La nota di pagamento, datata 1506,
del ciclo di affreschi, ha permesso di identificare quali autori del ciclo
Martino Piazza e Giovan Pietro Carioni. I 104 tondi che costituiscono la
decorazione della botte rappresentano un vero unicum per invenzione,
originalità, sterminata varietà delle pose, espressioni, tipologie dei
personaggi raffigurati. Per alcuni tondi il preciso riferimento ai disegni di
Leonardo mette in evidenza la stretta dipendenza di questa decorazione
pittorica dall’opera del maestro fiorentino nel suo primo soggiorno milanese
tra il 1482 ed il 1499, dimostrando la precisa volontà dei frescanti di
aggiornarsi sulle novità introdotte dal maestro fiorentino. Per le “Storie
della Vergine” eistono confronti con opere coeve di ambito lodigiano. Ma perchè
Rivolta? Il paese può vantare un rapporto intenso e proficuo con Milano
sfruttando la sua posizione sulla Gera d’Adda fin dal 1339 quando Luchino
Visconti concede privilegi di natura economica e politica con l’esenzione dal
pagamento dei dazi, tasse e pedaggi in occasione dei mercati e delle principali
fiere annuali. Rivolta non diventerà mai feudo camerale, ma avrà cancellieri
inviati direttamente da Milano, che favoriranno, in piena autonomia, quella
spinta all’intraprendenza e ad alla capacità imprenditoriale che diventerà una
costante nella storia rivoltana. In quest’ottica vanno interpretate anche le
manifestazioni artistiche, ad iniziare dalla particolarità della presenza di
una volta a botte, sovrapposta alle originarie capriate. Questa è spiegabile
come una citazione dell’analogo espediente architettonico utilizzato dal
Bramante nella copertura di Santa Maria presso San Satiro a Milano,
un’architettura dunque aggiornata sulle ultime mode lombarde che denota una
committenza certamente informata. La decorazione, invece, costituisce un vero e
proprio trattato di fisiognomica, rivoluzionario rispetto alla tendenza
dominante del bello ideale di
derivazione quattrocentesca. E dietro questi personaggi che si affacciano dai
tondi, così diversi fisicamente e psicologicamente gli uni dagli altri, c’è il
genio del grande fiorentino. Ciò che colpisce nella botte è che in uno spazio
architettonico limitato vi sia una così densa concentrazione di elementi
figurativi e decorativi che creano l’effetto di una spazialità aulica. L’eccezionalità di quest’opera sta nel
fatto che qui ritroviamo una trasposizione letterale di quei precetti che
Leonardo da Vinci infondeva ai suoi allievi in merito alla realizzazione di un’opera
d’arte, contenuti nel suo ‘Trattato sulla pittura”. Leonardo consigliava ai
suoi allievi di girare per le strade muniti di un taccuino in cui registrare la
diversità di atteggiamenti, gesti, fisionomie, espressioni, fattezze ed età che
rispecchiasse la complessità dei viventi. Non solo: suggeriva anche di
ricercare in continuazione nuove tipologie, variandole ed elaborandone in modo da fissarne tutte le sottigliezze
anatomiche e chiaroscurali. Le esercitazioni sulla strada sarebbero poi servite
come un repertorio iconografico da utilizzare nella realizzazione di dipinti. Chi
affrescò la botte della chiesa di Santa Maria mostra di conoscere molto bene i
dettami leonardeschi, e ciò potrebbe derivare da una frequentazione diretta del
maestro fiorentino, e di metterli in pratica dando qui prova della sua abilità
nello sperimentare soluzioni figurative sempre nuove.
I critici che se ne sono occupati
hanno sempre interpretato i vari personaggi come profeti o sibille, Una chiave
di lettura possibile potrebbe essere l’identificare i busti clipeati con
personaggi ante litteram, fatto che consentirebbe di raggruppare tutti coloro
che in un modo o nell’altro predissero la venuta di Cristo, poi rappresentata
negli episodi sottostanti. Altra possibile ipotesi è che dietro alla
decorazione della volta ci fosse una committenza colta che volesse
rappresentare qui un tema squisitamente umanistico e attuale, quale la
riconciliazione tra mondo antico e fede cristiana, che giustificherebbe la
presenza di condottieri, eroi, imperatori. Tema questo che permetteva anche un
esercizio puramente decorativo nell’invenzione dei singoli personaggi, nel
variare le loro tipologie e fogge, mettendo in pratica i dettami leonardeschi”.
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