La chiesa di Sant'Ambrogio nel 1938 nella foto di Ernesto Fazioli |
Nel 2018 compie ottant'anni la chiesa di Sant'Ambrogio, l'ultimo dei
grandiosi edifici sacri cremonesi. La progettazione della chiesa è
opera dell’architetto Giovanni Muzio e risale al periodo compreso
tra il 1934, data approssimativa d’inizio, e il 1935, ed è
l'ultimo grande edificio sacro costruito a Cremona che possa a tutti
gli effetti essere considerato un'opera d'arte sia per valore
intrinseco sia per importanza storica. Questa chiesa esemplifica,
infatti, la poetica costruttiva del suo progettista, l'architetto
Giovanni Muzio (1893-1982) che dedicò una parte importante del suo
operato specificatamente all'architettura sacra moderna. Nel vasto ed
importante catalogo di Muzio spiccano, infatti, ad esempio la
Cappella del Sacro Cuore dell'Università Cattolica, progettata tra
il 1930 ed il 1932, la chiesa milanese di S.Maria Annunciata in
chiesa Rossa del 1932, l'Angelicum del 1939 e la Basilica
dell'Annunciazione a Nazareth. Accanto a queste si inserisce proprio
la chiesa di Sant'Ambrogio di Cremona, vasto progetto a carattere
anche urbanistico, solo in parte però realizzato.
Quando,
infatti, nel 1934, il vescovo di Cremona Giovanni Cazzani decise di
affidare ai Minori Francescani la cura d'anime di un'intera
parrocchia, quella di Sant'Ambrogio, il quartiere si raccoglieva
ancora disordinatamente, tra case, campi e fabbriche, attorno alla
piccola e cadente chiesa omonima del XVIII secolo che risultava,
però, del tutto insufficiente a soddisfare le esigenze di una
popolazione in rapida espansione. Serviva, quindi, un nuovo complesso
che non fosse solo luogo di culto, ma offrisse anche spazi per
particolari momenti di fede, come il battistero, per
l'associazionismo cattolico (l'auditorium), per la comunità
monastica (il chiostro dei frati) costituendosi come vero e proprio
polo urbano dal forte valore sociale e religioso. Giovanni Muzio
venne perciò chiamato a dare forma tangibile a questo progetto che a
buon diritto entrava nel programma di nuova evangelizzazione promosso
dalla Chiesa Cattolica in quegli anni, coadiuvata in questo proprio
dall'Ordine Francescano.
Il suo progetto, imbevuto di moderno classicismo, ottenne l'approvazione, nel maggio del 1935, della Commissione Diocesana per l'arte sacra che sottolineava "il senso di semplicità grandiosa e moderna... del complesso architettonico". A padre Pacifico Valugani, nominato Superiore del convento, ed al cugino padre Pasquale spettò il gravoso compito di sostenere economicamente il progetto reperendo i fondi necessari, impresa resa possibile dal generoso aiuto di tanti benefattori e dagli interventi delle autorità politiche del tempo come il podestà Attilio Gnocchi a cui si deve l'approvazione, nel bilancio comunale, dell'acquisto per 13 lire il metro di un vasto appezzamento di proprietà dei Minori posto in fondo a piazza Castello dove, poi, sorsero le scuole elementari "Costanzo Ciano" oggi Bissolati. Venne, perciò, costituito un Comitato Esecutivo presieduto da monsignor Carlo Boccazzi e si moltiplicarono in città le iniziative volte alla raccolta di fondi; così l'8 novembre 1935 venne aperta in alcuni locali della Galleria 23 marzo (oggi XXV aprile) una pesca di beneficenza di carattere principalmente gastronomico che ottenne largo successo così da essere ripetuta in prossimità della ricorrenza di S. Omobono anche nei due anni successivi, mentre il 6 febbraio 1936 le maestranze della Cavalli e Poli offrirono a beneficio della nuova chiesa "quintali 3,50 di ferro e la somma di lire 500". Ad un intervento diretto di Farinacci è, poi, da far risalire la cospicua offerta di 25.000 lire decisa dal Duce per "l'erigenda chiesa di S.Antonio a S.Ambrogio" come da lui stesso comunicato al comitato il 10 settembre 1937, mentre nell'aprile del 1938 Farinacci offrì personalmente la somma di lire 15.000 "per onorare la memoria della madre...e con l'augurio che questo suo gesto possa servire d'incitamento ad altri offerenti".
