Memorabile quella giornata dell’11
aprile del 1965: due ministri per l’inaugurazione di due grandi
opere, l’ospedale Maggiore e la Centrale del Latte. Una terza
rimasta nel cassetto: l’aeroporto Stradivari ed un’altra che si
sarebbe realizzata solo qualche anno più tardi: l’autostrada
Torino-Piacenza-Brescia.
Era il sogno della grande Cremona che
prendeva corpo.
Qualche anno prima, il 2 ottobre 1960,
il presidente Gronchi aveva simbolicamente scoperto il cippo che
segnava l’inizio dei lavori per la realizzazione del porto
fluviale. Cinquant’anni dopo solo l’Ospedale Maggiore è rimasto,
e non è mai stato definito il destino di quello vecchio, la Centrale
del Latte è diventata poi una discoteca, cioè che resta del sogno
dell’aeroporto “Stradivari” è stato venduto a poco più di un
milione di euro e il porto langue.
Ma allora l’entusiasmo era alle
stelle. In un primo momento sembrò che i ministri destinati al
rendez-vous cremonese fossero addirittura tre: il ministro Giacomo
Mancini, quello per i rapporti con il Parlamento Giovanni Battista
Scaglia e dell’agricoltura Mario Ferrari Aggradi.
Venne Scaglia accompagnato dal ministro
alla sanità Luigi Mariotti, ma fu un giorno indimenticabile e
irripetibile. Di cui non era sfuggita l’importanza: “Questo ci
sembra essere il momento buono per lo sblocco di talune situazioni di
disagio che da tanto tempo andiamo denunciando – scriveva il
giornale “La Provincia” - che si dica una volta per tutte che
Cremona non deve ancora restare il ‘Meridione della Lombardia’ e
che devono anzi essere risolte tutte le pregiudiziali per una
rinascita che proprio dagli organi centrali della burocrazia statale
deve avere l’avvio ed il consenso”.
La posa della prima pietra dell'Ospedale |
Un gruppo di mattoni dell’antico
ospedale di San Facio è stato posto nelle fondamenta del nuovo
nosocomio sorto in via Giuseppina. Nel grandissimo cantiere era stato
deposto il plastico che raffigurava il progetto ed il momento veniva
definito “storico”.
A ricevere quella mattina i due
ministri il presidente del consiglio di amministrazione degli
Istituti Ospedalieri Emilio Priori.
Priori aveva fatto presente le
difficoltà della realizzazione: se ne era iniziato a parlare
ottant’anni prima, nel 1883, qundo risultò chiaro il problema di
ampliare e ricostruire il vecchio ospedale di Santa Maria della
Pietà, ma le varie fasi di riforma del vecchio stabile si erano
concluse solo due anni prima, il 9 maggio 1963, quando il consiglio
di amministrazione aveva approvato il progetto esecutivo e l’8
giugno del 1964 aveva consegnato i lavori all’impresa che avrebbe
realizzato il primo lotto.
In un primo tempo non venne presa in
considerazione l’ipotesi di utilizzare una parte del patrimonio
dell’ente, ma poi, essendosi ridotti gli oneri dell’assistenza
sanitaria a carico del Comune, poteva “essere preso in
considerazione il ricorso al patrimonio o meglio una trasformazione
del patrimonio stesso che da capitale scarsamente fruttifero si
sarebbe trasformato in un patrimonio tanto cospicuo nella sostanza
quanto estremamente necessario nella forma: il complesso del nuovo
ospedale generale”. Poi aveva accennato al fatto che il piano di
finanziamento era stato superato dall’aumento dei costi, per cui
era era stato revisionato e aggiornato, ecco perchè si chiedeva alle
autorità centrali di venire incontro alle difficoltà con un aiuto
che doveva essere “diluito nel tempo, per il rimborso, e con tasso
minimo di interesse o addirittura senza interessi” per venire
incontro “alle difficoltà che si sono create, ponendo in dubbio la
possibilità dell’Ente per una completa copertura della spesa,
contrariamente alla ritenuta sufficienza di ieri”.
Sul cantiere del nuovo ospedale |
Il ministro Mariotti, da parte sua,
aveva assicurato l’interesse del governo: “L’impegno del
Governo è pesante e grave, ma non si mancherà di passare dalla fase
caritativa, che ha luminose tradizioni che continueranno, all’obbligo
dello Stato”.
