Il progetto del porto milanese del 1917 |
Sulla
linea gialla del Metro milanese, tra le stazioni di Corvetto e
Rogoredo, c'è una fermata dal nome curioso, per una città che
dista cento chilometri dalla spiaggia più vicina. Porto di Mare
si trova in via Cassinis all’altezza di via Fabio Massimo e di via
Gaggia e all’uscita si trovano solo i casermoni in cemento della
tipica periferia estrema milanese, il raccordo verso la tangenziale
Est e un parco. Nessuna traccia di mare, ovviamente: il nome deriva
da una vasta area del sud est di Milano che venne identificata nel
1907 dal Genio Civile, su incarico del Comune, per ospitare un nuovo
porto artificiale per la città.
Già
nel 1902, l’ingegner Paribelli del Genio Civile aveva elaborato un
progetto per la realizzazione di un grande porto fluviale a sud
della città, nella zona di Rogoredo, già punto di raccolta delle
acque reflue della città che poi confluivano nel Lambro Lo sviluppo
dell’idea della costruzione del porto da destinarsi alle necessità
delle industrie e dei commerci cittadini, segnalò l’esigenza di
creare un porto commerciale, con diversi bacini disposti a pettine,
ed un porto canale di utilizzo industriale.
Un
grande porto che avrebbe realizzato il sogno di collegare il cuore
della Lombardia al mare, attraverso Cremona e il Po. Un sogno che fu
sul punto di concretizzarsi cent'anni fa. La darsena era infatti
ormai insufficiente per la mole enorme di materiali trasportati via
barconi dal Po e dal Lago Maggiore, tramite rispettivamente il
Naviglio Pavese e il Grande. Oltre 70 imbarcazioni da 40/80
tonnellate, un numero superiore a quello di porti affermati come
Brindisi, Bari e Messina, intasavano i navigli. Si trattava però di
imbarcazioni di modesta portata molto inferiori ai battelli di 600
tonnellate che percorrevano i canali francesi e che avrebbero potuto
navigare da Milano a Venezia lungo il Po. Il Pavese era
caratterizzato da 12 chiuse per superare il dislivello che
rallentavano enormemente il tragitto. Anche il percorso dal Lago
Maggiore era lunghissimo, giorni di navigazione e traino. Inoltre il
piano regolare Beruto del 1884 prevedeva la scomparsa dei canali dal
centro città.
Il
Genio Civile presentò quindi il progetto di una enorme serie di
darsene localizzate nel punto ove tutte le acque di Milano, di
superficie e di falda, tendono a colare, la zona a sud dell'attuale
Piazzale Corvetto. Nel progetto iniziale il grande bacino aveva 5
enormi moli di attracco, e sarebbe stato collegato con il Po tramite
il canale Milano-Cremona. Nel 1917 infine il Comune approvò il
progetto e stanziò il primo denaro. I lavori iniziarono subito
mentre il progetto subiva alcune modifiche, con l'allargamento del
bacino e la riduzione dei moli a 4, mentre il canale industriale
continuava verso nord allacciandosi alla Martesana passando ad est
dell'Idroscalo. Linee ferroviarie apposite avrebbero connesso il
porto con la stazione di Rogoredo e di Porta Romana.
Il progetto del porto di Cremona del 1911 |
Contemporaneamente
anche a Cremona, dove l'interesse per la navigazione interna era
rinato grazie agli studi del senatore Giovanni Cadolini, pubblicati
nel 1909 ma risalenti a qualche anno prima, nel 1911 viene redatto un
primo progetto per la realizzazione di un moderno porto fluviale
promosso dal Comitato cremonese di navigazione interna. “Ed è
venuta anche la volta di Cremona! - scriveva l'ingegnere Pietro
Bortini – Cremona, la città tranquilla e serena che il gran fiume
dolcemente bacia, si è pure svegliata, e buon per essa se l'ardore
che oggi la infervora troverà anche per l'avvenire la fiamma
animatrice. Cremona è in posizione per natura privilegiata: Milano,
la regine dall'industria e del commercio da una parte. Mantova, la
futura Mannheim d'Italia dall'altra. Mantova vuol conquistare il
mare, Milano vuol raggiungere Mantova: la grande arteria deve
necessariamente passare per Cremona! Dalla capitale lombarda giunti a
Pizzighettone si può arrivare a Cremona per due vie diversissime sia
per principio informatore, sia per diversità assoluta di tracciati.
