“Inesprimibile è la gioja di questi
abitanti, felicitati dalla vista tanto desiderata delle Augustissime
LL. MM. L'Imperatore e l'Imperatrice”. Con queste parole la
“Gazzetta della Provincia di Cremona” del 26 settembre 1838 dava
notizia della visita alla città di Ferdinando I, reduce
dall'incoronazione solenne a re di Lombardia e di Venezia avvenuta
qualche giorno prima, il 5 settembre, nel Duomo di Milano, salutata
da 101 colpi di cannone e dal suono a distesa di tutte le campane. La
visita, avvenuta il 22 e 23 settembre, è stata immortalata, come le
altre che hanno interessato le principali città del Lombardo Veneto,
nella splendida serie di acquerelli realizzata da Eduard Gurk,
pittore di corte. In realtà, nonostante le cronache del tempo,
l'accoglienza dei cremonesi fu piuttosto tiepida. Ad iniziare
dall'arco trionfale che avrebbe dovuto accogliere il sovrano
all'ingresso della città proveniente da via Brescia, affidato
all'architetto Luigi Voghera che, per realizzarlo, utilizzò
materiale di magazzino già adoperato per la Fiera in Contrada del
Pubblico Passeggio. Aldilà degli avvisi con cui la Congregazione
Municipale emanava le disposizioni più minute per non lasciar nulla
all'improvvisazione, Voghera candidamente ammetteva che “adoperando
le tavole già intelajate dell'Arco che già si erigeva a lato del
Casino colle rispettive aggiunte di un Ordine, decorando l'Attico
superiore con statue di tavole dipinte...si può ottenere ancora una
cosa decente”. Per tempo, d'altronde, l'amministrazione cittadina
aveva provveduto a diramare indicazioni di vario tenore, fin dal 30
luglio, quando nel primo avviso pubblico affisso ai muri si leggeva
che anziché spese inutili, “uniformandosi alle intenzioni
veramente paterne dell'Attefatta Mesta sua”, si dovessero proporre:
“La riforma del piano ed altre opere di ristauro e decorazione al
Civico Palazzo per renderlo atto anche ai Pubblici Mercati
coll'erogazione di una somma di oltre lire 60.000. e giusta il
disegno dell'architetto Luigi Voghera; l'erezione di un Arco di
Trionfo, Spettacolo teatrale, e luminaria generale per la città,
nella quale dovranno distinguersi segnatamente i Pubblici
Stabilimenti, erogandosi per questi la somma di lire 150.004; Il
pagamento di una dote di lire 150 cadauna a favore di quattro giovani
di ciascuna delle otto parrocchie della città e Corpi Santi, che
sieno povere, di morale condotta, native di questa città e Corpi
Santi, e che passino a matrimonio entro l'anno, in cui seguirà il
desiderato arrivo; duplicare il sussidio a putti i poveri che godono
elemosina a carico dell'Istituto Elemosiniere, per la settimana in
cui seguirà l'arrivo suddetto; accordare una lira austriaca a tutti
i giornalieri che accedono alla Casa d'Industria nel giorno
dell'arrivo dell'Altefatta Maestà sua; contribuire la somma di lire
2000, per una volta tanto a vantaggio dello Stabilimento de' ragazzi
discoli diretto dal sacerdote Ferdinando Manini, continuare l'annuo
sussidio di lire 500 per un sejennio a favore delle Scuole di
Carità”. Altri provvedimenti erano per la verità meno nobili: si
vietava, ad esempio, il transito delle “navazze d'uva” per la
stagione della pigiatura dal 22 al 24 settembre, si raccomandava di
imbiancare, decorare e illuminare le facciate delle case interessate
dal passaggio del corteo regale, soprattutto quelle poste “nelle
contrade Porta Ognissanti, Valverde, Forcello, Dell'Aquila, San
Domenico, Maestra, Speciana, Ginnasio e Teatro”. Minuziose
istruzioni venivano impartite ai nobili proprietari di carrozze per
formazione del corteo che avrebbe accompagnato l'imperatore in città,
allo spettacolo teatrale e “nel corso notturno che avrà luogo
dall'Ave Maria a mezza notte” mentre “rimangono esclusi i calessi
a due o quattro ruote condotti da un sol cavallo, ai quali non sarà
permesso di recarsi sullo Stradale conducente all'Arco fuori della
Porta Ognissanti nell'epoca del ricordato faustissimo arrivo”.
