Due
secoli fa, nel giro di una sola estate, tramontò il sogno di riunire
l'Italia settentrionale percorrendo l'unica via che non conosceva
confini, il Po. I patrioti milanesi che nel 1819 avevano costituito
la “Società delle scuole gratuite di mutuo soccorso”, pensavano
che una grande spinta unificatrice sarebbe venuta dal navigare il
grande fiume con il pretesto di favorire i traffici commerciali, ma
in realtà covando la segreta speranza di avvicinare ed uniformare
gli intenti dei liberali piemontesi, lombardi, veneti ed
emiliani in modo che, quando si fosse presentata l'occasione,
sarebbero stati pronti ad un'azione comune. D'altronde Vienna non
avrebbe posto troppe difficoltà al progetto, per la difficile
situazione economica e finanziaria in cui si trovava il Regno
d'Italia dopo i vent'anni di guerra delle campagne napoleoniche. Per
questo quando il conte Luigi Porro Lambertenghi nel febbraio del 1817
aveva fatto domanda al governo della Lombardia per ottenere
l’esclusiva per vent’anni della navigazione a vapore sul Po e
sugli altri fiumi e laghi del Lombardo-Veneto, sul tratto di mare da
Venezia a Trieste e lungo le coste dell’Adriatico e nord di Ancona,
nessuno battè ciglio. Avviata la pratica, Porro costituì una
società con altri due nobili, amici suoi e legati da una comune
fede “indipendentista” e massonica: Federico Confalonieri e
Alessandro Visconti d’Aragona. Se da un lato i tre patrioti
intendevano dimostrare la difficoltà dei rapporti commerciali
determinata dalle sette diverse barriere doganali esistenti tra
Venezia e Pavia, dall'altra vedevano la possibilità di superare
anche le barriere politiche esistenti tra i vari gruppi di
cospiratori.
Restava
da risolvere il problema della nave. Federico Confalonieri, reduce da
un viaggio a Londra, suggerì di ricorrere alle officine di Boulton
e dei Watt che fornirono una straordinaria macchina a vapore
alimentata da carbone inglese. Lo scafo venne invece realizzato a
Genova con materiali però difformi da quelli consigliati dagli
inglesi. Il battello, battezzato con l'antico nome del Po, Eridano,
fu varato nell’ottobre del 1819 e, dopo una lunga navigazione lungo
tutte le coste italiane, giunse a Venezia nel maggio 1820. Poco dopo,
il 5 giugno 1920 arrivò da Vienna l’atteso documento che
autorizzava l’iniziativa, e l’avventura poté cominciare. Il 6
luglio 1820 l'Eridano salpò da Venezia diretto a Pavia. Il viaggio
durò ben 16 giorni a causa della forte corrente contraria del Po
che richiese a un certo punto persino l’aggiunta di alcuni buoi a
sostegno dell’insufficiente forze del vapore. Il 12 luglio il
battello toccò Cremona. Confalonieri sbarcò per incontrare alcuni
amici cospiratori, tra cui Antonio Cazzaniga, annunciando, con un
messaggio lasciato al marchese Servio Valari Maggi, la rivoluzione a
Napoli, per poi proseguire in carrozza a Milano che lasciò due
giorni dopo diretto a Piacenza, dove l'Eridano lo attendeva per
ripartire alla volta di Pavia. Il testo del breve messaggio, che
sarebbe stato uno dei capi d'accusa nel processo terminato con la
condanna allo Spielberg, recitava: “Mercoledì, alle ore 12 alla
posta di Cremona. La milizia ha operato in Napoli la più brillante
operazione. La Costituzione delle Cortes fu proclamata, il Re l'ha
accettata. Il Ministero è cambiato. Ricciardi alla Giustizia. Amati
alle Finanze. Corascosa alla Guerra, Campaliaro all'Interno. Addio!”.
Il 22 luglio, una volta arrivato a Pavia, Confalonieri scriveva a
Cazzaniga: “Amico pregiatissimo, dopo la volata fatta da Cremona a
Milano fui a riprendere la mia navigazione a Piacenza e dopo due
giorni di corso eccoci tutti arrivati alla meta...mi felicito del
breve soggiorno a Cremona che m'ha offerto l'opportunità di fare la
pregiata vostra conoscenza”.
