sabato 11 dicembre 2021

Aristide Fontanini e il segreto di Stradivari

Un violino Fontanini del 1924

Aristide Fontanini è stato un liutaio cremonese degli anni Trenta che, pur avendo realizzato pochi strumenti, ha avuto un momento di grande notorietà nel dopoguerra al punto da fondare nel 1947 una bottega scuola a Salò per la produzione di strumenti con il proprio sistema. Il 21 settembre 1946, in occasione della serata inaugurale della mostra dell'Artigianato, la prima dopo la fine della guerra, al termine del concerto al teatro Ponchielli, diretto dal maestro Ennio Girelli, si presentò sul palco annunciando di aver scoperto il “segreto” di Stradivari. Fu il finimondo e ne nacque una delle più accese polemiche che per mesi tennero banco tra liutai e musicisti, tre lustri prima che Simone Ferdinando Sacconi iniziasse la vera riscoperta dei “segreti” stradivariani. Fontanini, originario di Pizzighettone, non era nuovo alle polemiche. Si diceva, anzi, che lui, da semplice commerciante di cornici antiche, nel 1935 avesse iniziato a costruire violini per puntiglio negli anni in cui cominciava a farsi strada l'idea che per realizzare un tale strumento si dovesse essere depositari di un segreto costruttivo. Dopo essersi trasferito a Roma nel 1920, nel 1937 aveva fatto capolino nella sua città d'origine in occasione del primo congresso internazionale di liuteria, proponendo il suo nuovo sistema, accolto freddamente dagli altri congressisti. Ma non si era dato per vinto e, in attesa dell'inaugurazione della mostra dell'artigianato, la sera del 31 luglio nel salone del circolo Trecchi aveva presentato un'audizione dei propri strumenti che, però, a detta del suo maggiore antagonista, il repubblicano Vittorio Dotti, fu “una vera delusione”. “Non ho sentito in quegli strumenti vibrare (a parte la abilità dei concertisti) nulla di eccezionale – scriveva Dotti su “Fronte democratico”del 7 agosto – strumenti, per voce, di una mediocrità evidentissima. Forse si faranno, per ora no. Perciò niente Stradivari e nemmeno niente Amati, niente Guarneri. A Cremona nel giro di pochi anni si sono spenti tutti i liutai che continuavano modestamente ma intensamente la tradizione della liuteria cremonese; e la continuavano con abilità, serietà ed onestà, senza per questo atteggiarsi a scopritori di segreti che non esistevano e non esistono...Il Fontanini ne dovrebbe seguire l'esempio. I suoi strumenti, come facevano i modesti quanto valenti suoi predecessori, li dovrebbe inviare in esposizioni internazionali e nazionali di liuteria dove apposite giurie di competenti ne fisseranno, in un verdetto sereno, il loro intrinseco valore. Voler che il la parta proprio da Cremona e per di più, con una coreografica montatura, mi sembra che torni a scapito della serietà dei propositi della costituenda mostra artigiana e, soprattutto, contribuisca a scemare il valore di quel che vi può essere di buono negli strumenti del Fontanini”.
 

In realtà Fontanini non aveva mai parlato di un “segreto” stradivariano, ma di un'abilità costruttiva personale nella lavorazione del legno, ereditata dalla tradizione familiare, che gli aveva suggerito un diverso sistema per la fabbricazione delle tavole, eliminando l'uso della sgorbia. Un sistema regolarmente brevettato: “Strumenti ad arco i cui piani armonici, anziché essere modellati nelle loro forme definitive, scavandoli completamente dal legno massiccio o curvando il legno con mezzi meccanici, termici o chimici, sono curvati per flessione naturale, ottenuta con accorgimenti tali da portare il legno diritto alla forma definitiva senza alterarne le fibre”. Ma Fontanini, indubbiamente dotato di un notevole fiuto commerciale, era andato ancora più in là, anticipando una proposta che avrebbe trovato realizzazione solo cinquant'anni dopo, nel 1996: sul giornale “Risorgimento economico” del 29 aprile 1946, edito a Roma, aveva pubblicato il progetto di costituzione di un consorzio italiano per la costruzione e l'esportazione degli strumenti ad arco, che avrebbe dovuto aver sede a Cremona, affidato a persone di fiducia, “sperando che la liuteria italiana, sotto gli auspici della città tradizionale, possa avere incremento e portare lavoro e benessere”.