Nel frattempo i lavori proseguirono alacremente ed ad un anno dalla posa della prima pietra, nel giugno 1936, la cripta era già ultimata, nel 1937 si stavano alzando i muri perimetrali che in agosto raggiungevano l'imposta del tetto, mentre nel marzo 1938 la copertura era completata; per tutto questo periodo il cantiere fu spesso oggetto di visite illustri , diventando una sorta di cantiere-aperto ante litteram, visite che si completavano con la visione dell'esposizione permanente, nella vicina casa Azzolini, dei progetti stesi da Giovanni Muzio nonché del plastico completo di tutte le strutture previste per questo futuro centro di arte e di fede. Tra queste visite se ne ricorda in particolare una del vescovo Cazzani che nell'autunno del 1937 "servendosi delle scale a pioli si portò sulla sommità dell'edificio , percorrendo tutto il fianco meridionale e ammirando insieme lavori e panorama".
L'interno della chiesa, foto di Ernesto Fazioli 1938 |
Il suo progetto, imbevuto di moderno classicismo, ottenne l'approvazione, nel maggio del 1935, della Commissione Diocesana per l'arte sacra che sottolineava "il senso di semplicità grandiosa e moderna... del complesso architettonico". A padre Pacifico Valugani, nominato Superiore del convento, ed al cugino padre Pasquale spettò il gravoso compito di sostenere economicamente il progetto reperendo i fondi necessari, impresa resa possibile dal generoso aiuto di tanti benefattori e dagli interventi delle autorità politiche del tempo come il podestà Attilio Gnocchi a cui si deve l'approvazione, nel bilancio comunale, dell'acquisto per 13 lire il metro di un vasto appezzamento di proprietà dei Minori posto in fondo a piazza Castello dove, poi, sorsero le scuole elementari "Costanzo Ciano" oggi Bissolati. Venne, perciò, costituito un Comitato Esecutivo presieduto da monsignor Carlo Boccazzi e si moltiplicarono in città le iniziative volte alla raccolta di fondi; così l'8 novembre 1935 venne aperta in alcuni locali della Galleria 23 marzo (oggi XXV aprile) una pesca di beneficenza di carattere principalmente gastronomico che ottenne largo successo così da essere ripetuta in prossimità della ricorrenza di S. Omobono anche nei due anni successivi, mentre il 6 febbraio 1936 le maestranze della Cavalli e Poli offrirono a beneficio della nuova chiesa "quintali 3,50 di ferro e la somma di lire 500". Ad un intervento diretto di Farinacci è, poi, da far risalire la cospicua offerta di 25.000 lire decisa dal Duce per "l'erigenda chiesa di S.Antonio a S.Ambrogio" come da lui stesso comunicato al comitato il 10 settembre 1937, mentre nell'aprile del 1938 Farinacci offrì personalmente la somma di lire 15.000 "per onorare la memoria della madre...e con l'augurio che questo suo gesto possa servire d'incitamento ad altri offerenti".
Nel frattempo i lavori proseguirono alacremente ed ad un anno dalla posa della prima pietra, nel giugno 1936, la cripta era già ultimata, nel 1937 si stavano alzando i muri perimetrali che in agosto raggiungevano l'imposta del tetto, mentre nel marzo 1938 la copertura era completata; per tutto questo periodo il cantiere fu spesso oggetto di visite illustri , diventando una sorta di cantiere-aperto ante litteram, visite che si completavano con la visione dell'esposizione permanente, nella vicina casa Azzolini, dei progetti stesi da Giovanni Muzio nonché del plastico completo di tutte le strutture previste per questo futuro centro di arte e di fede. Tra queste visite se ne ricorda in particolare una del vescovo Cazzani che nell'autunno del 1937 "servendosi delle scale a pioli si portò sulla sommità dell'edificio , percorrendo tutto il fianco meridionale e ammirando insieme lavori e panorama".