Ma
fu il viaggio di ritorno a destare le attenzioni del governo
austriaco. Il viaggio di ritorno fu molto più agevole grazie alla
corrente favorevole e si svolse in soli cinque giorni, dal 3 all’8
settembre, con sole 40 ore di navigazione effettiva. E’
quest’ultimo il viaggio reso famoso dalle cronache, che
soddisfaceva alle attese pubblicitarie del governatore e che in
seguito diventerà uno dei miti del liberalismo italiano.
Il battello Verbano, 1826 |
Eretto
sulla tolda del battello, Vincenzo Monti declamava versi epici di
celebrazione dell’eroica impresa. Sotto coperta, Silvio Pellico,
allora segretario di Porro Lambertenghi, cercava di guadagnare
proseliti alla Carboneria. Federico Confalonieri, entusiasta, si
godeva la compagnia, l’omaggio della folla che si assiepava lungo
le rive del fiume per vedere lo strano battello e le ricche cene
offerte agli illustri ospiti. Lo storico Giovanni Sforza, nel suo
libro “Silvio
Pellico a Venezia, 1820-1822” pubblicato
nel 1917, descrive questo viaggio attraverso le testimonianze dei
protagonisti, tra cui esponenti della Massoneria inglese:
“L'ordinario viaggio dell'Eridano era: partendo da Pavia, doveva
esso scendere il Ticino, entrare in Po, andare a Venezia, e
viceversa. Giunto però alla foce del Mincio, doveva risalire questo
fiume, tre miglia circa, fino a Governolo, e deporre quivi le
mercanzie dirette a Mantova, ove il battello, a cagione di certi
sostegni, non poteva arrivare. Il primo viaggio ebbe luogo sul
principio di settembre. Così lo descrisse il Confalonieri in una
lettera al Capponi: «Fui col tuo amico ministeriale Karrighan,
coll'inglese Williams, noto per suo amoroso soggiorno in Siena, con
Porro, con Monti e con molti altri amici e passeggeri in quel
battello a vapore, a Venezia. La nostra navigazione da Pavia a
Venezie, spazio di trecentosessanta miglia geografiche, fu di solo
trentasette ore. La rapidità del viaggio, l'ottima compagnia, lo
spettacolo delle popolazioni che in massa accorrevano sulle rive a
veder mirabile monstrum, la bellezza della stagione, e la non
deficienza di quelle comodità sibaritiche che non sono indifferenti
agli epicurei, ci resero questo viaggio estremamente piacevole ed
interessante». Il conte Giovanni Arrivabene, che dalla sua villa
della Zaita, presso Mantova, si era recato a Governolo, per veder
passare l'Eridano, scrisse: «Ambe le rive del fiume erano gremite di
popolo. Dopo molte ore di ansioso aspettare si vede di lontano una
colonna di fumo, poscia il battello: è silenzio universale; ma
allorchè giunto esso dalla parte del villaggio, la rasenta e girando
maestosamente sopra sé stesso va a fermarsi all'opposta riva, tutti
gli astanti fanno ancheggiare ambe le sponde di un immenso applauso».
