Aristide Cavalli |
Nell'anno monteverdiano ci piace
ricordare la figura di uno straordinario imprenditore che per primo
utilizzò il nome del Divin Claudio per dare vita alla prima alla
prima fabbrica industriale per la costruzione di violini indicando la
strada maestra per la rinascita della grande tradizione della
liuteria classica. Aristide Cavalli fu
uno dei liutai meno conosciuti che lavorarono a Cremona dopo la morte
di Enrico Ceruti, ed una delle figure più interessanti di inizio
Novecento. Ricordato soprattutto per le spiccate doti
imprenditoriali, nacque a Oneglia nel 1856 da genitori piemontesi, ma
le sue origini sono schiettamente cremonesi. Il nonno Giovanni
Battista, infatti, gestiva una piccola libreria posta sotto un arco
murato della Bertazzola di fianco al Battistero ed addossata al
Duomo. Il padre, Savino, aveva frequentato la scuola, preso lezioni
di pianoforte e d'organo e nel 1845, una volta conseguito il diploma,
per la sua abilità era divenuto organista della Cattedrale. Per le
sue simpatie rivoluzionarie e patriottiche a vent'anni, aiutato da
amici fidati, si era rifugiato ad Alessandria nel Regno Sabaudo per
evitare il servizio militare sotto l'Austria. A 27 anni aveva sposato
una ragazza del luogo, Matilde Pagnini, ma, pochi anni dopo la
nascita dei due figli, Aristide e Guglielmo, era morto
improvvisamente nel 1860 a soli 45 anni. La giovane vedova con la
prole era partita in diligenza alla volta di Cremona, accolta nella
casa della cognata Costanza Cavalli, in piazza Piccola, il 30 aprile
1861. Dal 1830 al 1859 la libreria Cavalli diventa il ritrovo dei
carbonari cremonesi, ed in questo ambiente culturale il giovane
Aristide trascorre l'infanzia e, tra libri nuovi, vecchie edizioni e
cinquecentine, forgia il proprio carattere, sviluppando notevoli doti
artistiche e vivacità intellettuale. Nel frattempo, spinto dalla zia
Costanza, frequenta a Vescovato la bottega di Giuseppe Bresciani, un
artigiano eclettico, bizzarro e curioso, che, oltre a fare il
falegname, a tempo perso realizza anche bellissimi violini.
Incuriosito Aristide assimila in breve tempo tutti i rudimenti del
mestiere, tanto che Beltrami racconta alla zia che il ragazzo ha
innato in sé il senso delle proporzioni e delle esatte misure, dello
spessore dei legni, degli amalgami necessari a realizzare le vernici
e della sonorità da ottenere con gli strumenti. Divide il suo tempo
tra il bizzarro liutaio e la bella libreria di piazza Piccola, fimo a
quando nel 1876, a vent'anni sente
la necessità di emanciparsi e, seppur con a disposizione un capitale
modesto, aprì una piccola libreria in corso Campi. Gli inizi sono
difficili, ma la sua competenza professionale e l'onestà
intellettuale gli conciliano ben presto le simpatie della città e la
piccola libreria, grazie agli amici ed ai conoscenti, diventa ben
presto il ritrovo di una vasta ed affezionata clientela. La libreria
diventa anche ritrovo di intellettuali, musicisti e cantanti, uno dei
più affezionati clienti è Giuseppe Verdi ma vi si possono
incontrare anche alcuni celebri scrittori e poeti come il nostro
Giovanni Lonati.
Il magazzino stagionatura dell'Officina Monteverdi |
Nel 1880 si rende disponibile una bottega davanti al
teatro Ricci e Cavalli e trasferisce la sua attività nella sede più
ampia, avviando anche il commercio di spartiti ed articoli musicali
ed iniziando nel 1890 l'edizione di un periodico musicale intitolato
“Il monitore musicale Claudio Monteverdi” dove pubblica numerose
composizioni di giovani autori cremonesi, come i maestri Riva,
Bellini e D'Alessandro. Il periodico, distribuito con successo in
tutta Italia, si rivela un ottimo veicolo pubblicitario, che gli
consente di incrementare la commercializzazione degli strumenti
musicali. Arrivano numerose le richieste di ricchi clienti e
musicisti che gli chiedono la riparazione dei loro strumenti ad arco.
