Il
vero oro giallo cremonese è stato lo zafferano che, fra il XV ed il
XVI secolo, diede luogo ad un traffico commerciale paragonabile solo
a quello del fustagno. Un prodotto richiestissimo, soprattutto dalla
Germania, che veniva contrattato dai mercanti cremonesi alle fiere di
Bolzano od anche procurato dagli stessi tedeschi direttamente sul
posto, nel maggior centro di produzione locale, Casalmaggiore. Ma non
solo i tedeschi erano clienti affezionati. Tra la fine del
Quattrocento e gli inizi del Cinquecento il prodotto veniva messo in
vendita anche in Sicilia e Calabria (un po' come vendere gelato al
polo Nord), alle fiere di Ginevra e di Lione, a Parigi, Bruges e
Londra, fino ad Alessandra d'Egitto dove veniva scambiato con pepe e
spezie, a Creta e Corfù. E' proprio Hans
Paumgartner il giovane, un mercante di Augusta, che ci informa in un
manoscritto di come il doschga (come era conosciuto in Germania lo
zafferano) venisse esportato in quantità di 35, 40 quintali
all'anno. Il traffico di zafferano è puntualmente descritto in un
manuale di mercatura di Bartolomeno Paxi, la Tariffa de pexi e
mesure, pubblicato a Venezia nel 1503, che fornisce anche il cambio
con la moneta cremonese: “Perfina adesso havemo narrato de molte et
diverse mercadantie le quale fano per molti logi et parte del mondo;
hora trataremo della mecadantia del zafran perché è molto utile et
dimandado in ogni parte. Trataremo anchora per quelli luoghi li quali
più bisogna et de quanti luoghi esso zafran se traze. E prima. Se
traze da l'Aquila et da Sermona vicina a l'Aquila et è bono et
fassene assai. E se traze anchora da Fabrian de la Marcha e del
conta' de Fiorenza et questo è quasi il meglior de tuto l'altro
zafran. Trazesse anchora de su il contado de Cremona et de alchuni
altri loghi de Lombardia et della Puia de terrra de Barri et questo
de la Puia è de mancho valor de l'altro. Trazesse zafran de terra de
Otrento et de Maiolicha ed etiam de Catalogna zoè de Valenza et
d'alchuni altri loghi circostanti. Havemo narrato per quanti luoghi
se traze il dito zafran. Sdesso trataremo dove al bisogna et per
quali luoghi è necessario essere menado. E prima. Il zafran fa per
la fiera de Zanevra et per la fiera de Lione, per Paris, per Vignon,
per Bruza de Fiandra, per Anversa et per Londra d'Ingilterra et per
tutta Bergogna et per molti altri loghi et terre de Ponente; è
necessario ancora il dito zafran per l'Alimagna alta, per tuta
l'Ongaria et per la parte de Levante, per lachuni loghi e terre de
Dalmatia, per Cicilia et se vende bene in Calabria quando la Puia et
terra de Otrento non gli n'ha; per Corfù et per Candia er se vende
bene per Alixandra et etiam per Cypri”.
Secondo
Giovanni Romani, (Storia di Casalmaggiore, 1828) la produzione
di zafferano nel casalasco si sarebbe ridimensionata drasticamente
nel 1427: “Vuolsi che sotto quest'epoca i coltivatori del nostro
territorio abbandonassero le piantaggioni del zafferano, il quale
genere veniva dai veneti, che lo tiravano dal levante, spacciato ad
un prezzo assai minore di quello ch'erano soliti i casalaschi di
trarre dal proprio; e vuolsi altresì non senza probabilità che si
estendesse in allora presso di noi la coltivazione delle viti,
destinando per la medesima molte di quelle campagne, che per
l'addietro erano impiegate per la piantagione dello zafferano; e ciò
pel motivo altresì che i vini casalaschi si smerciavano con molto
vantaggio a Venezia, ove i barcaroli conducendoli colle proprie navi,
ricaricavanle poscia con derrate del levante commesse da questi o dai
vicini negozianti”. In
realtà è proprio una lettera da Venezia del 27 febbraio 1426 ad un
certo Matteo Lupi, abitante a Casalmaggiore, relativa ad una partita
qui acquistata, che ci informa di quanto fosse fiorente il commercio
dello zafferano nel XV secolo. Nel
1812 Antonio Barili (Notizie storico-patrie di Casalmaggiore) ricorda
che nel comune di Villanova vi erano ancora alcuni campi chiamati
“gialdine” dove si coltivava zafferano.
