Pianta di Cremona con i medaglioni di Eugenio di Savoia e del Villeroy |
Fu una giornata memorabile quella del 1
febbraio 1702, talmente unica che l'episodio che la caratterizzò,
nonostante si fosse trattato di un fatto d'arme secondario nel
contesto della guerra di successione spagnola, rimase noto nella
memoria storica come la “Sorpresa di Cremona” e fu oggetto di un
numero indefinito di scritti e ricostruzioni illustrate. A
determinarne l'unicità furono le modalità da cui nacquero le
scaramucce, che per un'intera giornata opposero gli eserciti
franco-ispani da una parte e imperiali con i loro alleati guidati dal
principe Eugenio di Savoia dall'altra, davanti ai cremonesi
esterrefatti e rassegnati. Gli austriaci riuscirono a penetrare nella
città, occupata da un distaccamento francese, senza colpo ferire nel
corso della notte, grazie alla complicità del parroco della chiesa
di Santa Maria Nuova don Giovanni Battista Cozzoli, il quale aprì ai
soldati un passaggio sotterraneo che dalla chiesa conduceva nella
Cremonella e da lì oltre la cinta muraria. Quella che riportiamo è
la descrizione dell'episodio riportata da un testimone oculare a
distanza di circa un anno dal verificarsi dei fatti, come si può
dedurre da un passo dell'autore. E' contenuta in un manoscritto
anonimo conservato nel fondo della Libreria Civica di Cremona,
proveniente dalla collezione Ala Ponzone (Aa.2.24) e costituisce, con
ogni probabilità, il primo resoconto dettagliato dello scontro e la
principale fonte da cui trassero notizie tutti quegli autori che in
seguito se ne occuparono, tra cui Lorenzo Manini. L'importanza del
piccolo fascicolo, sui cui campeggia la dicitura “Assed del
principe Eugenio”, è confermata dalla bellezza della legatura, che
il marchese Sigismondo affidò al libraio milanese Luigi Lodigiani,
il quale ne parla in una lettera del 27 novembre 1825 ritenendolo
“foglio manoscritto del principe Eugenio”. In realtà, pur
attingendo a una relazione “scritta per quanto si può credere nel
campo Imperiale”, l'autore è sicuramente un altro. Vincenzo
Lancetti nella sua “Biografia cremonese”, riprendendo la notizia
dalla “Guida storico sacra” del Grasselli, ricorda che Francesco
Arisi, uno dei protagonisti di quella memorabile giornata in qualità
di “Conservatore” della città, aveva scritto un opuscolo rimasto
inedito intitolato “Storia della sorpresa di Cremona fatta dal
principe Eugenio nella notte del giorno I febbrajo 1702”, di cui lo
stesso Grasselli avrebbe posseduto la copia, ma andato perduto.
Potrebbe essere questo? Eccolo.
La prima pagina della cronaca manoscritta del 1703 |
Relazione del successo in Cremona il
primo giorno di Febraio 1702
In poca distanza della casa parochiale
di Sta. Maria Nuova evvi un aquadotto che noi chiamiamo volgarmente
chiavica il quale scarica l'acqua della Contrada nella fossa
circostante la città mediante un apertura con sua crata di ferro
fatta nella muraglia della città stessa verso tramontana. Habitava
in questa casa il parocho della chiesa sod.a chiamato d. Gio. Batta
Cozzoli oriundo dal teritorio di Brescia. Haveva questi fra gli altri
un fratello di lui minore, chiamato Antonio costretto per diversi
debiti, dopo una lunga prigionia l'assentarsi da Cremona e girne
ramingo à cercare in altro clima il modo di vivere come in fatti
capitato ad assoldarsi nell'Armata Imperiale che di presente occupa
gran parte de luoghi circonvicini, pensò unitamente col prete di dar
Cremona in mano del soddetto Principe Eugenio Generalissimo di
quest'armata, e suggerendoli che per lo stesso aquadotto col levare
l'impedimento della crata di ferro e far poscia un forame
corrispondente alla cantina di detta casa in distanza solo di tre
braccia si potevano introdurre i soldati imperiali di notte tempo, si
concertò di così esseguire con lo stesso detto Principe Eugenio e
tanto più perchè dal tempo ch'era partita dalla città la
Cavalleria dragona dello stato non si mandava più di notte a battere
la strada.
