martedì 14 aprile 2020

L'avventura dell'Eridano


Due secoli fa, nel giro di una sola estate, tramontò il sogno di riunire l'Italia settentrionale percorrendo l'unica via che non conosceva confini, il Po. I patrioti milanesi che nel 1819 avevano costituito la “Società delle scuole gratuite di mutuo soccorso”, pensavano che una grande spinta unificatrice sarebbe venuta dal navigare il grande fiume con il pretesto di favorire i traffici commerciali, ma in realtà covando la segreta speranza di avvicinare ed uniformare gli intenti dei liberali piemontesi, lombardi, veneti ed emiliani in modo che, quando si fosse presentata l'occasione, sarebbero stati pronti ad un'azione comune. D'altronde Vienna non avrebbe posto troppe difficoltà al progetto, per la difficile situazione economica e finanziaria in cui si trovava il Regno d'Italia dopo i vent'anni di guerra delle campagne napoleoniche. Per questo quando il conte Luigi Porro Lambertenghi nel febbraio del 1817 aveva fatto domanda al governo della Lombardia per ottenere l’esclusiva per vent’anni della navigazione a vapore sul Po e sugli altri fiumi e laghi del Lombardo-Veneto, sul tratto di mare da Venezia a Trieste e lungo le coste dell’Adriatico e nord di Ancona, nessuno battè ciglio. Avviata la pratica, Porro costituì una società con altri due nobili, amici suoi e legati da una comune fede “indipendentista” e massonica: Federico Confalonieri e Alessandro Visconti d’Aragona. Se da un lato i tre patrioti intendevano dimostrare la difficoltà dei rapporti commerciali determinata dalle sette diverse barriere doganali esistenti tra Venezia e Pavia, dall'altra vedevano la possibilità di superare anche le barriere politiche esistenti tra i vari gruppi di cospiratori.
Restava da risolvere il problema della nave. Federico Confalonieri, reduce da un viaggio a Londra, suggerì di ricorrere alle officine di Boulton e dei Watt che fornirono una straordinaria macchina a vapore alimentata da carbone inglese. Lo scafo venne invece realizzato a Genova con materiali però difformi da quelli consigliati dagli inglesi. Il battello, battezzato con l'antico nome del Po, Eridano, fu varato nell’ottobre del 1819 e, dopo una lunga navigazione lungo tutte le coste italiane, giunse a Venezia nel maggio 1820. Poco dopo, il 5 giugno 1920 arrivò da Vienna l’atteso documento che autorizzava l’iniziativa, e l’avventura poté cominciare. Il 6 luglio 1820 l'Eridano salpò da Venezia diretto a Pavia. Il viaggio durò ben 16 giorni a causa della forte corrente contraria del Po che richiese a un certo punto persino l’aggiunta di alcuni buoi a sostegno dell’insufficiente forze del vapore. Il 12 luglio il battello toccò Cremona. Confalonieri sbarcò per incontrare alcuni amici cospiratori, tra cui Antonio Cazzaniga, annunciando, con un messaggio lasciato al marchese Servio Valari Maggi, la rivoluzione a Napoli, per poi proseguire in carrozza a Milano che lasciò due giorni dopo diretto a Piacenza, dove l'Eridano lo attendeva per ripartire alla volta di Pavia. Il testo del breve messaggio, che sarebbe stato uno dei capi d'accusa nel processo terminato con la condanna allo Spielberg, recitava: “Mercoledì, alle ore 12 alla posta di Cremona. La milizia ha operato in Napoli la più brillante operazione. La Costituzione delle Cortes fu proclamata, il Re l'ha accettata. Il Ministero è cambiato. Ricciardi alla Giustizia. Amati alle Finanze. Corascosa alla Guerra, Campaliaro all'Interno. Addio!”. Il 22 luglio, una volta arrivato a Pavia, Confalonieri scriveva a Cazzaniga: “Amico pregiatissimo, dopo la volata fatta da Cremona a Milano fui a riprendere la mia navigazione a Piacenza e dopo due giorni di corso eccoci tutti arrivati alla meta...mi felicito del breve soggiorno a Cremona che m'ha offerto l'opportunità di fare la pregiata vostra conoscenza”.
