Un vaso farmaceutico del XVIII secolo |
Una
panacea per tutti i mali, dove scienza e magia insieme davano origine
ad un mix che era insieme antidepressivo
e ansiolitico, aspirina e viagra, antidolorifico, antibiotico,
ricostituente e molto altro ancora. La teriaca o triaca, con le sue
oltre settanta erbe e l'indispensabile veleno di vipera, è stata per
duemila anni la medicina più preziosa e ricercata, in grado di
sbaragliare qualsiasi altro preparato chimico, aldilà di ogni
ragionevole dubbio e buonsenso. A contribuire al successo di questo
prodotto della farmacopea europea, tale da farne una preparazione
ancora ricercata agli inizi del secolo scorso, è stato un medico
cremonese della fine del Cinquecento, Orazio Guarguanti, originario
di Soncino, che tra il 1595 ed il 1605 scrisse un'Apologia
della Teriaca dedicata
al vescovo di Lodi e Nunzio Apostolico presso la Serenissima Signoria
di Venezia Ludovico Taverna. Guarguanti assicura che la teriaca
“mantiene
in salute, rende la vita più tranquilla e la prolunga, ringiovanendo
tutti i sensi”
ed è questo il motivo per cui “i
Romani Imperatori avevano come usanza a ogni far di Luna prenderne
due scropoli in
un cucchiaio di miele con due bicchieri d’acqua” (lo
scrupolo equivale a grammi 1,075). A detta del Guarguanti la teriaca
era adatta a depurare l'organismo e guarirlo dalle malattie più
disparate: “per
combattere la tosse vecchia e nuova, per i dolori di
petto(angina), per
le infiammazioni dello stomaco e i dolori colici, per le febbri
maligne causate dalla putredine del rene, per rafforzare la difesa
del cuore e i suoi spiriti, per difendere il corpo da qualsiasi
veleno e dai morsi delle vipere e dei cani, per ridonare vigore ai
corpi corrotti da cagioni occulte, per ridonare l’appetito perduto,
per sanare le emicranie antiche, per curare le vertigini e le
difficoltà dell’udire, per svegliare gli appetiti venerei, per
frenare le pazzie dei frenetici inducendo il sonno, per favorire
l’evacuazione dei vermi e specialmente di quelli larghi e infine
per preservare il corpo dall’infezioni quali quelle della lebbra e
della peste.A
Venezia, dove il nostro medico soncinese scriveva, la preparazione
della teriaca costituiva un'attività economica di tutto rispetto,
grazie alla facilità con cui potevano essere reperite le materie
prime necessarie. Il riconoscimento della loro alta qualità diede un
grande impulso all'attività degli speziali che, per certificare il
prodotto e proteggerlo dalle adulterazioni, iniziarono a preparare la
teriaca pubblicamente, dopo aver esposto le piante medicinali e le
vipere nei tre giorni precedenti la cerimonia a cui partecipavano le
maggiori autorità della Serenissima ed il Collegio dei Medici che,
una volta realizzata la preparazione, ne avrebbe certificato la
qualità ed autorizzato la vendita. L'evento si svolgeva a maggio,
quando giungevano a maturazione alcuni dei componenti, e gli speziali
che preparavano l'intruglio indossavano una casacca bianca con
pantaloni rossi. Confluivano allora a Venezia medici e speziali per
imparare le tecniche di preparazione e scoprirne trucchi e segreti.
Fra questi, attirato dal successo del medicamento, anche Giovanni
Battista Cucchi, maestro speziere dell'Ospedale Maggiore di Milano,
che diventerà poi il primo produttore milanese, procurando
all'Ospedale notevoli guadagni. La Teriaca veneziana, tuttavia, era
la migliore. Tutti i componenti, come
il Pepe lungo, il Phù (valeriana), l’Oppio, il Cinnamomo
(cannella), lo Zaffrano (zafferano), la Mirrha, l’Opobalsamo
(Balsamo orientale), il Vino (Malvasia), venivano scelti con grande
cura dagli speziali veneziani, favoriti dal fatto che le flotte
della Serenissima portavano
dall’Oriente le migliori
qualità degli
ingredienti necessari. Dai vicini colli Euganei venivano poi
le vipere,
che andavano catturate verso la fine della primavera, ma prima
dell’inizio dell’estate, e non dovevano essere né di sesso
maschile né gravide. L’unico altro componente di origine animale
erano i testicoli
di castoro.
