Il capitano di complemento Giuseppe Denti |
Il monte Kum è un montagna alta poco
meno di mille metri situata nella parte orientale della provincia di
Udine, nei pressi del confine con la Slovenia. Nel corso della Grande
Guerra costituiva una cima strategica per il fronte italiano,
inserita nell'ultima linea di difesa ad oltranza e fu di conseguenza
una delle postazioni più colpite nella battaglia di Caporetto. La
cima, difesa dalla brigata Elba, venne conquistata dalle truppe
tedesche dell'8° reggimento dei Leibgrenadier alle 11 del 26 ottobre
1917, mentre le truppe superstiti italiane si ritiravano verso
Castelmonte e il monte Spik. Ancora oggi sono visibili le gallerie
scavate e le piazzole dove erano alloggiati i pezzi di artiglieria.
Qui era stato inviato come capitano di complemento Giuseppe Denti,
richiamato alle armi nell'aprile del 1915.
Aveva trentacinque anni ed abitava con la moglie e le due figlie a
Cingia de' Botti, dove faceva il maestro elementare,
ed avendo fatto il corso allievi ufficiali a Brescia nel 1903, era
stato richiamato da tenente, trovandosi così
già capitano nel settembre 1915 e nell´agosto 1916 comandante del I
battaglione del 262° reggimento della brigata Elba. Giuseppe
Denti scrisse quasi ogni giorno alla famiglia descrivendo la guerra
in trincea e le dure condizioni di vita dei soldati ma, soprattutto,
durante la prigionia nel campo di Celle, presso Hannover, comunicando
la delusione e la disperazione seguita alla disfatta di Caporetto.
(Giuseppe Denti, Siamo qui come le foglie. Lettere, immagini e note
dal fronte e dalla prigionia, a cura di Rolando Anni, Brescia, Grafo,
1976). La minuziosa precisione nel descrivere i momenti vissuti tra
il 23 ed il 27 ottobre, giorno della cattura, rispondeva alla
necessità di ripristinare la verità in seguito ai giudizi
pesantemente negativi pronunciati in Italia, ma ben presto diffusi
anche nel lager, su quelli che oramai erano considerati “i vinti di
Caporetto”. Nei giorni della più tragica sconfitta subita
dall'esercito italiano, nella concitazione degli avvenimenti e tra i
continui spostamenti cui era stato soggetto il suo reggimento, Denti
era riuscito tuttavia a redigere alcuni scarni appunti, che poi aveva
ripreso in mano e completato con l'urgenza di render ragione del suo
comportamento. E questo fin dai giorni immediatamente seguiti alla
cattura, quando dal campo di prigionia di Rastatt, aveva scritto una
prima lettera il 20 novembre, informando la famiglia della sua
sopravvivenza ma anche, e soprattutto, del fatto che la sua coscienza
fosse tranquilla, con la consapevolezza di aver fatto tutto il
possibile, ferito dall'incomprensione per i prigionieri di guerra
dimostrata da tutta la stampa italiana, ad iniziare dalle parole di
D'Annunzio che aveva parlato degli “imboscati d'Oltralpe”. Dalle
sue parole trapela la determinazione del soldato, ma anche il senso
di impotenza e frustrazione del comandante, che nulla può fare per
salvare i propri uomini. Pagine bellissime e profondamente vere,
umane, sofferte.
Il
23 ottobre 1917 scriveva alla moglie: “Carissima, non allarmarti se
qualche giorno resterai senza notizie. Cosa dovuta a un piccolo
spostamento che facciamo oggi. Qui nient'altro di nuovo. Benassi sta
bene e vi saluta. Non ho potuto vedere Bazzani: lo aspettavo ieri
sera, avendolo fato chiamare, ma si vede che non ha potuto. Pasini mi
ha fatto vedere delle carte, (una dei carabinieri e una del dottore)
per chiedere licenza speciale. Mene interesserò appena potrò e farò
il possibile per fargliela avere, ma temo che sia difficile. Mi ha
scritto anche Tedolfi (sono tutti soldati di Cingia de' Botti, ndr).
