venerdì 26 giugno 2015

Le suffragette del mandolino

Non ci fu solo George Sand che fumava sette sigari al giorno in abiti da uomo, a gettare scandalo verso la fine del secolo. Ma sicuramente all'anticonformista scrittrice francese devono aver pensato i perplessi spettatori cremonesi che la sera del 13 ottobre 1899 videro salire sul palco del teatro Filodrammatici per la prima volta quelle quattro donne in camicetta bianca e lunghe gonne nere armate non di sigaro, bensì di mandolino. Un quartetto classico a plettro, costituito da Teresina Franzetti al primo mandolino, Maria Morenghi al secondo mandolino, Ines Manara alla mandola, e Rosilde Bignamini al mandoloncello. E' il primo gruppo di donne che osò suonare con un ensemble maschile, vere e proprie eroine dell'emancipazione femminile.
Le quattro mandoliniste del 1899
Per trovarne un altro, ma interamente femminile, bisognerà attendere il 1901, quando in Inghilterra, patria storica del clubs, farà la propria comparsa la Laton Ladies Mandolin Brand un gruppo di oltre sessanta esecutrici, tutte di rango nobiliare, in uno storico concerto alla Royal Albert Hall. Un fatto inaudito per i tempi, anche se associazioni mandolinistiche esclusivamente femminili erano abbastanza frequenti, ma le cremonesi sfidando i pregiudizi, si presentavano sul palco insieme ai maschi. E la loro presenza era talmente “ingombrante” da costringere il “Circolo dilettanti mandolinisti e chitarristi di Cremona” nato ufficialmente il 5 gennaio 1987 a cambiare solo due anni dopo la propria denominazione in quella di “Circolo mandolinisti e mandoliniste cremonesi” per lasciare spazio alle nuove entrate che da quattro, divennero nel giro di poco tempo sei e poi sette. I loro nomi sono ricordati in occasione della prima vittoria in un concorso nazionale a Lodi nel 1901: E. Anfossi, Z. Bellingeri, E. Maggi, L. Manara, G. Rinoldi, R. Bignamini, F. Castiglioni. Ma in un concerto al Filo ne sono ricordate addirittura 40, e l'entusiasmo che accompagnava le loro esibizioni era talmente incontenibile da costringere molte delle ragazze che accorrevano incuriosite a vedere lo spettacolo a restarsene fuori. Le prime quattro intrepide musiciste sono raffigurate impettite davanti ai leggii mentre imbracciano il loro mandolino, in una vecchia fotografia recuperata da Giorgio Levi nel 1953 e pubblicata sull'ultimo numero del glorioso settimanale “Sabato illustrato” diretto da Fiorino Soldi. Il nuovo statuto del circolo il 30 ottobre 1899 riconosceva alle donne il diritto di far parte dell'orchestra e dato che allora i componenti di un complesso musicale composto da dilettanti non solo neppure lontanamente potevano pensare di essere ricompensati, ma anzi, per farne parte, dovevano pagare una quota annuale, veniva fissata anche per esse una quota di iscrizione. Pagavano ben sei lire all'anno mentre gli uomini dovevano versarne la bellezza di dodici. Una cifra enorme, mitigata solo dal fatto che la società, ben comprendendo come non si potesse pretendere che dei musicisti dilettanti versassero un capitale simile in una volta sola, aveva deciso una rateazione fissata in dodici mesi, una lira per gli uomini e mezza per le donne. Anche a Cremona il circolo era nato, quasi in sordina, sull'onda dell'interesse crescente per il mandolino, cui verso la fine dell'Ottocento erano dedicati gruppi, ensemble, estudiantine e un gran numero di periodici specializzati. Nel 1896 del nucleo originario facevano parte Luigi Gaetani, Alfredo e Guido Manara, Michele D'Alessandro e Gian Francesco Poli che ne era direttore.
La costituzione ufficiale risale al 5 gennaio 1897. Le prove si tenevano in una angusta stanza di vicolo Bissone, oggi via Pecorari ma, alla ricerca di una sede adeguata, il neonato circolo aveva indirizzato una richiesta al teatro Filodrammatici, accolta dalla società nell'assemblea del 17 dicembre, che vi aveva visto la possibilità di riprendere quella vitalità che con il tempo aveva perso. Il nuovo circolo dovette ben presto farsi conoscere se già due anni dopo la sua costituzione andò a vincere un concorso nazionale a Lodi. Anima e guida del complesso era il maestro Gian Francesco Poli, al quale poi nel 1928, una volta venuta meno la presenza delle donne, il gruppo venne intitolato. Il maestro assegnava i posti e le parti senza che gli esecutori potessero opporvisi e senza il suo permesso le parti non potevano essere trasportate all'esterno. Era anche vietato eseguire brani del repertorio in concerti non proposti dal circolo, pena l'immediata esclusione dal sodalizio. 