Gli «altri molti amici» che il Confalonieri non nomina, erano
Passerini di Lodi e i due figli del Porro Lambertenghi, Giacomo e
Giulio, con Silvio Pellico, loro precettore. Il 9 settembre il
Pellico da Venezia scrive al fratello: «Il nostro viaggio
sull'Eridano è stato felicissimo. Ci siamo imbarcati a Pavia il
giorno 3, e siamo qui giunti ieri: abbiamo messo quasi il doppio del
tempo che si metterebbe, se ad ogni passo non vi fosse da fermarsi
per le dogane parmigiane, modenesi, papali; inconveniente che
danneggia assai la speculazione togliendo ogni possibilità di gran
commercio. Che magnifica città è questaVenezia! Oltre il rispetto
che ella ispira per la ricordanza della potenza e della energia che
ha avuto, lo spettacolo di un sublime edifizio rovesciato è sempre
doloroso». Aveva molte cose da fargli sapere di natura segretissima
e pericolose a dirsi servendosi della posta; e incerto se avesse o no
ricevuto la cartolina jour, uno dei mezzi anzichenò primitivi di
corrispondenza clandestina, adoperati da Carbonari, bisognò che alla
meglio artificiosamente gliele mettesse in carta. «Nel giorno in cui
partì da Milano – era il 2 nel pomeriggio - mi disse che alla
Madonna d'Oropa erano state arrestate persone di distinzione. E' egli
vero? Possibile che il povero nostro Piemonte abbia anche a temere di
quella canaglia di Carbonari? Qui in tutto il Regno vi è un editto
contro di essi, dichiarando che essi hanno per mira di distruggere
gli attuali governi, che per conseguenza sono rei di morte. Dio ci
scampi da nuove turbolenze politiche! Abbastanza l'Italia ha già
sofferto nelle guerre passate». Dopo
questo primo viaggio trionfale, però, cominciarono le difficoltà.
L’impresa sarebbe stata remunerativa solo se fosse riuscita ad
accaparrarsi un regolare traffico di merci tra Milano e l’Adriatico,
ma non fu così. Il fiume non era sempre navigabile per le secche e
le nebbie che impedivano di schivare i numerosi mulini natanti. I
ducati di Parma e di Modena ritardavano il viaggio con estenuanti
ispezioni doganali. La domanda di trasporto delle merci quindi
scarseggiava e un viaggio non a pieno carico non compensava le forti
spese provocate dai sette uomini dell’equipaggio e dal costo
elevato del carbone inglese. Iniziata nel giugno del 1820, il 23
marzo 1821 l’impresa era già fallita e l’Eridano,
ormai in disarmo sulla Riva degli Schiavoni a Venezia, restava solo
un simbolo della temerarietà di questi primi imprenditori moderni
milanesi. Nel 1826 il suo propulsore, fu trasferito sul Verbano,
primo piroscafo in servizio sul Lago Maggiore, che il 1 maggio salpò
per il suo primo viaggio da Magadino in Svizzera, a Sesto Calende
toccando lungo il viaggio, sia la sponda piemontese sia quella
lombarda, gestito da una società, l’Impresa
Lombardo-Sardo-Ticinese per la navigazione sul lago Maggiore.
Trecourt, il battello contessa Clementina, 1856 |
Nel
1840, un secondo tentativo di navigazione a vapore del Po falli per
l'inadeguatezza della nave, che battezzata Arciduchessa
Elisabetta, fu
trasferita sul Lago di Como. Nel 1843 il conte Mocenigo acquistò dal
signor De Bei la concessione, avuta 15 anni prima di navigazione sul
fiume padano, e ordinò alla Dithburn & More di Londra la
costruzione di un piroscafo di ferro battezzato, con molta
semplicità, Conte
Mocenigo. La
nave con un pescaggio di soli 61 centimetri inaugurò alla fine del
1843 il traffico sulla tratta Venezia-Mantova (Borgoforte), nel
Lombardo-Veneto austriaco. Seguì nel 1846, sul tratto
Mantova-Milano, un secondo piroscafo costruito dalla Taylor di
Marsiglia, e battezzato Contessa
Clementina. In
questo periodo la navigazione via fiume, da Venezia a Milano, diventa
concreta. Il tempo impiegato era di sei giorni nella stagione estiva
e di otto in quella invernale. Da Venezia a Cavanello di Po
funzionava un veliero quindi si proseguiva a vapore fino a Pavia,
mentre l'ultimo tratto da Pavia a Milano avveniva su barche che
venivano alate sul naviglio. Tra il 1840 e
il 1846 nel tratto Como-Milano-Verona e Venezia furono costruite le
ferrovie “Ferdinandee” del Lombardo-Veneto che si posero in
concorrenza con la nascente navigazione a vapore sul Po. Nel 1847
figuravano proprietari del diritto di navigazione sul Po i signori
Tommaso Perelli e Paradisi che ordinarono presso i cantieri di
Amsterdam un terzo piroscafo che venne battezzato Pio
IX. La nave si trovava a Venezia per
l'allestimento quando in Europa scoppiò la rivoluzione del 1848.