Saluti e bacioni a tutte. Peppino”.
Trincea sul monte Kum |
All'alba
del 24 ottobre 1917 un'armata austrotedesca attacca gli italiani fra
Plezzo e Tolmino, alla congiunzione fra la prima e la seconda armata.
Usando la tecnica dell'infiltrazione, i reparti scelti, fra i quali
quello dell'allora tenente Erwin Rommel, rompono il fronte, allargano
la breccia, minacciano di aggiramento la terza armata. E' il caos. In
pochi giorni una fiumana di sbandati che gli alti comandi non sono in
grado di riorganizzare, si ritira verso il Piave, Le cifre: 12.000
morti, 30.000 feriti, quasi 300.000 prigionieri, altrettanti sbandati
e oltre 300.000 profughi, l'intero Friuli occupato. "La mancata
resistenza di reparti della seconda armata, vilmente ritiratisi senza
combattere o ignominiosamente arresisi al nemico ... ". Le
parole con cui il 28 ottobre 1917 Cadorna motiva il disastro di
Caporetto.
Il
24 ottobre il compito del 262° reggimento era quello di difendere le
trincee di Monte Kum anche allo scopo di raccogliere truppe che
fossero state buttate dalle prime linee. Il II battaglione del
262°, comandato dal capitano Giovanni Metitieri, occupava il costone
di Pusno- Srednje, il III, agli ordini del maggiore Giovanni Ruva, lo
sperone di Clava e di case Malinske, mentre il I veniva utilizzato a
San Volfango e Lombai. Il battaglione di Denti aveva una forza
di circa 600 uomini ed era composto da tre compagnie fucilieri, due
sezioni mitragliatrici Fiat (una sezione era passata al III/262°),
due sezioni pistole mitragliatrici, una sezione lanciatorpedini e un
reparto zappatori; se il battaglione fosse stato a ranghi completati,
per complessivi 900-1.000 uomini, avrebbe avuto una notevole potenza
di fuoco, ma quel 26 ottobre era ridotto a un paio di mitragliatrici
Fiat e a 6 pistole mitragliatrici.
Nel suo diario alla data del 24 ottobre il tenente Giuseppe Denti annota: “Ore 2: comincia il bombardamento. Resto fermo nella posizione di attesa fino alle 14. Verso le 15 ricevo ordine dal Com. di reggimento di assumere lo 'schieramento' di sicurezza e di muovere su Pusno. Inizio tosto il movimento, ma un contrordine quasi immediato lo fa sospendere (Andai personalmente a ricevere ordini al Com. di reggimento, caverna n.4) Alle 17 ricevo l'ordine di occupare la trincea da Ruckin fin oltre S, Volfango. Il Com. di reggimento resta nella caverna n.4; io passo così alla diretta dipendenza del com. di brigata, che si trova presso S. Volfango. La Brigata è distesa da Casoni Solarie (261°) a Ruckin e M. Kum (262°). La Brigata Napoli (75°-76°) è a Podklabuc e M. Piatto. Vicino a noi ci sono pure le brigate Firenze (127°-128°) e Arno (213°-214°) con le quali formiamo divisione (la 19ª). Pare che il 76° fosse fatto prigioniero la sera del 24 e infatti il 2° battaglione mandato su a prendere collegamento col detto reggimento non lo trovò”.
