martedì 21 aprile 2020

Le ambulanze del Po

L'ambulanza Antonio Litta nel 1898 di fronte alla Baldesio
(archivio CRI Cremona)
C'è stato un tempo in cui il Po è stato utilizzato come la più grande corsia sanitaria nazionale per il trasporto di ammalati e feriti dalle zone più carenti di assistenza ai grandi ospedali del Nord Italia. Per almeno vent'anni, tra la fine dell'Ottocento e la conclusione della prima guerra mondiale, le sue acque sono state solcate da ambulanze del tutto speciali, costituite da grandi barconi attrezzati che garantivano ai feriti un trasporto più confortevole e sicuro, rispetto ai tradizionali mezzi terrestri. Gran parte del materiale utilizzato per attrezzare questi barconi derivava infatti dai treni ospedale, allestiti dalla Croce Rossa Italiana in occasione di grandi calamità. Prima della Grande guerra, l'ambulanza fluviale prestava assistenza alle comunità che risiedevano lungo il corso del Po e i suoi affluenti, lontane dai presidi medici cittadini anche a causa della scarsità di strade e ferrovie. In una vecchia foto dell'Archivio storico della Croce rossa cremonese si può osservare l'ammiraglia della flotta, la “Alfonso Litta”, ormeggiata verso il 1898 sulla sponda del Po nei pressi nell'antica palazzina della Canottieri Baldesio.
Il primo esperimento di allestimento era stato messo in cantiere nel 1891 quando furono predisposti le attrezzature e gli arredi per allestire il primo convoglio ambulanza fluviale, che avrebbe però operato sul Lago Maggiore, con base a Verbano. Prese il nome di "Brunetta d’Ussaux", poiché fu concepita e progettata dal conte Eugenio Brunetta d’Usseaux, che allestì tre battelli alberati. Si trattava di veri convogli, composti da nove barconi ricovero e tre barche di scorta, progettati per trasportare fino a 300 soldati e 25 ufficiali (oltre ad 80 persone di servizio). Al progetto, secondo il d’Usseaux, avrebbero dovuto prestare la loro opera anche le Società Canottieri, con i loro uomini e le loro darsene di servizio nelle rispettive zone, oltre ai loro locali come punti d'approvvigionamento, d’imbarco e sbarco, per il servizio di porta ordini, approvvigionamento viveri, ordini ai sindaci, servizio di corrispondenza ai malati, comunicazione con i delegati d’armata e con le autorità militari e civili.
L'8 settembre 1894 aveva fatto il suo giro inaugurale sul lago di Como una nuova ambulanza fluviale, la “Lario”, su cui aveva viaggiato anche il presidente nazionale della Croce Rossa Italiana Gian Luca Cavazzi, conte della Somaglia. Si trattava di un vero e proprio viaggio promozionale e dimostrativo per illustrare i pregi del nuovo sistema di soccorso ed ottenere contributi, nuovi soci e nuovi volontari a ferma bennale. Partita da Lecco era approdata a Como la mattina dell'11settembre, dopo aver toccato Varenna, Bellano, Colico, Domaso, Gravedona, Dongo, Menaggio, Bellagio, Tremezzina, Argegno, Carate, Torno, Cernobbio, suscitando ovunque interesse ed ammirazione. Per l'occasione erano stati utilizzati solo due comballi. grandi imbarcazioni a vela e a remi tipiche del lago di Como, che a tutta la metà del XX secolo furono il principale mezzo di trasporto lacuale di merci pesanti. Uno era stato attrezzato da uso infermeria e l'altro per la cucina, la cambusa e la sala da pranzo, coperti con una struttura ad assicelle di legno bianco. Ad ogni attracco ai ponti dei paesi toccati dalla crociera promozionale, l'ambulanza era stata accolta dalle autorità comunali, dalle bande musicali e dai semplici cittadini, che assistevano incuriositi alle operazioni di imbarco e sbarco dei feriti e restavano ammirati dalla completezza e dalla disposizione della attrezzature sanitarie. In realtà l’ambulanza completa sarebbe stata composta da 10 “comballi“, capaci di contenere 214 feriti e 53 addetti, ma per farlo sarebbe stato necessario raccogliere altri fondi per acquistare ed attrezzare le imbarcazioni mancanti, di una delle quali si era fatto carico il Sotto comitato dalla CRI di Lecco. In base ad un apposito accordo con statuto e regolamento, i soci delle canottieri e vogatori, si sarebbero impegnati a custodire i barconi e a guidarli in caso di mobilitazione. Tutto quello che consisteva l’allestimento, rimaneva in custodia nelle sedi e nei magazzini della CRI, comprese le assicelle bianche per la copertura. Queste ambulanze erano l’equivalente navigante di un treno ospedale, o di un ospedale da campo.
