Eretici valdesi |
Ci
fu un arcidiacono della Cattedrale di Cremona a capo della
persecuzione contro i Valdesi nel corso di quella che è stata
definita l'ultima crociata medievale, combattuta nelle valli
piemontesi tra il 1487 ed il 1488. Il suo nome era Alberto Cattaneo
ed apparteneva alla grande scuola dell'Inquisizione cremonese che,
due secoli prima, aveva avuto nel frate domenicano Moneta, o
Simoneta, il suo massimo rappresentante con un manuale destinato a
fare a suo modo storia: il famoso trattato “Summa
contra catharos et valdenses”
del 1244. Forse proprio per questo motivo, quando l'arcivescovo
d'Embrun Jean Baile si rivolse direttamente al papa Innocenzo VIII
perché gli fosse inviato un commissario efficiente nella lotta
contro gli eretici del Delfinato, la scelta cadde su di lui, già
abituato ad aver a che fare con gli ultimi “Poveri lombardi”. In
poco più di un anno, tra l'aprile del 1487 ed il luglio del 1488,
Cattaneo ridusse gli eretici alla resa, e non certo con la forza
della persuasione. Papa Innocenzo VIII, d'altronde, era un cultore
del tradizionalismo religioso e pochi anni prima aveva visto fallire
il suo tentativo di convocare nell'inverno 1484-1485, una Dieta a
Roma per organizzare la crociata contro il sultano turco Bajazet, che
aveva invaso la Moldavia. Nella primavera del 1487 Innocenzo VIII
aveva condannato per eresia Pico della Mirandola, impedendo lo
svolgimento della disputa universale che il principe filosofo aveva
indetto a Roma. E qualche anno prima, nel dicembre 1484, con la bolla
“Summa desiderantes” aveva di fatto inaugurato la caccia alle
streghe in Germania, dando piena facoltà di intervenire per
reprimere la stregoneria ai due celebri inquisitori Heinrich Institor
e Jacob Sprenger, gli autori del “Malleus maleficarum”. Dunque,
nominato il nuovo nunzio e commissario apostolico in Savoia e nel
Delfinato con una bolla datata 27 apr. 1487 , il papa interviene
presso Carlo VIII re di Francia ed il ventenne Carlo II duca di
Savoia perchè approntino una spedizione armata in aiuto al nuovo
inquisitore. La bolla concede a chi partecipa alla crociata di
impossessarsi dei beni degli eretici e la remissione dei peccati,
rende nulli i contratti con i valdesi e vieta a chiunque di aiutarli.
Sul piano locale Cattaneo doveva agire contro i valdesi residenti
nella giurisdizione del Parlamento di Grenoble i quali, per quanto
riguardava la sfera spirituale, dipendevano dall'arcivescovo di
Embrun, se abitavano le vallate occidentali delle Alpi, e da quello
di Torino o dal prevosto di Oulx, se vivevano nelle vallate del
versante orientale. L'arcidiacono cremonese cominciò dunque la sua
missione chiedendo la collaborazione del suo collega Biagio da Berra,
inquisitore del Piemonte residente a Pinerolo, che però il 18 luglio
rispose che non poteva abbandonare la sua sede. In realtà, come poi
vedremo, i motivi erano ben altri e Berra non si limitò a declinare
l'offerta, ma si oppose fermamente all'attività de nuovo commissario
papale. Risposte analoghe, tuttavia, giunsero in agosto da parte dei
vicari del prevosto di Oulx e dell'arcivescovo di Torino. Una strada,
dunque, tutta in salita per l'inquisitore, che però riuscì a far
riconoscere i suoi poteri dal Parlamento di Grenoble, che il 7 agosto
emanò un'ordinanza con la quale si ingiungeva alle giurisdizioni di
Briançon e di Embrun di riconoscere l'inviato pontificio.
