La versione più economica costava 3400
lire, quella più accessoriata, una sorta di monovolume, arrivava a
9000; aveva una velocità media di 20 chilometri orari e una spesa di
mantenimento che poteva arrivare ai quattro centesimi al chilometro,
con un'autonomia di circa 120 chilometri. E' la descrizione della
prima automobile moderna che fece la propria comparsa a Cremona 120
anni fa, quando sul finire del settembre del 1895, un veicolo Benz
proveniente da Milano, transitò sulle strade della nostra provincia
impegnato in un raid dimostrativo che lo avrebbe portato lungo tutta
la Penisola. La validità del nuovo mezzo di locomozione fu subito
compresa da Ettore Sacchi, direttore del quotidiano “La Provincia”
che vi vide un mezzo tecnico in grado di modificare la vita dell'uomo
in modo più rapido che in tutti i secoli precedenti. Lo stesso
Sacchi non si limitò solo a dar notizia dell'evolversi del fenomeno,
ma sul finire dell'Ottocento fu autore di una serie di articoli
didattici e informativi che sicuramente contribuirono a diffondere in
città e in provincia l'interesse verso il nuovo mezzo.
Prova ne sia
che già l'anno successivo Giorgio Mina si fece ritrarre a bordo
della sua fiammante Benz nella tenuta di Castel Rozzone, nel comune
di Pieve Delmona. Il 28 e 29 settembre, dunque, così Ettore Sacchi
descrisse il transito di questa strana carrozza senza cavalli: “I
giornali di Milano tengono dietro al viaggio che il signor Brena ha
intrapreso sopra una carrozza automobile lungo tutta la penisola. I
risultati del viaggio per or sono splendidi. Partito da Milano lunedì
mattina il signor Brena è già arrivato a Firenze. Il veicolo,
stando alle notizie, ha ruzzolato velocemente e senza scosse meglio
che su rotaie percorrendo fino a 25 km/h. E' a quattro posti e da
Milano a Firenze non ha ancora consumato 5 lire di benzina. Si vera
sunt exposita, e noi cremonesi lo abbiamo potuto constatare quando il
veicolo dell'avvenire è passato nella nostra città, questa carrozza
ha innanzi a sé vastissimi orizzonti, essa ucciderà la bicicletta
non solo, ma i trams, e le ferrovie. Chi è quel misero mortale che
non vorrà mettere su carrozza, specie se la industria di tali
veicoli si diffonderà e se i negozianti e i rappresentanti li
venderanno a respiro e talvolta a...sospiro? Mettere su carrozza
finora era stato un problema insolubile per la grande maggioranza
della misera comunità. Ma le difficoltà del problema non erano
state per le carrozze: erano quei benedetti cavalli che costituivano
lo scoglio maggiore. Come potrebbe fare difatti un uomo che doveva
risolvere la sciarada del desinare per se stesso e definire anche
quella dei cavalli? La bicicletta ebbe un grade successo perchè si
disse: è un cavallo che non mangia. E in parte è vero. Ma non tutti
si sentono in vena di andare a lezione di velocipedi, vi sono uomini
grevi con tanto di barba che non arrischiano di mettersi in berlina
sulla pubblica via. Le signore, poi, meno poche eccentriche che
sfidano il misoneismo del pubblico, non hanno il coraggio di infilare
i pantaloni alla turca necessari per pedalare comodamente senza
dovere badare allo svolazzamento delle gonnelle. Ma la carrozza
automobile taglia tutti i nodi della questione. Uomini, vecchi,
signore, bambini potranno imbarcarsi senza dare nell'occhio e
percorrere miglia a loro bell'agio, senza dover mettersi in pensiero
se i cavalli si stancheranno, o tremare perchè sono di natura
ombrosi, o quel che più conta, senza dover loro provvedere la
biada». Ma ancora più interessante è la descrizione tecnica della
nuova macchina che chiude il servizio, ricca di dettagli sino ad
allora sconosciuti. «Le vetture automotrici brevetto Benz, in
seguito ai numerosi perfezionamenti subiti, oggi si presentano
pratiche, razionali e di una sicurezza assoluta. Si costruiscono in
diversi tipi e sono mosse da un motore ad accensione elettrica
utilizzante il petrolio leggero, hanno una velocità media in piano
di 20 km/h. La costruzione della vettura è in acciaio e legno per
quanto riguarda lo scheletro e le ruote, di forma elegantissima e
solidissima possono correre su strade anche brecciate, come pure su
ghiaccio, neve, ecc.
