E' la fine di aprile del 1949.
Settant'anni fa. Le ultime macerie della guerra ingombrano ancora
parte delle strade e nelle campagne serpeggia la sanguinosa rivolta
contro le disdette dei contratti agrari, ma la necessità di
scrollarsi di dosso la polvere della tragedia è tanta. C'è voglia
di libertà, di vita, di creare una cultura diversa e nuove occasioni
di incontro e discussione. Con questo spirito un gruppo di giovani
decide di riunirsi per fare teatro come attori, registi, scenografi,
affiancandosi di tanto in tanto a qualche attore professionista, per
far conoscere a tutti gli autori italiani e stranieri più
significativi, cancellati da vent'anni di vecchia retorica ammuffita.
E' la prima esperienza di un teatro stabile cremonese, durerà poco
più di un anno, ma costituisce la tappa fondamentale per la nascita
di una serie di compagnie dilettantistiche ed amatoriali che
animeranno la cultura cremonese per cinquant'anni, permettendo la
formazione, al loro interno, di generazioni di attori destinati a
calcare i palcoscenici e le scene nazionali. Un piccolo trafiletto,
quasi nascosto, annuncia su “La Provincia” del 28 aprile 1949, la
costituzione di questo gruppo di ardimentosi, intenzionati a proporre
uno spettacolo già verso la fine di maggio. In realtà le difficoltà
sono tante da superare e bisogna attendere la fine dell'estate per
poter mettere in cantiere la prima pièce. Per il debutto si sceglie
“Sei personaggi in cerca d'autore” di Luigi Pirandello a cui si
vorrebbe far seguire “Viaggio verso l'ignoto” di Suttor Vane. Nei
mesi precedenti il sindaco Ottorino Rizzi ha fatto in modo di
concedere il patrocinio del Comune alla nuova compagnia e, andando
personalmente alla Direzione del Teatro di Roma, ottenerne il
riconoscimento di “teatro stabile della città di Cremona”. Viene
scelta come sede della compagnia e delle rappresentazioni il Palazzo
dell'arte e si individua in Gemma D'Amora la direttrice artistica.
La
D'Amora proviene dalla compagnia “Stefano Foletti” della Società
Filodrammatica Cremonese, dove nel 1942 è stata indicata come
direttore artistico in sostituzione di Umberto Palmarini dall'Opera
Nazionale del dopolavoro ed ha firmato la regia di alcuni spettacoli
in uno dei quali, “Il tuo bacio”, è comparso sulla scena il
giovane Ugo Tognazzi. E' stata successivamente oggetto di una accesa
contestazione al teatro Politeama in occasione del debutto
dell'Accademia Filodrammatica sotto l'egida dell'Enal, da lei diretta
dopo la fine della guerra, in una serata del settembre 1945 con
l'intervento della forza pubblica per la sospensione dello
spettacolo.
L'Uomo dal fiore in bocca di Pirandello, con Oscar De Marchi e Walter Benzoni (1951) |
“Di volta in volta – recita il
programma – accanto ai filodrammatici locali, si presenteranno
attori professionisti di fama, così da poter dar vita a
realizzazioni che al pregio di un'ottima esecuzione, uniscano
l'efficace originalità del nuovo esperimento”. Il repertorio
presentato alla Direzione generale del Teatro è molto ambizioso e
prevede un ciclo di rappresentazioni di notevole portata artistica:
si va da Pirandello a Shaw, da D'Annunzio a Goldoni, a Ibsen,
Anouith, Gerhi Calvino, Trieste, Salacrou, Eliot, Chiarelli, Giacosa.
Ce n'è per tutti i gusti in un caleidoscopio di nomi celebri, opere
immortali, capolavori classici ed i grandi successi contemporanei.