Ma fu il viaggio di ritorno a destare le attenzioni del governo austriaco. Il viaggio di ritorno fu molto più agevole grazie alla corrente favorevole e si svolse in soli cinque giorni, dal 3 all’8 settembre, con sole 40 ore di navigazione effettiva. E’ quest’ultimo il viaggio reso famoso dalle cronache, che soddisfaceva alle attese pubblicitarie del governatore e che in seguito diventerà uno dei miti del liberalismo italiano.
Il battello Verbano, 1826
Eretto sulla tolda del battello, Vincenzo Monti declamava versi epici di celebrazione dell’eroica impresa. Sotto coperta, Silvio Pellico, allora segretario di Porro Lambertenghi, cercava di guadagnare proseliti alla Carboneria. Federico Confalonieri, entusiasta, si godeva la compagnia, l’omaggio della folla che si assiepava lungo le rive del fiume per vedere lo strano battello e le ricche cene offerte agli illustri ospiti. Lo storico Giovanni Sforza, nel suo libro “Silvio Pellico a Venezia, 1820-1822” pubblicato nel 1917, descrive questo viaggio attraverso le testimonianze dei protagonisti, tra cui esponenti della Massoneria inglese: “L'ordinario viaggio dell'Eridano era: partendo da Pavia, doveva esso scendere il Ticino, entrare in Po, andare a Venezia, e viceversa. Giunto però alla foce del Mincio, doveva risalire questo fiume, tre miglia circa, fino a Governolo, e deporre quivi le mercanzie dirette a Mantova, ove il battello, a cagione di certi sostegni, non poteva arrivare. Il primo viaggio ebbe luogo sul principio di settembre. Così lo descrisse il Confalonieri in una lettera al Capponi: «Fui col tuo amico ministeriale Karrighan, coll'inglese Williams, noto per suo amoroso soggiorno in Siena, con Porro, con Monti e con molti altri amici e passeggeri in quel battello a vapore, a Venezia. La nostra navigazione da Pavia a Venezie, spazio di trecentosessanta miglia geografiche, fu di solo trentasette ore. La rapidità del viaggio, l'ottima compagnia, lo spettacolo delle popolazioni che in massa accorrevano sulle rive a veder mirabile monstrum, la bellezza della stagione, e la non deficienza di quelle comodità sibaritiche che non sono indifferenti agli epicurei, ci resero questo viaggio estremamente piacevole ed interessante». Il conte Giovanni Arrivabene, che dalla sua villa della Zaita, presso Mantova, si era recato a Governolo, per veder passare l'Eridano, scrisse: «Ambe le rive del fiume erano gremite di popolo. Dopo molte ore di ansioso aspettare si vede di lontano una colonna di fumo, poscia il battello: è silenzio universale; ma allorchè giunto esso dalla parte del villaggio, la rasenta e girando maestosamente sopra sé stesso va a fermarsi all'opposta riva, tutti gli astanti fanno ancheggiare ambe le sponde di un immenso applauso». Gli «altri molti amici» che il Confalonieri non nomina, erano Passerini di Lodi e i due figli del Porro Lambertenghi, Giacomo e Giulio, con Silvio Pellico, loro precettore. Il 9 settembre il Pellico da Venezia scrive al fratello: «Il nostro viaggio sull'Eridano è stato felicissimo. Ci siamo imbarcati a Pavia il giorno 3, e siamo qui giunti ieri: abbiamo messo quasi il doppio del tempo che si metterebbe, se ad ogni passo non vi fosse da fermarsi per le dogane parmigiane, modenesi, papali; inconveniente che danneggia assai la speculazione togliendo ogni possibilità di gran commercio. Che magnifica città è questaVenezia! Oltre il rispetto che ella ispira per la ricordanza della potenza e della energia che ha avuto, lo