L'imperatore Ferdinando I |
Arriva dunque l'attesa giornata. Gli
“Eccelsi viaggiatori” provenienti da Brescia erano già stati
accolti trionfalmente al loro passaggio da Robecco d'Oglio,
“festeggiati con concenti di bande musicali, con archi di trionfo,
con apparati di verzura, di tappeti, di fiori; salutati ovunque al
Loro passaggio dagli unanimi applausi e dalle benedizioni
dell'accorrente popolazione, non trattenuta dall'imperversar della
pioggia”. La stessa scena si ripete a Cremona dove arrivano verso
le 13,15 del 22 settembre durante una breve schiarita “al suono de'
sacri bronzi, fra le giulive acclamazioni d'una affollata
moltitudine, e con un prolungato seguito di carrozze di gala, con che
questi devoti sudditi mossero a far Loro corteggio fuori della città
sino al bell'arco trionfale preparato con iscrizioni analoghe per
cura del Municipio”. Ferdinando I e la moglie Maria Anna di Savoia
vennero ricevuti al primo ingresso di palazzo Ala Ponzone, dove poi
avrebbero alloggiato, dal Vicerè Ranieri Giuseppe d'Asburgo-Lorena,
dall'arciduca Luigi e dal governatore della Lombardia Franz de Paula
von Hartig che li avevano preceduti, dalle autorità civili, militari
e religiose, dai rappresentanti dei vari istituti d'istruzione e di
beneficenza, raccolti nel palazzo dal marchese Giuseppe Sigismondo
Ala Ponzone. Il generale maggiore Francesco Weigelsperg, cavaliere
dell'ordine militare siciliano di San Giorgio della Riunione presentò
le autorità militari che “ebbero esse l'onore di tributare
l'espressioni della loro fedeltà e profonda venerazione a piedi
dell'ottimo Monarca, che, volgendo loro parole umanissime, lasciò
impressi in ogni animo sentimenti di gaudio e riconoscenza”.
All'esterno del palazzo, frattanto, si era radunata una grande folla,
“ed essendosi ripetutamente compiaciute le LL.MM. Col mostrarsi
dall'Imperiale appartamento di far pago il voto della sottoposta
immensa folla, che ivi tenea fissi gli sguardi, raddoppiavano le
acclamazioni del giubilo a quella graziosa degnazione”.
Dopo il pranzo nel pomeriggio
Ferdinando I, accompagnato dalla delegazione, fece visita al Liceo,
dove, ricevuto dal direttore e dai professori “gl'intrattenne,
coll'affabilità e perspicacia che gli è propria, degli
importantissimi oggetti di pubblica istruzione, ed esaminò con
particolare attenzione i gabinetti di fisica e di storia naturale,
degnandosi di manifestare l'alta Sua soddisfazione”. Seguì la
vista all'Orfanotrofio, appena aperto da don Ferdinando Manini l'anno
prima nella casa donata da Gaetano Archetti nell'attuale via Antica
Porta Tintoria, dove fu salutato con il canto dell'inno popolare
dagli organai schierati sulla porta, “E complimentato ed introdotto
dai Nobili Direttore ed Amministratore, avvicinandosi la M. S.
benignamente agli Alunni espresse la Sovrana Sua compiacenza nel
vederli in florido stato di salute. Poi s'informò con paterna
sollecitudine dei loro esercizj di religione, dell'istruzion loro,
del trattamento che hanno nel Pio Luogo, soggiungendo parole di
gratissimo conforto e d'approvazione alle relative risposte”.
La giornata dell'imperatore si concluse
con una visita all'Ospedale, “ove presa parimente cognizione di
tutte le particolarità riguardanti il regime di quello stabilimento
e la cura ed assistenza degli ammalati si degnò di far lieto il
Medico provinciale, il Direttore e gli altri cooperatori di
elementissime espressioni d'aggradimento. Nell'unitovi Ospizio degli
Esposti giunse graditissimo alla M.S. I il canto dell'Inno popolare
per parte d'un numeroso coro di picciole trovatelle”.