Giorgio Mina a bordo della sua Benz nel 1896 |
La spesa va dai tre ai quattro
centesimi al chilometro. L'apparecchio gazificatore e quello di
riserva bastano per un viaggio di 100-120 km. La velocità si regola
semplicemente operando o l'uno o l'altro dei due manubri
opportunamente posti sul davanti della vettura in guisa di poter
ottenere una velocità minima. Si arresta a velocità e
immediatamente, sferza colla massima facilità ed è sensibilissima a
qualsiasi movimento anche in strettissima curva. Basta poche ore per
conoscere ogni movimento ed anche il più inesperto o profano in
materia può approfittare di tali perfezionati veicoli, premiati ai
principali concorsi europei».
Il quotidiano locale per qualche tempo
non si occupa più di automobilismo, anche se è certo che già verso
la fine del 1895 circolava sulle strade della provincia almeno un
autoveicolo, secondo quanto riportava la “Gazzetta di Mantova” di
quel tempo, dando notizia del transito del primo autoveicolo nella
città virgiliana il 20 febbraio 1896: “Martedì, quasi a supplire
la deficienza degli equipaggi signorili, girava sul nostro Corso una
di quelle carrozze automobile che fecero tanto parlare di sé in
questi ultimi tempi e che non s'erano ancora fatte vedere a Mantova.
Ne è proprietario, e la guidava martedì, l'ingegnere Ippolito
Pinardi di Rivarolo del Re (Casalmaggiore) venuto qui a passare gli
ultimi di carnevale presso l'egregio dottor Cipriano Manfredini. Vi
erano montati la signora Pinardi, figlia dell'ingegnere, la signora
Manfredini e i suoi due figli. Il veicolo correva in mezzo alla folla
sena pericolo di alcuno: rallentava la corsa, la accelerava, girava
con la massima facilità ed eleganza. Esso fu acquistato
dall'ingegnere Pinardi in persona due mesi fa a Parigi. Di là, con
un amico, l'ingegnere venne a Rivarolo a tappe di 150-200 chilometri
al giorno. Solo per ragioni di prudenza lo mise in ferrovia lungo il
tratto del Cenisio. Con questa carrozza si possono percorrere a
strada libera persino 30 chilometri all'ora; ma calcolate una media
continua e sicura di 24. Il consumo di benzina è di centesimi 7 per
chilometro. Peccato che sia ancora un po'...carina. Costò a Parigi
non meno di lire 5.500!”.
Dieci anni dopo i motoveicoli
circolanti in provincia erano 64, di cui 22 automobili. Ci aveva
visto giusto il solito Ettore Sacchi che il 1 luglio del 1898 aveva
scritto un nuovo articolo sui vantaggi del nuovo mezzo a motore e sui
difetti dei trasporti pubblici: «Quanto ai vantaggi
dell'automobilismo non sono pochi. Esso può rendere più facili ed
economiche le comunicazioni, liberandole da quel legame delle rotaie
cui sono soggette le ferrovie ed i trams, sostituendosi ai vieti e
cattivi mezzi di trasporto. Fino ad oggi esso è quasi ancora allo
stato di sport, ma i concorsi banditi nel 1894 e 1895 da un giornale
francese per la cosa Parigi-Rouen e per quella Parigi-Bordeaux, il
concorso dell'Automobil Club del 1897, hanno provato come un grande
avvenire aspetti questi ingegnoso mezzo di trasporto. E già le
amministrazioni militari, in alcuni paesi, si occupano alacremente
del nuovo mezzo di trazione pel trasporto dei bagagli. Nelle esigenze
della moderna attività l'automobile rappresenta un vero progresso
dei mezzi di comunicazione e coll'andar del tempo esso si
perfezionerà, sostituendosi a poco a poco alle odierne trazioni a
cavalli; conseguirà lo scopo fondamentale richiesto a ogni nuovo
ritrovato moderno: economia di tempo e di danaro”.
