L'annuncio dell'affondamento |
Lo
scorso 2 luglio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha
ricordato, ottant'anni dopo, la tragedia dell'Arandora Star, una nave
britannica carica di immigrati, la maggior parte italiani, “sgraditi”
al governo inglese dopo l'entrata in guerra dell'Italia il 10 giugno
1940, affondata da un sottomarino tedesco al largo delle coste
irlandesi. "Il
2 luglio del 1940 – ha ricordato Mattarella- affondava l'Arandora
Star, la nave britannica carica di internati da deportare in Canada,
silurata al largo delle coste irlandesi da un sommergibile tedesco,
che l'aveva scambiata per una nave da guerra. Un episodio atroce, non
sempre adeguatamente ricordato, nella tragedia immane della guerra,
che provocò la morte per affogamento di 865 persone, di cui 446
immigrati italiani, presenti in Inghilterra anche da tempo, ma
definiti indesiderati dopo l'entrata in guerra dell'Italia. A
ottant'anni da quel tristissimo avvenimento, desidero commemorare
quelle vittime innocenti, esprimendo sentimenti di vicinanza e
solidarietà ai loro discendenti. Il ricordo della loro sofferenza
costituisce un monito perenne contro le guerre e a favore
dell'amicizia e della collaborazione tra i popoli", ha concluso
Mattarella.
Trasformata
da nave da crociera in nave da guerra, l’Arandora era partita dal
porto di Liverpool diretta a un campo di detenzione in Canada e
trasportava oltre 1500 persone di nazionalità italiana, tedesca e
austriaca, colpevoli solo di trovarsi sul suolo inglese nel momento
della dichiarazione di guerra nazifascista alla Gran Bretagna.
Intercettata due giorni dopo la partenza, procedeva a luci spente e
senza insegne umanitarie a bordo. Fu identificata come nave nemica e
affondata. Il 16 agosto 1940 un pastore di Colonsay, un’isola delle
Ebridi trovò sulla spiaggia di Eilean nan Ron un corpo restituito
dal mare. Era quello di Giuseppe Delgrosso, identificato grazie alla
sigla stampata sull’abito: “14700 G. Delgrosso”. Nato a
Borgotaro nel 1889, come tanti italiani era partito anni prima dal
suo borgo sull’Appennino parmense per stabilirsi a Hamilton, una
piccola città nel sud della Scozia, insieme con la moglie e i tre
figli. E al pari dei suoi compagni di sventura, Delgrosso non era
affatto diventato un potenziale nemico per la Gran Bretagna. Anzi, si
sentiva parte di quella terra che lo aveva accolto, prima che i venti
di guerra incattivissero gli animi falsando la realtà.
Tra
gli innocenti che persero la vita quel giorno vi furono anche cinque
cremonesi, che il mare non ha mai restituito. Si chiamavano Carlo
Bissolotti, di Soresina; Ettore Feraboli di Pessina cremonese;
Gaetano Fracassi di Pescarolo; Battista Piloni di Crema e Patrocco
Ribaldi di Cremona. Di Bissolotti e Rivaldi si hanno poche notizie,
si conosce solo la loro provenienza e la loro età, rispettivamente
40 e 61 anni al momento del loro arresto a Londra. Ettore Feraboli
era nato nel 1885 a Pessina Cremonese ed era emigrato a Londra da
giovane, dove era diventato uno stimato insegnante di violino, si era
sposato con una giovane fiorentina, Tina Morini, anche lei musicista,
ed avevano un figlia, Graziella, che nel 1940 era adolescente. Maria
Serena Balestracci in “Arandora Star-Una tragedia dimenticata”
(ed. Il Corriere Apuano, Pontremoli, 2002) racconta come le due donne
furono informate della fine del loro congiunto: «A Londra, presso
gli uffici del War Office, ubicati nei pressi di Victoria Station,
nell'imponente edificio in mattoni rossi di nome Hobart House. Lì si
recarono più volte Tina e Graziella Feraboli in cerca di notizie. Al
terzo tentativo, le due donne si trovarono in fila con tante altre
italiane, di varia estrazione, tutte in ansia. Durante l'attesa,
piuttosto lunga, le donne si scambiarono notizie, supposizioni,
speranze. Poi finalmente, famiglia dopo famiglia, vennero ammesse in
un ufficio. Un funzionario, seduto ad una scrivania, consultava un
elenco e chiedeva il nome o il numero del prigioniero. Racconta
Graziella: “Ci chiese il nome e il numero dell'internato, consultò
l'elenco e freddamente disse: 'Ettore Feraboli, n. 58123: missing,
presumed drowned'”. Il funzionario non ebbe altro da aggiungere, ma
la giovane Graziella, dopo un attimo di disorientamento, perse il
controllo: “In quel momento mi sono sentita ribellare. Con tutta la
rabbia che un'adolescente può provare alla notizia che il padre era
scomparso, mi scagliai contro il funzionario. ‘Che cosa vuol dire
questo? Che mio padre è annegato?’ gridai. ‘Lo avete ucciso
voi! Perché lo avete fatto?’ Mia madre mi trascinò per un
braccio. Fuori si assisteva a scene di disperazione: qualcuno
inveiva, una sveniva, altre piangevano”. A settembre avrebbe avuto
inizio il bombardamento a tappeto di Londra, e le due donne Feraboli,
rimaste sole, avrebbero affrontato l’e- mergenza con l’aggravante
di essere ‘straniere’: la polizia locale aveva imposto loro un
coprifuoco, negando così l’accesso ai rifugi pubblici durante i
bombardamenti notturni».