Nel suo diario alla data del 24 ottobre il tenente Giuseppe Denti annota: “Ore 2: comincia il bombardamento. Resto fermo nella posizione di attesa fino alle 14. Verso le 15 ricevo ordine dal Com. di reggimento di assumere lo 'schieramento' di sicurezza e di muovere su Pusno. Inizio tosto il movimento, ma un contrordine quasi immediato lo fa sospendere (Andai personalmente a ricevere ordini al Com. di reggimento, caverna n.4) Alle 17 ricevo l'ordine di occupare la trincea da Ruckin fin oltre S, Volfango. Il Com. di reggimento resta nella caverna n.4; io passo così alla diretta dipendenza del com. di brigata, che si trova presso S. Volfango. La Brigata è distesa da Casoni Solarie (261°) a Ruckin e M. Kum (262°). La Brigata Napoli (75°-76°) è a Podklabuc e M. Piatto. Vicino a noi ci sono pure le brigate Firenze (127°-128°) e Arno (213°-214°) con le quali formiamo divisione (la 19ª). Pare che il 76° fosse fatto prigioniero la sera del 24 e infatti il 2° battaglione mandato su a prendere collegamento col detto reggimento non lo trovò”.
La ritirata delle truppe italiane |
Il
25 gli vengono tolte due compagnie e la sezione pistole che passano
agli ordini della brigata Spezia e vanno a occupare la trincea
Lombai-Obrank-Monte Napour.
Denti rimane con 350 uomini: 1a compagnia col sottotenente Casati, due sezioni di mitraglieri della 1301a compagnia con i tenenti Cotta e Strano, una sezione di pistole del Tenente Faulisi, la sezione lanciatorpedini dell´aspirante Cornacchia e il reparto zappatori del sottoTenente Guffanti. Durante la notte si sentono fischi, richiami e grida di comando e si vedono luci di lampadine nei boschi sulle pendici del Kolovrat, il battaglione al suo fianco rigetta un attacco, ma alle 2 il Tenente medico Grisi lo avverte che molta gente si ritira in disordine per la strada di Passo Zagradan.
Denti rimane con 350 uomini: 1a compagnia col sottotenente Casati, due sezioni di mitraglieri della 1301a compagnia con i tenenti Cotta e Strano, una sezione di pistole del Tenente Faulisi, la sezione lanciatorpedini dell´aspirante Cornacchia e il reparto zappatori del sottoTenente Guffanti. Durante la notte si sentono fischi, richiami e grida di comando e si vedono luci di lampadine nei boschi sulle pendici del Kolovrat, il battaglione al suo fianco rigetta un attacco, ma alle 2 il Tenente medico Grisi lo avverte che molta gente si ritira in disordine per la strada di Passo Zagradan.
Scrive
Denti: “Relativa calma apparente. Vedo molta gente,
carreggi,salmerie, ritirarsi per la strada da passo Zagradan.
Aeroplani nemici volano bassissimo sulle nostre posizioni. Il bel
tempo permette di vedere a occhio nudo sulla strada
Vorgiski-Sredrje-Pusno truppe, salmerie, file di camion immobili. Non
si sa se nostri o nemici. Guardando coi binocoli e giudicando dal
loro contegno ci persuadiamo che sono nemici. Data la distanza non si
può far fuoco di fucileria o di mitragliatrici. Ore 14: notato il
non intervento della nostra artiglieria. La batteria vicino al S.
Volfango durante la notte fa saltare i pezzi. Durante la notte (ore
23-24) sento a sinistra, alle posizioni del 261°, fucileria e tiro
di bombe a mano. Sul mio fronte, durante la notte, niente di nuovo:
giù nella valle luci di lampadine, fischietti, e di quando in quando
grida di comando o grida strazianti di feriti. Raddoppio vigilanza
(la seconda con ufficiale). Riferiscono nulla di nuovo”.
La
situazione precipita all'alba del 26 ottobre, quando il monte viene
investito dai granatieri brandeburghesi dell´8° reggimento del
Colonnello von Gluszewski, dal 52° fanteria della 5a divisione
tedesca, Generale von Wedel, del Gruppo Scotti, ma soprattutto dal 3°
reggimento Jäger comandato dal Colonnello Ralf von Rango facente
parte della II brigata Jäger della 200° divisione del Generale von
Below.