Il
24 agosto Cattaneo, che si trovava a Oulx, inviò a tutti i curati
che dipendevano da quella prepositura una lettera circolare per
informarli della sua missione e per annunciare loro che stava per
iniziare una inchiesta nelle parrocchie della Val Cluson, Mentoulles,
Usseaux, Fenestrelles e Pragelas. Da quel momento si stabilì a
Briançon, dove rimase prudentemente per tutta la durata del suo
incarico. L'11 settembre convocò davanti a sé undici abitanti della
Val Cluson, ritenuti capi dei valdesi; due soltanto si presentarono e
vennero assolti. Il 18 erano ventisette i valdesi che furono citati a
comparire; e il 24 centotrenta di Pragelas, settantadue di
Mentoulles. Non essendosi presentato nessuno, duecentodiciassette
valdesi vennero scomunicati e minacciati di essere dichiarati eretici
se non si fossero presentati dinnanzi al nunzio apostolico entro
venticinque giorni a partire dal 9 ottobre. Contemporaneamente
l'inquisitore pontificio si era preoccupato di affermare la sua
autorità presso i poteri civili ed ecclesiastici: il 15 settembre il
Parlamento di Grenoble lo autorizzò a ricorrere al braccio secolare
per operare gli arresti e il 23 ottobre il papa gli fece sapere di
aver sospeso i poteri e il titolo di inquisitore a Biagio da Berra.
Il 30, Innocenzo VIII firmò un altro breve con cui ingiungeva a
Cattaneo di non lasciare il paese prima di averlo purgato dalla
eresia. Tuttavia, malgrado le minacce, nessuno si presentò davanti
all'inquisitore; che di conseguenza invocò l'intervento della forza
armata. Dopo il fallimento di un tentativo di mediazione compiuto dai
cattolici della Val Cluson, con la massima solennità l'inquisitore
dichiarò eretici e recidivi i valdesi della vallata e li consegnò
al braccio secolare. Coloro che credevano di poter ottenere aiuto dal
re di Francia furono delusi: Carlo VIII scrisse al governatore del
Delfinato Filippo di Savoia, il futuro duca Filippo II, di appoggiare
la repressione con tutti i mezzi a sua disposizione.
Mentre
si preparava la spedizione militare, alla vigilia di Natale Cattaneo
rivolse le sue attenzioni ai valdesi della diocesi di Embrun
procedendo all'interrogatorio di alcuni indiziati all'Argentière.
L'inquisitore cremonese dubitò della sincerità delle conversioni in
massa a cui assistette in quella circostanza, e avrebbe voluto
infierire se il papa, cui si era rivolto per avere disposizioni, non
gli avesse consigliato con un breve del 3 gennaio 1488 di agire con
la maggiore prudenza possibile e di esaminare ogni caso in
particolare: soltanto gli eretici dichiarati potevano essere
consegnati al braccio secolare. Tuttavia non si arrese e l'8 marzo
dichiarò eretici e recidivi i valdesi della diocesi di Embrun.
Pietro Valdo |
Frattanto
era trascorso l'inverno ed era stata raccolta una piccola armata di
18.000 uomini radunati sui due versanti alpini . Un ultimo tentativo
di riconciliazione tra i valdesi e l'inquisitore, organizzato da un
consigliere del Parlamento di Grenoble, Jean Rabot, fallì. Gli
appelli rivolti dagli eretici e dalle popolazioni di quelle valli al
re e al papa non sortirono altro effetto che la conferma dell'operato
del Cattaneo. Da ultimo, alcuni deputati valdesi della Val Cluson
minacciarono all'inquisitore le punizioni celesti se egli avesse
persistito nella sua azione. Le operazioni militari iniziarono
durante il mese di marzo, sotto il comando di Hugues de la Palud,
luogotenente del governatore del Delfinato. I francesi entrano nella
valle di Loyse e mettendola al sacco. I valdesi con le loro famiglie
salgono sul monte Pelvoux e si barricano nella grande caverna
chiamata Aigue-Froid (oppure Balme-Chapelue). La Palud sale il monte
Pelvoux per l’altro versante, raggiunge la grotta e vi immette del
fumo. I valdesi che escono sono massacrati, altri 3.000, compresi 400
bambini, muoiono nella grotta. Gli abitanti delle valli Argentiere e
Fraissiniere barricano i passi d’accesso. I crociati evitano queste
fortificazioni e saccheggiano piuttosto le valli indifese. Un gruppo
di crociati francesi raggiunge la spedizione piemontese nella valle
di Pragelas.
