L'ingresso dell'Assunta di Tiziano a palazzo Ala Ponzone |
C'era una piccola folla di curiosi
quella sera del 17 marzo 1917, cent'anni fa, quando si presentò
davanti all'austero portone del palazzo Ala Ponzone quella enorme
cassa di legno fissata ad un carro trainato da cavalli. Talmente
voluminosa che, per farla entrare, si dovette tagliare sino alla base
una finestra, ricavando un varco nel muro, come avevano fatto qualche
mese prima i veneziani per portarla al riparo nel primo rifugio al
piano terra dell'Accademia. La notizia che la pala dell'Assunta di
Tiziano a Santa Maria dei Frari avrebbe lasciato la città lagunare
per essere portata al sicuro in una tranquilla città di provincia,
aveva fatto rapidamente il giro dei campielli e dei paesi
rivieraschi: al passaggio del burchio “Santa Maria” dove la
grande tavola era stata sistemata per il lungo viaggio, le donne
lungo le sponde dell'Adige e poi del Po, si inginocchiavano in
preghiera. Il burchio con il suo prezioso carico era partito la
mattina del 12 marzo dalle Fondamenta delle zattere, scortato dal
Battaglione Lagunari del 4° Genio e da un piccolo convoglio di
imbarcazioni, aveva percorso lentamente il Canale dalla Giudecca, poi
la Laguna, si era inoltrato lungo l'Adige e poi aveva risalito il Po.
Una volta giunta a Cremona l'Assunta venne messa “nella
sala terrena verso corso Vittorio Emanuele dove si trovano le
terrecotte e parte della libreria Albertoni”, come si legge nella
relazione conservata nell'archivi odel museo civico, e immediatamente
coperta da un migliaio di sacchi di cenere di Murano trasportati su
un altro barcone che l'aveva accompagnata nel viaggio da Venezia. Non
era stata una scelta facile quella di trasferire il capolavoro di
Tiziano, venerato da tutti i veneziani, in una città legata a
Venezia da vincoli storici, ma lontana dalla laguna.
L'Assunta lascia l'Accademia di Venezia |
Tuttavia
era stata una decisione obbligata, anche se non del
tutto inaspettata, visto che già nel 1849 l'Assunta era stata
staccata dall'abside dei Frari, addossata alla parete più in basso e
coperta di balle di cotone a protezione delle bombe lanciate sulla
città dagli austriaci. E fin dal febbraio 1915, quando divenne
chiaro che l'Italia sarebbe entrata in conflitto, la Sovrintendenza
alle gallerie e agli oggetti d'arte del Veneto in accordo con quella
dei Monumenti, avevano preso accordi con il comune di Venezia per
stabilire i provvedimenti da adottare in caso di guerra. Il 13 e 20
marzo si erano tenute perciò due sedute in municipio con la
partecipazione dei rappresentanti del Comando del Dipartimento
marittimo e della Prefettura in cui si era deciso che, stante la
mancanza di sotterranei, si sarebbero messe al riparo le più
importanti opere d'arte trasportandole in città più sicure, anche
oltre gli Appennini. Vennero subito imballate duecento tra le opere
più significative delle Gallerie, sotto la guida dell'ispettore
delle Gallerie Giuseppe Soranzo, coadiuvato dall'ispettore della
Soprintendenza di Mantova Guglielmo Pacchioni e dal professore di
storia dell'arte dell'Università di Torino Lionello Venturi. Di
questo primo gruppo facevano parte la Presentazioen al Tempio di
Tiziano, il Miracolo di San Marco e le latre granditele del
Tintoretto. Òa Consegna dell'anello di Paris Bordone, il Pordenone,
i quadri della Scuoal di S. Orsola del Capraccio e della Scuola di S.
Giovanni Evangelista di Gentile Bellini. Le tele più grandi furono
avvolte su rulli di grande diametro montati su speciali cavalletti.
Date le dimensioni colossali per il momento si era dovuto però
rinunciare al trasporto dell'Assunta, dipinta interamente su tavola,.
Per non impressionare la popolazione le operazione di imballaggio e
trasporto si svolgevano di notte, caricando le opere su vagoni messi
gratuitamente a disposizione dalle Ferrovie dello Stato, portati fino
all'approdo dell'Accademia. Il Cenacolo di Andrea del Sarto venne
ricoverato nei depositi dell'ex convento di San Salvi a Firenze,
altre opere trovarono posto, sempre a Firenze, in nuovi locali nelle
cripte medicee di San Lorenzo, al Bargello e a palazzo Riccardi.