Il 3° reggimento era forte di 36 mitragliatrici pesanti e 72 di leggere e il 24 aveva compiuto. l´impresa di conquistare lo Jeza.
Il 3° reggimento era forte di 36 mitragliatrici pesanti e 72 di leggere e il 24 aveva compiuto. l´impresa di conquistare lo Jeza.
“Alle
5 circa, chiamato da un portaordini della brigata, mi presento al
generale Spiller (Gaetano Spiller, comandante della 7ª brigata
fanteria, fatto in seguito prigioniero, ndr) il quale afferma di aver
spedito il portaordini molto tempo prima. Suppongo che il portaordini
abbia perso molto tempo per trovarmi, sia per la difficoltà del
percorrere la lunga trincea, sia perchè in quel momento mi trovavo
alla estremità destra (sud) della linea, vicino a Ruckin, e
precisamente al posto di medicazione (ten. Medico cott. Grisi). Il
tenente medico Grisi si porta al deposito munizioni (caverna 3).
All'alba tutti i miei uomini erano al bivio Ruckin, ove, secondo
l'ordine del generale Spiller, dovevo mettermi a disposizione del mio
colonnello Della Croce, che cerco invano. Sulla strada c'era
un'enorme quantità di casse di munizioni. Spiller, sopravvenuto,
dopo aver lasciato la galleria del comando, in fiamme, dà ordine di
portare via. Mentre i soldati si caricano quelle casse sulle spalle,
siamo presi dal fuoco di alcune mitragliatrici delle prime pattuglie
nemiche che si erano affacciate sulle alture lasciate da noi. La 2ª
e la 3ª compagnia resistono fino alle 12,30, colpiti d'infilata da
cannoncini tedeschi. Il battaglione Giardina, dietro di noi, è in
scompiglio; i soldati si sbandano, molti fuggono giù per la Ligonza,
molti in valle Burkin; ed egli stesso si dirige alla caverna n. 4,
già occupata dal com. del 262°. Il mio reparto zappatori si dirige
in valle Burkin prima che io possa richiamarlo; solo una trentina di
zappatori mi segue. L'ufficiale mitragliere, quello della sezione
pistole, tutti gli ufficiali della 1ª compagnia si ritirano per la
strada Ruckin-Tribil. Frattanto molte perdite avevamo subito, sotto
il vicino tiro delle mitragliatrici nemiche. Io col mio aiutante
maggiore in 2ª (aspirante Zucchi) e un centinaio di uomini mi ero
infilato nella trincea alta del Kum, da dove potei far fuoco su densi
nuclei nemici che già apparivano sugli speroni del Kum, su Colle
Glava e a Ruckin. Sul Kum militari dell'apparato ottico, tranquilli,
facevano la solita toilette. I mitraglieri, forse, del nostro
reggimento, prendevano il rancio. Alle ore 11, vistomi circondato,
decido di ritirarmi scendendo sulla strada per le pendici
sud-occidentali del Kum e dirigendomi verso Tribil-Castelmonte”.
Gli italiani la mattina del 24 ottobre |
“A
Tribil – prosegue la narrazione di Denti – di sotto un ospedale
da campo sgombra in tutta fretta. Nelle prime ore del pomeriggio
arriviamo al bivio di S. Leonardo ove troviamo truppe di varie
brigate e generali. Si sosta. Il generale Negro di Lamporo
(comandante la 19ª divisione) e il colonnello Della Croce mi
accompagnano un po' indietro, verso la chiesetta di S. Nicolò mi
indicano il posto ove stendere i miei uomini (circa 200 fra 261° e
262°). Incendi nelle valli Judrio e Natisone. Combattimenti sul
Korada. Naturalmente la trincea esistente, che fa fronte alla valle
Judrio, non serve, e gli uomini si creano piccoli ripari individuali
e possono fronteggiare attacchi provenienti dalla strada, cioè da
nord-est, nord e nord-ovest. Metto anche posti di osservazione sul
versante Judrio. Mitragliatrici Fiat senza munizioni. S. Etienne sul
cocuzzolo. A sera torna il generale e il colonnello. Ci assicurano
che nella notte ci avrebbero mandato viveri e munizioni. Notte di
vigilanza. Alcuni ufficiali (cap. Nuovo, ten. Patruno e altri)
ritenendo che ormai fosse impossibile resistere in quella posizione,
mi abbandonano. Mando Zucchi al Com. di reggimento (alle 2 ant.) e
ritorna dicendomi di averlo trovato un trecento metri dietro, in un
camminamento coperto. Una seconda volta mando un portaordini. Poi non
fu trovato più”.
