martedì 24 novembre 2015

Quando Cremona sognava in grande, 11 aprile 1965


Memorabile quella giornata dell’11 aprile del 1965: due ministri per l’inaugurazione di due grandi opere, l’ospedale Maggiore e la Centrale del Latte. Una terza rimasta nel cassetto: l’aeroporto Stradivari ed un’altra che si sarebbe realizzata solo qualche anno più tardi: l’autostrada Torino-Piacenza-Brescia.
Era il sogno della grande Cremona che prendeva corpo.
Qualche anno prima, il 2 ottobre 1960, il presidente Gronchi aveva simbolicamente scoperto il cippo che segnava l’inizio dei lavori per la realizzazione del porto fluviale. Cinquant’anni dopo solo l’Ospedale Maggiore è rimasto, e non è mai stato definito il destino di quello vecchio, la Centrale del Latte è diventata poi una discoteca, cioè che resta del sogno dell’aeroporto “Stradivari” è stato venduto a poco più di un milione di euro e il porto langue.
Ma allora l’entusiasmo era alle stelle. In un primo momento sembrò che i ministri destinati al rendez-vous cremonese fossero addirittura tre: il ministro Giacomo Mancini, quello per i rapporti con il Parlamento Giovanni Battista Scaglia e dell’agricoltura Mario Ferrari Aggradi.
Venne Scaglia accompagnato dal ministro alla sanità Luigi Mariotti, ma fu un giorno indimenticabile e irripetibile. Di cui non era sfuggita l’importanza: “Questo ci sembra essere il momento buono per lo sblocco di talune situazioni di disagio che da tanto tempo andiamo denunciando – scriveva il giornale “La Provincia” - che si dica una volta per tutte che Cremona non deve ancora restare il ‘Meridione della Lombardia’ e che devono anzi essere risolte tutte le pregiudiziali per una rinascita che proprio dagli organi centrali della burocrazia statale deve avere l’avvio ed il consenso”. 
La posa della prima pietra dell'Ospedale
Un gruppo di mattoni dell’antico ospedale di San Facio è stato posto nelle fondamenta del nuovo nosocomio sorto in via Giuseppina. Nel grandissimo cantiere era stato deposto il plastico che raffigurava il progetto ed il momento veniva definito “storico”.
A ricevere quella mattina i due ministri il presidente del consiglio di amministrazione degli Istituti Ospedalieri Emilio Priori.
Priori aveva fatto presente le difficoltà della realizzazione: se ne era iniziato a parlare ottant’anni prima, nel 1883, qundo risultò chiaro il problema di ampliare e ricostruire il vecchio ospedale di Santa Maria della Pietà, ma le varie fasi di riforma del vecchio stabile si erano concluse solo due anni prima, il 9 maggio 1963, quando il consiglio di amministrazione aveva approvato il progetto esecutivo e l’8 giugno del 1964 aveva consegnato i lavori all’impresa che avrebbe realizzato il primo lotto.
In un primo tempo non venne presa in considerazione l’ipotesi di utilizzare una parte del patrimonio dell’ente, ma poi, essendosi ridotti gli oneri dell’assistenza sanitaria a carico del Comune, poteva “essere preso in considerazione il ricorso al patrimonio o meglio una trasformazione del patrimonio stesso che da capitale scarsamente fruttifero si sarebbe trasformato in un patrimonio tanto cospicuo nella sostanza quanto estremamente necessario nella forma: il complesso del nuovo ospedale generale”. Poi aveva accennato al fatto che il piano di finanziamento era stato superato dall’aumento dei costi, per cui era era stato revisionato e aggiornato, ecco perchè si chiedeva alle autorità centrali di venire incontro alle difficoltà con un aiuto che doveva essere “diluito nel tempo, per il rimborso, e con tasso minimo di interesse o addirittura senza interessi” per venire incontro “alle difficoltà che si sono create, ponendo in dubbio la possibilità dell’Ente per una completa copertura della spesa, contrariamente alla ritenuta sufficienza di ieri”.
Sul cantiere del nuovo ospedale