Di conseguenza amplia ulteriormente la propria attività aprendo nel
retrobottega del negozio un piccolo laboratorio attrezzato per la
riparazione degli strumenti ed assume personale qualificato, tra cui
il suo vecchio maestro Giuseppe Beltrami, esperto in violini ed
organi da chiesa, il liutaio Pietro Grulli, per
il quale scrisse l' omelia letta al funerale di quest'ultimo nel
1898, i fratelli Romedio e Palmiro Munchen.
Nel frattempo Cavalli conosce Giovanni Francesco Poli, figlio del
notaio Michele Achille e di Francesca Feraboli, studente del
Politecnico di Tornio, dove si laurea ingegnere nel 1893. L'ingegnere
Gian Francesco Poli, a sua volta, suona il violino ed il mandolino,
ed è l'anima ed il direttore del nucleo originario di musicisti da
cui sarebbe nato qualche anno dopo, nel 1897, il Circolo
mandolinisti e mandoliniste cremonesi”. Compone canzoni, operette,
organizza spettacoli musicali e di prosa nel vecchio Teatro Alfieri
di via Villa Glori, e suona discretamente molti strumenti. Nonostante
Poli sia di undici anni più giovani, tra i due nasce una solida e
profonda amicizia. Hanno in comune molte cose: la passione per i
violini, la musica, il canto, ma soprattutto tanto entusiasmo e
voglia di lavorare.
Nel 1895 Cavalli decise di ampliare
ulteriormente il suo piccolo laboratorio e, con l'amico musicista
apre una
piccola fabbrica nell'ex teatro Alfieri di via Villa Glori dove
inizia a costruire chitarre e mandolini.
Viene scelto con cura il simbolo della nuova azienda con “due
cavalli attraverso un globo terrestre di cui non si vendono che i
poli”. Dal
sodalizio tra i due sarebbero nate la “Cavalli & Poli” e
l'Officina di liuteria artistica Claudio Monteverdi, che di
fatto rappresenta l'unico tentativo di far rinascere la celebre
scuola cremonese, pur adattandola alle mutate condizioni del mercato.
Per
quanto riguarda la prima inizialmente la partenza è scoppiettante,
ma dopo tre anni la concorrenza dell'artigianato napoletano e
catanese divenne insostenibile, fino alla capitolazione dell'azienda,
che, per evitare il licenziamento degli operai, viene riconvertita
dalla costruzione di casse armoniche a quella della casse da
imballaggio. Si fabbricano inoltre imbarcazioni da fiume, da corsa e
da diporto, ghiacciaie per uso familiare e per alberghi, apparecchi
per fare il ghiaccio. Su un'area fuori città, prospiciente la
stazione ferroviaria, viene realizzata la segheria. Cavalli si occupa
di reperire i pioppi da abbattere nelle campagne e Poli viaggia alla
ricerca di nuovi clienti. Gli affari prosperavano e nel 1908 è
necessario ampliare l'area, trasformando la società da privata in
società anonima, immettendo nuovi soci. Prende così vita la terza
edizione della “Cavalli & Poli”, con l'aggiunta di un reparto
per la produzione di aste dorate che, affidato a Gino Usuelli, si
trasforma nella più importante industria nazionale del settore.
La sala per il collaudo degli strumenti |
L'Officina
di liuteria artistica Claudio Monteverdi è invece quella che
rispecchia più fedelmente il complesso temperamento di Aristide
Cavalli. L'obiettivo sembra essere quello di emulare la produzione
quasi industriale delle grandi botteghe di Mirecourt e di Mittenwald.
