Una docente di storia della
musica alla Juilliard School di New York, Monica Huggett ha sostenuto
recentemente che a trasformare la viola in violino non furono i liutai
cremonesi bensì gli ebrei, fuggiti dalle persecuzioni in Spagna. Lo studio
della Huggett, presentato nell’agosto 2009 a un simposio newyorkese davanti ai
più grandi violinisti del mondo, è confortato da quello parallelo di Roger
Prior, musicologo dell' università di Belfast, per il quale «esistono molte
tracce dell'origine ebraica di questo strumento». L' indagine è complessa e
passa per l'Inghilterra del ' 500, di Enrico VIII e d' una delle sue mogli, l'
ebrea Emilia Bassano, che per ingentilire la vita di corte era solita invitare
e ospitare musicisti italiani. Documenti dimostrerebbero che alcuni di questi
suonatori, soprannominati «figli di Mosè», in contatto con le sinagoghe
clandestine di Londra, venivano da Milano ed eramo di origine spagnola e
portoghese, scappati con le loro viole nel 1492 e giunti nelle campagne
lombarde a insegnare l' arte della liuteria. Non è un caso, sostengono i
ricercatori, che proprio in quegli anni i reali inglesi s' appassionassero a
«un nuovo, vivace strumento a corde». Uno studioso di storia ebraica, Franco
Bontempi, è andato anche più in là e in una conferenza tenuta nell’ottobre 2008
a Chicago sull’origine del violino alla «The Twentieth Annual Conference of the
Midwest Jewish Studies Association» ha sostenuto una serie di proposte sulla
origine ebraica degli Amati.
In buona sostanza Bontempi si è
convinto che sicuramente nella seconda metà del Cinquecento ci fossero numerose
botteghe di liutai già affermate, tra cui quelle degli Amati e di Gasparo da
Salò, ma che la costruzione del violino deve essere cercata più lontano, almeno
un secolo prima, e ancora prima sarebbe iniziata l'evoluzione degli strumenti a
corda. E' necessario portare
l’attenzione su quella infrastruttura che unisce tutta la pianura padana, che è
la via Postumia. Essa collegava Aquileia con Genova ed era la strada dove
passarono, nel primo millennio della nostra era, le popolazioni che invasero l'Italia. Gli ultimi che
attraversarono la pianura padana furono gli Ungari che, tra l'800 e il 900 d.
C., entrarono proprio lungo la via
Postumia e occuparono le città tra Verona e Pavia. Liutprando da Cremona
descrive nella sua Antapodosis la
loro avanzata. Insieme agli Ungari entrarono anche i Khazari. Si tratta di una
popolazione, collocata inizialmente nella zona del Caspio, che si era
convertita all'ebraismo e, nel 900 d. C. era stata scacciata dal proprio
territorio dalla avanzata degli Slavi di Kiev. I Khazari erano stati accolti
sia nell'impero bizantino che in Ungheria. Una volta entrati in Italia con gli
Ungari essi si collocarono nella zona del basso lago di Garda. Ancora nel
sedicesimo secolo gli statuti della Magnifica patria del lago di Garda,
riferendosi a delle ordinanze di Federico II, quando si trovava a Cremona,
parlano dei Khazari da loro definiti «Gazari». Sul lago essi erano chiamati
Cuzeri. A Salò è conservata una lapide in ebraico di un loro rappresentante.
Ora questi Khazari, a partire dal Mille, si stabilirono sul Garda e si
specializzarono in particolari lavorazioni, soprattutto in quella del legno. La
zona del lago era in questo periodo centro di movimenti ereticali, fra cui
quello dei Catari. Non si deve sottovalutare il rapporto tra i Catari e i
trovatori che usavano appunto degli strumenti a corda per cantare le loro
composizioni. A questo gruppo deve essere attribuita l'invenzione del nome del
violino. Nelle lingue neoromanze il nome ricorre nei primi decenni del
Cinquecento ed è indicato come «vyolon».
Ora nel linguaggio dei Khazari noi abbiamo il termine «bulan» che deriva
dal verbo «bul» e significa: «colui che ricerca».
Noi sappiamo come il
ricercare sia un genere musicale e fosse usato in modo particolare dai
Trovatori. Io propongo un passaggio da bulan - vulan - violon/violin. E'
interessante osservare che ancora del Cinquecento coloro che fabbricavano i
violini erano chiamati violini loro stessi. Quindi inizialmente l'esecutore e
lo strumento erano considerati una cosa sola. Il primo ricordo del violino si
riferisce a uno strumento della metà del Quattrocento prodotto da un certo
Kerlino. Ora la famiglia Cherlini era conosciuta sul lago di Garda e
commerciava in salnitro. E apparteneva ad un'area in cui erano presenti
numerose comunità ebraiche. Un altro liutaio della fine del Quattrocento era
Jacopo della Corna. Ora questa determinazione riguarda generalmente i
commercianti di armi e di altre merci, sempre sul lago. A partire dal
Cinquecento, per le difficoltà sorte nelle Alpi a causa delle accuse riguardo a
Simonino da Trento, gli ebrei lasciarono il territorio alpino e scesero nella
pianura padana. Gli studi fatti sulla zona di Riva di Trento dimostrano come gli
ebrei che erano nei territori del lago lasciarono quest'area e si spostarono
nelle città: da Verona a Brescia, da Cremona a Mantova. Le antiche lavorazioni
del legno furono mantenute. Alcuni, come la famiglia Bachi, trasferì le proprie
conoscenze nel campo dell'arte tipografica. Questa famiglia andò prima a
Verona, dove stampò alcuni libri, quindi a Praga dove realizzò una grande
tipografia. Altri, come gli Amati, ripresero il lavoro delle botteghe che
producevano strumenti musicali e si spostarono a Cremona. Per quanto riguarda
la famiglia Amati non si deve
dimenticare che è un cognome presente in epoca storica sul lago di Garda dove
esistono ancora delle famiglie che portano questo nome.
Il primo liutaio è Andrea (1505-
1577). E interessante notare come durante la visita di Carlo Borromeo, nel
1575, viene affermato: «Moses ha e insegna ad usare degli strumenti
musicali...un cristiano insegna a usare la viola e sta nelle case degli ebrei».
Inoltre il nome Amati deriva dal verbo «ahav», amare. La versione esatta
sarebbe «Ahuvim», Amati appunto. La ricerca di Franco Bontempi, anche
dall'analisi degli altri liutai del periodo, è consistita nel cogliere questo
movimento di artigiani dal lago di Garda alle città padane. I Bertolotti, con
Gasparo, si insediarono a Brescia, gli Amati a Cremona
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