Il ministro Mariotti, da parte sua, aveva assicurato l’interesse del governo: “L’impegno del Governo è pesante e grave, ma non si mancherà di passare dalla fase caritativa, che ha luminose tradizioni che continueranno, all’obbligo dello Stato”.
La gigantesca gru prese allora la prima pietra e la collocò nel punto prestabilito, “cioè subito oltre quello che sarà il grande atrio al piano di sotto del primo tratto del corpo intermedio”. Il cantiere del nuovo ospedale dovette suscitare grande impressione: “L’opera è veramente grandiosa e per capirne la portata basterà recarsi nell’area che gli stessi istituti hanno acquistato nei pressi di S. Sigismondo. Siamo ancora al primo lotto, per complessivi tre miliardi, ma l’imponenza dei lavori di fondazione, le opere in calcestruzzo già effettuate danno, anche al profano, una esatta idea della maestosità dell’edificio che sorgerà fra quattro anni. Un edificio modernamente concepito a forma di ‘x’, immerso in un grandissimo parco e in amene zone a verde che sono già state create per cui al momento del funzionamento dell’Ospedale, le piante potranno già dare ombra. L’Ospedale sorgerà su oltre 290 mila metri quadrati, con 1.250 posti letto. Sarà il più moderno d’Italia continuando così l’opera veramente benemerita della stessa comunità cremonese che volle, verso la metà del XV secolo, riunire in un unico organismo, tanti piccoli enti ospedalieri che adempivano, in misura frammentaria, alla loro funzione. Così nel 1452 l’ospedale ha potuto, grazie alla generosità dei cittadini, subire notevolissimi ampliamenti. Oggi l’opera è quindi il coronamento di secolari attività benefiche”.

Con altrettanto entusiasmo venne inaugurata lo stesso giorno la Centrale del Latte. Nel 2006 il marchio “Centrale del Latte Cremona” è stato ceduto in uso per la durata di quindici anni alla Società Agricola Cooperativa “Latte Cremona” in qualità di capo-gruppo di un raggruppamento temporaneo d’impresa costituito da cooperative del settore, (Latte Cremona soc. coop., capo gruppo, Latteria di Soresina soc. coop., Latteria P.L.A.C. soc. coop., Latteria di Piadina soc. coop., Latteria Ca’ de’ Stefani soc. coop., e Latteria Ca’ de’ Corti soc. coop.) dietro versamento di un corrispettivo pari al 5,3 % dell’utile annuo di bilancio, realizzato attraverso la commercializzazione dei prodotti a marchio “Centrale del Latte Cremona”, che non dovrà comunque essere inferiore a 50.000 all’anno per un importo complessivo presunto pari a 750.000 euro.
Una corsia del vecchio ospedale di S. Maria della Pietà

La solenne inaugurazione era stata preceduta da un convegno nel salone dei quadri del palazzo comunale con la presenza di Carlo Alberto Ragazzi, presidente dell’associazione nazionale ufficiali sanitari d’Italia, die due ministri Scaglia a Mariotti, dell’avvocato Ghisalberti, presidente della Provincia, accompagnati dal vice presidente del senato Zelioli Lanzini e dai due parlamentari cremonesi Lombardi e Zanibelli. Era stato l’assessore Berto Rossi a spiegare le motivazioni che avevano indotto il Comune a decidere nel 1961 di approvvigionarsi di latte indenne da Tbc fornito dal Consorzio produttori latte alimentare danno avvio al progetto per la realizzazione della nuova centrale. Quella di largo Paolo Sarpi, infatti, risalente al 1929, a causa della vetustà degli impianti non offriva più garanzie di sicurezza. Così nel 1963 si era studiata una nuova soluzione sulla base del progetto predisposto dal capo dell’ufficio tecnico del Comune, l’ingegnere Giovanni Marcatelli, e dal capo della sezione edilizia urbanistica, l’architetto Mino Galetti. Era stato il professor Ragazzi a spiegare i grandi vantaggi ottenuti con la pastorizzazione del latte e la meccanizzazione del processo di mungitura. “A Cremona – scriveva il giornale “la Provincia” - tutto questo è un fatto concreto anche perchè alla Centrale si lavorerà, quanto prima, anche il latte omogenizzato e la panna, consentendo, attraverso i contenitori a perdere, di conservare il prodotto perfettamente identico all’origine per una settimana. Basterà, infatti, tenerlo nei comuni frigoriferi casalinghi. Ma Cremona ha anche risolto un altro problema: quello della distribuzione capillare del latte. Ha spiegato la funzione nutritiva di questo alimento ritenendo, quello di Cremona, il sistema più idoneo con distributori automatici che consentono la distribuzione continuativa nelle 24 ore”. Di stringente attualità le parole di Desiderio Nai, docente della facoltà di veterinaria dell’Università di Milano: “Oggi, purtroppo, il produttore di latte, non soltanto del cremonese, è remunerato allo stesso modo, sia che presenti latte al titolo di grasso del 3 per cento e sia che lo presenti al 4 per cento, sia che produca latte sano che latte non sano, sia che osservi le più scrupolose norme igieniche o non se ne curi affatto E’ necessaria una differenziazione di prezzo perchè non è giusto che il produttore che sostene un onere così pesante per ottenere un latte genuino sia messo alla pari di quello che non si preoccupa affatto di questa purezza...Essi si preoccupano solo di tenere il prezzo basso e non di fornire viceversa una materia prima che sia migliore, in sintesi cioè più ricca di calorie e valore nutritivo. Perciò anche se il latte deve costare al consumo di più non ha importanza purchè si dia un prodotto che vale di più. I produttori di latte fanno grandi sacrifici che devono essere giustamente compensati. E’ giusto che si devono allontanare dalle stalle tutte le bestie malate, ma è altrettanto giusto che gli uomini di Governo assicurino al produttore un vantaggio economico proporzionato al prodotto che viene offerto anche nel settore industriale”. 
Una vecchia ambulanza
“E’ fuori discussione – aveva aggiunto il ministro Mariotti - che quest’opera è stata condotta capillarmente preoccupandosi anche della sanità degli ambienti, dei processi produttivi utilizzando l’opera dei medici e dei veterinari provinciali ai quali deve andare il riconoscimento del Ministero”. Così descriveva la Centrale del Latte l’articolista del giornale: “Lo stabilimento sorge in una altura ricavata artificialmente sulla sinistra di via S. Quirico. Esso è circondato da giardini e da piante che conferiscono all’insieme un tono allegro e piacevole. Sullo spiazzo antistante lo stabilimento”. Durante la visita il sindaco Vincenzo Vernaschi non aveva mancato di sottolineare gli sforzi compiuti dall’amministrazione negli ultimi anni “e la volontà degli amministratori di dare alla città quelle realizzazioni che consentano l’impostazione di un miglioramento economico della Provincia. Le attese per altri lavori, già impostati dall’amministrazione, sono state esposte anche all’on. Moro il quale ha assicurato il suo intervento presso gli organi competenti ed ha, infine, ricordato la questione delle caserme, la circonvallazione, il mercato bestiame, il porto di Cremona e il canale navigabile Milano-Cremona-Po”.
Il plastico del nuovo ospedale