Come già annunciato in precedenza il debutto è affidato ai “sei
personaggi” di Pirandello e al “Viaggio verso l'ignoto” di
Sutton Vane, uno dei testi di maggior successo del teatro inglese, a
cui si lavora contemporaneamente. Lo scopo è semplice: “Riportare
il teatro al pubblico e il pubblico all'amore per il teatro. Non
rieducazione, ma desiderio vivo, come la volontà di coloro che si
prodigano per l'affermazione della coraggiosa iniziativa, di
permettere al pubblico di ascoltare buoni e nuovi lavori, senza
essere costretto ad incidere gravemente sul bilancio familiare per
assistere ad una buona rappresentazione. E ciò è molto importante,
soprattutto perchè crediamo nell'intelligenza di Cremona sempre
portata al bello, in tutte le manifestazioni artistiche, fra le quali
il teatro di prosa non è certamente ultimo”.
Gemma d'Amora si avvale, fin dagli
inizi, dell'aiuto del Gruppo Artistico Leonardo nel reperimento degli
attori, scelti tra i migliori appassionati filodrammatici della
città: assicurano la loro presenza Milli Bruni, Paola Gagnatelli,
Iris Pastori, Ferdinando Caffi, Alfredo Ricci, Marco Silvi e, per le
scenografie, il professor Fernando Palandi. Ma la compagnia stabile è
aperta al contributo di tutti quanti ritengono di avere doti di
recitazione e attitudine alla regia, attraverso una selezione che ne
metta in luce le qualità. In preparazione del primo spettacolo viene
riadattato all'uso il teatro del Palazzo dell'arte, scelto per la
messa in scena delle prime rappresentazioni. A seguire i primi passi
della Compagnia è sulla stampa Gian Galeazzo Biazzi Vergani, che
recensisce il debutto la sera di sabato, 5 novembre: “La regia di
Gemma D'Amora, aderente al testo, ha saputo presentarci un'edizione
assai decorosa, giovandosi soprattutto dell'intelligente ed
espressiva interpretazione della Gagnatelli, che delineando la figura
della figlia con toni caldi e limpidi di dizione,e con accenti
appropriatamente aggressivi ed insinuanti, si è rivelata interprete
dotata di notevoli doti drammatiche. Gemma D'Amora ha composto con
umanità la dolente figura della madre, mentre il Caffi non ci è
sembrato, specie nel primo atto, molto efficiente nella parte del
padre. Assai ben il Ricci, autorevole capocomico la Bruni, il Silvi
e tutti gli altri. Il pubblico, assai numeroso, ha applaudito con
calore, decretando il buon esito della serata. La rappresentazione è
stata preceduta da una breve prolusione di Vittorio Dotti, che,
inaugurando il teatro Stabile, ne ha illustrato le finalità e gli
scopi”.
Tuttavia non mancano le critiche: un
gruppo di appassionati, fra cui figurano i nomi più illustri
dell'arte e della cultura cremonese di quel periodo, scrive una
lettera al giornale, sottolineando quali siano le difficoltà che
incontra un teatro stabile in provincia: “I piccoli teatri sono
nati in tutta Italia col preciso scopo di fare del teatro d'arte, di
far conoscere i testi, di creare degli «attori», di impostare al
scuola di regia secondo i concetti moderni. E solo a tal fine il
Governo ha accettato di sovvenzionare i «piccoli teatri», centri
vitali dell'arte scenica, fucina autentica di attori, di registi e di
scenografi. Abbasso dunque il teatro filodrammatico? Ma il teatro
filodrammatico non è mai esistito se non nelle intenzioni di coloro
che si sono autodefiniti «dilettanti!. E sono proprio costoro che
hanno travisato la funzione dei dilettanti (e cioè dell'amatore
disinteressato), facendone un cattivo imitatore del professionista in
tutte le malizie del mestiere e perdendo di vista il compito primo:
l'amore verso il teatro non contaminato da secondi fini. Il «Teatro
stabile» di Cremona è nato con queste intenzioni? Ha pesato bene la
sua responsabilità e di fronte all'arte e di fronte al pubblico?