Arriva
il 27 ottobre. “Verso le 2 arriva il maggiore Giardina (261°) con
circa 400, compresi due ufficiali e pochi soldati del mio reggimento
(Montanari); lo aiuto a disporli prolungando la mia destra, giù per
la valle Judrio, allo scopo di prendere collegamento con la brigata
Napoli (75°-76°). Già l'avevo cercato io tale collegamento, per
ordine del Com. di Divisione, ma inutilmente. Nemmeno il magg.
Giardina riesce a trovarlo. Avevo saputo da un aiutante di battaglia
della brigata Napoli venuto circa a mezzanotte, che pochi e piccoli
nuclei della stessa si trovavano quasi alle nostre spalle, giù quasi
al fondo valle Judrio, a un paio d'ore di cammino. Un camion (ore
4-5) ci aveva portato casse di galletta e scatolette e bombe a mano e
filo di ferro che è subito messo in opera dal ten. Faulisi sulla
strada. Alle ore 6,30 circa, colla prima luce, il ten. Casati e
Zucchi mi segnalano truppa nemica che si avanza verso di noi sulla
strada. Ordino il fuoco a cui rispondono numerose mitragliatrici
nemiche e piccoli cannoni che seguivano i reparti d'assalto. Tutti a
posto. Già ritirati i posti d'osservazione. Ma il nostro fuoco di
fucileria è debole per scarsità di munizioni. Nutrito è invece, ma
per breve tempo, quello della sez.. S. Etienne (tenenti Gai e Gamba).
Il contegno di questi mitraglieri fu ammirevole. Un colpo nemico
guastò un'arma: sotto il fuoco il sergente mitragliere cambia il
pezzo guasto e riprende il fuoco. Don Tedeschi si incarica dello
sgombro e prima medicazione feriti. All'ultimo, essendosi i nemici
portati sotto l'altura, si inizia il lancio di bombe a mano che li
trattiene per parecchio tempo. Molti feriti. Finite le bombe a mano
il fuoco della difesa illanguidisce: un'arma della S. Etienne si
ritira avendo finiti i nastri. I nemici ne approfittano
avvicinandosi. Ormai eravamo quasi accerchiati. Arriva un camion di
munizioni che si distribuiscono immediatamente. Troppo tardi! Già i
primi nemici ci sono addosso. A questo punto si ha notizia che
reparti del 261° sono aggirati sulla destra. Il sottoten. Zaccaroni
del 261°chiede rinforzi a noi e in cerca del 159° che doveva
rinforzare il 261°. Raduniamo a stento una ventina di uomini e li
consegniamo a Gritti. Il mio aiutante maggiore cerca di ritirarsi:
non può. Trova la trincea ingombra di truppa della brigata Milano
arrivata troppo tardi (battaglione d'assalto del 159°) Mischia corpo
a corpo, tutte le rivoltelle si scaricano. Molte furono le nostre
perdite. Morto il cap. Asdamo, ferito il magg. Giardina, morto il
portaferiti che con don Tedeschi era al posto di medicazione
improvvisato. Molti feriti giacciono senza poter essere soccorsi.
Completamente accerchiati e reso impossibile qualsiasi tentativo di
resistenza, dovemmo deporre le armi (ore 8,30).
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