Negli anni ‘60 il Comune di Cremona, per valorizzare, promuovere e distribuire su scala industriale uno dei più importanti ed apprezzati prodotti della zootecnia cremonese, assunse, a suo totale carico, l’iniziativa di attivare, nella sede di Via Nazario Sauro, uno stabilimento di produzione del latte. Inizialmente la Centrale del latte di Cremona era gestita direttamente dal Comune, in economia, avvalendosi di proprio personale. Grazie ad un’attenta ed oculata gestione aziendale, il latte prodotto dalla centrale riusciva, in poco tempo, a raggiungere una posizione di indiscusso primato sul mercato, nell’ambito del bacino di commercializzazione del prodotto, ovvero all’interno del territorio della Provincia di Cremona. Nel marzo 1986, per meglio tutelare il prodotto, alla luce anche di alcuni tentativi di imitazione che erano stati posti in essere dalla concorrenza, si provvide al deposito e alla registrazione del marchio “Centrale del latte Cremona”, che, da quel momento, avrebbe contraddistinto ufficialmente il prodotto, costituendo ancor oggi per i consumatori un sinonimo di sicura qualità. Nel 1987, dopo anni di attivo, si registrò una temporanea flessione delle vendite, a causa della crisi generale del mercato dei prodotti dell’agricoltura, seguita all’esplosione della centrale di Chernobyl. Il Comune di Cremona, tenuto conto che il servizio era diventato eccessivamente oneroso per il bilancio dell’ente pubblico, decise così di esternalizzarlo. A seguito di procedura di evidenza pubblica, venne quindi aggiudicata ad una società cooperativa del settore la concessione del servizio, con l’uso del relativo marchio, per un periodo di venti anni, con decorrenza 1° gennaio 1998, mentre il personale comunale che era addetto alla centrale del latte venne reimpiegato in altri servizi dell’Ente, salvaguardando i livelli occupazionali. Nel 1994, la concessione venne poi limitata all’uso del marchio, mentre lo stabilimento produttivo fu definitivamente dimesso. Infine, nel giugno 2005, il Comune, a fronte del mancato pagamento, da parte del concessionario, dei canoni dovuti, risolse il contratto, a far tempo dal 31 dicembre 2005, della concessione d’uso del marchio di proprietà comunale “Centrale del Latte Cremona” rilasciata alla Giglio S.p.A., rientrando così anticipatamente nella disponibilità del marchio, con il preciso obiettivo di rilanciarlo e renderlo ancor più competitivo. Venne quindi indetta una nuova gara pubblica per la concessione temporanea, e in via esclusiva, del marchio “Centrale del latte Cremona”, riservata alle imprese del settore, ponendo severi requisiti per la partecipazione, e precisi vincoli per il concessionario, a tutela della qualità e della produzione locale.

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