Il Sabbato adonque 28 del mese di
Gennaio prossimo scorso alla mattina, per quanto si è discorso, ed è
probabilissimo, otto minatori imperiali travestiti da contadini con
alcuni buoi entrarono nella città sotto pretesto di vendergli sul
mercato, che pure è in pochissima distanza dalla casa del Prete, qua
in hora opportuna senza che alcuno se ne avvedeva, si portarono in
detta casa ed invi si diede principio e si continuò a lavorare per
far l'apertura che dalla cantina passasse all'aquedotto com'in fatti
seguì, indi si ruppero le pietre congiunte alla cinta di ferro in
maniera di levarla subito nell'occorrenza premeditata.
Quello ch'è degno di meraviglia in
questo punto si è che essendo quasi del tutto coperta dal fango
della fossa la bocca e la crata di ferro della chiavica, ottenne il
prete licenza da d. Diego di Concia Vice Governatore della città
sotto pretesto che tale otturamento facesse rigurgitare l'aqua ed
innondar la cantina di farlo scoprire facendosi avanti un canale alto
due brazza incirca e longo dieci che servì poi di più facilità
all'ingresso che si dirà.
Datosi aviso dal Prete al detto
Prencipe Eugenio che l'apertura era in ordine fece S.A. (come si può
leggere in una relazione di questo fatto scritta per quanto si può
credere nel campo Imperiale) il di 31 genn.o unire nelle vicinanze
d'Ostiano sotto pretesto di voler rilevare la linea più esposta del
fiume Oglio verso Cremona, 2500 fanti e 1200 cavalli, nel qual tempo
da contorni di Mantova dov'esso haveva fatto il giro col Signor
Prencipe di Comerci per non dar alcun sospetto della mossa delle loro
persone, capitorono segretamente in una cassina fuori di Ostiano
verso la sera del detto giorno, e trovate già le disposizioni delle
truppe dal sig. maresciallo Guido di Starembergh e dal detto generale
marchese Annibale Visconti cavagliere milanese opportunamente
rinfrescate sul primo imbrunire della notte con ogni maggior silenzio
a diligenza possibile fattole passare il ponte sopra l'Oglio col
beneficio della notte oscura si cominciò la marchia assegno che due
hore avanti giorno giunsero tutti i signori generali ch'erano alla
testa di quel distaccamento vicino al convento de P.P. Capuccini,
senza che veruna persona se ne accorgesse, e qui attese tutte le
truppe ed unitele ne campi contigui un hora e mezza avanti giorno,
levatasi la ferrata all'imboccatura dell'Aquedotto, e posti alcuni
assi sopra il piccolo ramo dell'aqua che scorre in detta fossa
cominciò ad entrare il detto d. Offman Sergente Maggiore del
Reggimento Svinch con una compagnia de Granatieri e 200 altri fanti,
indi seguì l'entrata con altre tanti soldati del detto marchese
Nazari Novarese sergente maggiore del Regimento d'infanteria di
Lorena. Seguirono a questi il suddetto comandante di Kopstein con
simile comitiva nel buio della notte, mancatagli l'orma di quelli
ch'erano avanti di lui, fatto ciò avertiva fu subito scortato dal
suddetto Baron Vazel tenente colonello d'infanteria venturiera,
mentr'esso Barone era già stato il primo a riconoscere la detta
apertura, a se il tutto era in stato di potersi eseguire.
Eugenio di Savoia (Jacob van Schuppen, 1718) |
Spuntava di già il giorno che lo
stesso conte di Kopstein proseguì l'entrata con la sua gente, e in
questo tempo si fece avanzare il conte di Merci tenente colonnello a
cavallo del Reggimento di Lorena con 200 cavalli verso la porta
Margherita, ch'era quella si doveva sforzare ed aprire dalla fanteria
per di dentro, dopo detta cavalleria seguitò il Baron Schulzer
tenente colonnello del Reggimento Svinch con una compagnia de
Granatieri ed il rimanente delli 2500 fanti col signor generale
Orbesthein dopo del quale seguirono il signor generale Visconti alla
testa della Cavalleria, la quale consisteva oltre li 200 comandati
dal comandante Merci in altri 350 corazieri del Regimento Taff
comandati dal Barone di Fraibergh tenente colonnello con li timbali e
sei stendardi ed in altri 350 pure Corazieri del Reggimento Nesburgo
comandati dal signor d'Opprè sergente maggiore con altre tanti
timbali e stendardi.,
Uscito dalla detta casa dov'era
nascosto l'Offman allo spuntare del giorno si portò con la sua gente
secondo la sua comissione a sforzar per di dentro la porta Margherita
il che gli riuscì felicemente havendo tagliata a pezzi la guardia di
quella rotti li rastelli a la porta alzato il ponte levatoio e
respinti altri soldati armati che dalle caserme vicine accorsero al
rumore.