I valdesi della Val Cluson, vinti con le armi,
accettano di presenziare a una solenne cerimonia di riconciliazione
che ebbe luogo a Mentoulles il 31 marzo.
Il
legato pontificio Alberto Cattaneo parte da Pinerolo verso
Bricherasio e La Torre, capitale delle vallate valdesi. I valdesi
inviano inutilmente a trattare Giovanni Campo e Giovanni Besiderio.
Alberto Cattaneo pone il campo all’entrata della val Lucerna,
divide le sue truppe in tante piccole bande e le disperde per le
vallate valdesi. La Torre, all’incrocio tra val Lucerna e val
d’Argogna, è occupata, seguita da Villaro e Bobbio, abbandonate
dai valdesi. I crociati sono così in possesso dell’intera val
Lucerna. Cataneo sposta il campo presso La Torre, avanza con il
grosso verso la val d’Angrogna ed invia 700 uomini oltre il colle
Julten per devastare le valli di Prali e San Martino.
I sabaudi
trovano i valdesi barricati presso Roccomaneot, iniziano a lanciare
frecce senza effetti. Al grido dei valdesi “Dio dei Nostri Padri,
Aiutaci! O Dio, Liberaci!”, il capitano Le Noir di Mondovì
risponde con bestemmie ma una freccia di Pierre Revel d’Angrogna lo
uccide, causando la fuga dei crociati. I valdesi li inseguono
abbattendo i ritardatari.
Cattaneo raduna le truppe e riprende
l’avanzata, supera indisturbato l’altura di Roccomaneot e penetra
nella strettoia presso la ripida montagna detta “Barricade” ma è
accolto dalle frane causate dai valdesi, che poi attaccano i
crociati, li mettono in fuga e ne fanno strage. Il corpo del
gigantesco capitano Saquet, di Polonghera, cade nel torrente ed è
ritrovato a valle, nel luogo tuttora chiamato Tompie di
Saquet (Golfo di
Saquet).
Durante il mese di aprile Cattaneo aveva convocato davanti
al suo tribunale o a quello dei suoi delegati duecentotrenta persone.
L'inquisitore è citato per l'ultima volta nel Delfinato il 4 luglio
1488.
Partendo
da una libera interpretazione del Vangelo, il valdesismo diffonde nel
popolo precetti di morale pratica, positiva, prospetta come esempio
da seguire la vita degli apostoli. Proclamando l'uguaglianza di tutti
i fedeli nell'ambito della Chiesa e il sacerdozio universale fondato
unicamente sul merito individuale, retaggio di tutti uomini e donne,
e non sopra una consacrazione esteriore (retaggio di una classe
privilegiata), spezza alle basi la ragion d'essere della gerarchia
ecclesiastica e della Chiesa stessa. Movimento laico e popolare,
costituito pressochè totalmente da contadini e artigiani, dava con
ciò un colpo potente alla stessa organizzazione feudale,
strettamente legata alla Chiesa, e rivelava tutto il suo carattere
rivoluzionario. I Valdesi conoscevano a perfezione la Bibbia;
predicavano la povertà e l'astensione dal lavoro; vivevano
d'elemosina; rifiutavano i sacramenti impartiti dagli ecclesiastici;
praticavano la confessione l'un con l'altro, negavano la
transustanziazione e la validità della Messa; rifiutavano il culto
dei santi e dei morti; non ammettevano la comunione dei santi, né il
Purgatorio. Condannavano come illecita la menzogna, il giuramento e
ogni forma di giudizio. Praticavano la continenza, non in odio alla
materia creata, ma per desiderio di perfezione. Uniti in comunità a
carattere fraterno, non sembra abbiano conosciuto (almeno fino a