spettacolo di un sublime edifizio rovesciato è sempre doloroso». Aveva molte cose da fargli sapere di natura segretissima e pericolose a dirsi servendosi della posta; e incerto se avesse o no ricevuto la cartolina jour, uno dei mezzi anzichenò primitivi di corrispondenza clandestina, adoperati da Carbonari, bisognò che alla meglio artificiosamente gliele mettesse in carta. «Nel giorno in cui partì da Milano – era il 2 nel pomeriggio - mi disse che alla Madonna d'Oropa erano state arrestate persone di distinzione. E' egli vero? Possibile che il povero nostro Piemonte abbia anche a temere di quella canaglia di Carbonari? Qui in tutto il Regno vi è un editto contro di essi, dichiarando che essi hanno per mira di distruggere gli attuali governi, che per conseguenza sono rei di morte. Dio ci scampi da nuove turbolenze politiche! Abbastanza l'Italia ha già sofferto nelle guerre passate». Dopo questo primo viaggio trionfale, però, cominciarono le difficoltà. L’impresa sarebbe stata remunerativa solo se fosse riuscita ad accaparrarsi un regolare traffico di merci tra Milano e l’Adriatico, ma non fu così. Il fiume non era sempre navigabile per le secche e le nebbie che impedivano di schivare i numerosi mulini natanti. I ducati di Parma e di Modena ritardavano il viaggio con estenuanti ispezioni doganali. La domanda di trasporto delle merci quindi scarseggiava e un viaggio non a pieno carico non compensava le forti spese provocate dai sette uomini dell’equipaggio e dal costo elevato del carbone inglese. Iniziata nel giugno del 1820, il 23 marzo 1821 l’impresa era già fallita e l’Eridano, ormai in disarmo sulla Riva degli Schiavoni a Venezia, restava solo un simbolo della temerarietà di questi primi imprenditori moderni milanesi. Nel 1826 il suo propulsore, fu trasferito sul Verbano, primo piroscafo in servizio sul Lago Maggiore, che il 1 maggio salpò per il suo primo viaggio da Magadino in Svizzera, a Sesto Calende toccando lungo il viaggio, sia la sponda piemontese sia quella lombarda, gestito da una società, l’Impresa Lombardo-Sardo-Ticinese per la navigazione sul lago Maggiore.

Trecourt, il battello contessa Clementina, 1856
Nel 1840, un secondo tentativo di navigazione a vapore del Po falli per l'inadeguatezza della nave, che battezzata Arciduchessa Elisabetta, fu trasferita sul Lago di Como. Nel 1843 il conte Mocenigo acquistò dal signor De Bei la concessione, avuta 15 anni prima di navigazione sul fiume padano, e ordinò alla Dithburn & More di Londra la costruzione di un piroscafo di ferro battezzato, con molta semplicità, Conte Mocenigo. La nave con un pescaggio di soli 61 centimetri inaugurò alla fine del 1843 il traffico sulla tratta Venezia-Mantova (Borgoforte), nel Lombardo-Veneto austriaco. Seguì nel 1846, sul tratto Mantova-Milano, un secondo piroscafo costruito dalla Taylor di Marsiglia, e battezzato Contessa Clementina. In questo periodo la navigazione via fiume, da Venezia a Milano, diventa concreta. Il tempo impiegato era di sei giorni nella stagione estiva e di otto in quella invernale. Da Venezia a Cavanello di Po funzionava un veliero quindi si proseguiva a vapore fino a Pavia, mentre l'ultimo tratto da Pavia a Milano avveniva su barche che venivano alate sul naviglio. Tra il 1840 e il 1846 nel tratto Como-Milano-Verona e Venezia furono costruite le ferrovie “Ferdinandee” del Lombardo-Veneto che si posero in concorrenza con la nascente navigazione a vapore sul Po. Nel 1847 figuravano proprietari