Nello stesso tempo il marchese Nazari
si portò ad attacare il corpo di guardia francese della Piazza
picola, del quale a forza di granate gettatevi dentro se ne impadronì
con una strage vicendonala, prendendo ancora i pezzetti di cannone da
campagna vuoti che là si trovavano, indi si fece aprire il palazzo
del signor senatore podestà lasciandovi una guardia di 150 uomini, e
poco dopo quello della città lui contiguo.
Il conte di Kopstein che doveva con la
sua gente portarsi a drittura alla casa del sig. con. Alessandro
Schinchinelli per attaccare il corpo di guardia del sig.r Maresciallo
conte di Ravel ivi alloggiato, e del Vice governatore della città,
che habitava in altra casa poco distante havendo smarrita la guida,
fuggitali per lo timore delle archibugiate non trovandone altra, si
portò accidentalmente alla Porta d'ogni Santi, attaccò la guardia
di quella, e se ne impadronì restandovi in questa azione alcuni
morti e feriti si dall'una come dall'altra parte, costretto poscia ad
abbandonarla dal gran fuoco che fecero questi soldati francesi.
Apertasi la porta Margherita entrò a
tutto trotto il Conte di Mercy con li suoi 200 cavalli il quale
condotto dal marchese Nicolò Pallavicino Cap. del Reggimento
Visconti corsero a drittura alla Porta del Po dove seguì una
terribile scaramuccia con ucisione d'amendue le parti impadronendosi
gli Alemanni di sedici pezzi di cannone ch'erano delle due batterie
di Santo Salvatore e di S. Lucia, dando il segno con un tiro di
cannone caricato da essi con grande stento per haverli trovati tutti
voti al signor Principe Carlo Tomaso di Vaudemont secondo il
concertato, affinchè sapesse essere già gli Alemani in Cremona, e
subito attaccasse con li 3 mila uomini che aveva seco alla punta del
giorno, la testa del ponte sovra il Pò fabricatasi da Francesi; ma
la sua infanteria non essendo per anche gionta per la pessima strada
non poté esseguirlo, e i Francesi comandati dal Baron Suthzer non
potero giungere così presto alla Porta del Pò come i primi cavalli
per forzarla ed aprirla indi guadagnare il ponte che fu disfatto da
Francesi nello stesso tempo, per dare il passo franco al soccorso
delli 3 mila uomini che oltré il Pò erano col detto sig. Principe
havendo il sodetto Barone smarrita la strada per la città assai
grande, fuggendo la guida per la tema delle moschettate che volavano
in ogni parte.
Francesco Arisi |
Dopo tre vigorosi attacchi delli primi
200 cavalli alla guardia di quella porta dove eran gl'Irlandesi, li
quali tutti dalli quartieri vicini valorosamente n'accorsero in
numero di 1000, o più occupando anche la casa vicina a quella
convenne agl'Alemani di ritirarsi si dalla porta, come dalle due
accennate batterie.
Verso le hore sedici si portò sulla
piazza piccola il signor Prencipe di Comercy e fatto chiamare il
signor Senatore don Gio. Galeazzo Visconte Podestà della città
nella quale non erano più di venti giorni che haveva principiato la
sua Pretura, gli fece istanza che facesse publicare subito un editto
col quale si comandasse a tutti li cittadini di prender l'armi a
favore dell'Imperatore, e che si scacciassero li Francesi offerendoli
migliori trattamenti, e per lo contrario minaciando sangue e fuoco
quando non si fosse esseguito ciò che voleva. Si scusò il detto
Senatore che non si potesse far tal editto a vista del presidio
francese che generosamente si difendeva e ch'era necessario che
venisse qualche parte de consiglieri della città per consultare con
essi una materia tanto importante, mà per lo gran fuoco che si
faceva per la città non potè unire che li signori Pietro Antonio
Lodi, Cap. Sforza Picenardi, Ludovico Ferrari e detto Francesco Arisi
Conservatore degl'ordini della Città che si fermarono sin alla
mattina seguente col medesimo sig. Podestà. Vi furono pure li
signori maresciallo di campo Sigismondo Cambiaghi e cap. Giacomo
Sforzosi, ma poco vi si trattennero essendo precorsa la voce che il
signor marchese Gio. Francesco Ugolani nel portarsi al pretorio con
due tubatori della città era stato condotto da una truppa francese
nel castello; partito il signor prencipe di Comercy non mancavano di
quando in quando altri generali ed officiali maggiori di portarsi al
Pretorio facendo istanza anche con minaccie vigorose per haver fieno
per i cavalli, e perchè se gli approntassero delle barche per far
portare i fanti del Prencipe di Vaudemont, volevano botti e barili
per far trinciere, zappe, badili, polvere, palle legna e 10 mila
razioni di pane per la mattina seguente, con tutto ciò si
contentarono solo di un poco di fieno e di legna trovati in poca
distanza della detta piazza picola, proverandosi di aquietarli ora
con una scusa, ora con l'altra, e che per il pane si haverebbe
procurato di sodisfarli, ma dio benedetto fece che verso mezz'hora di
notte improvisamente gli Alemani abbandonarono i posti, ed uscirono
dalla città, non essendosene alcun avveduto fin alle due della
notte, nel quale tempo da Francesi furono ripigliati e la porta
Margherita, ed il corpo di guardia della piazza picola.