La posa della prima pietra (foto Fazioli) |
La
posa della prima pietra avvenne il 9 giugno 1935 alla presenza di
Farinacci, membro del Gran Consiglio, del prefetto Carini, del
segretario federale, gli onorevoli Moretti e Mori, il vice podestà,
il preside della Provincia, i membri del comitato d'onore, il rettore
dell'Università cattolica padre Agostino Gemelli, in rappresentanza
dell'Ordine dei Frati Minori, il vescovo Giovanni Cazzani con il
Capitolo della Cattedrale. Gli operai del Nastrificio Alquati, oggi
parte della Casa di Cura delle Figlie di San Camillo, donarono tre
ore di lavoro e l'azienda, da parte sua, l'equivalente. Aspersa la
croce elevata nel punto esatto in cui sarebbe sorto l'altare maggiore
del nuovo tempio, il vescovo firmò la pergamena che doveva essere
racchiusa nella prima pietra, controfirmata poi dalle principali
autorità in duplice copia, una delle quali destinata all'archivio
del convento: “Il Vescovo depone la custodia della pergamena entro
al pietra, che chiude con il cemento; poi, mente i seminaristi
intonano un salmo. Il progettista, architetto Muzio, ordina agli
operai di calare il grosso blocco di granito, che il vescovo asperge
con l'acqua santa. Sono le 18,30. Il Vescovo si inginocchia e intona
le litanie dei Santi, per invocare lo ausilio della Coorte celeste
alla grave opera che i Frati Minori stanno per intraprendere. Quindi,
seguito dal corte dei canonici, e da altri sacerdoti, fa il giro
delle fondamenta che benedice e che, con l'aspersorio di issopo,
irrora d'acqua benedetta”.
La posa della prima pietra (foto Fazioli) |
L'inaugurazione
avvenne tre anni dopo, il 12 giugno 1938, con la presenza
dell'arcivescovo di Milano cardinale Ildefonso Schuster. La mattina
il vescovo monsignor Cazzani, assistito dal Capitolo della Cattedrale
aveva benedetto la nuova chiesa che, verso le 10,30, era stata subito
gremita dai fedeli, mentre i Frati Minori, diretti dal maestro Guido
Manfredini, avevano intonato la “Missa jucunda” del Vittadini che
accompagnava il primo pontificale. La cerimonia solenne avvenne il
pomeriggio con la grande processione eucaristica per il trasporto
della Santissimi dalla vecchia alla nuova chiesa, che per un momento
di temette di dover sospendere a causa del maltempo che infuriava e
la pioggia che cadeva a rovesci. Ma verso le 15,30, poco prima
dell'arrivo del metropolita lombardo, il cielo si era improvvisamente
schiarito e la macchina organizzativa del ricevimento aveva potuto
mettersi in moto. Lungo il percorso del corteo era stato predisposto
un ingente schieramento di forze militari: lungo via Milano erano
schierati gli artiglieri con i loro automezzi ed il colonnello che
poi si sarebbe messo alla testa della scorta d'onore del cardinale
Schuster, con altri militari e fanti. Verso le 15,30 l'auto del
cardinale fece il proprio ingresso nel cortile del Seminario
vescovile, accompagnata da trentun colpi di cannone e dal suono di
tutte le campane cittadine. Dopo l'abbraccio con il vescovo ed i
saluti del clero cremonese, l'incontro con le autorità, i gerarchi e
Farinacci, che sull'uniforme fascista portava per l'occasione la
fascia del Gran Cordone dell'Ordine Coloniale della Stella d'Italia.
“Dopo una breve sosta in Seminario – ricorda il cronista de “Il
Regime Fascista” - il Cardinale è salito sull'automobile scoperta
e l'onorevole Farinacci gli si è assiso di fianco. I carabinieri a
cavallo si sono incolonnati dietro la macchina che, seguita da
numerose altre, si è messa in movimento. E' stato un passaggio
trionfale attraverso le strade tutte imbandierate. Le finestre,
ornate con drappi, arazzi, fiori, erano gremite, dietro i cordoni la
folla faceva ala ed applaudiva al passaggio del cardinale che,
sorridendo, rispondeva con gesti di benedizione. Via Carlo Alberto,
piazza Risorgimento. Via Crema erano brulicanti di folla; e ovunque
si rinnovarono le fervide dimostrazioni di affetto e di entusiasmo.
Alla porta della nuova chiesa erano il Provinciale dei Minori
lombardi, il superiore cremonese, Padre Pacifico Valugani, che è
stato l'entusiasta animatore dell'iniziativa, ed un gruppo di frati
che hanno reso omaggio al Cardinale Schuster. Il quale è entrato
nella chiesa accolto dalle acclamazioni della folla che la gremiva e,
dopo aver pregato davanti all'Altare Maggiore, si è assiso in Trono.
La chiesa si è vuotata lentamente: i fedeli andavano ad incolonnarsi
per la processione, che doveva muovere dalla vecchia chiesa di
Sant'Ambrogio, dopo la benedizione, impartita dal Vescovo, ai
tradizionali gigli di Sant'Antonio, che cento bimbi bianco vestiti
avrebbero poi portato in processione, formando un pittorico gruppo
gentile. Nella nuova chiesa, intanto, il Cardinale si intratteneva
con l'architetto Giovanni Muzio, progettista della chiesa, e
aggiungeva le sue alle felicitazioni che egli aveva ricevuto numerose
per la bella opera compiuta. Si intratteneva anche con Padre Pacifico
Valugani, al quale diceva altre parole di compiacimento”.