tutto il sec. XIV) una forma precisa e definita di vera e propria
organizzazione ecclesiastica. La
condanna ecclesiastica determinò il rapido diffondersi del
movimento. Già propagatisi in Lombardia, probabilmente fin
dall'epoca del concilio Laterano, i Valdesi, allontanati da Lione, si
diffondono nel Delfinato e nella Provenza, in Alsazia, in Lorena, in
Svizzera, in Germania e persino in Spagna. In Italia un forte gruppo
valdese (i cosiddetti "Poveri Lombardi") si costituisce a
Milano, a fianco e d'intesa con gli Umiliati. Nel sec. XIII la
propaganda valdese si estende fin nell'Ungheria, in Polonia, in
Boemia, dove anzi, secondo la leggenda, si sarebbe recato e sarebbe
morto (1217) lo stesso Valdo. Perseguitati accanitamente,
specialmente durante la famosa crociata bandita da Innocenzo III,
essi, dopo due secoli e mezzo, erano praticamente scomparsi
dall'Austria, Germania, Francia, Spagna. Più a lungo resistettero in
Boemia, dove verso la metà del sec. XV si fusero con gli Ussiti per
opera specialmente di Federico Reiser. Dei gruppi italiani, oltre
quelli piemontesi e lombardi, va ricordato quello che si stabilì
(primi del sec. XIV) in Calabria.
Ma il gruppo valdese destinato a sussistere e a mantenersi intatto
attraverso i secoli fu quello che si venne raccogliendo, fin dal sec.
XIII, in alcune valli delle Alpi Cozie (Val Queiras, Valluisa, Valle
Argentiera, Val Freissinière, dalla parte della Francia; Val
Pragelato, Val Perosa, Val S. Martino, Valle Pellice o di Luserna,
con la valle laterale di Angrogna, dalla parte del Piemonte). Questi
nuclei valdesi furono da principio ben accolti dai signori locali,
specialmente dai conti di Luserna, ma già nel 1220 gli Statuti di
Pinerolo condannavano a un banno di dieci soldi l'ospite del Valdese.
Questa situazione di ostilità andò aggravandosi nel corso del sec.
XIII con il costituirsi , con centro a Pinerolo, del principato
d'Acaia, che favorì l'opera dell'Inquisizione in Val Perosa. Anche
nelle valli occidentali, gravitanti verso Embrun e Briançon, i
Valdesi furono perseguitati nel 1289 e quindi nel 1332. Una
persecuzione generale fu organizzata da papa Gregorio XI (1370-1378)
che si valse dell'opera del francescano Francesco Borelli tristemente
famoso per la repressione da lui condotta nelle valli francesi (169
persone salirono il rogo), mentre nelle valli orientali i domenicani
si mostrarono meno severi. Ma nel 1476 un editto della duchessa
Violante di Savoia ordinava di eseguire i comandi dell'Inquisizione e
gli stessi signori di Luserna, fino allora restii a dar mano libera
all'Inquisizione, finirono per piegarsi. Nel 1484 il duca di Savoia
Carlo I tentò di sradicare i Valdesi con le armi, ma la campagna
finì male per il duca, tanto che, scatenatasi, nel 1487, la crociata
antivaldese bandita da Innocenzo VIII e guidata dall'arcidiacono
Alberto Cattaneo, essa rimase limitata alle valli del Delfinato che
furono presto e pressoché definitivamente purgate. Nelle valli
piemontesi, favoriti dalle precarie condizioni dello stato sabaudo, i
Valdesi godettero invece, fin verso la metà del sec. XVI, un periodo
di relativa tranquillità.
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