Etichetta del periodo romano

La presentazione al teatro Ponchielli, annunciata con i toni enfatici della divulgazione di un segreto stradivariano, si risolse in un clamoroso fiasco, con un tifo da stadio perfettamente organizzato dai numerosi avversari. Tra i detrattori più accaniti Emilio Zanoni, il futuro sindaco di Cremona, che in un corsivo su “Fronte democratico”, ironizzava sulla scoperta definendo Fontanini “impeccabile come un Mefistofele in abito nero e pizzetto”. “Pareva la rappresentazione dei «Sei personaggi in cerca d'autore» di Pirandello. Innocui borghesi, sdraiati sulle poltrone e nei palchi che si trasformavano subitamente in attori di commedia, gesticolanti, urlanti e imprecanti. Su tutto la voce dalle inflessioni sataniche e dalla sarcastica ironia (nell'intenzione!) del mago del violino, le interruzioni infocate del contraddittore numero 1 (cittadino Dotti) e le disquisizioni pseudoscientifiche del terzo: - l'amato e prediletto allievo del prof. Peluzzi (chi è costui?) (si tratta di Euro Peluzzi, architetto e teorico della liuteria, ndr) . Si questionava ai bei tempi del medio evo su quanti angeli stavano sulla punta d'uno spillo, ieri sera pressapoco si discuteva la stessa cosa”. Mentre Fontanini parlava di “energia vitale”, Dotti gli agitava in faccia un violino di Aldo Castellotti, geniale autodidatta nato come stuccatore, che avrebbe poi migliorato la qualità dei suoi strumenti solo dopo essersi iscritto nel 1947 alla scuola di liuteria. Lo sollecitava ad un confronto sulle qualità acustiche degli strumenti, senza risultato. “Uno spettacolo tutto da ridere! - aggiunge Zanoni (Fronte democratico del 22 /9/1946) – Dotti dichiarava Fontanini squalificato e in fuga, l'altro insorgeva con un accento da «vecchia guardia»: - Fontanini non fugge mai. Ma all'atto pratico pigliava tutti i pretesti per non venire a un confronto di suoni dei vari strumenti...Lo spettacolo d'ilarità avrebbe potuto continuare fino alle luci dell'alba. La gente in platea (odi profanum vulgus et arceo, penserà Fontanini) si scompisciava dalle risa ed eccitava i contendenti come a una lotta di galli. In un angolo due improvvisati bookmaker facevano scommesse: cinquanta per Fontanini se si impadronisce del microfono! Cento contro se non riesce a tenere il fiato per dieci minuti consecutivi”. Gli animi sono agitati e la serata si conclude lasciando ognuno convinto delle proprie idee. La polemica, però, prosegue. La questione irrisolta è: il sistema di Fontanini migliora il suono, oppure no? Deciso a dimostrarne la validità il liutaio annuncia che il 29 settembre si terrà a palazzo dell'arte un concerto con i suoi strumenti. Zanoni e Dotti propongono invece una vera e propria disfida: da una parte Fontanini con i suoi strumenti, dall'altra la Scuola internazionale di liuteria ed altri liutai, come Aldo Castellotti e Giacinto Bertolazzi, pupillo di Peluzzi. Gaetano Persico, Giorgio Colorni e Giuseppe Somenzi si schierano apertamente con Fontanini, Mauro Masone propone un referendum, altri come Cabrini, direttore del “Lunedì” sono semplicemente scettici, che si possa migliorare la sonorità del violino solo cambiando metodo costruttivo. 