Padre Pacifico Valugani sul cantiere nel 1937 |
Una
volta giunta a destinazione la processione, Schuster si limitò ad
una breve discorso e ad una brevissima funzione religiosa. “Egli ha
citato un episodio della vita di San Francesco. Il quale, un giorno,
invitò un suo fraticello ad accompagnarlo, perchè doveva andare a
tenere una predica. E si mossero, «come i Frati minori vanno per
via», con cuore compunto, con atteggiamento devoto. E soltanto verso
sera, dopo aver tanto girato per le strade di Roma, tornarono a
battere alla porta del convento. Con stupore del fraticello, che non
seppe trattenersi dal domandare: «E la predica?». E San Francesco
rispose: «La predica l'abbiamo fatta». L'avevano fatta
processionando così, con tanta devozione e tanto raccoglimento. Da
questo fatto trae lo spunto il Cardinale per dire che due prediche di
seguito non si fanno; e poiché i cremonesi hanno già fatta la loro
– partecipando con cuore devoto alla processione, cadendo in
ginocchio davanti al Santissimo senza curarsi se per terra vi era
tanto fango che imbrattava le vesti, dimostrando in vari modi quanto
grande e radicata sia la loro fede – egli non farà che una
esortazione: «Nella nostra fede vi è l'anima del popolo italiano.
Sappiatela sempre conservare intatta». Ha concluso dicendo che la
idea di far sorgere il nuovo tempio in onore di Sant'Ambrogio e di
avervi voluto aggiungere il Santuario Antoniano, è una garanzia di
aumento dei pace di aumento di bene. Infine ha invocato su tutti la
benedizione di Dio”. Il giorno successivo, festa di Sant'Antonio,
nella nuova chiesa si celebrò un'altra funzione solenne officiata
dall'arcivescovo di Sassari Mazzotti, nel corso della quale venne
eseguito l'inno processionale in onore di Sant'Antonio, composto per
l'occasione dal maestro Federico Caudana.
L'inaugurazione con il cardinale Schuster (foto Fazioli, 1938) |
Del
progetto originario, alcune strutture come l’abside, il tiburio, il
battistero e il campanile non sono state realizzate. Il santuario
antoniano, oggi impiegato come cappella settimanale, è stato infatti
completato solo nel 1961. Muzio è padrone della metodologia
progettuale razionalista che lo guida fin dall’inizio nella
distribuzione degli spazi, delle funzioni e delle strutture del
complesso architettonico. Un ampio sagrato si apre davanti al corpo
longitudinale della chiesa e alla imponente facciata esaltando lo
slancio verticale del portico, collegato all’area del convento
retrostante, il cui chiostro è stato realizzato soltanto in parte.
Nonostante le parti mancanti, l’opera di Muzio appare compiuta
nella sua concezione complessiva e trasmette chiaramente quella
capacità di ordinare volumi puri, dando vita a una continuità tra
esterni e interni anche attraverso astratte tessiture in laterizio
che donano coerenza e omogeneità a tutto il complesso e che
rimandano alla tradizione lombarda e cremonese. La pianta è
concepita a navata unica, con un chiaro rimando alla struttura
basilicale delle origini; lo spazio è scandito da sette campate e da
pilastri slanciati collegati alle pareti da archi pensili a formare
un corridoio perimetrale e un ballatoio sospeso, esteso sino al
portico della facciata, entrambi percorribili. La copertura è
realizzata mediante un susseguirsi di piccole volte a botte
autoportanti in laterizio armato, disposte trasversalmente, che
caratterizzano anche l’esterno dell’edificio. Un’altra piccola
volta, simile alle precedenti ma posta longitudinalmente ad esse,
segna il grande arco centrale del portico di accesso alla chiesa.
All’interno, le piccole volte sono decorate su disegno dello stesso
Muzio. L’ampia navata è illuminata da numerose vetrate e si
inserisce tra i pilastri e le volte creando giochi caleidoscopici di
pieni e di vuoti, contribuendo a dare allo spazio un carattere
monumentale ed accogliente al tempo stesso. Per l’illuminazione
notturna Muzio ha pensato a semplicissimi candelabri applicati ai
pilastri. L’architetto milanese si è occupato anche della
progettazione dei confessionali e degli altari, in modo da creare un
insieme coerente ed armonico.
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