soffitti sono forniti dalla Soc. an.
Cementi di Cremona mentre i pavimenti e le decorazioni interne ed
esterne sono eseguiti dalla ditta Gamba Persico e Giuseppe Farina di
Cremona e da Francesco Ballanti di Crema. I serramenti sono opera
dei cremonesi fratelli Poli, i mobili ed i rivestimenti in legno del
cremonese Luigi Guastalli, l’impianto elettrico dell’Unione
Elettrotecnica Cremonese e quello di ventilazione e riscaldamento
della società Gaetani di Cremona. Mobili in ferro della ditta Bossi
di Gallarate e lavori in ferro battuto. E’ costruito in puro stile
liberty, con un grande atrio spazioso ed un imponente scalone che
porta alla galleria. Tutti i soffitti e le colonne che reggono gli
ingressi sono decorati a stucco, con grappoli d’uva, pampini e
vitigni. Nel complesso è un locale molto elegante, con decorazioni
sfarzose, mobili di pregio e lampadari elettrici. E’ dotato di 700
posti, 380 in platea e 120 poltrone in galleria. L’inaugurazione
ufficiale è il 30 ottobre 1915 con il film “Il fucile di legno”,
a cui segue una comica brillante. Il prezzo di ingresso è di una
lira per la galleria e 60 centesimi per la platea. Biglietti scontati
per militari e ragazzi. Per Cremona si tratta di un’opera
colossale, vista ed ammirata da tutti gli esercenti di cinema
italiani. Nel 1928 la gestione passerà nelle mani di Luigi Rizzoli,
che, oltre al cinema “Italia” gestirà anche la sala “Olimpia”
ed il Filodrammatici.
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