Da Milano a Pizzighettone si arriva per canale navigabile ormai
progettato dalla provincia di Milano; da Pizzighettone a Cremona,
tanto si può venire per via d'acqua naturale e convenientemente
sistemata, quanto si può continuare il canale
Milano-Lodi-Pizzighettone”. L'area individuata per la realizzazione
del porto fluviale era compresa tra la linea ferroviaria
Cremona-Borgo San Donnino, lo Stradone Passeggio e la strada di
circonvallazione che univa porta Po a porta Milano. Il porto interno,
completo di tre bacini, avrebbe avuto uno sviluppo di banchine
d'approdo di 1500 metri, lo specchio d'acqua una superficie di 55
mila metri quadrati e bacini e piazzali avrebbero occupato un'area di
200 mila metri quadrati. «L'accesso dalla città al porto – scrive
Bortini – come ben appare dalla planimetria generale, risulta
comodissima. Per chi esce da porta Po, non ha che da scendere
lateralmente allo Stradone Passeggio ed è subito alle vicine calate:
uscendo invece da porta Milano o venendo dalla stazione si segue la
circonvallazione e due comode strade, una delle quali limitante il
fianco degli approdi e tracciata nel progetto di piano regolatore per
Cremona dell'ing. Remo Lanfranchi, conducono al porto. Il tram pure
vi ha facilissimo accesso allacciandosi da una parte alla
circonvallazione e dall'altra alla linea Cremona-Piacenza sullo
Stradone Passeggio.
L'allacciamento
ferroviario pure è in ottime condizioni; infatti mente non impedisce
menomamente il transito sulle calate adibite alle tramvie e ai carri
ordinari, s'innesta alla linea Cremona-Borgo S. Donnino appena prima
d'arrivare al passaggio a livello della strada provinciale per Milano
sviluppandosi per una lunghezza di binario di metri 600 circa co
curve i cui raggi non sono inferiori a metri 200 e colla pendenza del
7 per mille.
Finalmente
la posizione e l'orientamento del progettato porto è pure adatta per
ricevere l'eventuale linea navigabile artificiale
Pizzighettone-Cremona, sia come stazione di testa, sia come stazione
di transito. Infatti il canale Pizzighettone-Cremona sottopasserebbe
il rilevato della ferrovia Cremona-Borgo San Donnino nel punto stesso
in cui è previsto il sottopasso del canale alimentatore (dato che
venga preferito questo sistema a quello d'alimentazione meccanica),
derivato dal Morbasco. Appena attraversato tale rilevato il canale si
biforca; una ramo corre in porto e l'altro va ad allacciarsi al
canale che conduce al porto esterno. Se poi la line navigabile
artificiale si dovesse continuare a valle fino a Casalmaggiore o per
Tagliata sistemato fino all'Oglio e a Mantova, il porto di Cremona
diventerebbe una vera stazione laterale alla grande arteria
Venezia-Milano. In questo caso fra il porto e lo Stradone Passeggio
il canale navigabile verrebbe attraversato da un ponte girevole».
In
realtà Bortini aveva studiato altre due ubicazioni che, per motivi
diversi, non vennero prese in considerazione. La prima prevedeva la
realizzazione del porto a nord della ferroviaria Cremona-Borgo San
Donnino, l'altra nell'area delimitata dalla strada chiamata “del
porto”, dall'argine maestro del terzo comprensorio, dallo Stradone
Passeggio e dal rilevato delle fornaci Frazzi e di via Del Sale.
Nella prima soluzione il canale di comunicazione con il Po si sarebbe
affacciato sul fiume nel punto dove sfociava il Riglio, “posizione
veramente ottima – scriveva Bortini – essendo difeso a monte e a
valle ed in diretto contatto col principale canale del fiume. Il
porto però non sarebbe molto comodo alla città; difficile
risulterebbe l'accesso al tronco di canale limitato dall'argine
maestro e dalla sponda del fiume, che, come vedremo, deve costituire
una parte importante dell'opera; finalmente il manufatto del tiro a
segno e la cascina Quadri rappresentano due ostacoli non trascurabili
dovendo occupare l'area in parola: D'altra parte riuscirebbe facile
il raccordo ferroviario, quantunque sarebbe necessario deviare la
rogia che presentemente scorre parallela e subito a monte del
rilevato ferroviario della Cremona-Borgo. Ottima pure la posizione
per l'arrivo i porto dell'eventuale canale Pizzighettone-Cremona».
L'altra proposta, invece, venne tralasciata per l'impossibilità di
realizzare l'avanconca di comunicazione con il Po. «Logico sarebbe
progettare tale canale sboccante in fiume fra la strada così detta
del porto a monte o la strada del Sale a valle: ma questa posizione
si rivela subito inaccettabile se si osserva che a poco a valle della
strada del porto si entra in un ramo secondario di Po fronteggiato da
un'isola in formazione, mentre il canale navigabile abbandona la
sponda sinistra subito a valle del ponte in ferro per addossarsi alla
sponda destra (attualmente in parte protetta e in parte in corso di
difesa) a monte del paese di Mezzano Chitantolo...Venendo finalmente
al vero porto si deve osservare, in tesi generale, che l'area
disponibile se non è insufficiente come superficie, è alquanto
sacrificata nella larghezza in vicinanza alal città ,precisamente
dove occorrerebbe maggior spazio per piazzali di deposito, calate,
tettoie, binari di raccordo, ecc. Il tracciato planimetrico quindi di
tale porto dovrebbe essere di forma allungata e trapezzoide, colle
banchine fronteggianti Stradone Passeggio e strada del Sale. I
raccordi ferroviari non sarebbero molto facili o dovrebbero sempre
attraversare lo Stradone di Passeggio».