Questa orribilissima giornata nella
quale da una parte, e dall'altra durò il fuoco più vigoroso fino
alle hore ventiuna fra le altre imprese, fu considerabile la presa
fattane dal signor maresciallo di Villeroy qui Generale Comandante
verso le ore 4 nella contrada detta de Mercanti vicino alla piazza
picola dal cap. Magdanelli Irlandese del Reggimento Bagni, mentre a
cavallo andava in traccia della sue truppe.
Fu pure mortalmente ferito e fatto
prigioniero il Tenente Generale Marchese di Crenan ma lasciato in
Cremona sulla sua parola a curarsi, mortò poscia fra puocho, e
sepolto nella chiesa di S. Vito mentre aveva l'alloggio nella casa
del sig. Marchese Bartolomeo Ariberti ivi poco distante.
Il Maresciallo di campo m. di Mongon
volontariamente datosi prigioniero havendo fatto lo stesso il
Maresciallo di Croy.
Il Governatore della Città don Diego
de Concia ferito vicino a porta d'Ogni Santi, e spogliato, morì due
giorni dopo l'azione ma non fu compianto da nessuno per la sua
maniere troppo severa nel governare.
Diversi altri officiali Francesi di
stima sono morti si nel conflitto come doppo l'azione e frà gl'altri
il Colonello di Vestò, il suo sergente maggiore il tenente colonello
del Reggimento di Fimarcon, il cavaglier Lalama Capitano del detto
Regimento.
In Ostiano oltre il maresciallo di
Villeroy condottovi dal Baron Schatin Capitano del Reggimento di
Neoburgo scortato da 30 cavalli si toccano prigionieri marchese di
Grigny Intendente generale preso dagl'Alemani nella casa del sig.
comandante Galeazzo Crotti dove aloggiava, il tenente colonnello
marchese de La Luciar, il sergente maggiore d'Overgne, il sergente
maggiore marchese d'Estrina, marchese de La Brosse pur sergente
maggiore e il cavaliere Desy Agiutante Maggiore, il sergente maggiore
della Vechia marina ed altri officiali di riguardo, oltre i signori
capitani e 45 tenenti, ed altri subalterni al numero di 80; soldati e
servitori 455.
Molti altri officiali feriti sono morti
dopo il conflitto, come pure soldati semplici trà il combattimento,
e dopo almeno 500.
Più nella relazione mentoata si dice
haver presi gli Alemani à Francesi sei stendardi, due timbali, oltre
un gran numero de cavalli senza quelli levati dalla scuderia del
marescial di Villeroy, presero pure nelle case dove allogiavano gli
officiali argenterie, denari e bagagli essendone molti rimasti
spogliati del tutto.
Dagli officiali Alemani sono restati
morti il comandante Leininghen colonello d'infanteria che l'anno
prossimo scorso haveva desertato dal servizio di S.M.Cat. amazzato
nel vigoroso attacco della porta del Po il sodetto Barone di
Fraibergh, il signor di Lether capi del Reggimento Taff, il signor
d'Etfort capitano del Reggimento de Corazieri di Lorena, il capitano
Scaglin del Reggimento Suintk d'infanteria, il barone Volzoghen
capitano del Regimento di Lorena d'Infanteria.
Tenenti di cavalleria e infanteria n. 8
alfieri n. 4 altri sotto ufficiali n. 20 Soldati gregarij di
cavalleria ed infanteria n. 200 incirca e 100 feriti.
Officiali prigionieri il detto Barone
di Mercy ferito, col suo tenente pure ferito che morì alcuni giorni
dopo il sig. capitano Mars capitano del Reggimento Lorena di
Cavalleria ferito, il detto capitano Magdanelli Irlandense, quello
che fece prigione il signo Maresciallo di Vellory, essendosi avanzato
per indurre gl'altri Irlandesi a rendersi agl'Alemani fu arrestato
anch'esso, ma pochi giorni dopo in grazia del detto Maresciallo
liberato.