Ancora prima dello scoppio della guerra una quarantina di capolavori,
dopo lunghe trattative, vennero tolti dalle chiese: tutti i quadri di
Tiziano, molti Tintoretto, da S. Giovanni Crisostomo Bellini e
Sebastiano Dal Piombo, dai Carmini il San Vitale a cavallo del
Carpaccio, il Cima e il Lotto, dai Gesuati il Tiepolo. Alle proteste
delle fabbricerie spesso si unirono quelle dei discendenti delle
nobili famiglie veneziane patrone degli altari delle chiese dove
erano posti i quadri. E' il caso, ad esempio, del polittico del
Bellini e della pala Pesaro di Tiziano ai Frari, dove vi fu
l'opposizione al trasporto dei nobili Nani, eredi dei Pesaro e dei
Gradenigo, vinta solo grazie all'intervento del prefetto Rovesenda.
Tutti i dubbi e le riserve vennero superati dai fatti: già all'alba
del 24 maggio, appena dichiarata la guerra, Venezia fu bersaglio del
primo raid di aerei austriaci. Un nuovo bombardamento aereo alla fine
di ottobre distrusse l'affresco di Gian Battista Tiepolo agli Scalzi,
nell'agosto 1916 andò a fuoco il soffitto della chiesa di S. Maria
Formosa, da cui era stata portata in salvo la Santa Barbara di Palma
il Vecchio, ed altri incendi interessarono altre chiese danneggiando,
tuttavia, solo opere minori. Questo convinse la sovrintendenza e gli
amministratori locali ad accelerare il più possibile la messa in
sicurezza dei capolavori rimasti a Venezia, ad iniziare dai teleri di
Tintoretto alla Scuola Grande di San Rocco, già trasportati al piano
terra.
Il viaggio sul Po |
Mentre in tutto il Veneto fervevano le
operazioni per porre al riparo le opere d'arte più significative
contenute nelle chiese delle province maggiormente esposte alle fasi
alterne del conflitto, nonostante l'avanzata italiana nell'inverno
del 1917 facesse per il momento allontanare il pericolo immediato,
dei capolavori delle gallerie rimaneva a Venezia solo la pala
dell'Assunta, impossibile da spostarsi a causa delle dimensioni. Lo
racconta Gino Fogolari, direttore delle Accademie, nel rapporto
pubblicato nel settembre 1918 sul Bollettino d'arte: “Per poterla
almeno trasportare con sicurezza in un locale protetto, la si collocò
ritta sul fianco, dentro una speciale armatura, poggiante sun un
tavolato di circa un metro di larghezza, legato da robusti stanti di
ferro riuniti e stretti in lato sopra appositi cuscini, secondo i
suggerimenti del prof. Giovanni Bordiga, allora Sopraintendente dei
Monumenti. Calata alle finestre su gli argani, a mezzo di uno
speciale castello di travi, come si fece per il colossale gruppo
dell'Ercole e Lica del Canova, tirata su rulli, demolendo qualche
tratto di muro, venne portata e chiusa in una stanza a volta del
piano-terra e tutta fasciata e coperta da circa mille sacchi di
sabbia delle fornaci di Murano. Ma, data la sempre crescente
efficenza perforatrice e demolitrice delle bombe negli ultimi assalti
aerei a Venezia, la Commissione provinciale per la conservazione dei
monumenti, presieduta da S.E. Scialoja, nella seduta del 20 ottobre,
opponendosi ai progetti, già messi avanti, di trasportare il
capolavoro di Tiziano, per via d'acqua, lontano dalla città,
stabiliva, a mezzo di una speciale sotto-commissione, che lo si
collocasse in un locale dell'Istituto di Belle Arti, giudicato più
sicuro, e nulla si tralasciasse per rinforzarlo con murature esterne,
con puntellature e con strati di sabbia e di alga, sovrapposti ai
diversi piani e persino con una lamiera di acciaio dello spessore di
un centimetro.
Si eseguirono i nuovi lavori, ma non fu
possibile ottenere la lamiera di acciaio in quantità sufficiente, né
corrispondere a tutte le richiese della sottocommissione, per
garantire in modo assoluto la sicurezza dell'opera; perciò il
Comandante in Capo della Piazza Marittima ordinava, il 5 febbraio
1917, che il famoso capolavoro venisse trasportato a Piacenza o a
Cremona, dandone preciso incarico al Comando del Battaglione Lagunari
del 4° Genio, che già aveva studiato il progetto. La scelta del
burchio più sicuro, l'attrezzamento speciale di esso, perchè la
grande cassa piramidale, contenente il capolavoro, formasse un tutto
ben legato, e, convenientemente rialzata, fosse completamente al
riparo dell'umidità e dalle pioggie, le disposizioni per facilitarne
il carico sulle fondamenta delle Zattere, prossime all'Accademia, la
formazione dello speciale convoglio, che, coi mezzi di traino più
convenienti, a seconda delle caratteristiche delle vie navigabili
dalla Laguna all'Adige e al Po, doveva procedere con la maggiore
rapidità possibile, guardato giorno e notte da una scorta armata al
comando di un ufficiale del Battaglione Lagunari: tutto ciò venne
minutamente studiato e predisposto per garantire la perfetta
incolumità, dle preziosoe singolarissim ocarico, dal tanto
benemerito Colonnello Comandante comm. F. Ricci e dai tenenti D'Ajello
e Bisacco.