La preparazione del rancio (archivio CRI Cremona)
Tre anni dopo, nel 1897, fu allestita a Pallanza, con magazzino ad Arona, su proposta e disegno del Comitato Centrale, la “Alfonso Litta” prima vera ambulanza fluviale, finanziata dalla contessa, Eugenia Litta Bolognini Attendolo Sforza insieme alla Croce Rossa di Milano ed al presidente dell’ospedale Maggiore, il conte Emilio Borromeo, per ricordare in questo modo il figlio Alfonso Litta (1870-1891), avuto da Umberto I di Savoia, deceduto mentre prestava il servizio militare.
Le due ambulanze fluviali, in caso di guerra, avrebbero potuto trasportare una gran numero di feriti ed ammalati in tutta l'area del Nord compresa tra i principali laghi alpini ed il mare Adriatico, semplicemente percorrendo fiumi e canali navigabili, senza le difficoltà di intasamento dei treni ospedali e dei convogli stradali di soccorso in un momento in cui la rete stradale era ancora scarsa ed i problemi aumentavano con la necessità di far affluire al fronte soldati, materiali e armamenti. Il relativo ritardo con cui era stata allestita la seconda ambulanza fluviale, la cui costruzione era iniziata fin dal 1892, è spiegabile con la difficoltà di arruolamento di volontari, tanto da ricorrere ad una sorta di incentivi, ad iniziare dalla corresponsione di un'indennità di tre lire a settimana per la moglie, ciascun figlio inferiore ai 14 anni, e genitori ultrassessantenni inabili al lavoro per uanti fossero mobilitati a prestar servizio nelle unità ospedaliere in caso di guerra.
Potevano arruolarsi sulle ambulanze fluviali tutti i cittadini tra i 20 ed i 50 anni di età, compresi i militari di qualsiasi grado in congedo illimitato, di prima e terza categoria, purchè non avessero prestato servizio in artiglieria, genio o nelle compagnie di sanità, mentre l'arruolamento senza limitazioni era previsto per i riservisti della marina militare.
La "Litta" era composta inizialmente da 4 chiatte a fondo piatto, lunghe 14 metri e larghe 4, di cui una destinata al personale direttivo, alla farmacia, alla camera di medicazione ed alla cucina e le altre quattro ad infermerie con 46 barelle e 10 posti a sedere per ciascuno. Il convoglio era trainato da uno o più rimorchiatori a vapore, ma potevano essere trainate, ciascuna, da due cavalli, che si muovevano sulle mulattiere all’uopo predisposte sugli argini di tutti i canali navigabili dell’alta Italia. Tre lance a remi di servizio assicuravano i collegamenti tra i natanti quando il convoglio era in navigazione. L’organico comprendeva 1 commissario, 1 contabile, 2 impiegati, 4 medici, 1 cappellano, 1 farmacista, 1 cuoco, 10 sottufficiali, 24 infermieri, 6 inservienti e 2 carpentieri, più 25 canottieri addetti al governo delle imbarcazioni. Il costo complessivo fu di oltre 60.000 mila lire, e l’ambulanza venne iscritta tra le unità ospedaliere. Si trattava di un convoglio collegato di quattro natanti, perfettamente attrezzato come ospedale mobile. Lo scopo dell’ambulanza fluviale era quello di portare assistenza ai paesi situati lungo le rive del Po e dei suoi affluenti, privi di assistenza ospedaliera sul posto, e mal collegati sia sotto il profilo stradale che ferroviario. Secondo il progetto, i convogli composti da più barconi di differente tipologia, avrebbero trasportato più di trecento persone tra feriti e personale di servizio, essendo dotati di sale chirurgiche, ambulatori per le medicazioni, magazzini, uffici, ed alloggiamenti. Tra il personale delle ambulanze fluviali, prima volontario poi già sotto le armi vi erano i membri delle società canottieri, che tornavano utili per la loro conoscenza riguardo alla navigabilità del Po, dei suoi affluenti e di altre realtà fluviali interessate da queste particolari unità di soccorso.