Etichetta di uno strumento della scuola

Per qualche giorno Fontanini tace, in attesa che le acque si calmino, poi, forse temendo di essere accusato di sottrarsi al confronto, accetta la sfida, dettando le sue condizioni, non prima di aver chiarito l'equivoco nato sul supposto “segreto” stradivariano: “Ora che l'opinione prevalente sembra volgere a mio favore – scrive a “Fronte democratico” - devo precisare alcune cose. Se l'altra sera, dopo essermi già doluto coi dirigenti, acconsentii di parlare ancora al Ponchielli come era stato strombazzato, in ora e luogo così inopportuni, dopo un concerto sinfonico alquanto prolungato, fu soltanto per mantenere la mia promessa anche se la manifestazione fu svisata, per ragioni che ignoro.  Le mie promesse rivelazioni avevano suscitato ormai molta curiosità e se non le avessi fatte, chissà cosa si sarebbe detto, aggravando la compromissione dei promotori. Molti però ricorderanno che io, ideatore di quel concerto...avevo detto che avrei parlato dopo un'audizione di strumenti ad arco, opera eccelsa di artigiani cremonesi, rimanendo così nel tema della Mostra. E questo per spiegare le ragioni del suono di quegli strumenti che interessano il nostro artigianato, suono che non fu mai spiegato, ed illustrare quel segreto di costruzione che è invisibile mascherato nell'interno del violino e che, per non essersi mai trovato, fu negato, purtroppo, anche da Cremona. D'altronde – prosegue Fontanini – i confronti e le prove che mi furono richiesti, non ero tenuto a darle, perchè avevo già dato un'audizione al Trecchi, ed ero impegnato non a presentare dei violini che, non essendo liutaio, avrei anche potuto non saper fare. Per dimostrare che c'è un procedimento di grande importanza per costruire il violino, e che si nasconde, bastava che io lo sapessi indicare, ed avrei portato lo stesso un contributo alla liuteria contemporanea. Che poi questo «segreto» si voglia chiamare dello Stradivari, del violino, mio o di chicchessia, a me non importa: il fatto è che l'ho brevettato io al mio nome perchè l'ho trovato io, sebbene è contenuto nel violino, ed ho detto chiaramente che il violino si deve costruire così, perchè così soltanto è ben ragionato e sicuro nel rendimento. Per ciò ho detto che mi meraviglierei se lo Stradivari, dotato di tanta bravura, non lo avesse anche lui applicato”. Dunque, sgombrato il campo da qualsiasi equivoco sul “segreto”, Fontanini accetta la sfida e pone le sue condizioni: le prove dovranno prevedere la spiegazione sulla formazione del suono e la tecnica seguita nella costruzione dello strumento ad arco, la realizzazione  contemporanea di due violini o di altri strumenti in locali chiusi e controllati, senza la possibilità di provarli e senza applicarvi montature e corde che avrebbero dovuto essere applicate con materiali uguali per tutti da un tecnico designato. Tutti gli strumenti avrebbero dovuto possedere sonorità dolcezza di timbro, prontezza nel suono, corde di identica dimensione, eleganza e finezza estetica e rapidità nell'esecuzione, riservando il giudizio ad una commissione di esperti appositamente designata. Ovviamente, trattandosi di una gara, lo sconfitto avrebbe dovuto pagare e, quindi, l'iscrizione avrebbe comportato un costo di cinquantamila lire, fermo restando che, se il vincitore fosse stato Fontanini, la posta in gioco sarebbe stata donata all'infanzia abbandonata di Cremona. La reazione non si fa attendere: Vittorio Dotti accusa Fontanini di non avere inventato nulla e di aver ripreso una “scoperta” già pubblicata in un articolo di una rivista scientifica del settembre 1940 sui risultati ottenuti nel corso di una prova acustica effettuata da Gioacchino Pasqualini presso l'Istituto Nazionale di Elettroacustica, ed insinua il dubbio che due violini di Fontanini esposti alla mostra siano invece di fabbricazione tedesca. Il botta e risposta si sussegue ancora per alcuni giorni, con interventi piccati da entrambe le parti, con Fontanini pronto a difendere le proprie convinzioni ed a rintuzzare gli attacchi, compreso quello del violinista Alfonso Siliotti, non coinvolto nelle audizioni: “A Siliotti, che si atteggia a difensore di Stradivari e della liuteria cremonese, non so che rispondere in questioni tecniche, perchè lui non ne parla; ma penso che le ragioni del suo livore possano essere niente altro che queste: quando decisi di venire a Cremona per dare le mie prove, mi fu proposto Siliotti come violinista da persona che mi sta vicino; ma senza indeferenza né per l'uno né per l'altro, non potei accettare perchè ero già impegnato col violinista Brasi, fin dal 1935, epoca del primo esperimento al Filodrammatici. In tutta questa faccenda, fin dall'inizio, io ho fatto soprattutto una questione campanilistica cremonese, per cui esclusi dai miei esperimenti anche l'ottimo amico prof. Pasqualini, violinista e fisico di valore. E poiché è mia impressione che il Brasi suoni meglio del Siliotti, così non potei non preferire il Brasi, che è di Cremona. Se poi egli era discusso perchè ha portato la camicia nera e non è corso in qualche altro partito sperando di lavarsela, a me non importa, perchè non sono io che devo fargli il processo. Del resto, dove ha suonato Siliotti, quando suonava Brasi? Ripeto: io faccio una questione artistico-artigiana cremonese e nient'altro”. In realtà, la disfida, convocata per il 19 settembre 1946, non si fece, con buona pace dei contendenti e Fontanini l'anno dopo andò ad aprire la sua scuola di liuteria a Salò.


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