Tavola dei principi alchemici (sec. XIV) |
Ancora
nel 1477 il commercio dello zafferano era esercitato dai mercanti
ebrei, anche se vi era stata un'iniziale opposizione da parte del
Comune data dal timore della concorrenza, contraria agli interessi
cittadini. Addirittura qualche anno prima, nel 1456, gli ebrei erano
stati cacciati dalla cittadina per aver adulterato lo zafferano che
vendevano in piazza. In effetti verso la fine del XV secolo la
coltivazione dello zafferano era ancora una delle produzioni tipiche
del territorio. Riferisce ancora il Romani (Origine e stato
corografico di Casalmaggiore e sue ville, 1828): “Difatto
in que' tempi rimoti il territorio Casalasco era posto parte a
praterie, parte a semine di grani, canape, gualdo e zafferano, che
esitavasì ai forastieri come già si disse. Noi abbiamo potuto
verificare, coll'ispezione dei libri economici di questo conv. di S.
Francesco dall'anno 1480 al 1496 che tali erano in allora i
principali prodotti del nostro territorio”.
Dalla
Germania veniva anche San Geroldo, curiosa figura di pellegrino e
mercante, ucciso misteriosamente nel 1241 fuori porta Mosa, la cui
vicenda Giorgio Maggi, chimico con la passione della storia e della
liuteria, collega in modo del tutto originale proprio al commercio
dello zafferano.
Geroldo
da Colonia arriva a Cremona in visita a
Rolando (morto nel 1259) essendo comune l’appartenenza alla scuola
domenicana. Geroldo, vita ascetica fatta di preghiere, di penitenza,
di meditazione sulla Passione di Cristo, flagellandosi, portando il
cilicio, e dormendo sulla terra viene a Cremona per preparare
l’incontro con il papa Gregorio IX, in attesa che si realizzino i
progetti della cattedrale di Colonia e della giusta collocazione dei
Magi, santi alchimisti. Il Papa, spesso in aperto contrasto con
Federico II, dovrà approvare per l’occasione i testi oggetto di
quaestiones (dispute religioso scientifiche), e auctoritates, con
la stesura di commenti contenenti spiegazione e l'insegnamento
di questi. Il 7 ottobre 1241, fuori porta Mosa presso le acque
paludose del Po, il pellegrino proveniente da Colonia viene trovato
morto: secondo la tradizione orale, l’uccisione, riportata
con qualche dubbio sulla versione ufficiale, sostiene che sia stato
un agguato di ladri che lo volevano derubare. Il misterioso episodio
viene associato da alcuni alle ansie politiche del condottiero
cremonese Uberto Palavicino e del vescovo Omobono Madalberti e
alle continue dispute tra ghibellini e guelfi nei contrastati
rapporti con l’imperatore. L’umile Geroldo, segreto nunzio di
pace gradito all’imperatore ed al Papa, si crede avesse il compito
di favorire la costruzione di una città fortificata negli Abruzzi,
parte integrante del Regno di Sicilia, là dove secondo la tradizione
si trovavano i 99 castelli eretti nel territorio per rifugio e
difesa. La città dell’Aquila sarà fondata dagli Svevi nel 1254 ma
il territorio conteso tra dagli Angioini di Carlo I, re di Napoli e
di Sicilia dal 1246, passò definitivamente a quest’ultimo con la
sconfitta di Corradino di Svevia a Tagliacozzo nel 1268.
“La
figura dell’umile pellegrino alla sua morte diplomaticamente
è elevata a “fama sanctitatis” dai cremonesi – scrive Maggi -
In città si sostenne che il corpo di Geroldo emanasse un magico
profumo, il sole abbia brillato per l’intera notte del crimine, le
campane della chiese suonassero da sole e che le sue spoglie, durante
le esequie risultassero inamovibili al vescovo ed ai dignitari per
straordinaria pesantezza . Il trasporto nella chiesetta bizantina di
San Vitale fu possibile solo quando il popolo decise di traslare il
suo corpo dalla riva del fiume lontano da dignitari politici e
religiosi. Il riferimento all’aumento di peso del cadavere
non è casuale perché lascia trasparire significati di natura magico
alchemica associati al personaggio : la “corruzione” che si
accompagna alla morte di importanti elementi vitali porterebbe a
aumento di peso secondo la tradizione popolare ma anche secondo
Leonardo da Vinci in “Essempli
e pruove dell’accrescimento della terra”
Vincenzo Pesenti, S. Geroldo |
Dunque
un personaggio colto, religioso proveniente da un centro come Colonia
culla di scienza teurgica ed alchimistica; ricco, forse
commerciante, perché aggredito da ladri a conoscenza del suo
stato; di alto lignaggio se della sua morte si preoccupa il clero e
la nobiltà; giunto a Cremona non per caso e con compiti
precisi ed importanti se la sua morte viene assimilata al martirio
come recita la scritta sulla sua tomba. Si può sospettare che
Geroldo durante il suo pellegrinaggio verso Roma svolgesse
dunque anche funzioni di ambasciatore e commerciante soprattutto di
prodotti tessili e spezie importanti elementi di scambio nel
commercio tra Cremona e la Germania. Si può anche nutrire
sospetto non confermato da alcun documento che questi, colto
interprete di arti occulte e vietate affini alla scolastica, fosse
stato obbligato al pellegrinaggio: una ipotesi fantasiosa che appare
credibile se ci si chiede per quale motivo il suo corpo nel dipinto
sia circondato da un biancore candido forse deterso con
l'espiazione della morte dalla croce gialla dei penitenti.