L'Arandora Star |
Gaetano
Fracassi, invece, era un sacerdote, nato a Pescarolo il 18 aprile
1876 ed esercitava il suo ministero presso la comunità italiana di
Manchester. Non aveva mai partecipato alla vita politica, però si
era espresso criticamente nei confronti di Mussolini e dell'entrata
in guerra dell'Italia. Viveva in ristrettezze e per questo aveva
affittato un locale della parrocchia ad un gruppo di tesserati
fascisti e tanto bastò perchè fosse fosse arrestato ed internato in
un campo di concentramento nonostante l'età avanzata, tra le
proteste della comunità italiana e dello stesso vescovo cattolico di
Machester. Secondo le testimonianze raccolte tra alcuni
sopravvissuti, mentre la nave stava per colare a picco, fu visto, in
piedi sui piani più alti che qualcuno aveva aiutato a salire,
impartire l'assoluzione e la benedizione ad uno ad uno agli uomini in
preda alla disperazione. Chiuso il libro di preghiere, rimase da solo
ad attendere sul ponte.
Battista
Piloni era nato ad Ombriano il 24 maggio 1897, ultimo di sei
fratelli. Nel 1936, con la moglie Francesca Carioni e i suoi quattro
figli, insieme ai suoi vicini di casa, la famiglia Cattaneo, era
emigrato a Croydon, un sobborgo a sud-est di Londra, trovando lavoro
in una fabbrica di bottoni. All'approssimarsi della guerra i
Cattaneo, temendo il peggio, nel 1939 erano rientrati in Italia,
mentre Battista aveva preferito restare in Inghilterra. Fu
rastrellato dopo il 10 giugno 1940 ed imbarcato successivamente
sull'Arandona Star. I parenti di Ombriano non ricevettero altre
notizie, se non che era morto annegato. Nonostante tutto Francesca e
i figli, che nel frattempo erano divenuti cinque, decisero di restare
in Inghilterra, dove ormai si erano inseriti, al punto che due
figlie, Paolina e Gilda, ebbero persino un momento di celebrità
alla TV inglese come cantanti facenti parte di un trio femminile di
musica leggera.
L'Arandora Star colpita dal sottomarino tedesco |
A
venti giorni di distanza dall'affondamento della nave, la notte del
22 luglio 1940, un pescatore che stava issando le reti intorno
all'isola di Owey sul peschereggio comandato da Mickey O’Donnel,
vide qualcosa galleggiare sulla quieta superficie del mare. Appena fu
possibile, sul far del giorno l'equipaggio si avvicinò al misterioso
oggetto, per scoprire che si trattava di una scialuppa di salvataggio
che appena affiorava dall'acqua. Gli uomini cercarono di svuotare la
lancia dall’acqua, senza riuscirci; decisero quindi di trainarla a
riva e O’Donnel e i suoi uomini tirarono in secca la scialuppa, e
scoprirono che lo scafo era bucato da fori di proiettili, mentre
alcuni bossoli giacevano sul fondo. Ispezionando bene il relitto, i
marinai si accorsero che qualcuno aveva disperatamente cercato di
evitare l’affondamento, chiudendo i buchi con pezzi di stoffa, sui
quali furono trovate anche tracce di sangue. Sullo scafo recuperato
era scritto il nome Arandora
Star,
la più lussuosa nave da crociera britannica, che dal 1927 per una
dozzina d’anni aveva trasportato l’upper
class del
Regno Unito in viaggi di piacere tra le colonie esotiche di Sua
Maestà: Sud Africa, Giava, Malesia, Ceylon, India, Egitto. Poi nel
1939 la Marina britannica l'aveva ridipinta ed attrezzata per il
trasporto prigionieri collocando filo spinato nei punti cruciali e
armandola con cannoni.
