L'ambulanza Antonio Litta nel 1898 di fronte alla Baldesio (archivio CRI Cremona) |
C'è stato un tempo in cui il Po è
stato utilizzato come la più grande corsia sanitaria nazionale per
il trasporto di ammalati e feriti dalle zone più carenti di
assistenza ai grandi ospedali del Nord Italia. Per almeno vent'anni,
tra la fine dell'Ottocento e la conclusione della prima guerra
mondiale, le sue acque sono state solcate da
ambulanze del tutto speciali, costituite da grandi barconi attrezzati
che garantivano ai feriti un trasporto più confortevole e sicuro,
rispetto ai tradizionali mezzi terrestri. Gran parte del materiale
utilizzato per attrezzare questi barconi derivava infatti dai treni
ospedale, allestiti dalla Croce Rossa Italiana in occasione di grandi
calamità. Prima
della Grande guerra, l'ambulanza fluviale prestava assistenza alle
comunità che risiedevano lungo il corso del Po e i suoi affluenti,
lontane dai presidi medici cittadini anche a causa della scarsità di
strade e ferrovie. In una vecchia foto dell'Archivio storico della
Croce rossa cremonese si può osservare l'ammiraglia della flotta, la
“Alfonso Litta”, ormeggiata verso il 1898 sulla sponda del Po nei
pressi nell'antica palazzina della Canottieri Baldesio.
Il
primo esperimento di allestimento era stato messo in cantiere nel
1891 quando furono predisposti le attrezzature e gli arredi per
allestire il primo convoglio ambulanza fluviale, che avrebbe però
operato sul Lago Maggiore, con base a Verbano. Prese il nome di
"Brunetta
d’Ussaux",
poiché fu concepita e progettata dal conte Eugenio Brunetta
d’Usseaux, che allestì tre battelli alberati. Si trattava di veri
convogli,
composti da nove barconi ricovero e tre barche di scorta, progettati
per trasportare fino a 300 soldati e 25 ufficiali (oltre ad 80
persone di servizio). Al progetto, secondo il d’Usseaux, avrebbero
dovuto prestare la loro opera anche le Società Canottieri, con i
loro uomini e le loro darsene di servizio nelle rispettive zone,
oltre ai loro locali come punti d'approvvigionamento, d’imbarco e
sbarco, per il servizio di porta ordini, approvvigionamento viveri,
ordini ai sindaci, servizio di corrispondenza ai malati,
comunicazione con i delegati d’armata e con le autorità militari e
civili.
L'8
settembre 1894 aveva fatto il suo giro inaugurale sul lago di Como
una nuova ambulanza fluviale, la “Lario”, su cui aveva viaggiato
anche il presidente nazionale della Croce Rossa Italiana Gian Luca
Cavazzi, conte della Somaglia. Si trattava di un vero e proprio
viaggio promozionale e dimostrativo per illustrare i pregi del nuovo
sistema di soccorso ed ottenere contributi, nuovi soci e nuovi
volontari a ferma bennale. Partita da Lecco era approdata a Como la
mattina dell'11settembre, dopo aver toccato Varenna, Bellano, Colico,
Domaso, Gravedona, Dongo, Menaggio, Bellagio, Tremezzina, Argegno,
Carate, Torno, Cernobbio, suscitando ovunque interesse ed
ammirazione. Per l'occasione erano stati utilizzati solo due
comballi. grandi imbarcazioni a vela e a remi tipiche del lago di
Como, che a tutta la metà del XX secolo furono il principale mezzo
di trasporto lacuale di merci pesanti. Uno era stato attrezzato da
uso infermeria e l'altro per la cucina, la cambusa e la sala da
pranzo, coperti con una struttura ad assicelle di legno bianco. Ad
ogni attracco ai ponti dei paesi toccati dalla crociera promozionale,
l'ambulanza era stata accolta dalle autorità comunali, dalle bande
musicali e dai semplici cittadini, che assistevano incuriositi alle
operazioni di imbarco e sbarco dei feriti e restavano ammirati dalla
completezza e dalla disposizione della attrezzature sanitarie. In
realtà l’ambulanza completa sarebbe stata composta da 10
“comballi“,
capaci di contenere 214 feriti e 53 addetti, ma per farlo sarebbe
stato necessario raccogliere altri fondi per acquistare ed attrezzare
le imbarcazioni mancanti, di una delle quali si era fatto carico il
Sotto comitato dalla CRI di Lecco. In base ad un apposito accordo con
statuto e regolamento, i soci delle canottieri e vogatori, si
sarebbero impegnati a custodire i barconi e a guidarli in caso di
mobilitazione. Tutto quello che consisteva l’allestimento, rimaneva
in custodia nelle sedi e nei magazzini della CRI, comprese le
assicelle bianche per la copertura. Queste ambulanze erano
l’equivalente navigante di un treno ospedale, o di un ospedale da
campo.