La gigantesca gru prese allora la prima
pietra e la collocò nel punto prestabilito, “cioè subito oltre
quello che sarà il grande atrio al piano di sotto del primo tratto
del corpo intermedio”. Il cantiere del nuovo ospedale dovette
suscitare grande impressione: “L’opera è veramente grandiosa e
per capirne la portata basterà recarsi nell’area che gli stessi
istituti hanno acquistato nei pressi di S. Sigismondo. Siamo ancora
al primo lotto, per complessivi tre miliardi, ma l’imponenza dei
lavori di fondazione, le opere in calcestruzzo già effettuate danno,
anche al profano, una esatta idea della maestosità dell’edificio
che sorgerà fra quattro anni. Un edificio modernamente concepito a
forma di ‘x’, immerso in un grandissimo parco e in amene zone a
verde che sono già state create per cui al momento del funzionamento
dell’Ospedale, le piante potranno già dare ombra. L’Ospedale
sorgerà su oltre 290 mila metri quadrati, con 1.250 posti letto.
Sarà il più moderno d’Italia continuando così l’opera
veramente benemerita della stessa comunità cremonese che volle,
verso la metà del XV secolo, riunire in un unico organismo, tanti
piccoli enti ospedalieri che adempivano, in misura frammentaria, alla
loro funzione. Così nel 1452 l’ospedale ha potuto, grazie alla
generosità dei cittadini, subire notevolissimi ampliamenti. Oggi
l’opera è quindi il coronamento di secolari attività benefiche”.
Con altrettanto entusiasmo venne
inaugurata lo stesso giorno la Centrale del Latte. Nel 2006 il
marchio “Centrale del Latte Cremona” è stato ceduto in uso per
la durata di quindici anni alla Società Agricola Cooperativa “Latte
Cremona” in qualità di capo-gruppo di un raggruppamento temporaneo
d’impresa costituito da cooperative del settore, (Latte Cremona
soc. coop., capo gruppo, Latteria di Soresina soc. coop., Latteria
P.L.A.C. soc. coop., Latteria di Piadina soc. coop., Latteria Ca’
de’ Stefani soc. coop., e Latteria Ca’ de’ Corti soc. coop.)
dietro versamento di un corrispettivo pari al 5,3 % dell’utile
annuo di bilancio, realizzato attraverso la commercializzazione dei
prodotti a marchio “Centrale del Latte Cremona”, che non dovrà
comunque essere inferiore a 50.000 all’anno per un importo
complessivo presunto pari a 750.000 euro.
Una corsia del vecchio ospedale di S. Maria della Pietà |
La solenne inaugurazione era stata
preceduta da un convegno nel salone dei quadri del palazzo comunale
con la presenza di Carlo Alberto Ragazzi, presidente
dell’associazione nazionale ufficiali sanitari d’Italia, die due
ministri Scaglia a Mariotti, dell’avvocato Ghisalberti, presidente
della Provincia, accompagnati dal vice presidente del senato Zelioli
Lanzini e dai due parlamentari cremonesi Lombardi e Zanibelli. Era
stato l’assessore Berto Rossi a spiegare le motivazioni che avevano
indotto il Comune a decidere nel 1961 di approvvigionarsi di latte
indenne da Tbc fornito dal Consorzio produttori latte alimentare
danno avvio al progetto per la realizzazione della nuova centrale.
Quella di largo Paolo Sarpi, infatti, risalente al 1929, a causa
della vetustà degli impianti non offriva più garanzie di sicurezza.
Così nel 1963 si era studiata una nuova soluzione sulla base del
progetto predisposto dal capo dell’ufficio tecnico del Comune,
l’ingegnere Giovanni Marcatelli, e dal capo della sezione edilizia
urbanistica, l’architetto Mino Galetti. Era stato il professor
Ragazzi a spiegare i grandi vantaggi ottenuti con la pastorizzazione
del latte e la meccanizzazione del processo di mungitura. “A
Cremona – scriveva il giornale “la Provincia” - tutto questo è
un fatto concreto anche perchè alla Centrale si lavorerà, quanto
prima, anche il latte omogenizzato e la panna, consentendo,
attraverso i contenitori a perdere, di conservare il prodotto
perfettamente identico all’origine per una settimana. Basterà,
infatti, tenerlo nei comuni frigoriferi casalinghi. Ma Cremona ha
anche risolto un altro problema: quello della distribuzione capillare
del latte. Ha spiegato la funzione nutritiva di questo alimento
ritenendo, quello di Cremona, il sistema più idoneo con distributori
automatici che consentono la distribuzione continuativa nelle 24
ore”. Di stringente attualità le parole di Desiderio Nai, docente
della facoltà di veterinaria dell’Università di Milano: “Oggi,
purtroppo, il produttore di latte, non soltanto del cremonese, è
remunerato allo stesso modo, sia che presenti latte al titolo di
grasso del 3 per cento e sia che lo presenti al 4 per cento, sia che
produca latte sano che latte non sano, sia che osservi le più
scrupolose norme igieniche o non se ne curi affatto E’ necessaria
una differenziazione di prezzo perchè non è giusto che il
produttore che sostene un onere così pesante per ottenere un latte
genuino sia messo alla pari di quello che non si preoccupa affatto di
questa purezza...Essi si preoccupano solo di tenere il prezzo basso e
non di fornire viceversa una materia prima che sia migliore, in
sintesi cioè più ricca di calorie e valore nutritivo. Perciò anche
se il latte deve costare al consumo di più non ha importanza purchè
si dia un prodotto che vale di più. I produttori di latte fanno
grandi sacrifici che devono essere giustamente compensati. E’
giusto che si devono allontanare dalle stalle tutte le bestie malate,
ma è altrettanto giusto che gli uomini di Governo assicurino al
produttore un vantaggio economico proporzionato al prodotto che viene
offerto anche nel settore industriale”.