Presentando «i sei personaggi» si è reso conto del difficile passo
intrapreso? Ci spiace, na è necessario entrare in polemica. Il
teatro di Pirandello è mondo di poesia per chi lo sa capire, è
scoglio insuperabile per l'impreparato. Al «Teatro Stabile» non è
stato interpretato nulla ma è stato «parodiato» il pessimistico
mondo pirandelliano. Dove è andata la poesia, dove è andato il
contenuto di tragedia dei «sei personaggi»? Nulla. Di fronte ad una
recitazione piatta, disuguale, stona, il padre è diventato un
burattino mosso dai fili di un dilettantismo impacciato e vuoto. Dove
il problema psicologico che lega tutti i personaggi nel significato
più profondo di una tragedia umana? Al danno di un'opera insigne,
sciupata per incomprensione, s'aggiunge il fatto che, quella sera,
ancora una volta, imperò il cattivo dilettantismo. Problema di
regia? Quale, di grazia, vorremmo chiedere a Gemma D'Amora? Se fino
al giorno cinque novembre abbiamo creduto al «Teatro Stabile», oggi
diciamo ch'esso è una stortura, una comune filodrammatica che, sotto
il velo dell'arte, cerca di gettare fumo negli occhi del pubblico e
dell'appassionato. Basta con simile dilettantismo! Non pochi, e
probabilmente i migliori, attori non professionisti locali non fanno
parte del «Teatro Stabile»: la loro sfiducia ha suonato condanna.
Fin dal principio, per tale iniziativa. E' un difetto di competenza
che mina dalla base l'istituzione ed è alla competenza che ci si
richiama per dar vita a qualcosa che sia «stabile» non
soltanto di nome: competenza nel teatro (e serietà ed onestà e
amore) nella critica. Proposte positive e concrete oer giungere a ciò
possono e vogliono essere fatte – conclude la lettera –
Basterebbe che il Sindaco, o altra autorità cittadina a ciò
delegata, indicesse una riunione di tutte le persone che mostrano
interesse concreto verso simili problemi: e senza dubbio
scaturirebbero quelle proposte che ovviando ai presenti gravi e
denunciati difetti avvierebbero il «Teatro Stabile» verso quella
prospera e feconda vita che per l'amore all'arte e il bene dei
cittadini amanti de teatro, tutti ci auguriamo”. La lettera è
firmata dal pittore Ernesto Piroli, da Mario Monteverdi, Ugo Bassi,
Gianfranco Taglietti, Angelo Pasquali, Oscar De Marchi, dal pittore
Remo Azzini, Maspero Gatti, Mario Balestreri, Alceo Zeni, Ferruccio
Monterosso, Ermanno Calchi, Angelo Santoro, Umberto Lazzari, dal
pittore Sereno Cordani, Sergio Tronci, Ezio Dolfini, Carmelo Di
Quattro, Gian Franco Pavesi, Maurizio Corti, dal pittore Giuseppe
Guerreschi, Rodolfo De Renzi, Ugo Teschi e Sergio Pasquinoli.
Il successivo spettacolo, “Viaggio
verso l'ignoto” un testo del 1924 di Sutton Vane, messo in scena la
sera del 29 novembre conferma purtroppo tutte le perplessità: “Una
simile commedia richiedeva un flusso sottile e sapiente di
accostamenti stilistici e tonali costantemente armonizzati. Purtroppo
questa continuità è spesso mancata – scrive Biazzi Vergani – La
recitazione, specie nel primo atto, ha troppo sofferto id scatti, ed
ha denunciato una certa impreparazione. Ci hanno convinto solo Paola
Gagnanelli, dolce ed espressiva e Giacomo Negri nella ben stilizzata
parte di Scrutty. Gli altri ci sono apparsi troppo discontinui.
Pubblico ed applausi scarsamente numerosi”.
La crisi è dietro l'angolo e il
sindaco Rizzi convoca una riunione in comune, alla quale partecipano
una trentina tra attori, capocomici ed appassionati, oltre al
presidente del Teatro Stabile Vittorio Dotti per formulare proposte
destinate ad elevare il livello artistico della Compagnia, che,
peraltro, non ha ancora ricevuto dal Ministero dello Spettacolo il
contributo finanziario indispensabile per proseguire nell'attività.