Il laghetto del porto di Milano prima dell'interramento |
Grandi
progetti rimasti sulla carta, per dare concretezza alla rinnovata
fiducia nelle possibilità di sviluppo dell’economia lombarda fin
dall’inizio degli anni ottanta del XIX secolo, a partire dalla
forte espansione del comparto industriale tessile. In questi anni, la
presa di coscienza delle potenzialità è supportata da tre eventi
significativi di natura diversa, come l’Esposizione Nazionale del
1881, l’apertura del traforo ferroviario del San Gottardo nel 1882
e l’inaugurazione della prima centrale elettrica in Italia nel
1883, che confermano la svolta in atto in questo periodo.
A
colpire i contemporanei, fu soprattutto il repentino sviluppo
dell’industria meccanica, oltre alla forza già affermata del
settore tessile grazie ad investimenti e conoscenze provenienti in
gran parte dall’estero. Questo afflusso di soldi ed esperienze era
dovuto alla posizione di Milano in qualità di cerniera tra il bacino
del Mediterraneo ed i paesi di lingua tedesca, valorizzata dalle
infrastrutture di recente costruzione, prima tra tutte il traforo del
San Gottardo. Il processo di crescita dell’economia lombarda
riguardò soprattutto l’area milanese e pedemontana, così i
Cremonesi, invece di varcare l’Oceano Atlantico, per trovare lavoro
si limitarono a varcare l’Adda, per raggiungere il capoluogo
lombardo. Nel primo decennio del XX secolo la crescita proseguì a
ritmi serrati; basti pensare alla creazione dei grandi stabilimenti
produttivi nell’area di Sesto San Giovanni, nelle immediate
vicinanze di Milano, tra cui possiamo citare le Acciaierie e Ferriere
Lombarde Falck, le officine Breda e la Magneti Marelli, il cui
insediamento nell’hinterland milanese risale proprio a quel periodo
e che rivestiranno un ruolo di prima importanza nel “boom”
economico degli anni sessanta. Pertanto, in questa congiuntura
economica, ritrovano nuova forza i secolari progetti di collegamento
tra Milano ed il mare, soprattutto per l’approvvigionamento di
materie prime destinate alle grandi industrie metallurgiche e
siderurgiche e per la spedizione di prodotti finiti in grandi volumi,
sull’esempio di quello che avveniva nei grandi fiumi dell’Europa
centro-settentrionale.
Pertanto,
sulla base del progetto del 1917 a Milano si procede alla
costituzione di un’Azienda Portuale di Milano, per la realizzazione
del porto e del canale di collegamento che avrebbe dovuto raggiungere
il fiume Adda, secondo il tracciato
Melegnano-Cavenago-Pizzighettone-Foce Adda, per poi raggiungere il Po
poco a monte di Cremona. I primi lavori vengono avviati al termine
della prima guerra mondiale, senza molta convinzione, soprattutto per
dare lavoro al gran numero di persone che tornavano dal fronte dopo
la smobilitazione ed erano prive di occupazione. Infatti, negli anni
tra il 1919 ed il 1922, l’attività è limitata all’esecuzione
degli sbancamenti del porto commerciale
e dello scavo di alcuni tronchi di canale per una lunghezza di circa
venti chilometri, non contigui, nei territori di San Giuliano
Milanese, Lodi, Maleo
e Maccastorna. L’inizio dei lavori per la realizzazione del porto e
del canale navigabile fino a Cremona furono fortemente voluti da
Emilio Caldara, il primo sindaco socialista di Milano, che lasciò
anche alcuni scritti sulle opportunità aperte dal collegamento con
il mare.
Il
sindaco Caldara, avvocato ed autorevole esponente del Partito
Socialista Italiano, fondatore dell’ANCI, l’associazione dei
Comuni, era nato a Soresina e quindi di origine cremonese; un
elemento che forse influì sulla scelta di raggiungere il mare ed il
Po attraverso Cremona, in quanto la città ed il suo territorio, fino
a quel momento, erano state tagliate fuori dalle grandi vie di
comunicazione stradale e ferroviaria. Parallelamente anche Cremona,
dove l'amministrazione
comunale cittadina è guidata dal sindaco socialista Attilio Botti,
nel 1919 e ’20 appronta una banchina portuale in cemento sulla riva
del fiume, appena a valle del ponte, sulla base del progetto del
1911, e crea contemporaneamente l’Azienda autonoma Porto di
Cremona, per gestirne i traffici. Nel
1922, le mutate condizioni politiche portarono ad una sospensione dei
lavori milanesi, mentre il traffico alla Darsena di Porta Ticinese
continuava ad aumentare parallelamente allo sviluppo edilizio della
città. L'anno dopo uno dei primi atti del nuovo governo è proprio
la sospensione dei lavori e lo scioglimento delle aziende portuali di
Cremona e Milano.
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