venerdì 24 aprile 2020

La grande Cremona (1920)

Il palazzo Duemiglia a Cremona
Il “giardino del cremonese”: questo era il Comune di Due Miglia quando, cento anni fa, il 26 febbraio 1920, se ne decise la soppressione e l'aggregazione a Cremona, che per qualche anno si chiamò comune di “Cremona ed uniti”. Così lo descrive Angelo Grandi nel 1858 (Descrizione dello stato fisico, politico, statistico, storico, biografico della provincia e diocesi di Cremona, vol. II, p. 13): “Due Miglia. Provincia e diocesi, distretto I e pretura di Cremona. Comune con consiglio. Superficie pertiche 75.617; scudi 847.247, 00, 32. Abitanti 8385. La deputazione ha un ufficio proprio con residenza in Cremona, sotto la giurisdizione dell' I. R. Commissario comunale di polizia in città. Vi sono due medici e 3 levatrici. Questo comune non è un aggregato di caseggiati, cui possa applicarsi la denominazione di villaggio o borgo, ma è formato da casali e cascine coloniche, sparse quasi tutt'all'intorno di Cremona, partendo dai Corpi Santi, per il circuito irregolare di due ed in alcuni punti tre miglia, ed è suddiviso in sei quartieri chiamati di Picenengo composto di 29 frazioni; S. Ambrogiodi 13; Boschetto 27; S. Bernardo 45; S. Felice 31 e Battaglione 28. In totale tra casali e cascine num. 173, in cui vi sono 405 case. Ciascuno di questi quartieri è fornito di scuole elementari minori maschili e femminili. In quanto allo spirituale è distribuito il comune in parti, che differiscono dalla divisione politica, dirette dalle parrocchie di Picenengo, S. Ambrogio, S. Maria del Boschetto, S. Bernardo, S. Felice e S. Sigismondo, oltrechè varj altri casali in minor quantità spettano alle parrocchie di Castagnino Secco, Persico, S. Giacomo del Campo o Lovara, Bonemerse e S. Gioachino del Bosco. Il vasto territorio è in gran parte irriguo, ed alimentato anche col fino concime della città; per cui rigogliose veggonsi le ortaglie, copiosissime l messi, floridi i lini, il trifoglio, i geli e le viti; e per tanta ubertosità può chiamarsi il giardino del cremonese”.
Gli statuti cittadini del 1387-88 indicano una fascia di territorio circostante la città, aldilà del limite costituito dal cavo Cerca, un corso d'acqua derivato dal Naviglio civico. Era in effetti un terreno molto fertile, caratterizzato dalla presenza di orti e appezzamenti, spesso con la presenza di piccoli agglomerati, dove veniva largamente coltivata la vite, concepiti al servizio di vettovagliamento della città. In seguito alle pressanti richieste della città, questa fascia si era proporzionalmente allargata aumentando la fascia produttiva, fino a raggiungere tre miglia circa dalla cintura muraria della città. Nel catasto di Carlo V, compilato nel 1550-51 questo settore posto a nord della città, che si estende quasi a forma di ferro di cavallo intorno alle mura, inizia ad essere denominato “Due Miglia”: la vite vi è coltivata in forma intensiva ed impegna circa il 65% dell'intera superficie agraria, a fronte di quasi il 25% destinato al seminativo, ed il restante parte a prato e parte ad orti e giardini per circa il 3,5%.
La Cremona, che conosciamo oggi, risultava dunque spalmata su un cuore centrale, identificabile nell'attuale centro storico con qualche propaggine periferica, su una fascia territoriale ad esso esterna, chiamata dei “Corpi Santi”, e su un ferro di cavallo (il Comune di Due Miglia). Che, praticamente da Ovest ad Est, comprimeva il nucleo centrale, già delimitato a Sud, dai predetti “Corpi Santi” affacciati sul Po. Uno scenario, questo, più coerente ad una città delle mura e dei ponti levatoi, dei poteri del conte vescovo e delle parrocchie, che non alle esigenze poste dai profondi mutamenti che erano in vista.