del diritto di navigazione sul Po i signori Tommaso Perelli e Paradisi che ordinarono presso i cantieri di Amsterdam un terzo piroscafo che venne battezzato Pio IX. La nave si trovava a Venezia per l'allestimento quando in Europa scoppiò la rivoluzione del 1848. Durante i moti risorgimentali, il piroscafo Pio IX cadde nelle mani degli insorti veneziani che lo armarono e dopo averlo ribattezzato Eridano, lo utilizzarono nella difesa di Venezia contro gli austriaci. Dopo la caduta di Venezia l'Eridano fu sequestrato dall'Imperial Regia Marina austriaca e utilizzato nella laguna. Al Conte Mocenigo che si era schierato dalla parte degli insorti nel 1848, gli furono sequestrate le navi. Il piroscafo Conte Mocenigo venne ribattezzato Innominata mentre il Contessa Clementina divenne Clementina. Dopo le esperienze militari della campagna 1848/1849, l'Austria voleva istituire sul Po un'affidabile linea di rifornimenti, ma nello stesso tempo voleva risparmiare i costi per la costituzione di una flottiglia. Perciò l'amministrazione imperiale si rivolse al Loyd austriaco, che il 28 marzo 1852 siglarono un accordo facendo nascere ufficialmente una nuova linea fluviale, che avrebbe trasportato passeggeri, merci e truppe lungo il fiume padano. I Loyd acquistarono dalla ditta Perelli, Paradisi & Co i piroscafi Innominata e Clementina che furono ribattezzati Cremona e Padova, quattordici chiatte a rimorchio e altro materiale. Presso i cantieri Chalons in Francia furono ordinati altri tre piroscafi: Piacenza, Pavia e Ferrara. La Escher Wyss & Co di Zurigo forni due navi passeggeri Modena e Parma mentre per i collegamenti sulla laguna i Loyd acquistarono dai cantieri di Amsterdam le navi Verona e Vicenza. Il trasporto passeggeri sul Po fu inaugurato dai Loyd il 31 maggio 1854. Il tratto Milano-Pavia veniva percorso su omnibus trainati da cavalli. Ci si rese subito conto che il trasporto passeggeri non poteva reggere alla concorrenza della ferrovia ed in breve divenne un esercizio in forte perdita. Il trasporto merci invece ebbe uno sviluppo fiorente tanto che nel 1855 i Loyd disponevano di oltre 90 tra chiatte a traino e piccole imbarcazioni sul Po e sul Lago Maggiore. Nello stesso anno il piroscafo Cremona fu posto in disarmo e le sue macchine furono riutilizzate nella costruzione del piroscafo Miramare. Nel 1858 a causa del numero dei passeggeri sempre più in calo, il trasporto passeggeri fu sospeso e i piroscafi Modena e Parma furono venduti alla Ddsg che li utilizzò sul Danubio con i nomi di Mercur e Juno, fino al 1928. Alla conclusione della seconda guerra d'indipendenza, nel 1861 1861 il piroscafo Piacenza con 10 chiatte a rimorchio fu trasferito sul Danubio dove i Loyd gestivano un collegamento sul basso Danubio fino a Galatz e Traila e nel 1862 fu venduto alla Serbia che lo mise in servizio col nome di Deligrad. L'anno seguente anche le navi Pavia e Ferrara iniziarono il loro servizio sul Danubio. Entrambe furono vendute nel 1865 dai Loyd alla neocostituita società aaber Dampfschiffahrtgesellschaf che le ribattezzò Orszagh e Deak Ferencz. Nel marzo del 1865 la nave Vicenza dopo essere giunta sul Danubio fu venduta a una ditta ungherese di Tolna, e ribattezzata Tona. Infine nell'estate del 1866 i Loyd vendettero anche i piroscafi Padova e Verona, ponendo definitivamente fine all'avventura fluviale sul Po iniziata dai patrioti sognatori di mezzo secolo prima.

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