La discussione è accesa ed i pareri sono diversi e divergenti, ma
nessuna delle proposte formulate viene accolta. Per cui si decide di
convocare un nuovo incontro ristretto tra direttori artistici e
critici teatrali per trovare una soluzione che porta a risultati
concreti. Nel frattempo Gemma D'Amora tenta una nuova carta
proponendo la sera del 21 gennaio 1950 “Come le foglie” di
Giuseppe Giacosa nel cinquantenario della prima rappresentazione, con
i soliti attori del gruppo: Celeste Ghiraldi, Milly Bruni, Gemma
D'Amora, Giacomo Negri, Alfredo Ricci, Marco Silvi, Pina Bodini,
Paola Gagnanelli, Iris Pastori, Fernanda Monteverdi, Vittorio
Manfredini, Adriano Bignami e Adele Bianchi. Il risultato è in linea
con i precedenti e di conseguenza, la sera del 3 febbraio, si
ritrovano nuovamente attori ed appassionati per risolvere il
problema. Alla riunione partecipano i rappresentati della varie
compagnie, “il Gruppo artistico Leonardo”, la “Filodrammatici”
e la “U.O.E.I”, con un ospite illustre: Adriano Vercelli,
direttore artistico del gruppo milanese “la Giostra”, invitato da
alcuni appassionati su segnalazione del direttore del Piccolo Teatro
Paolo Grassi. Si studia la possibilità di istituire un centro di
cultura teatrale in cui fare confluire i migliori elementi di tutte
le compagnie cittadine, allo scopo di elaborare un repertorio
teatrale selezionato secondo gli indirizzi culturali più moderni.
Vercelli mette anche alla prova gli attori presenti all'incontro per
verificarne le capacità. Il nuovo corso prevede una serie di
conferenze tenute dallo stesso Vercelli, che porta a Cremona la
compagnia “La Giostra” con il Saul di Vittorio Alfieri, in
occasione del secondo centenario dalla nascita, conferenze di Mario
Apollonio e Alessandro Pellegrini, mentre il Teatro Stabile con “La
Giostra” mettono in scena “L'assassinio nella cattedrale” di
Eliot, cui dovrà seguire “Il ventaglio” di Goldoni proposto dal
solo Teatro Stabile. Nel frattempo in senso al teatro Stabile
iniziano i corsi dell'accademia drammatica con lezioni di dizione,
storia del teatro e attività teatrale pratica ed il coinvolgimento
della Società di Lettura e del Leonardo. La sera del 6 maggio 1950
si tiene presso il Teatro Filodrammatici per iniziativa del Teatro
Stabile la prima rappresentazione de “L'assassinio nella
cattedrale” interpretata dalla compagnia “la Giostra” diretta
dallo stesso Vercelli con interprete principale Mario Pogliani a cui
segue il 3 giugno il “Saul”. In luglio iniziano le lezioni di
dizione tenute da Mario Monteverdi. Ecco come si svolgono: “Brani
poetici del Foscolo, e del Leopardi hanno fatto vibrare la
sensibilità artistica di questi studiosi dell'arte del «dire».
Ognuno, dopo aver espresso il proprio punto di vista sul brano
poetico, non come critica, ma come personale sensazione, deve,
attraverso una lettura guidata dalla sensibilità intuitiva, dare
agli altri, restituire quasi, la sensazione ricevuta. Lo sforzo è
ammirevole: in alcuni più spontaneo e naturale, in latri meno.
Comunque c'è passione per l'arte; e passione pura è quella del
maestro che li guida e che coglie tutte le sfumature per correggere,
per incoraggiare; per preparare la base dell'arte del palcoscenico;
una dizione perfetta, senza la quale lo sforzo sarebbe vano”. Alla
ripresa dell'attività in settembre il quadro si è modificato. Fin
dalla sua nascita il teatro Stabile ha sempre avuto difficoltà
economiche, al punto che non può sostenere le spese per il regista,
mettendo a rischio anche le future rappresentazioni. Viene in
soccorso il “Gruppo Artistico Leonardo” proponendo una
convenzione con cui si accolla il pagamento del regista e delle
prossime rappresentazioni, offrendo i suoi locali per le riunioni, le
prove ed i corsi di dizione, in cambio il teatro Stabile aggiungerà
alla dicitura “con il patrocinio del Comune” quella di “e con
l'ausilio del Gruppo Artistico Leonardo. Prima tessera di socio
onorario del Leonardo è per il presidente dello Stabile Vittorio
Dotti.