L'architrave che sosteneva una simile assurdità era rappresentato, a Cremona come in altri comuni capoluogo (come Milano), dall'impianto della esazione dei dazi, fondamentali per quel modello tributario e motivo di privilegio per alcuni ceti.
I Corpi Santi”, cioè la fascia di territorio immediatamente a ridosso dei bastioni cittadini, all'inizio del XVII secolo aveva una superficie di 7.802 pertiche sulla quale insistevano una cinquantina di abitazioni ed alcuni mulini, ma non erano presenti edifici di culto. La parte meridionale del territorio era costituita dalle golene del Po ed era soggetta a periodiche alluvioni, mentre quella più vicina alla città era destinata solitamente ad ospitare gli accampamenti militari delle armate che periodicamente assediavano la città e, di conseguenza, bersaglio preferito dell'artiglieria difensiva posta sulle mura. Era pertanto una zona scarsamente popolata, soprattutto in seguito alla distruzione delle borgate, un tempo esistenti fuori dalle mura, in occasione degli eventi bellici. Per secoli le cascine appena fuori le mura della città di Cremona erano state poste in una condizione amministrativa anomala, essendo soggette alla città ma non avendo accesso all'amministrazione comunale, in una situazione in parte simile a diversi altri capoluoghi lombardi. L'anomalia cremonese rispetto alle altre province era il fatto che qui il territorio suburbano era ulteriormente suddiviso in due cerchie, i Corpi Santi propriamente detti fino ad un miglio dalla città, e le Due Miglia fino a tale distanza. Non è nota con certezza la motivazione di una simile anomalia, forse dettata da ragioni di difesa militare essendo le due comunità separate dal Naviglio civico, o forse per motivi fiscali, essendo ulteriormente diminuiti i diritti dei duemiglini e conseguentemente aumentato il carico erariale. Nel 1756, in seguito alla riforma del catasto voluta dal governo austriaco, il territorio dei Corpi Santi fu unito a Cremona con il nome di “Corpi Santi dentro l'acqua”, in quanto compreso all'interno del Cavo Cerca. I Corpi Santi rimasero uniti alla città fino al 1805, quando furono costituiti in comune autonomo, per poi essere nuovamente riuniti nel 1810 in seguito alla disposizione del governo francese di concentrare i piccoli comuni in quelli maggiori. Con ritorno degli austriaci si ritornò allo status quo precedente e i Corpi Santi furono uniti al Comune di Cremona di cui costituirono il circondario.
Il sindaco di Cremona Attilio Botti
Ben diverso il destino delle Due Miglia. Dalla seconda metà del sec. XVII il territorio fu costituito dai sei quartieri di Picenengo, Soncino (poi S. Ambrogio), Boschetto, San Bernardo, San Felice e Battaglione. Il governo all'Università degli estimati e ad alcuni ufficiali: i consoli, i deputati, il tesoriere, il cancelliere e il ragionato. Nel Compartimento territoriale teresiano del 1757 il territorio è costituito ancora da questi sei quartieri e nel 1758 fu emanata una riforma particolare per il suo governo.Tra il 1798 ed il 1801 i sei quartieri furono costituiti in altrettanti comuni autonomi, aggregati nel 1805 nel ricostituito comune di Due Miglia. Con l'attivazione dei comuni in base alla compartimentazione territoriale del regno lombardo-veneto, le Due Miglia, costituite da Boschetto, Quartiere del Battaglione, Picenengo, Sant’Ambrogio, San Bernardo e San Felice, dal 1816 facevano parte del distretto I di Cremona della provincia di Cremona.
Nel 1853 le Due Miglia, sempre costituite da quartiere Boschetto, Battaglione, Picenengo, Sant’Ambrogio, San Bernardo e San Felice, erano un comune con consiglio con ufficio proprio del distretto I di Cremona della provincia di Cremona e contavano 8198 abitanti. Nel 1867 fu aggregato il comune di Cava Tigozzi.