Cavalli e Poli possiedono un certo numero di etichette compreso
"Giovanni Maria Ceruti", la qual cosa in tempi recenti ha
creato qualche confusione sulla questione se questo mitico liutaio
fosse parente dei più famosi Ceruti. La fabbrica produce violini,
chitarre e casse armoniche e al suo interno muove i primi passi
Romedio Mucher, che successivamente si
mette in proprio attrezzando un laboratorio nella sua abitazione in
via XI Febbraio n. 20 e successivamente in via Gorizia n. 2. Varie
circostanze probabilmente contribuiscono a sviluppare in Cavalli la
passione per la liuteria. Fin da giovane, grazie alla sua attività
di librario, ha certamente potuto conoscere la vasta letteratura
sull'argomento e, attraverso la conoscenza di qualcuno dei liutai
rimasti a Cremona, ha potuto apprendere i primi rudimenti sulla
costruzione del violino. Non ama fantasticare sui presunti segreti
stradivariani nella preparazione delle vernici, ma preferisce
confrontarsi, discutere, lavorare e sperimentare soluzione con i
propri dipendenti, formandone dei buoni liutai. Una volta
assicuratasi una discreta posizione economica grazie all'altra
attività, non esita a riversare il ricavato nel tentativo di
industrializzare la realizzazione del violino artigianale. Vari
tentativi a livello nazionale sono già falliti, ma Cavalli ha dalla
sua il vantaggio di possedere una elevata competenza tecnica abbinata
alla conoscenza del mercato, grande passione e spirito
imprenditoriale. A chi gli rimprovera di aver creato un'industria ma
di aver ucciso l'arte, risponde: “Dobbiamo convincerci che il tipo
tradizionale del liutaio cremonese, vale a dire di un ottimo
artigiano che lavora tranquillamente e accuratamente nella propria
botteguccia, sicuro di trarre da un onesto lavoro il sostentamento
per sé e èer la propria famiglia, è definitivamente morto. Due
fattori lo hanno eliminato: il commerciante di violini vecchi,
astuto, chiaccherone e alle volte poco scrupoloso, e l'industria
famigliare e dozzinale di Mittenwald, Markmeukirchen e Mirecourt
potentemente organizzata dal lato commerciale. Il primo ha posto il
monopolio sull'alta clientela: il violinista 'arrivato', il grande
concertista che non può presentarsi al pubblico se non 'armato' di
un autentico Stradivari, al suonatore di fila che, a torto o ragione,
preferisce un violino vecchio a quello nuovo. La seconda rifornisce
la vasta clientela degli allievi che, nell'incertezza della riuscita,
preferiscono economizzare sul violino da studio. Per conseguenza, al
valente liutaio non resta che vivacchiare di qualche riparazione o
costruire qualche strumento, in attesa del cliente che difficilmente
si presenta. Ora per noi cremonesi il dilemma è semplice: restar
morti o adattarsi alle condizioni dell'attuale mercato”. (Vittorio
Grandi, Aristide Cavalli, necrologio in “Cremona”, febbraio 1931)
Sorretto
da queste idee Cavalli si dedica ad una produzione del tutto
originale che, non rinunciando alla buona qualità dello strumento,
sfrutta un'organizzazione tipicamente industriale utilizzando entro
certi limiti i moderni metodi di lavorazione che garantiscano violini
notevolmente più economici ma tuttavia in grado di affrontare le
concorrenza della produzione tedesca e francese del tempo. Si tratta,
ovviamente, in gran parte di una produzione seriale dove ogni addetto
realizza singole parti dello strumento che poi vengono assemblate.
Non si può tuttavia parlare di produzione industriale in senso
stretto, dal momento che l'obiettivo di Cavalli è quello di ottenere
strumenti che abbiano la stessa resa di quelli artigianali, ma con un
maggiore risparmio di tempo. Il lavoro non è organizzato su linee di
montaggio, né meccanizzato: l'artigiano specializzato realizza in
pratica tutte le operazioni più importanti, dall'intaglio, al
montaggio ed alla verniciatura, delegando solamente alcune piccole
operazioni accessorie a personale meno qualificato.
Un violino di Aristide Cavalli |
Quando
Cavalli si spegne improvvisamente per un ictus cerebrale il 16
gennaio 1931 l'attività viene portata avanti dal figlio Lelio,
laureato in fisica che, durante la guerra 1915-18, si è dedicato, in
uno speciale reparto dell'azienda familiare, alla costruzione di ali
di aeroplano. Lelio è una delle figure più importanti per la
nascita della scuola internazionale di liuteria nel 1938. Dalla prima
sede nei pressi di palazzo Trecchi in via Villa Glori, l'Officina
viene in seguito trasferita in via Dante e infine in via del Castello
fino al 1945, quando viene definitivamente chiusa.
Nei
laboratori venivano realizzati cinque modelli di violini: il Ceruti,
per il quale si era riusciti ad ottenere un'ottima resa acustica; lo
Stradivari, il Guarneri del Ges, Il Tresenda ed il Beltrami bombato,
oltre chitarre e mandolini, Venivano eseguiti severi controlli ed i
violini che non superavano la prova venivano distrutti, mentre non è
raro che quelli immessi sul mercato abbiano ottenuto anche elevate
quotazioni. Lelio Cavalli era amante della musica, buon violinista e
pianista, studioso di fisica acustica, e cultore di Claudio
Monteverdi e della liuteria classica. Fu uno dei più appassionati e
competenti fra gli organizzatori delle manifestazioni per il
bicentenario della morte di Stradivari nel 1937 e insegnante nella
neonata scuola di liuteria dal 1949 al 1952.
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