L'imperatrice Maria Anna di Savoia |
Nel frattempo l'imperatrice Maria Anna
di Savoia, accompagnata dalla sua gran dama Landgravia Giuseppa di
Fürstenberg-Weutra, principessa del Liechtenstein, dal gran
ciambellano conte Maurizio Dietrichstein e dal podestà conte Crotti
aveva fatto visita al collegio della Beata Vergine, “ed aggradendo
i veduti saggi dell'istruzione ivi data, e rivolgendo detti di bontò
e di materno amore alle istitutrici ed alle alunne, riempì le une e
altre di contentezza”. La sera venne illuminata a festa l'intera
città e in particolare il palazzo comunale, il palazzo Schizzi ed i
principali uffici e istituti pubblici, nonché il teatro Concordia,
direttamente a spese della Congregazione municipale. La giornata si
concluse con altre due iniziative benefiche. “L'una è del sig.
marchese Giulio Stanga, il quale per dimostrare la sua devozione
verso le LL.MM. E festeggiarne la venuta a Cremona in modo accetto
all'umanissimo loro cuore, s'è obbligato a far ricoverare in questi
Orfanotrofi a tutte sue spese dieci fanciulli e cinque fanciulle, che
si doveano nominare nel fausto giorno dell'arrivo delle LL.MM. dalla
classe degli orfani più bisognosi e da quella degli abbandonati da
genitori e privi d'ogni appoggio, col diritto di rimanere nel Pio
Luogo finchè abbiano raggiunta l'età d'essere licenziati a norma
de' Regolamenti. L'altra move dall'Istitutore e dai Direttore degli
Asili di Carità per l'infanzia in Cremona, che, intesi a celebrare
il memorabile avvenimento, procurati nuovi mezzi per le largizioni
de' pii offerenti, hanno aperto in questo fausto giorno un terzo
Asilo, tramandandone memoria ai posteri mediante iscrizione da
scolpirsi in lapide”.
L'arco trionfale |
La mattina del 23 settembre alle nove
il corteo imperiale si trasferì in Cattedrale per la messa solenne,
ospitato sotto un baldacchino preparato nel presbiterio; alle 10 dal
balcone di palazzo Ala Ponzone assistettero alla sfilata delle truppe
che costituivano la guarnigione della città, con la successiva
presentazione di tutto il corpo degli ufficiali. Alle 11 fu la volta
dei nobili ad essere ammessi alla presenza dell'imperatore, a
mezzogiorno il gruppo “si recò a visitare la casa di Ricovero, e
si occupò con sapiente ed amorosa premura di tutti i più importanti
oggetti relativi all'andamento di essa, interrogando con somma bontà
i ricoverati, assaggiandone gli alimenti, e degnandosi di manifestare
al Direttore del Pio Luogo la piena Sua approvazione”. Fu poi la
volta dell'Ospedale dei Fatebenefratelli e della Casa d'Industria,
“successivamente l' Augustissimo Sovrano si trasferì a visitare
gli Asili di Carità a San Sepolcro, e quivi fu accolto dagli
applausi degl'innocenti bambini in esso raccolti, dai genitori di
questi che s'erano affollati alla Casa, e dei moderatori
dell'Istituto. La M.S. si degnò di manifestare l'Alta Sua
approvazione per la maniera, onde que' fanciulletti sono educati, e
di aggradire che cantassero l'Inno nazionale, aggiungendo il Pio
Monarca che, essendo cari all'Altissimo i voti di quegli innocenti,
si facessero cantare per lui”. Dopo la visita agli asili Ferdinando
I si recò alla basilica di San Sigismondo per ammirarne gli
affreschi, “facendo tralucere continui saggi di squisito gusto
dalle sue osservazioni”. Nel frattempo la moglie “che tanto si
compiace di dedicare le sue cure ad utilità de' Luoghi Pii, in
compagnia della Gran Maggiordoma, di S.E. il Gran Coppiere marchese
Ala Ponzoni e del podestà sig. conte Crotti, visitava dapprima il
Civico Spedale, poscia l'Orfanotrofio femminile, indi lo Stabilimento
delle figlie di carità, e prendeva notizia de' più minuti
particolari delle istruzioni rispettive, consolidando que' luoghi
d'espressioni d'incoraggiamento e d'approvazione. E nell'Orfanotrofio
aggredì pure un esperimento d'istruzione delle alunne nelle materie
del catechismo, di storia sacra, e di grammatica”. I
rappresentanti degli istituti scolastici e degli asili ebbero l'onore
di essere invitati a pranzo insieme a nobili dall'imperatrice che, al
termine, ricevette le nobili dame, prima di trasferirsi con tutto il
seguito alla casa della provvidenza per le femmine. E la sera tutto
il codazzo imperiale in carrozza lungo le principali contrade
cittadine illuminate a giorno, tra due ali di folla che faceva
“risuonare ad ogni istante con entusiasmo grida clamorose