Una vecchia ambulanza |
“E’ fuori discussione –
aveva aggiunto il ministro Mariotti - che quest’opera è stata
condotta capillarmente preoccupandosi anche della sanità degli
ambienti, dei processi produttivi utilizzando l’opera dei medici e
dei veterinari provinciali ai quali deve andare il riconoscimento del
Ministero”. Così descriveva la Centrale del Latte l’articolista
del giornale: “Lo stabilimento sorge in una altura ricavata
artificialmente sulla sinistra di via S. Quirico. Esso è circondato
da giardini e da piante che conferiscono all’insieme un tono
allegro e piacevole. Sullo spiazzo antistante lo stabilimento”.
Durante la visita il sindaco Vincenzo Vernaschi non aveva mancato di
sottolineare gli sforzi compiuti dall’amministrazione negli ultimi
anni “e la volontà degli amministratori di dare alla città quelle
realizzazioni che consentano l’impostazione di un miglioramento
economico della Provincia. Le attese per altri lavori, già impostati
dall’amministrazione, sono state esposte anche all’on. Moro il
quale ha assicurato il suo intervento presso gli organi competenti ed
ha, infine, ricordato la questione delle caserme, la
circonvallazione, il mercato bestiame, il porto di Cremona e il
canale navigabile Milano-Cremona-Po”.
Il plastico del nuovo ospedale |
Negli anni ‘60 il Comune di Cremona,
per valorizzare, promuovere e distribuire su scala industriale uno
dei più importanti ed apprezzati prodotti della zootecnia cremonese,
assunse, a suo totale carico, l’iniziativa di attivare, nella sede
di Via Nazario Sauro, uno stabilimento di produzione del latte.
Inizialmente la Centrale del latte di Cremona era gestita
direttamente dal Comune, in economia, avvalendosi di proprio
personale. Grazie ad un’attenta ed oculata gestione aziendale, il
latte prodotto dalla centrale riusciva, in poco tempo, a raggiungere
una posizione di indiscusso primato sul mercato, nell’ambito del
bacino di commercializzazione del prodotto, ovvero all’interno del
territorio della Provincia di Cremona. Nel marzo 1986, per meglio
tutelare il prodotto, alla luce anche di alcuni tentativi di
imitazione che erano stati posti in essere dalla concorrenza, si
provvide al deposito e alla registrazione del marchio “Centrale del
latte Cremona”, che, da quel momento, avrebbe contraddistinto
ufficialmente il prodotto, costituendo ancor oggi per i consumatori
un sinonimo di sicura qualità. Nel 1987, dopo anni di attivo, si
registrò una temporanea flessione delle vendite, a causa della crisi
generale del mercato dei prodotti dell’agricoltura, seguita
all’esplosione della centrale di Chernobyl. Il Comune di Cremona,
tenuto conto che il servizio era diventato eccessivamente oneroso per
il bilancio dell’ente pubblico, decise così di esternalizzarlo. A
seguito di procedura di evidenza pubblica, venne quindi aggiudicata
ad una società cooperativa del settore la concessione del servizio,
con l’uso del relativo marchio, per un periodo di venti anni, con
decorrenza 1° gennaio 1998, mentre il personale comunale che era
addetto alla centrale del latte venne reimpiegato in altri servizi
dell’Ente, salvaguardando i livelli occupazionali. Nel 1994, la
concessione venne poi limitata all’uso del marchio, mentre lo
stabilimento produttivo fu definitivamente dimesso. Infine, nel
giugno 2005, il Comune, a fronte del mancato pagamento, da parte del
concessionario, dei canoni dovuti, risolse il contratto, a far tempo
dal 31 dicembre 2005, della concessione d’uso del marchio di
proprietà comunale “Centrale del Latte Cremona” rilasciata alla
Giglio S.p.A., rientrando così anticipatamente nella disponibilità
del marchio, con il preciso obiettivo di rilanciarlo e renderlo ancor
più competitivo. Venne quindi indetta una nuova gara pubblica per la
concessione temporanea, e in via esclusiva, del marchio “Centrale
del latte Cremona”, riservata alle imprese del settore, ponendo
severi requisiti per la partecipazione, e precisi vincoli per il
concessionario, a tutela della qualità e della produzione locale.