Durante i moti risorgimentali, il piroscafo Pio
IX cadde nelle mani degli insorti veneziani
che lo armarono e dopo averlo ribattezzato Eridano,
lo utilizzarono nella difesa di Venezia contro gli austriaci. Dopo la
caduta di Venezia l'Eridano
fu sequestrato dall'Imperial Regia Marina austriaca e utilizzato
nella laguna. Al Conte Mocenigo che si era schierato dalla parte
degli insorti nel 1848, gli furono sequestrate le navi. Il piroscafo
Conte Mocenigo venne
ribattezzato Innominata
mentre il Contessa Clementina
divenne Clementina.
Dopo le esperienze militari della campagna 1848/1849, l'Austria
voleva istituire sul Po un'affidabile linea di rifornimenti, ma nello
stesso tempo voleva risparmiare i costi per la costituzione di una
flottiglia. Perciò l'amministrazione imperiale si rivolse al Loyd
austriaco, che il 28 marzo 1852 siglarono un accordo facendo nascere
ufficialmente una nuova linea fluviale, che avrebbe trasportato
passeggeri, merci e truppe lungo il fiume padano. I Loyd acquistarono
dalla ditta Perelli, Paradisi & Co i piroscafi
Innominata e Clementina
che furono ribattezzati
Cremona e Padova,
quattordici chiatte a rimorchio e altro materiale. Presso i cantieri
Chalons in Francia furono ordinati altri tre piroscafi: Piacenza,
Pavia e Ferrara. La Escher Wyss & Co di
Zurigo forni due navi passeggeri Modena
e Parma mentre per i
collegamenti sulla laguna i Loyd acquistarono dai cantieri di
Amsterdam le navi Verona
e Vicenza. Il
trasporto passeggeri sul Po fu inaugurato dai Loyd il 31 maggio 1854.
Il tratto Milano-Pavia veniva percorso su omnibus trainati da
cavalli. Ci si rese subito conto che il trasporto passeggeri non
poteva reggere alla concorrenza della ferrovia ed in breve divenne un
esercizio in forte perdita. Il trasporto merci invece ebbe uno
sviluppo fiorente tanto che nel 1855 i Loyd disponevano di oltre 90
tra chiatte a traino e piccole imbarcazioni sul Po e sul Lago
Maggiore. Nello stesso anno il piroscafo Cremona
fu posto in disarmo e le sue macchine furono riutilizzate nella
costruzione del piroscafo Miramare.
Nel 1858 a causa del numero dei passeggeri sempre più in calo, il
trasporto passeggeri fu sospeso e i piroscafi Modena
e Parma furono venduti
alla Ddsg che li utilizzò sul Danubio con i nomi di Mercur
e Juno, fino al 1928.
Alla conclusione della seconda guerra d'indipendenza, nel 1861 1861
il piroscafo Piacenza
con 10 chiatte a rimorchio fu trasferito sul Danubio dove i Loyd
gestivano un collegamento sul basso Danubio fino a Galatz e Traila e
nel 1862 fu venduto alla Serbia che lo mise in servizio col nome di
Deligrad. L'anno
seguente anche le navi Pavia
e Ferrara iniziarono
il loro servizio sul Danubio. Entrambe furono vendute nel 1865 dai
Loyd alla neocostituita società aaber Dampfschiffahrtgesellschaf che
le ribattezzò Orszagh
e Deak Ferencz. Nel
marzo del 1865 la nave Vicenza
dopo essere giunta sul Danubio fu venduta a una ditta ungherese di
Tolna, e ribattezzata Tona.
Infine nell'estate del 1866 i Loyd vendettero anche i piroscafi
Padova e Verona,
ponendo definitivamente fine all'avventura
fluviale sul Po iniziata dai patrioti sognatori di mezzo secolo
prima.
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