Soldati Alemani prigionieri n. 300 la
maggior parte de quali trattenutisi nell'osteria, per non essere
notiziati della montria improvisamente fatta come si è detto di
sopra. Altri officiali, o soldati feriti furono condotti ad Ostiano
al n. di 50 incirca.
Il numero donque de morti tra l'una e
l'altra parte ascende incirca al numero di 700. Tra quali 158 ne
furono fatti levare dalla strada dall'Officio della sanità per
sepelirli nella fossa che fu fatta l'anno prossimo scorso fuori della
città per sotterrare i morti di questa truppa, altri molti ne furono
sepolti in diverse chiese e luoghi vicini à terrapieni, ed in
particolare nella detta chiesa di S. Maria Nuova, e di S. Michele
dove segui la maggior strage, fu pure in gran fuoco verso la porta
Mosa S. Salvatore, e in quei contorni alla porta del Po, fra la
piazza grande e piccola dove si numerarono centa cadaveri, molti pure
se ne contarono nella Contrada di S. Nazaro, dell'Incoronata e della
Trinità, furono pure fatti gettare al fiume cinquanta e più cavalli
trovati morti per la Contrada.
In un fatto d'armi così fiero, e
sanguinoso rimase intatto gran tratto della città quanto si è dalla
strada di S. Ellena, di S. Agata, fino alla porta di S. Luca, e di S.
Agostino al castello e quello che fu miracoloso si è che non fu
ucciso alcun de cittadini toltine un laché ed un sguattiro de'
monsignor Alessandro Croce vescovo della città, che spinti dalla
curiosità portatisi sopra d'un alto tetto del Vescovato ed osservati
dagli Alemani dubitando d'essere offesi anticiparono i colpi da quali
furono uccisi nello stesso luogo.
Il signor prencipe Eugenio si tratennè
tutto il tempo che stette in città in una casa vicina a Porta
Margherita havendo lasciato fuori della detta porta, e in poca
distanza un squadrone del Regimento di Neoburgo comandato dal signor
marchese Malaspina capitano più anziano di quel Regimento per
opporsi a chi havesse voluto attaccare la detta porta per di fuori et
il Regimento d'Ussari del colonello Paolo Diach.
Della partenza improvisa degli Alemani
si dicono molte cose, ma perchè patiscono molte eccezioni si
tralasciano, non è però da omettersi la lode dovutasi alla nazione
Francese che in questa inaspetata emergenza (concioche gli uni si
nascondessino molto bene né monasteri e nelle case de cittadini) si
portò così valorosamente combattendo la maggior parte senza i loro
capi che rimasero ne primi cimenti o morti, o feriti o prigionieri.
Il prete Cozzoli fuggi dalla città per
la detta apertura havendo lasciata la casa piena alla discrezione di
questo presidio che oltre il sacco datole l'ha dirocata da fondamenti
restando pur la chiesa da cui d'ordine di monsignor vescovo furono
levate le cose sagre, e mutata in un corpo di guardia, non si manca
da superiori di far il processo contro del detto prete, che solo vi è
toccato colpevole di questo fatto da cui ne sono partorite tante
ruine.
Copia della lettera scritta alla Città
di Cremona dal signor don Antonio De Ubilla e Medina segretario del
Dispaccio Imperiale di S.M. Cat. tradotta dallo spagnolo in italiano.
Essendo giunto a notizia del Re N.S.
(che dio guardi) il successo occorso in questa città il giorno primo
di questo mese con l'occasione delle truppe Alemane che vi
s'introdussero per sorprenderla, come pure certificato dal valore e
dalla costanza con la quale le SS.VV. Si sono mantenute fin tanto che
sono state scacciate dalla città lasciandola con tal mezzo libera da
somigliante attentato, mi comanda S.M. Che io dia alle SS.VV. in suo
Real nome (come esseguisco) le più speciali gratie per la fedeltà e
zelo che le SS.VV. han manifestato in questa occasione, assicurando
le SS.VV che S.M. Terrà molto presente questo servizio per honorare,
e favorire le SS.VV.con ispecialità in quanto si stimerà possa
essere della maggior consolazione e sodisfazione delle SS.VV. Nostro
Signore conservi, e guardi le SS. VV in tutta felicità come
desidero. Barcellona 22 de febraio 1702.
Sottoscritto d. Antonio de Ubilla
Medina
In calce signori della città di
Cremona”
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