d'esultanza”. Scena che si ripete ancora al teatro Concordia “ove
all'apparire dell'Augusta coppia una giuliva universale commozione ha
fatto prorompere il numeroso concorso in prolongati plausi, ripetuti
poi e cresciuti ognora più al rispettoso saluto, ed all'Inno
nazionale cantato in apposita scena, con che ha avuto principio il
teatrale spettacolo”. Ancora giubilo e folla al ritirarsi dei
sovrani a palazzo Ala Ponzone ed anche alla partenza il giorno
successivo, quando l'illustre corteo lasciò alle 8 la città diretto
a Mantova. “Immensa folla si accalcava nelle contrade ove passavano
le LL. MM. per bearsi nuovamente della loro vista, e ripetea con
vivissimi applausi le dimostrazioni della devozione e venerazione sua
per gli Augustissimi ed Amatissimi Sovrani, facendo voti al cielo,
perchè li conservi a lungo all'ossequio ed all'amore dei Loro
Sudditi”. La stessa imperatrice, d'altronde, prima di partire aveva
lasciato in dono 300 fiorini alla Casa della Provvidenza per le
fanciulle.
Che Ferdinando I fosse particolarmente gradito ai suoi sudditi è confermato dall'epiteto “Il buono” con cui è noto. Ferdinando Carlo Leopoldo Giuseppe Francesco Marcellino d'Asburgo-Lorena nasce a Vienna il 19 aprile 1793, primogenito dell'imperatore Francesco I e della sua seconda moglie Maria Teresa dei Borbone di Napoli. La dieta di Presburg (l'attuale Bratislava) del 1830 lo riconosce re d'Ungheria. Il 27 febbraio 1831 sposa la principessa Marianna di Savoia, figlia del re di Sardegna Vittorio Emanuele I. Con la morte del padre, avvenuta il 2 marzo 1835, ne eredita la corona; conseguentemente, nel 1836, è incoronato re dello Stato di Boemia, con il nome di Ferdinando V e, nel 1838, del regno Lombardo-Veneto. Ereditato il trono imperiale, Ferdinando I d'Austria concede un'amnistia a tutti i prigionieri politici; una seconda amnistia è concessa nel 1838, a Milano, in occasione dell'incoronazione. L'insurrezione viennese del 1848 lo costringe a promettere, il 25 aprile, la costituzione, ma quando ne rende pubbliche le linee direttrici, e cioè l'istituzione di una camera alta formata da notabili parzialmente nominati dal sovrano, ed una camera bassa eletta in base al censo, la protesta torna a sollevarsi da parte di studenti, operai e guardia civica.La paura della piazza inferocita, giunta a protestare fin davanti alla reggia, lo fa decidere alla concessione dell'elezione di un'assemblea costituente con il sistema del suffragio universale. Prudenzialmente, il 19 maggio si trasferisce a Innsbruck e, qualche settimana dopo, annuncia lo scioglimento della Legione Accademica, un'organizzazione studentesca. Riesplode l'insurrezione e Ferdinando, il 2 dicembre, abdica in favore del nipote Francesco Giuseppe, non avendo egli avuto figli. Insieme a Marianna si ritira a Praga, nel castello di famiglia, dove muore all'età di ottantadue anni, il 29 giugno 1875. Quella di Ferdinando I d'Austria è una figura di regnante sui generis: basso, magro, malaticcio, affetto sin dalla nascita da una serie di scompensi che gli conferiscono un aspetto sgradevole ed un'espressione ebete, oltre a limitazioni mentali, è il risultato di generazioni di matrimoni fra parenti stretti. Ma, nonostante tutto ciò, apprende diverse lingue straniere, impara a suonare il pianoforte e studia con passione e profitto araldica, agricoltura e tecnica. Negato per la politica, tanto da affidarsi del tutto ad una Conferenza di Stato formata principalmente da Metternich, oltre che da suo fratello Carlo Francesco, dal conte Franz Anton Kolowrat Liebensteinsky e da suo zio l'arciduca Luigi d'Asburgo-Lorena, è più portato per le arti e la contemplazione, temi che più si addicono al suo animo puro e nobile. Ferdinando I d'Austria ama ripetere che durante tutto il suo regno ha firmato una sola condanna a morte: persino il capitano Franz Reindl, che il 9 agosto 1832 attenta alla sua vita, viene da lui graziato e la sua famiglia sostenuta economicamente durante il periodo di carcerazione. Per queste sue qualità la gente ama definirlo "Ferdinando il Buono". La sua ingenuità è stata scolpita in un breve dialogo con Metternich, mentre i due si trovano ad assistere ai tumulti di popolo. I termini sono pressappoco i seguenti: "Principe Metternich, perché tutta quella gente urla tanto?", e Metternich: “Fa la rivoluzione, maestà". E l'imperatore: "Si, ma ne ha il permesso?".