Nel frattempo si ragionava su una possibile aggregazione a Cremona, ma solo nel 1914, quando sia al Due Miglia che nel capoluogo arrivarono al governo due amministrazioni socialiste, la questione venne affrontata affidando uno studio all'onorevole Antonino Graziadei, che, nel giugno 1919, consegnò la sua relazione, sostenendo l'utilità dell'operazione per una serie di motivi. Innanzi tutto la mancanza di una soluzione di continuità che obbligava il centro di Cremona all'interno di una cintura costituita da un altro comune; poi le maggiori funzioni a carico dei comuni che obbligavano quelli vicini a raggrupparsi per farvi fronte insieme; l'assurdità di una situazione che, in mancanza di un'area esterna, aveva costretto da un lato il Comune di Cremona a scorporare una piccola zona del Due Miglia per realizzarvi il proprio cimitero e dall'altro il Due Miglia a insediare fuori del proprio territorio gli uffici comunali nel centro di Cremona, ed infine i vantaggi che ne sarebbero derivati nei termini di funzionamento dei servizi pubblici. La relazione, e la relativa convenzione, vennero presentate all'approvazione del consiglio comunale del 28 giugno 1919 insieme alla delibera da presentare al Governo per ottenere il decreto del Re che approvasse l'unificazione. Le uniche perplessità vennero dall'ingegner Remo Lanfranchi sul fatto di approvare gli articoli della convenzione. 
Il sindaco di Due Miglia Attilio Boldori
Si trattava di 9 articoli che disciplinavano le rendite patrimoniali e le passività dei due comuni che sarebbero andate in carico al nuovo comune, il quale avrebbe assunto la denominazione di “Cremona ed Uniti”. Il nuovo organismo avrebbe costruito tutte le strade di comunicazione già deliberate dal Due Miglia, e curato l'estensione del servizio tramviario nei principali quartieri aggregati, risolvendo nel miglior modo possibile il problema dei passaggi a livello. Per quanto riguardava l'istruzione pubblica il nuovo comune avrebbe costruito tre nuovi edifici scolastici nei quartieri di San Bernardo, Picenengo e Boschetto, già progettati e deliberati dal Due Miglia, dotati di un doposcuola e di un asilo ed ammettendovi gratuitamente gli alunni più poveri, a cui sarebbe stata sommistrata gratuitamente la refezione. A tutti i quartieri di Due Miglia sarebbero stati estesi gli impianti per la distribuzione dell'acqua potabile e dell'energia elettrica. L'articolo 7 era dedicato interamente all'Ospizio Soldi, sorto a Due Miglia, che sarebbe stato migliorato con l'aggregazione di un'ulteriore area, ed amministrato in modo autonomo da un consiglio di cinque membri scelti e nominati, uno fra la famiglia del dottor Francesco Soldi in linea discendente ed altri quattro fra gli elettori residenti nel comune di Due Miglia. Il nuovo comune sarebbe stato tenuto a ricoverare a proprio carico almeno 130 fra anziani e malati cronici appartenenti al Due Miglia, scelti dal consiglio di amministrazione, ed a stanziare nel bilancio per l'assistenza a domicilio di famiglie bisognose del Due Miglia una somma che non sarebbe stata inferiore alla media spesa nel quinquennio 1914-1918 dallo stesso comune, affidandone l'erogazione alla Congregazione di Carità. Le funzioni di esattoria e tesoreria sarebbero rimaste in carico all'ufficio del Comune di Cremona secondo il contratto esistente con la Banca del Monte di Pietà. Lo schema di convenzione e l'ordine del giorno vennero approvati all'unanimità anche in seconda lettura il 5 luglio. La richiesta, su carta bollata da due lire, è firmata dai due sindaci socialisti Attilio Botti per Cremona e Attilio Boldori per Due Miglia.
Il decreto di unificazione dei due comuni, firmato il 10 febbraio 1920 dal re Vittorio Emanuele III, venne pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 26 febbraio.



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