La preparazione del rancio (archivio CRI Cremona) |
Tre
anni dopo, nel 1897, fu allestita a Pallanza, con magazzino ad Arona,
su proposta e disegno del Comitato Centrale, la “Alfonso Litta”
prima vera ambulanza fluviale, finanziata dalla contessa, Eugenia
Litta Bolognini Attendolo Sforza insieme alla Croce Rossa di Milano
ed al presidente dell’ospedale Maggiore, il conte Emilio Borromeo,
per ricordare in questo modo il figlio Alfonso Litta (1870-1891),
avuto da Umberto I di Savoia, deceduto mentre prestava il servizio
militare.
Le
due ambulanze fluviali, in caso di guerra, avrebbero potuto
trasportare una gran numero di feriti ed ammalati in tutta l'area del
Nord compresa tra i principali laghi alpini ed il mare Adriatico,
semplicemente percorrendo fiumi e canali navigabili, senza le
difficoltà di intasamento dei treni ospedali e dei convogli stradali
di soccorso in un momento in cui la rete stradale era ancora scarsa
ed i problemi aumentavano con la necessità di far affluire al fronte
soldati, materiali e armamenti. Il relativo ritardo con cui era stata
allestita la seconda ambulanza fluviale, la cui costruzione era
iniziata fin dal 1892, è spiegabile con la difficoltà di
arruolamento di volontari, tanto da ricorrere ad una sorta di
incentivi, ad iniziare dalla corresponsione di un'indennità di tre
lire a settimana per la moglie, ciascun figlio inferiore ai 14 anni,
e genitori ultrassessantenni inabili al lavoro per uanti fossero
mobilitati a prestar servizio nelle unità ospedaliere in caso di
guerra.
Potevano
arruolarsi sulle ambulanze fluviali tutti i cittadini tra i 20 ed i
50 anni di età, compresi i militari di qualsiasi grado in congedo
illimitato, di prima e terza categoria, purchè non avessero prestato
servizio in artiglieria, genio o nelle compagnie di sanità, mentre
l'arruolamento senza limitazioni era previsto per i riservisti della
marina militare.
La
"Litta" era composta inizialmente da 4 chiatte a fondo
piatto, lunghe 14 metri e larghe 4, di cui una destinata al personale
direttivo, alla farmacia, alla camera di medicazione ed alla cucina e
le altre quattro ad infermerie con 46 barelle e 10 posti a sedere per
ciascuno. Il convoglio era trainato da uno o più rimorchiatori a
vapore, ma potevano essere trainate, ciascuna, da due cavalli, che si
muovevano sulle mulattiere all’uopo predisposte sugli argini di
tutti i canali navigabili dell’alta Italia. Tre lance a remi di
servizio assicuravano i collegamenti tra i natanti quando il
convoglio era in navigazione. L’organico comprendeva 1 commissario,
1 contabile, 2 impiegati, 4 medici, 1 cappellano, 1 farmacista, 1
cuoco, 10 sottufficiali, 24 infermieri, 6 inservienti e 2
carpentieri, più 25 canottieri addetti al governo delle
imbarcazioni. Il costo complessivo fu di oltre 60.000 mila lire, e
l’ambulanza venne iscritta tra le unità ospedaliere. Si trattava
di un convoglio collegato di quattro natanti, perfettamente
attrezzato come ospedale mobile. Lo scopo dell’ambulanza fluviale
era quello di portare assistenza ai paesi situati lungo le rive del
Po e dei suoi affluenti, privi di assistenza ospedaliera sul posto, e
mal collegati sia sotto il profilo stradale che ferroviario. Secondo
il progetto, i convogli composti da più barconi di differente
tipologia, avrebbero trasportato più di trecento persone tra feriti
e personale di servizio, essendo dotati di sale chirurgiche,
ambulatori per le medicazioni, magazzini, uffici, ed alloggiamenti.