Che Ferdinando I fosse particolarmente gradito ai suoi sudditi è confermato dall'epiteto “Il buono” con cui è noto. Ferdinando Carlo Leopoldo Giuseppe Francesco Marcellino d'Asburgo-Lorena nasce a Vienna il 19 aprile 1793, primogenito dell'imperatore Francesco I e della sua seconda moglie Maria Teresa dei Borbone di Napoli. La dieta di Presburg (l'attuale Bratislava) del 1830 lo riconosce re d'Ungheria. Il 27 febbraio 1831 sposa la principessa Marianna di Savoia, figlia del re di Sardegna Vittorio Emanuele I. Con la morte del padre, avvenuta il 2 marzo 1835, ne eredita la corona; conseguentemente, nel 1836, è incoronato re dello Stato di Boemia, con il nome di Ferdinando V e, nel 1838, del regno Lombardo-Veneto. Ereditato il trono imperiale, Ferdinando I d'Austria concede un'amnistia a tutti i prigionieri politici; una seconda amnistia è concessa nel 1838, a Milano, in occasione dell'incoronazione. L'insurrezione viennese del 1848 lo costringe a promettere, il 25 aprile, la costituzione, ma quando ne rende pubbliche le linee direttrici, e cioè l'istituzione di una camera alta formata da notabili parzialmente nominati dal sovrano, ed una camera bassa eletta in base al censo, la protesta torna a sollevarsi da parte di studenti, operai e guardia civica.La paura della piazza inferocita, giunta a protestare fin davanti alla reggia, lo fa decidere alla concessione dell'elezione di un'assemblea costituente con il sistema del suffragio universale. Prudenzialmente, il 19 maggio si trasferisce a Innsbruck e, qualche settimana dopo, annuncia lo scioglimento della Legione Accademica, un'organizzazione studentesca. Riesplode l'insurrezione e Ferdinando, il 2 dicembre, abdica in favore del nipote Francesco Giuseppe, non avendo egli avuto figli. Insieme a Marianna si ritira a Praga, nel castello di famiglia, dove muore all'età di ottantadue anni, il 29 giugno 1875. Quella di Ferdinando I d'Austria è una figura di regnante sui generis: basso, magro, malaticcio, affetto sin dalla nascita da una serie di scompensi che gli conferiscono un aspetto sgradevole ed un'espressione ebete, oltre a limitazioni mentali, è il risultato di generazioni di matrimoni fra parenti stretti. Ma, nonostante tutto ciò, apprende diverse lingue straniere, impara a suonare il pianoforte e studia con passione e profitto araldica, agricoltura e tecnica. Negato per la politica, tanto da affidarsi del tutto ad una Conferenza di Stato formata principalmente da Metternich, oltre che da suo fratello Carlo Francesco, dal conte Franz Anton Kolowrat Liebensteinsky e da suo zio l'arciduca Luigi d'Asburgo-Lorena, è più portato per le arti e la contemplazione, temi che più si addicono al suo animo puro e nobile. Ferdinando I d'Austria ama ripetere che durante tutto il suo regno ha firmato una sola condanna a morte: persino il capitano Franz Reindl, che il 9 agosto 1832 attenta alla sua vita, viene da lui graziato e la sua famiglia sostenuta economicamente durante il periodo di carcerazione. Per queste sue qualità la gente ama definirlo "Ferdinando il Buono". La sua ingenuità è stata scolpita in un breve dialogo con Metternich, mentre i due si trovano ad assistere ai tumulti di popolo. I termini sono pressappoco i seguenti: "Principe Metternich, perché tutta quella gente urla tanto?", e Metternich: “Fa la rivoluzione, maestà". E l'imperatore: "Si, ma ne ha il permesso?".
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