L’ospedale galleggiante fu inaugurato il 22 giugno 1898, alla darsena milanese. Partì il successivo 30 per il suo primo viaggio, per raggiungere Chioggia e il 10 luglio Venezia, ovunque accolto dalla gente con grandi feste.
L’ambulanza fluviale non era allestita solo su chiatte fluviali, ma utilizzava anche battelli tipo bragozzo d’altura o trabaccolo da trasporto, imbarcazioni con chiglia, in uso sul mare Adriatico. Questi battelli, delle stesse dimensioni delle chiatte, erano dotati di due alberi attrezzabili con vele latine per cui erano potenzialmente in grado di navigare a differenza dei natanti di stampo fluviale. Sui barconi-ambulanza, era vietato mettere qualsiasi segnale eccetto lo stemma della Croce Rossa, prescritto dalla Convenzione di Ginevra, dipinto sopra una lastra metallica e fissato alle paratie e sulla copertura della barca.
Convoglio nella laguna veneta (collezione Spazzan)
L’ambulanza fluviale funzionò durante il conflitto dal luglio al 26 settembre 1915 poiché l’approssimarsi della stagione delle nebbie, le difficoltà di riscaldamento dei barconi nel periodo invernale e altre necessità logistiche determinò la sospensione dell’attività di soccorso. Ma dal maggio 1915 era già entrata in funzione l'ambulanza lagunare “Città di Venezia”, istituita Comitato Regionale CRI di Venezia dopo aver preso accordi con il Comando in Capo della Piazza marittima del capoluogo veneto. Questa ambulanza era costituita da un convoglio di 3 peote (barconi), ognuna dotata di 18 barelle e trainata da uno o più motoscafi trasportava, oltre ai 54 barellati, fino ad un massimo di 200 infermi seduti o in piedi. In laguna, a questa unità si affiancarono anche l’autoscafo "Regina Elena" ed alcuni battelli a vapore attrezzati. Le ambulanze lagunari rispondevano a criteri di costituzione, gestione ed impiego analoghi a quelli delle ambulanze fluviali. Entrambe venivano, all’occorrenza allestite e gestite sempre sotto il controllo delle autorità sanitarie militari di armata o territoriali, e dalla Croce Rossa italiana.
Nel 1916, le ambulanze fluviali trasportarono 23.473 uomini, di cui 4.217 in barella. Al 30 giugno 1917, erano stati trasportati 28.082 infermi, dei quali 4.465 in barella. Nel marzo 1918 le ambulanze fluviali passarono alle dipendenze della Delegazione Generale della Croce Rossa Italiana, che le assegnò alla Delegazione della 3a Armata. Al 30 giugno 1918, erano stati trasportati 48.353 infermi. Alla metà del 1918 furono censiti: 639 burchi, 149 peote, 65 bragozzi, 19 batelloni, 5 preame, 12 burchielli, 66 battelle (piccole barche dell’Adriatico), 5 topi, 58 motobarche, 31 autoscafi, 71 rimorchiatori, 59 rascone, 119 sandoli (barca da trasporto, con fondo piatto, tipica della laguna veneta), e 45 caorline. A queste vanno aggiunte le zattere assemblate sul lago di Como e fatte scendere lungo l’Adda fino al Po. Grazie alla realizzazione di due conche sul Tagliamento, nel dicembre del 1915 la rete delle acque interne permetteva di raggiungere Grado collegando direttamente Milano al fronte isontino. Successivamente il servizio venne esteso alle linee del padovano e del vicentino alimentate dai fiumi Brenta e Bacchiglione e sui canali che dai laghi di Como e Maggiore portano a Milano e al Po. Venne inoltre attuato un servizio di trasporti nei laghi di Garda, Maggiore e Idro.



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