Sotto il ponte di ferro a Cremona |
Tale viaggio era solo reso possibile
dalla nuova e pur già lunga esperienza, acquistata dai nostri
Lagunari, della antica via di comunicazione fra Venezia e la
terra-ferma, già tanto cara ai bucintori degli Estensi e dei Gonzaga
e dalla guerra rimessa in onore e resa di tanta utilità ai pesanti
trasporti dalle città padane sino alle rive dell'Isonzo. Il
convoglio partì da Venezia la mattina del 12 marzo e giunse a
Cremona alla sera del 17.
Poichè la notizia del trasporto della
grande e veramente miracolosa Madonna veneziana si era inopinatamente
diffusa; sulle rive dell'Adige e del Po traeva la gente a vederne il
passaggio e le donne si inginocchiavano a pregare. Guidarono il
convoglio il tenente ing. Tosoni di Venezia, Grasso della commissione
fluviale, Scarpari architetto della Sopraintendenza dei monumenti di
Bologna; e diresse a Cremona lo scarico e il trasporto il
sottotenente architetto Scolari della Sopraintendenza dei monumenti
di Venezia. Vollero essere presenti nell'ultimo tratto del
viaggio,così nuovo e pittoresco, e all'arrivo a Cremona anche questo
Sopraintendente e il comm. Ettore Modigliani, Sopraintendente per gli
oggetti d'arte della Lombardiaa, che doveva accogliere il prezioso
deposito nella bella città spettante alal sua giurisdizione. Il
Municipio di Cremona aveva gentilmente concessa ospitalità al nostro
capolavoro in una saletta a terreno del Museo Ala-Ponzoni, che il
comm. Modigliani aveva fatto convenientemente fortificare e
proteggere. La enorme cassa, trasportata su un grande carro fra la
benevola curiosità della cittadinanza, vi venne fatta entrare da una
finestra, tagliata sino a terra e venne subito coperta dalla miriade
dei sacchi di cenere di Murano, che, su un altro barcone, l'avevano
seguita, nel lungo, ma placido viaggio. Una bella serie di
fotografie, eseguite dal tenente ing. Bisacco, resta a ricordo di
cotesto importante e singolare trasporto, che non potrà essere
dimenticato nella storia del popolarissimo capolavoro”.
Lo sbarco dell'Assunta a Cremona |
Altri due barconi risalirono il Po
diretti a Cremona agli inizi di novembre del 1917, dopo la disfatta
di Caporetto, trasportando gli oggetti d'arte raccolti e depositati
negli ambienti più protetti di palazzo Pesaro. Cosa contenessero
quei barconi lo lascia intuire lo stesso soprintendente Fogolari:
“Grande era l'ammasso degli oggetti d'arte raccolti e depositati
nei locali meglio protetti del palazzo Pesaro, gentilmente concessi
dal Municipio di Venezia già all'inizio delle ostilità. In quei
giorni la Direzione del R. Arsenale ne ritirava le casse della famosa
raccolta d'armi antiche, che sino allora vi erano state depositate in
nostra custodia. Per lo sgombero generale del palazzo si dovette
ricorrere a due barconi messi a nostra disposizione dal Battaglione
Lagunari perchè, con lunghissimo viaggio, risalissero il Po sino a
Cremona. Il Municipio di Venezia, oltre che le raccolte artistiche
del museo Correr, ci aveva affidati i quadri più importanti della
Galleria Internazionale d'arte moderna; mentre pittori insigni di
Venezia ci facevano premura perchè mettessimo in salvo le loro opere
più rare: e i privati si rivolgevano pura a noi perchè non
dimenticassimo i loro tesori artistici, specialmente quell che dalla
Sopraintendenza erano già stati notificati come di importante
interesse; tanto più che sino dalle prime spedizioni del 1915,
avevamo preso in consegna, data l'importanza mondiale del capolavoro,
il Giorgione del principe Giovanelli con qualche altro dipinto di
quella Galleria”. Ma fra quei capolavori che viaggiarono sul Po
verso la salvezza ve n'era anche uno che Fogolari non dice: i cavalli
di San Marco.