Churchill
aveva ordinato di catturate tutti i maschi italiani tra i 16 e i 70
anni. Sulla base di liste compilate dai servizi segreti britannici,
già dall’11 giugno si incominciò ad arrestare i poveri
italiani, tra lo stupore degli stessi, la costernazione dei familiari
e l’imbarazzo dei gendarmi, che ben conoscevano quelle persone e
sapevano che era gente onesta e pacifica. Si procedette in modo
affrettato e approssimativo, portando via gli iscritti al partito
fascista, ma anche tantissimi senza appartenenza politica o
addirittura antifascisti e altri individui scappati in Inghilterra
per sottrarsi alle persecuzioni razziali e ai campi di
concentramento. L’obiettivo di Churchill era la deportazione dei
prigionieri stranieri nelle colonie britanniche, in
Canada e Australia, in previsione della scarsità di cibo che avrebbe
provocato la guerra, lontano
dal Regno Unito, per renderli ancora più inoffensivi. Gli arrestati
furono dapprima internati in campi di detenzione provvisori.
Tristemente noto per le disastrose condizioni in cui versava fu Camp
Bury, nel Lancashire.
Una delle cabine della Arandora Star |
Alle
4 del mattino del 1° luglio 1940, l’Arandora Star salpò da
Liverpool, diretta in Canada, con a bordo 712 italiani e 478
tedeschi, oltre a 374 inglesi, tra militari di scorta ed equipaggio.
Solo
86 dei deportati erano prigionieri di guerra, gli altri erano tutti
civili tra i 16 e i 75 anni d’età. La nave, sulla quale fu stipato
un numero di persone tre volte superiore alla sua capienza, era stata
inspiegabilmente ridipinta di grigio, e non portava alcun segnale di
riconoscimento sulla natura non bellica della propria missione.
Rotoli di filo spinato impedivano l’accesso alle scialuppe di
salvataggio, peraltro ampiamente insufficienti ad ospitare tutti i
passeggeri in caso di naufragio.
Alle
sette del mattino del 2 luglio, quando l’Arandora Star navigava ben
visibile sulle acque a nord-ovest dell’Irlanda, un U-Boat tedesco
lanciò il suo ultimo siluro, e la affondò.
La richiesta di soccorso da parte della nave fu raccolta dal cacciatorpediniere canadese St. Laurent, che riuscì a raccogliere 850 naufraghi, all’incirca la metà delle persone presenti a bordo. Su un totale di circa 800 vittime, 470 erano italiani. Fu una tragedia della guerra, ma anche la più grande tragedia della nostra emigrazione. Il paese di Bardi nell’Appennino Parmense pagò il prezzo più caro, con le sue 48 vittime.
La richiesta di soccorso da parte della nave fu raccolta dal cacciatorpediniere canadese St. Laurent, che riuscì a raccogliere 850 naufraghi, all’incirca la metà delle persone presenti a bordo. Su un totale di circa 800 vittime, 470 erano italiani. Fu una tragedia della guerra, ma anche la più grande tragedia della nostra emigrazione. Il paese di Bardi nell’Appennino Parmense pagò il prezzo più caro, con le sue 48 vittime.
La storia della scialuppa recuperata dai pescatori di Owey è drammatica, perché sarebbe, secondo alcune fonti, la testimonianza che i militari britannici spararono contro quei prigionieri che erano riusciti a mettersi in salvo, per evitare una possibile fuga. I superstiti, riportati a Liverpool, furono imbarcati sulla nave Dunera e, una settimana dopo il naufragio, spediti in Australia dove furono detenuti sino alla fine del conflitto. Non tutti i morti ebbero sepoltura. Molti furono inghiottiti dall’oceano, altri furono ributtati sui litorali dell’Irlanda e della Scozia e riposano nei cimiteri di quei paesi. In particolare gli abitanti di Colonsay, nelle Ebridi, ancor oggi custodiscono con amore i corpi di coloro che il mare restituì alle spiagge di sabbia della loro piccola isola. Come se non bastasse la rimozione della tragedia dalla memoria delle nazioni coinvolte ed il silenzio colpevole delle istituzioni inglesi, tedesche e italiane che non vollero mai ammettere di aver mandato inutilmente a morte centinaia di persone innocenti, ai parenti delle vittime dell’Arandora Star non è mai stata riconosciuta alcuna forma di risarcimento.
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