L'esordio del nuovo Teatro Stabile
avviene il 31 marzo 1951 nel teatrino del Gruppo Artistico Leonardo a
palazzo dell'arte con “L'uomo dal fiore in bocca” di Pirandello
diretto da Vercelli, presentato in due versioni, una romantica e
l'altra surreale, come saggio degli allievi della scuola di
recitazione. Tra di loro compaiono i nomi di due giovani interpreti
che poi faranno la storia del teatro cremonese: Oscar De Marchi e
Walter Benzoni. Positivo il giudizio di Gian Biazzi Vergani, seppure
con qualche riserva sull'allestimento in chiave “surreale”: “Il
modo in cui lo ha reso Vercelli è stato indubbiamente efficace, ma è
logico che quando uno dei due fantocci-uomo, che vive in astratto al
di là del reale la propria sofferenza e la sofferenza di tutta
l'umanità, cita ad esempio Avezzano e Messina, l'incanto della
surrealità si rompe. Lo spettacolo è piaciuto anche per la
interpretazione che ne hanno dato Oscar De Marchi, un vero attore,
che ha gusto, sensibilità ed intelligenza, che sa il valore delle
pause e conosce il senso della misura, e Walter Benzoni, sempre
felicemente presente all'azione. In un certo senso, la loro
recitazione predisposta nei più minuti particolari dal regista era
più facile di quella di altri interpreti «romantici». I quali
erano abbandonati a loro stessi con una parte difficile, senza
azione, e scarsamente teatrale, tutta da sostenere in una
dialogazione che non può fruire di mediazioni, e che richiede
esperienza e consumato mestiere. Tortini, nella parte dell'«Uomo dal
fiore», ha recitato con impegno dando anche a vedere di avere buone
doti. Ma non è riuscito a liberarsi da una veste o meglio da una
sovrastruttura scolastica per donare estro e originalità al
personaggio. Vi sono però in lui le possibilità di divenire un buon
attore. Maggiore naturalezza, maggiore spigliatezza e verosimiglianza
invece nella figura dell'avventore Augusto Ferragni”,
Ma la situazione resta difficile, come
annota nell'ottobre 1951 il presidente del Gruppo Artistico Leonardo
Palandi, sotto la cui egida opera ormai il Teatro Stabile: “Il
Gruppo Artistico Leonardo e il teatro Stabile anche quest'anno
faranno ogni sforzo per attuare un programma di attività culturale,
pur dovendo superare gravi ostacoli quali la situazione finanziaria,
l'apatia del pubblico, e delle autorità ed altri”. Gli fa eco il
segretario del Teatro Stabile Feroldi: “Stiamo preparando un
programma che posa figurare con qualche decoro, ma lavoriamo, come
ella ha ben compreso (si riferisce a Gian Biazzi Vergani, ndr),
troppo...soli. Sentire però che qualcuno guarda con interesse al
nostro lavoro ci dà speranza e nuova lena”. Ma nel programma
culturale 1952/53 del Gruppo Artistico Leonardo, la prima stagione
organizzata nelal nuova sede nel palazzo dell'arte nei locali
lasciati liberi dalla Società di lettura, l'attività del Teatro
Stabile diventa marginale a causa della mancanza di uno spazio
teatrale vero e proprio che ha già costretto la compagnia a recitare
altrove. Tuttavia, pur con queste difficoltà, si programma la
rappresentazione di “Assassinio nella Cattedrale” di Eliot, “Le
donne curiose” di Goldoni, “Enrico IV” di Pirandello e “Le
notti dell'ira” di Salacrou. “Assassinio nella Cattedrale” vien
dato la sera del 24 gennaio 1953 al teatro dei Filodrammatici con la
regia di Edoardo Vercelli, riprendendo la precedente edizione con “La
Giostra” con grande successo di pubblico. Alcuni giovani del teatro
Stabile e della Compagnia di prosa del Gruppo Artistico Leonardo
collaboreranno poi con il Circolo Zaccaria per la messa in scena di
una Sacra rappresentazione nella Pasqua di quell'anno. Ma sarà il
canto del cigno del Teatro Stabile, destinato a restare l'unico
tentativo di un'esperienza teatrale di livello professionistico a
Cremona.
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