Carlo Carulli, primo patentato nel 1905 |
Passò qualche anno ed il 12 agosto
1899 fecero la loro comparsa alle porte di Cremona le prime corse
automobilistiche con i i primi temerari piloti alla guida degli
improvvisati bolidi. Ne dà notizia il quotidiano cremonese che
scrive: “Lunedì prossimo avrà luogo l'importante corsa di
automobili che fa parte delle feste agostiane di Piacenza. Percorso:
Piacenza, Caorso, Monticelli, Castelvetro, San Giuliano, Busseto,
Piacenza per lo stradone emiliano. A Castelvetro di fronte alla
fornace dell'ing. Cav. Repellini ci sarà l'ufficio di controllo
sorvegliato dal sig. Montaldi Aurelio. Inutile dire che il concorso
di ciclisti cremonesi a Castelvetro sarà numeroso”. In una
splendida giornata di sole, la mattina del 14 agosto, avvenne la
partenza. I primi a lanciarsi sulla strada polverosa furono i cinque
concorrenti nella categoria motocicli e tricicli ad un posto. Al via
si presentarono il conte Alfonso Lecchi e Giuseppe Nescrini,
bresciani, su due Prinetti & Stucchi, fabbrica milanese che
poteva disporre di motori progettati da Ettore Bugatti; Luigi Storero
e Velox di Torino montavano due Phoenix Hp I ¾, mentre il
costruttore piacentino Attilio Orio cavalcava ua delle sue Orio &
Marchand. Altri tre veicoli dell'officina piacentina si presentarono
nella seconda categoria, riservata alla vetturette a due posti di
peso non superiore ai 400 chilogrammi, guidate da Bartolomeo Orio, da
Penice II e dal milanese Giuseppe Ruini. Una vettura Prinetti &
Stucchi guidava il bolognese Guido Sanguinetti, mentre sempre
all'officina piacentina aveva fatto ricorso il ragioniere
amministratore Emilio Leporte, che utilizzava una potente, almeno per
i tempi, 7 HP, un prototipo ancora in fase di collaudo che cercava
una definitiva conferma in gara. Al traguardo di porta San Lazzaro si
presentò per primo “con una volata vertiginosa” Luigi Storero in
mezzo a due ali di folla che applaudiva entusiasta. Velox rimase
senza benzina ma, anziché abbandonare la competizione, spinse a
piedi il veicolo fino al traguardo. Due ore e 17 minuti il tempo
impiegato dal vincitore a percorrere i cento chilometri del percorso,
mentre nella seconda categoria giusne al traguardo solo Guido
Sanguinetti in tre ore e diciotto minuti. Buona la performance della
vettura ufficiale della Orio & Marchand guidata da Leporte, che
concluse la gara in tre ore ed un minuto, ma che giunse a tagliare il
traguardo quando il pubblico se ne era ormai andato, un po' deluso,
come osservava il cronista piacentino: “Ma il pubblico che è
rimasto è stanco e pensa, non a torto, che se le corse di automobili
sono tutte come queste, divertono ben poco”. Corsi e ricorsi
storici, come ben sanno gli appassionati di Formula 1.
Una Darracq del 1901 |
Pochi giorni dopo i temerari delle
quattro ruote fecero la loro comparsa anche a Cremona nella tappa
della grande corsa di resistenza disputata l'11 settembre sul
percorso Brescia-Cremona-Mantova-Verona-Brescia di 223 chilometri.
Sono gli anni in cui si affaccia anche la prima ditta cremonese che
commercializza autoveicoli: si tratta della Bonezzi e Bonvicini con
negozio in via Giudecca, l'attuale via Verdi ed officina in via
Biblioteca, oggi via Boldori, che rappresentava in esclusiva per la
provincia le automobili Darracq, fabbricate in Francia, la prima
produzione in serie di 1200 esemplari prima che arrivassero le prime
Fiat. Nel frattempo, in soli cinque anni, la tecnonologia ha fatto
passi da gigante: le automobili non sono più semplici carrozze a
motore, ma presentano ruote di uguale diametro, anche se i cerchioni
con le razze in legno sono ancora simili a quelli dei carri pur se le
gomme piene sono state sostituite da pneumatici. Il motore, ormai
quasi sempre bicilindrico affiancato, piatto o a cilindri
contrapposti, è quasi sempre piazzato in posizione anteriore, dietro
le serpentine dei radiatori. Per la messa in moto si ricorre alla
manovella che ha ormai quasi definitivamente soppiantato il sistema a
strappo che utilizzava una cinghia montata sull'albero motore.