Orazio Guarguanti |
E'
in questo ambiente che arriva nel 1585, accompagnato da una
lusinghiera fama, il nostro Orazio Guarguanti, proveniente da Padova,
dove aveva completato gli studi medici sotto la guida di Girolamo
Mercuriale. Orazio era nato a Soncino nel 1554, dove aveva iniziato
gli studi sotto la guida di dotti precettori, per poi passare a
Padova per apprendere la filosofia e la medicina, laureandosi il 3
marzo 1580. Riferisce Paolo Ceruti nella sua Biografia Soncinate, che
nel diploma di laurea “vien chiamato dottissimo eruditissimo
giovane, e così compitamente ornato d'ogni dote di natura, che nulla
più si potesse in lui desiderare: e dopo le più solenni
attestazioni della probità e buona sua condotta vi si dice: che nei
pubblici esperimenti, a cui venne sottoposto spiegò così
meravigliosa eccellenza d'ingegno, di memoria e di dottrina, che non
solo sostenne; ma superò di gran lunga la comune aspettazione di
que' dottori”. Nel 1589 Orazio entrò nel collegio dei Medici di
Venezia e nel 1595 diede alle stampe tre opuscoli, il primo dei quali
dedicato appunto alla teriaca. Il motivo lo spiega lui stesso nella
dedica al vescovo di Lodi Ludovico Taverna: “Le ragioni, che
m'hanno indotto a scriverne, sono state due: la prima fu il rispetto
della vostra sanità; la seconda l'eccellenza della medesima
Theriaca. Il rispetto della sanità perchè non si può imaginare
rimedio alcuno, che meglio della Theriaca possa preservare V.S.
Illustrissima da q ualunque infirmità: Mi sono poi indotto a
scriverne, rispetto alla Theriaca stessa, perche sempre m'ha recato
una gran maraviglia il vedere, che dalla maggior parte de' Medici de'
nostri tempi è stato quasi dismesso l'uso di lei: i quali vengono
cosi di rado, & con tanto timore ad usarla, che pare che si sieno
dimenticati delle segnalate virtù, che si sogliono scoprire in essa
per custodia, & per sanità della vita nostra. Imperoche se la
Theriaca (come diceva Galeno) fosse buona solamente al morso de'
serpenti, ò semplicemente contra i veleni, senza dubio, che noi non
ci doveremmo curar tanto di lei: se bene anco per questo ella è cosa
preciosa. Ma perche ella è un rimedio mirabile, quasi ad infine
malatie: come a conservar la sanità, a render la vita tranquilla, &
a prolungarla, a rinvigorire tutti i sensi, & non solo a
discacciare i mali presenti, ma a preservarci sicuramente, che noi
non cadiamo nelle malattie: io perciò non posso tolerare, ch'ella
sia cosi di rado adoperata in Italia, & massime d'alcuni medici
di questa Città. Et ho per meglio usarla, quando noi godiamo la
nostra sanità, & schifare le malattie, che non voler mai in
sanità prender medicamenti, ò rimedi di qualunque sorte, &
diventare alla fine sottoposti alle malattie”.
Il trattato di Orazio Guarguanti |
Come
detto la preparazione della Triaca costituiva a Venezia un
avvenimento, che iniziava nei tre giorni precedenti con l'esposizione
dei fasci delle erbe, cortecce, fiori e radici necessarie,
confezionati con eleganti nastri di seta colorata, dei vasi di Murano
contenenti menta, resine, forme, balsami e oppio, e soprattutto,
dalle gabbie di ferro contenenti le vipere per la fabbricazione dei
trocisci, specie di pastiglie che ne consentivano una migliore
conservazione. Le vipere venivano dapprima decapitate, poi scuoiate,
venivano eliminate le viscere e bollita la carne. Quindi la carne
veniva impastata con aneto e del pane abbrustolito grattugiato e
messa ad essicare all'ombra mentre gli altri ingredienti venivano
pestati dentro grandi mortai di bronzo e di legno. A controllare le
varie fasi di preparazione della teriaca erano il Cassiere, il Notaio
e Fiscale del Magistrato alla Sanità, un Protomedico, il Priore e
due Consiglieri del Collegio dei Medici Fisici, il Priore e due
Consiglieri dell'Arte degli speziali a cui venivano mostrate le
droghe una volta pestate dentro i grandi mortai posti fuori dalle
botteghe per evitare di respirar ela polvere. Quindi la teriaca
veniva posta a macerare in grandi giare che venivano sigillate alla
presenza delle autorità preposte al controllo.. Trascorsi due mesi
si invitavano nuovamente i controllori perchè togliessero i sigilli
alle giare per poter mettere il composto in commercio. Le spezierie
cui era permesso produrre vendere la teriaca erano chiamate
“triacanti”. A descrivere minuziosamente la preparazione in modo
da insegnarla ai propri colleghi è lo speziale veneziano Giorgio
Melichio, conosciuto in tutta Europa e padrone della "Spetiaria
allo Struzzo in Venezia" , contemporaneo ed amico del
nostro Orazio Guarguanti, che nel 1595 compone "Avertimenti
nella compositioni de' medicamenti per uso della spetiaria".