La vittoria a Lodi nel 1901
All'inizio il complesso, oltre ai mandolini, comprendeva anche fiati, pianoforte e contrabbasso ma poi nel 1901 il maestro volle costruire una formazione meno ibrida, rigorosamente a plettro, introducendo la mandola contralto, il quartino di mandolino per sostituire il flauto, e il mandolone basso, fatto realizzare a Napoli dai Vinaccia su suo disegno: strumenti destinati poi a far parte di ogni formazione a plettro. Lo stesso Poli, d'altronde, aveva aperto una piccola fabbrica nell'ex teatro Alfieri di via Villa Glori dove, inseme all'amico Aristide Cavalli, a sua volta proprietario di un negozio in cui si vendevano libri e strumenti, nel 1895 aveva per qualche tempo costruito mandolini e chitarre. Il circolo dapprima si dedicò all'esecuzione di brani di autori locali, poi, grazie al maestro Poli, il repertorio divenne più impegnativo con autori come Cherubini, Mozart, Beethoven, Cimarosa, Donizetti e Ponchielli. Anche gli spettacoli, che in un primo tempo alternavano esecuzioni musicali a intrattenimenti con giocolieri e attori comici, divennero più qualificati ed il compito di creare uno stacco a metà serata venne affidato al quartetto di plettro, dove peraltro in questo primo periodo, si esibivano solo uomini. I mandolinisti e le mandoliniste si esibivano al teatro Filodrammatici, al Politeama-Verdi e al Concordia-Ponchielli. Ma erano soprattutto i concerti fuori città a Casalbuttano, Casalmaggiore, Busseto, Piacenza ad accrescerne la fama.
La svolta arriva con la partecipazione al concorso nazionale di Lodi, dove ottiene la prima vittoria ex aequo con il gruppo di Mortara. Il cronista presente in sala ha parole di autentica ammirazione: “I mandolinisti suonano magistralmente, ripeto la parola che corre di bocca in bocca, non dei molti
cremonesi che trepidanti assistono alla gara, ma dei lodigiani e dei forestieri. Quando poi hanno finito il loro pezzo a scelta - la sinfonia della Lina del grande Ponchielli - per l'ampio teatro scoppia un applauso frenetico. In questo momento se lo potessi andrei a baciare Cecco Poli, tutti i mandolinisti e le mandoliniste gentili e brave”.
In occasione del discorso funebre per la morte del maestro Poli tenuto da Uberto Novati al teatro Ponchielli il 30 aprile 1928, vengono riepilogati i grandi successi ottenuti dal Circolo ai concorsi mandolinistici nazionali ed internazionali. “Giornate indimenticabili, di lavoro e di entusiasmo
costituivano il miraggio perseguito durante una intera annata, l'ambito premio allo studio e alle fatiche del maestri e dei discepoli. Era caratteristico il suo mutismo, nelle ore precedenti l'esecuzione in un concorso, che a vittoria ottenuta si tramutava in affettuosa espansione e in gioia giovanile. Tre soprattutto sono le vittorie memorabili conseguite a Trento (1904), Monaco (1906) e a Bona (1908) in Africa. Trento: non fu soltanto una vittoria artistica, fu la consacrazione dello spirito patriottico del Circolo. Si andò a Trento perchè era Trento e ci si andrà col cuore traboccante di amore e di feste. Dolce è ricordare l'accoglienza fraterna dei cittadini e quella affettuosa del maestro Gottardi, padre di quella Silvia che doveva più tardi sfidare carcere e patibolo nel nome d'Italia, e nel giorno seguente. L'ansia della gara, il corteo sfilante sotto la pioggia di fiori, l'ebrezza del trionfo, il giardino Scotoni illuminato con lampade tricolori. Monaco consacrò la fama artistica del circolo. Nella città del lusso e del piacere, Gian Francesco Poli affermò la supremazia della sua orchestra e del suo metodo. «Voi ci avete dato una lezione che non dimenticheremo mai più», così dissero gli altri direttori al nostro Maestro. Il Gran Premio di Monaco ebbe un eco profonda tra tutte le estudiantine francesi e spagnole. Bona: fu un sogno, la principessa lontana che ognuno va a cercare una volta in sua vita. Un concorso in Africa. Pensate! Il mare, le palme, le moschee.
