Dov’è finita la vera Vittoria Alata di Bedriaco? Con ogni
probabilità l’originale è proprio quello conservato allo Staatliche Museen di
Berlino. Il mistero si è
riproposto a dieci anni di distanza dall’ultima comparsa della preziosa statua
bronzea ritrovata negli scavi di Calvatone, quando, richiesta dall’Apic in
vista dell’organizzazione della mostra sulla Postumia in Santa Maria della
Pietà, ne venne rifiutato senza motivo il prestito. Oggi sappiamo con certezza
che il manufatto conservato al museo Puskin di Mosca, che aveva destato le
attenzioni dell’Apic, è solo una copia in galvanoplastica dell’originale,
realizzata con ogni probabilità nel primo decennio del Novecento. Lo dimostrano
le foto scattate da un turista cremonese, Ferdinando Giordano, in visita al
museo moscovita nell’estate del 2007. La Vittoria alata è conservata in una
sala dove sono esposte esclusivamente copie di originali famosi dell’antichità.
Alla base una didascalia in cirillico e in inglese informa che si tratta
appunto della copia di un originale conservato allo Staatliche Museen di
Berlino. In effetti nel luglio del 2006, in occasione dei mondiali di calcio in
Germania, il professor Martin Maischberger tenne una conferenza che aveva per
oggetto i globi celesti, proponendo come esempio proprio la nostra statua
cremonese. Eppure il museo berlinese ha sempre sostenuto che il simulacro della
vittoria di Bedriaco fosse scomparso nel nulla durante il secondo conflitto
mondiale e quella conservata nei depositi sia, anch’essa, solo una copia.
Ma facciamo un passo indietro nel tempo a più di trent’anni
fa, quando inaspettatamente il caso venne proposto all’attenzione scatenando un
putiferio. Nel marzo del 1977 il settimanale Epoca pubblicò un servizio sui
weekend culturali degli operai sovietici, dove in bella evidenza veniva
mostrata in una sala di un museo moscovita la Vittoria alata di Calvatone, uno
dei pezzi più pregiati della collezione di antichità romane, finita lì non si
sa come. Da allora non vi è più stata pace. A nulla sono valse le
riassicurazioni dei funzionari nel classificare quel pezzo di eccezionale
bellezza come una copia dell’originale conservato un tempo negli Staatliche
Museen di Berlino, ma scomparso nel nulla durante la Seconda guerra mondiale. E
negli anni sono aumentati i dubbi che, in realtà, l’esemplare del Puskin non
fosse una copia. Diversamente perchè lo avrebbero esposto in una sala
appositamente allestita per accoglierlo, fotografato con intorno gli operai
sovietici in visita al museo nella loro giornata festiva? Perchè l’ambasciata
sovietica, ancora in clima di guerra fredda, non ha mai risposto alle lettere di chiarimento spedite con
sollecitudine negli anni Ottanta, ignorando a bella posta la questione? Sta di
fatto che quando l’Apic a sua volta inviò la richiesta alla direzione del museo
moscovita per avere la Vittoria esposta alla mostra si sentì rispondere un bel
“niet”. In realtà diciotto anni prima vi era stato un precedente che aveva
fatto ben sperare. La scoperta della Vittoria alata di Calvatone ha infatti
tutte le caratteristiche del giallo: il primo che la vide dopo la guerra fu,
nell’agosto del 1980, Giuseppe Azzoni, da pochi mesi ex vice-sindaco, ma ancora
amministratore comunale. Era tutto successo, quasi per caso, qualche anno
prima. Un bel giorno l’assessore alla cultura del Comune di Bozzolo, Nello
Calani, aveva appunto notato quel servizio sul settimanale Epoca del 23 marzo
1977 in cui si spiegava come gli operai sovietici trascorressero i loro fine
settimana dedicandosi alla cultura. Una foto ne ritraeva un gruppo nella sala
di un museo in cui campeggiava in bella evidenza una statua alata che
l’appassionato di archeologia riconobbe subito come la Vittoria alata di
Calvatone. Calani aveva avvertito subito Azzoni, in quel periodo vice-sindaco,
che a sua volta aveva preso carta e penna e scritto ad Alfredo Puerari, allora