Scrive dunque il Melichio: “Dirò
però quel tanto che noi usiamo farla nell'inclita Città di Vinegia,
giardino e publica piaza di tutta Europa: ornata di così periti &
esperti Spetiali che sono anni ratione al mondo.Dirò hora quel tanto
che s'ha avertito nella Theriaca fatta da me in Vinegia il presente
anno ordinatamente.Fur preparati tutti i simplici necessarij per la
composizione così della Theriaca come del Mithridato e fattone
scelta furno messi in bellissimi vasi e riposti in luoco publico &
molto ornato per tre continui giorni ad effetto che sian spettaculo a
tutti e che ciascun potesse volendo esaminare le predette cose: &
al quarto giorno, convocati gli Eccellenti Priori, e Consiglieri così
di Medici, come di spetiali, e fatto diligente esamina de gli
ingredienti, furno con molta diligenza tolti a peso secondo la
descrizione presente di modo che non si prendeva cosa se non co'l
giusto peso non variando ponto di più o meno. Dopo si toglievano le
cose a pestare grossamente e tutti si mettevano in un gran bacile
così rotte e poi meschiate bene insieme si partivano in sei mortari
& si davano a pestare perchè le cose umide s'unissero con le
secche acciochè non s'attacassero nel mortaro se ben l'ontuosità
della mirrha il facesse anco. Primo fur contusi li trochisci di
vipere; imperochè quando son ben preparati è la loro sostanza
simile alla colla del carniccio difficili a pestarli: poi si
aggiungono il pepe longo e poco dopo la cassia, il cinamono e rotti
si rimetton nel bacile. Poi si rompe pestando l'irios, il costo, la
gentiana,l'aristologia, il centaurio,il pentasilon, il meo, il phu,
il stecado, il squinanto & il spigo; quali rotti si mischiatano
con gli altri nel bacile. Appresso si pestano li semi de i navoni, il
pettosello,gli anisi, seseli, finocchio, thlaspi, ammi, dauco &
l'amomo. Et rotte furo aggionte con l'altre; avertendo
che per ciascun ordine di cose che si pestavano aggiungevano nel
mortaro un poco di mirrha a tal che nel pestar le cose le spetie non
s'attenessero al fondo del mortaro imperochè l'ontuosità della
mirrha tiene unite le cose eshalabili. Dopo si pesta il scordio,
dittamo, marrobio,calamento,
polio, chamepiteo, folio & hiperico. La gomma e l'incenso si
pestaranno in altro mortaro sole, acciò non s'attaccassero con
l'altre spetie, come in altri con esperienza s'è visto. Li trochisci
scillini, e gli hedicroi insieme soli sian pesti e uniti all'altre
spetie. Le rose & zaffrano sian messe un poco al sole & dopo
peste & gionte all'altre.
Il
reupontico sia pesto & aggionte con l'altre. La terra lemnia si
trita senza fatica,l'agarico sia fregato al tamiso & così si
facci in polvere. Le gomme saran ben contuse & dopo vi si
aggionga del vin malvatico & stiano per una notte infuse & e
il dì sequente con debita portion di detto vino sian passate per il
staccio,il simil parimenti si fara nel succo di liquiritia & e de
l'hipocistis:l'acatia si triturarà con li semi cioè che sia messa
con essi nel triturarli, percioche l'orientale è si secca &
arida che facilmente si pestrarà con li semi”.
Pieter Brueghel, l'alchimista |
Era
comune la pratica della sostituzione di alcuni elementi non solo per
la preparazione della teriaca, ma in generale per tutti i rimedi che
si preparavano. Essa era permessa solo nei casi di impossibilità
assoluta di approvvigionamento e, assolutamente vietata, se lo scopo
era solo quello di speculare sui costi. Il permesso indusse molti
"spetiali speculatori"
a mascherare, dietro l'impossibilità dell'approvvigionamento, le
sostituzioni più strampalate dando vita a medicamenti che non
avevano alcun effetto terapeutico. Ciò spinse i monaci speziari
prima, e quelli secolari poi, a creare nelle immediate vicinanze
delle loro "farmacie" o nelle Università, gli orti
botanici o "orti dei semplici"
dove venivano, con grande cura, coltivate le specie vegetali più
difficilmente rintracciabili.
La
teriaca continuò ad essere preparata a Bologna fino al 1796, a
Venezia presso la spezieria Testa d'Oro fino alla metà del 1800 e a
Napoli fino al 1906. Un fenomeno che, a ben vedere, ha
dell'incredibile. Come è possibile che per due millenni medici ed
amministratori mettessero a repentaglio la loro credibilità
affidandosi ad un medicamento che non aveva alcun riscontro nella
pratica clinica ed alcun fondamento scientifico? Effettivamente nella
teriaca sono presenti alcuni componenti che, come poi si è
dimostrato, potevano realmente modificare, almeno in maniera
transitoria, alcune condizioni morbose dell'organismo, con effetti,
se non curativi, almeno palliativi. Ricordiamo gli effetti
cardiotonici della scilla, l'azione sedativa dell'oppio, gli effetti
antidepressivi dell'iperico o ansiolitici della valeriana, o
gastroprotettivi della liquirizia. Di certo la teriaca ha
rappresentato la sfida più completa dell'antichità alle malattie,
mettendo insieme le migliori piante medicinali, i migliori medici, la
migliore qualità degli ingredienti uniti ad un pizzico di magia,
superstizione, e mistero.
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