Il gruppo a Parigi nel 1912
Per parecchi mesi non si parlò d'altro. Poi furono il viaggio, la partenza sul piroscafo fra tuoni e fulmini. La nausea e il mal di mare si ripercosse sul fisico e sul morale di molti. Ma nel secondo giorno i raggi del sole brillavano sul mare e la calma e la fiducia rinacquero negli spiriti. Il Maestro, che durante il viaggio non si era mai mosso dalla cabina, salì con me sul ponte il terzo giorno prima che spuntasse l'alba. Non dimenticherò mai più l'incanto di quell'ora in cui non era giorno ancora e non era più notte. Poi sfolgorò il sole, apparve la città. Ed anche a Bona la battaglia fu vinta”.
L'ultima vittoria dovette essere particolarmente emozionante, se lo stesso sindaco Dario Ferrari, si sentì in dovere di inviare due messaggi ai musicisti cremonesi in trasferta. Il primo era indirizzato alla presidenza del Circolo: “Poichè ancora poche ore ne separano dal ritorno fra noi della valorosa falange dei distinti cultori dell'arte musicale ascritti a questo Circolo, valorosa falange che per merito di chi la guida e di ciascuno dei suoi componenti, ha riconsacrata a Bona, nella lontana Algeria, i titoli legittimi della sua incontestabile rinomanza, sente il bisogno questa Civica Magistratura, che da parte sua giungano alla nobile schiera, brillantemente vittoriosa, i suoi rallegramenti vivissimi”. Dopo aver affermato che “niuno appartenente alla città nostra ha mai dubitato dell'esito trionfale del nuovo arduo cimento, in che volle misurarsi questo Circolo” assicura che “la certezza anticipata del trionfo non scema, né attenua la compiacenza, di cui tutti sono compresi, compiacenza legittima ed elevata, che accende di entusiasmo il cuore di ogni concittadino”. Il secondo messaggio era invece indirizzato allo stesso maestro Francesco Poli: “Quanti apprezzano il culto dell'Arte musicale e lo tengono in onore ammirano ben a ragione ed esaltano l'opera veramente geniale, che Ella per straordinario intuito ed irrisistibile vocazione consacra all'incremento artistico di questo Circolo, del quale Ella è vanto e decoro. Consenta pertanto che non mi appaghi di esprimere i sentimenti della cittadinanza e della civica Magistratura a tutti coloro che contribuirono con la loro valentia al nuovo trionfo riportato nel
recentissimo concorso internazionale di Bona, ma rivolga a lei, valoroso Maestro - che tale debbo nomarla - la mia parola che è l'eco di un coro imponente di laudi sprigionatesi in questi giorni dalle vecchie mura della nostra Cremona. E' giusto che tanto valore d'ingegno ottenga il meritato guiderdone, il quale in tal caso si estrinseca e concreta nel plauso che incondizionatamente le viene tributato dalla universalità dei concittadini e dalla Civica Magistratura, in nome della quale le porgo insieme ai miei personali e particolari i sensi del più vivo compiacimento”. L'orgoglio era legittimo. Basti pensare che nella giuria del concorso internazionale di Bona figuravano Jules Massenet e Camille Saint-Saëns. Dopo altri premi nel 1909 al concorso internazionale di Boulogne sur Mer, nel 1910 il Circolo riesce ad organizzare dal 14 al 16 maggio un concorso internazionale aCremona, vinto dalla Mandolinata Ateniese. Nel 1911 il gruppo ottiene un'altra vittoria a Torino e nel 1912 vince a Bergamo e a Parigi. Nel 1928 scompare il maestro Francesco Poli e il timone del gruppo passa a Pietro Feroldi, già direttore della banda cittadina che porta l'ensemble mandolinistico, costituito da 35 elementi, a vincere ancora un primo premio nella categoria “eccellenza” al concorso di Bergamo. Ma negli anni seguenti le esibizioni del gruppo si diradano e le poche serate di spettacolo sono condotte insieme alla sezione filodrammatica. Dopo il 1931 l'attività si arresta e il complesso di fato si scioglie, nonostante il consiglio avesse istituito nel 1929 una scuola di strumenti a plettro, con lo scopo proprio di incrementare l'attività della sezione mandolinistica, ormai intitolata a Francesco Poli. Ma sarà solo dopo la conclusione della guerra, nel 1948, che vi sarà l'occasione di riportare in vita il complesso con il maestro Stefano Valerani. Ma le donne mandoliniste ormai sono sparite: al concorso di Wiesbaden, dove nel 1950 vince il terzo premio, si presentano 31 esecutori maschi. Il gruppo proseguirà nell'attività fino al 1965 con un quintetto di mandolinisti, ma sarà il canto del cigno.


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