Lo smontaggio dei cavalli di S. Marco |
C'è
un episodio, che nonostante sia molto interessante, risulta
sconosciuto. Nel 1917 come luogo di rifugio per alcune opere
artistiche di rilevanza nazionale, tra cui la celebre quadriga di
bronzo della Basilica di San Marco, venne scelta in un primo tempo
Pavia. Il carico con i cavalli di San Marco sarebbe dovuto giungere
in città attraverso il Ticino e il rifugio loro predisposto avrebbe
dovuto trovarsi tra il fiume e la ferrovia. Tuttavia, il 3 novembre
1917 il carico partì, ma non arrivò mai a Pavia. La città infatti
venne presto esclusa dal circuito di transito in favore di Cremona,
apparentemente più facile da raggiungere. In realtà il prezioso
carico si fermò all'ombra del Torrazzo per poco tempo, prima di
partire alla volta di Roma, con tappa a Pisa, trasportato su speciali
carri ferroviari. La città toscana venne scelta su consiglio del
direttore generale Corrado Ricci, in quanto i depositi romani di
palazzo Venezia e di Castel Sant'Angelo, già traboccavano di
materiale. Lo racconta lo stesso Fogolari: “A Pisa – scrive –
si trasferirono tutti i grandi rulli con pittura del palazzo Ducale e
dipinti d'ogni provenienza, e da parte della Sovraintendenza dei
monumenti anche alcuni capolavori di statuaria: opere che avevano
lasciato Venezia ai primi di novembre per risalire nei barconi il Po
sino a Cremona”. Ed a Pisa andò anche la pala dell'Assunta di
Tiziano, ospitata temporaneamente a palazzo Ala Ponzone. Sarebbe
tornata a Venezia solo alla fine della guerra, il 14 dicembre 1919.
Spiega Fogolari che “poichè nel trasporto per ferrovia del cavallo
del Colleoni, eseguito da Venezia dal comm. Colasanti si era avuta
occasione di conferire coi dirigenti della Divisione dei veicoli
delle Ferrovie dello Stato a Milano, per studiare il tipo di carri
ferroviari che meglio si prestasse al trasporto di opere colossali,
e, per l'interessamento dell'ing. Edoardo Pedrazzini, si era venuti a
conoscere la sagoma di speciali carri ferroviari col piano di carico
bassissimo e quasi prossimo alle rotaie, si studiò e si eseguì il
trasporto da Cremona a Pisa, con la diretta assistenza dello stesso
ing. Pedrazzini e l'opera intelligente del nostro custode Angelo
Pagan, anche della colossale cassa dell'Assunta; per dar anche ad
essa, contro ogni possibile, per quanto pur lontana e insospettabile
minaccia nemica, un rifugio definito al di là degli Apennini”.
La pala del Perugino in S. Agostino a Cremona protetta dalle bombe |
L'Assunta
è un dipinto olio su tavola (690x360 cm) di Tiziano, databile
al 1516-1518 è conservato nella Basilica di Santa Maria Gloriosa dei
Frati a Venezia dove decora, oggi come allora, l'altare
centrale. Indiscutibile e straordinario capolavoro dell'artista, fu
un'opera così innovativa da lasciare attoniti i contemporanei,
consacrando definitivamente Tiziano, allora poco più che trentenne,
nell'Olimpo dei grandi maestri del Rinascimento. La pala, alta quasi
sette metri, ha uno straordinario legame con l'architettura gotica
della basilica, preannunciandosi fin da lontano al termine della
prospettiva delle navate con archi ogivali e del coro ligneo
intagliato quattrocentesco. In tale senso lo squillante rosso della
veste della Vergine e di alcune vesti degli apostoli sembra
riflettersi nei mattoni delle pareti, accendendoli. Tutto si
concentra sul moto ascensionale di Maria, sulla sfolgorante
apparizione divina e sullo sconcerto creato da tale visione. I
momenti dell'assunzione e dell'incoronazione sono accostati con
originalità. In tre registri sovrapposti (gli Apostoli in basso,
Maria trasportata su una nube spinta da angeli al centro e Dio Padre
tra angeli in alto) sono collegati da un continuo rimando di sguardi
gesti e linee di forza, evitando però qualsiasi schematismo
geometrico. In basso infatti il monumentale apostolo vestito di
rosso, di spalle in primo piano, fulcro visivo della porzione terrena
del dipinto, protende in alto le braccia verso il corpo di Maria,
secondo una doppia diagonale rafforzata dai due angioletti i cui
corpi si dispongono in parallelo.