Mancano ancora le corrozzerie ed il guidatore è esposto alle
intemperie e al vento per cui è costretto a ricorrere a pastrani,
occhialoni e berretto. Ha però la soddisfazione di disporre di un
volante vero e non più delle vecchie code di bue. E' in questo clima
che si svolge la seconda edizione della
Brescia-Cremona-Mantova-Verona-Brescia il 10 settembre1900, dopo la
disputa del record di velocità sui 5 chilometri sul tratto dello
stradone tra Bagnolo Mella e San Zeno. Con la corsa arrivò anche il
primo incidente grave in cui perse la vita il giovane Attilio
Caffarati di Pinerolo, uscito di strada su una curva ad un paio di
chilometri da Brescia. La gara è minuziosamente descritta in un
articolo sulla “Provincia” del 12 settembre: “Il nostro secolo
è invaso da una strana ossessione: quella della corsa. Dopo la
bicicletta è venuto l'automobile il quale va sempre più
perfezionandosi pel grande scopo di divorare la via: e quel bipede
implume che si chiama uomo, o almeno uomo sportivo, non ha che un
miraggio, vale a dire quello di correre sfrenatamente, pazzamente,
non potendo, almeno fino ad oggi volare. Ciò premesso e stabilito
come necessaria constatazione di una mania affatto moderna ed affatto
caratteristica, veniamo alla cronaca del passaggio degli automobili
che ebbe luogo ieri mattina a Porta Venezia. Prima delle otto c'era
già molta gente, la quale andava man mano prendendo posizione, parte
dov'era il controllo cioè al passaggio a livello della ferrovia,
parte innanzi cioè sul gran stradone di Mantova. Per una delle tante
contraddizioni delle quali è lastricato il mondo in genere, compreso
il mondo dei cicli e degli automobili, alla zucchereria ieri non è
approdato nessun carro di barbabietole, e nessuna barbabietola,
cosicchè se gli automobilisti fossero passati anche dal piazzale
cone l'anno scorso, era tolto il pericolo di uno scontro o d'un
barbabietolicidio. Ma le disposizioni erano già prese e fu
scrupolosamente seguita la variante, o rotta che dir si voglia, Il
cielo si mantenne coperto di nubi, però non piovve e se qua e là
c'era qualche pozzanghera, ci fu anche il gran vantaggio della
mancanza assoluta di polvere, anzi oserei dire che sotto questo
rapporto la corsa riuscì fortunatissima. Gli iscritti erano 48: da
Brescia ne partirono 34, da Cremona ne transitarono 37. Il primo
arrivato, alle 8,40, fu un triciclo, poi a distanza di pochi minuti
vennero altri due tricicli. Io mi ero portato sulla strada di Brescia
innanzi qualche chilometro per osservare l'arrivo di un punto di
massima corsa, e vi assicuro che fu uno spettacolo
impressionantissimo.
Il triciclo fila con una velocità da
treno lampo, e quella massa nera che si avanza vertiginosa e su cui
sta un uomo che sembra un palombaro cò grandi occhi di vetro,
preceduto dal rumore caratteristico dello scoppio, vi fa quasi
trattenere il fiato. Per fortuna lo stradone è bello, largo, libero,
perchè ognuno pensa subito che se il triciclo trova un ostacolo, la
macchina e chi lo monta vanno in frantumi. Pur troppo più tardi ho
saputo che ci fu un urto fatale ed un morto, la qual cosa mi ha fatto
subito presagire che finiranno per abolire anche da noi queste corse
pazze ,come hanno fatto in Francia. Io capisco che si possa indire
una corsa di resistenza: ciò è bello ed è pratico; quello che non
capisco è fare, con l'automobilismo, la concorrenza alla ferrovia,
ai treni lampo, agli express su strada comune. La quinta arrivata fu
una vettura, così pure la sesta, la settima. Le vetture presentano
meno pericoli, almeno apparentemente, del triciclo, e per lo più
sono montate da due: uno che guida, l'altro in una posizione più o
meno impacciata e gotica, forse per tagliare l'aria con minore
resistenza. Tra le vetture, ne passò una tutta gialla che mi dissero
essere del maestro barone Fanchetti. Ho visto anche passare assai
bene, e con ammirevole velocità, due biciclette con motore a
benzina. Chi montava la prima bicicletta a benzina aveva le braccia
al sen conserte: come potete giudicare è una bella prova di fiducia
in se stesso e nelle leggi dell'equilibrio, verso le undici tutto era
finito. In complesso la corsa se ha segnato ai miei occhi un evidente
progresso in velocità e un evidente perfezionamento, fu meno varia
di quella dell'anno scorso. Ad un certo punto direi quasi che ogni
cosa fu strozzata, perchè evidentemente molti tornarono indietro, al
qual fatto contribuì senza dubbio la disgrazia accaduta. Nei nostri
pressi tutto andò benissimo, il controllo funzionò egregiamente, e
in ordine, alla firma obbligatoria apposta al controllo.”
Nessun commento:
Posta un commento