Il
gesuita euclideo è ben raccontato da Herman Crombach che sottolinea
l’importanza del santo sempre raffigurato con il bordone e il
piccolo libro del pellegrino. Forte è il ricordo di Geroldo che nel
1645 i gesuiti di Colonia richiesero una sua santa reliquia. Il
giallo cremonese assumerebbe i contorni della metafora se non si
sapesse che Cremona era il maggior centro di scambio dello zafferano
abruzzese e zafferanone (cartamo) padano tra nord e sud
Europa”.Il
commercio differenzia lo zafferano vero e proprio proveniente a
Cremona dall’Italia centrale e il cosiddetto falso zafferano o
zafferanone conosciuto come cartamo tintorio. Il cartamo, coltivato
ancor oggi nel casalasco è una pianta appartenente alla
famiglia delle Asteraceae, dai cui fiori si può estrarre la
cartamina e altri flavonoidi, coloranti per cibi spesso aromatici che
possono sostituirsi allo zafferano. La piantina ha importanza
soprattutto per l'olio ricco di omega 6 e vitamina K.
In cucina
la polvere di cartamo può sostituire lo zafferano, ma ha anche un
leggero potere coagulante e dunque è usata per migliorare la
consistenza di creme e budini. L’olio e il colorante vengono usati
nell’industria cosmetica e nella pittura. La medicina medioevale
tramanda ricette a base di infuso di cartamo per rinvigorire il
fisico e l’attività sessuale, le stesse ricette sono ancora
presenti nei protocolli terapeutici della medicina tradizionale
cinese (Hong Hua) e nella pratica terapeutica africana. Lo zafferano,
usato come conservante per pesce e carne, venne utilizzato anche come
principale componente di pillole costosissime contro la peste. Nel
XIII sec. curiosamente lo zafferano era usato per tingere sul petto e
sulla schiena del condannato al pellegrinaggio giudiziale una
grande croce che lo rendeva riconoscibile. Le mete imposte ai
condannati per pratiche occulte erano Canterbury, Santiago de
Compostela, Roma e Colonia.“Tutto,
nella interpretazione della figura del santo appare verosimile
o discutibile se si associano opportunamente segni e simboli
apparentemente disuniti- spiega Maggi - È verosimile immaginare
contatti e relazioni tra eruditi. Non va dimenticato che coevo a
Geroldo è Facio orafo e taumaturgo veronese che opera a Cremona tra
il 1230 e 1259 circa. Pellegrino e
“cum
bonam manum in signando” istituisce
a Cremona l’ordine di Santo Spirito istituito un secolo prima a
Montpellier. Un altro personaggio che si incrocia a Geroldo è il già
citato frate Rolando che nel 1238 ha la famosa disputa con Teodoro di
Antiochia, filosofo di Federico II. Saputo del viaggio del domenicano
cremonese alla corte dell’Imperatore, “multi magni”, che
apprezzano la filosofia della natura e le conoscenze religiose del
frate, assistono alla importante disputa tra Rolando e
l’anticristiano arabo Teodoro dotto nelle scienze alchemiche ancor
più che in teologia. Simboli della filosofia della natura e dell’Ars
Regia si incontrano nell’arca del santo arricchita da festoni
di fiori bianchi e rossi, simbolo di purezza che sembrano
comunicare segni della filosofia naturale aristotelica e alchemici
tra fisso e volatile, zolfo e mercurio. E perché non
ipotizzare il presunto legame con il fiore dello zafferano (za
faran = splendor solis) in cui suoi pistilli durante la
maturazione passano dal bianco al giallo al rosso come le alchemiche
albedo, citrinitans e rubedo, fasi della saggezza studiate da Alberto
Magno. Chiamato Doctor Universalis questi trae i suoi spunti
alchemico filosofici da Gerardo da Cremona (Gerardus Cremonensis
o Girardus Lumbardus Cremonensis c. 1114–1187 traduttore
di Avicenna Abu Ali al-Husayn Ibn Sina (980 - 1037) il
primo a distillare essenze di fiori e rose. Secondo Geber (ca 760-ca
815). Abu Musa Jabir ibn Hayyan la pietra filosofale necessaria alla
trasmutazione dell’oro ha "il colore dello zafferano, è
pesante e brillante come frammenti di vetro". “Non è un caso
– conclude Maggi - la predilezione di Geroldo per San Giacomo
venerato a Compostella e filosofo ermetico tra i più importanti
della Chiesa, colui
che secondo la leggenda sconfisse Ermete Trimegisto e ne
acquisì i segreti.
Una sartoria medievale nel Tacuinum Sanitatis |
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