direttore del museo civico Ala Ponzone: “Siccome sapevo che di questa statua si
erano (col 1945- Berlino) perse le notizie - scriveva Azzoni - e vedendo
anch’io una somiglianza impressionante mi sono procurato tre copie della
rivista. A questo punto le chiederei cosa pensa della foto, se secondo il suo
parere di esperto c’è la possibilità sopraddetta. In questo caso varrebbe
senz’altro la pena, attraverso l’ambasciata o in qualche altro modo, ricercare
di quale museo di Mosca si tratta, cosa tutt’altro che impossibile”. Puerari si
ricordò allora di aver già visitato il museo d’arte antica di Mosca ma di
averlo trovato chiuso. Rispose, tuttavia, che avrebbe fatto il possibile per
saperne di più. In realtà, quando in quell’agosto del 1980 Azzoni si trovò a tu
per tu con la Vittoria erano ormai passati tre anni senza ulteriori
sorprese. Giunto a Mosca per una
visita di amministratori italiani della capitale sovietica, Azzoni prese l’occasione
al volo e mostrò alla sua guida la foto di Epoca, e l’accompagnatore riconobbe
subito la sala. Si trattava del museo di Belle Arti Puskin in via Volkhonka,
dove, manco a dirlo, Azzoni si precipitò subito. E le sue aspettative non
vennero deluse: la Vittoria di Calvatone era lì, nel bel mezzo della XXV sala
dedicata all’arte romana. Azzoni chiese di parlare con un funzionario e venne
accompagnato in un ufficio dove la responsabile del museo estrasse un corposo
faldone in cirillico con la schedatura di tutte le opere esposte. Sotto la
dicitura Vittoria alata di Calvatone stava scritto, così almeno spiegò la
funzionaria, che si trattava di una delle tante copie eseguite tra gli anni
1898 e 1912. L’originale non sapeva dove fosse. Di certo anche lei si era
recata a Berlino Est, rovistando da ogni parte, frugando negli archivi, ma
dell’originale non aveva trovato traccia. E’ una copia anche quella oggi
conservata nella sezione archeologica del museo civico Ala Ponzone di Cremona:
una delle due copie in bronzo dorato eseguite dagli artigiani berlinesi
direttamente su commissione di Adolf Hitler e donate da questi a Benito
Mussolini in occasione della Mostra Augustea della romanità inaugurata a Roma
il 23 settembre 1937. Si sa per certo che l’originale si trovava negli Staatliche
Museen di Berlino, dai quali è scomparso nel corso della Seconda guerra
mondiale, insieme ad altri pezzi di valore inestimabile che formavano la
collezione nota come il “Tesoro di Priamo”. Dove sia finita la statua originale
è ancora oggi un mistero, dal momento che le autorità sovietiche non si sono
mai sbilanciate in proposito. Nell’ultima opera dedicata agli scavi di
Calvatone “Bedriacum. Ricerche archeologiche a Calvatone” curata da Lynn Passi
Pitcher si insinuava, però, nuovamente il dubbio che l’originale sia quello del
Museo Puskin di Mosca. In realtà, prima che scomparisse nel nulla insieme al
Tesoro di Priamo, si era stati sempre propensi a considerare come autentica
l’opera dei Musei di Stato di Berlino Est. Alcuni cremonesi che si erano recati
in visita nella ex capitale tedesca nel periodo antecedente l’ultima guerra,
affermavano di averla vista regolarmente al proprio posto nello splendido
museo. Il primo cremonese che riuscì a metter piede nel museo tedesco dopo il
suo passaggio sotto l’influenza russa, all’indomani della conclusione del
conflitto mondiale ed in pieno clima di guerra fredda, fu il professor Giuseppe
Pontiroli, allora conservatore della sezione archeologica dell’Ala Ponzone che
però non la trovò più fra le opere esposte, tra le quali figura, ad esempio, la
ricostruzione dell’altare di Pergamo, antica capitale della Misia. Oggi
sappiamo con certezza che la copia del museo Puskin rimanda nuovamente
all’originale conservato allo Staatliche Museen di Berlino, come se nulla fosse
nel frattempo accaduto. Evidentemente qualcuno non racconta tutta la verità.
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