Tra il personale delle ambulanze fluviali, prima volontario poi
già sotto le armi vi erano i membri delle società canottieri, che
tornavano utili per la loro conoscenza riguardo alla navigabilità
del Po, dei suoi affluenti e di altre realtà fluviali interessate da
queste particolari unità di soccorso.
L’ospedale
galleggiante fu inaugurato il 22 giugno 1898, alla darsena milanese.
Partì il successivo 30 per il suo primo viaggio, per raggiungere
Chioggia e il 10 luglio Venezia, ovunque accolto dalla gente con
grandi feste.
L’ambulanza
fluviale non era allestita solo su chiatte fluviali, ma utilizzava
anche battelli tipo bragozzo d’altura o trabaccolo da trasporto,
imbarcazioni con chiglia, in uso sul mare Adriatico. Questi battelli,
delle stesse dimensioni delle chiatte, erano dotati di due alberi
attrezzabili con vele latine per cui erano potenzialmente in grado di
navigare a differenza dei natanti di stampo fluviale. Sui
barconi-ambulanza, era vietato mettere qualsiasi segnale eccetto lo
stemma della Croce Rossa, prescritto dalla Convenzione di Ginevra,
dipinto sopra una lastra metallica e fissato alle paratie e sulla
copertura della barca.
Convoglio nella laguna veneta (collezione Spazzan) |
L’ambulanza
fluviale funzionò durante il conflitto dal luglio al 26 settembre
1915 poiché l’approssimarsi della stagione delle nebbie, le
difficoltà di riscaldamento dei barconi nel periodo invernale e
altre necessità logistiche determinò la sospensione dell’attività
di soccorso. Ma dal maggio 1915 era già entrata in funzione
l'ambulanza lagunare “Città di Venezia”, istituita Comitato
Regionale CRI di Venezia dopo aver preso accordi con il Comando in
Capo della Piazza marittima del capoluogo veneto. Questa ambulanza
era costituita da un convoglio di 3 peote (barconi), ognuna dotata di
18 barelle e trainata da uno o più motoscafi trasportava, oltre ai
54 barellati, fino ad un massimo di 200 infermi seduti o in piedi. In
laguna, a questa unità si affiancarono anche l’autoscafo "Regina
Elena" ed alcuni battelli a vapore attrezzati. Le
ambulanze lagunari rispondevano a criteri di costituzione, gestione
ed impiego analoghi a quelli delle ambulanze fluviali. Entrambe
venivano, all’occorrenza allestite e gestite sempre sotto il
controllo delle autorità sanitarie militari di armata o
territoriali, e dalla Croce Rossa italiana.
Nel
1916, le ambulanze fluviali trasportarono 23.473 uomini, di cui 4.217
in barella. Al 30 giugno 1917, erano stati trasportati 28.082
infermi, dei quali 4.465 in barella. Nel marzo 1918 le ambulanze
fluviali passarono alle dipendenze della Delegazione Generale della
Croce Rossa Italiana, che le assegnò alla Delegazione della 3a
Armata. Al 30 giugno 1918, erano stati trasportati 48.353 infermi.
Alla metà del 1918 furono censiti: 639 burchi, 149 peote, 65
bragozzi, 19 batelloni, 5 preame, 12 burchielli, 66 battelle (piccole
barche dell’Adriatico), 5 topi, 58 motobarche, 31 autoscafi, 71
rimorchiatori, 59 rascone, 119 sandoli (barca da trasporto, con fondo
piatto, tipica della laguna veneta), e 45 caorline. A queste vanno
aggiunte le zattere assemblate sul lago di Como e fatte scendere
lungo l’Adda fino al Po. Grazie alla realizzazione di due conche
sul Tagliamento, nel dicembre del 1915 la rete delle acque interne
permetteva di raggiungere Grado collegando direttamente Milano al
fronte isontino. Successivamente il servizio venne esteso alle linee
del padovano e del vicentino alimentate dai fiumi Brenta e
Bacchiglione e sui canali che dai laghi di Como e Maggiore portano a
Milano e al Po. Venne inoltre attuato un servizio di trasporti nei
laghi di Garda, Maggiore e Idro.
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