Furono i pifferai cremonese a dare origine alla cornamusa
scozzese? Se ne parla dagli anni Cinquanta quando dalle ricerche di Agostino
Cavalcabò, risultò che sarebbe stato proprio un pifferaio cremonese, Pietro
Bruno, costretto per motivi religiosi a lasciare la sua città, a far conoscere
in Scozia, con il nome di Patrick Cremon, lo strumento suonato all’ombra del
Torrazzo. A questa ipotesi che, come vedremo in seguito, non è mai stata
suffragata da alcun documento, se ne aggiunge oggi un’altra che, pur non
modificando la sostanza, aggiunge però nuovi particolari che confermerebbero
questa teoria. Ma andiamo con ordine. Ancora oggi è murato sulla fronte
del palazzo degli Agricoltori in piazza del Comune un bassorilievo in marmo che
rappresenta un “piffararo”. Già agli inizi del 1400, come documentano le
delibere della “Magnifica Comunità di Cremona” i suonatori di piffero venivano
assunti, quattro o cinque alla volta, per “pulsare” i loro strumenti a fiato
ogni sabato, al vespro, davanti all’altare maggiore della Cattedrale,
oppure sul poggetto del Battistero e inoltre dovevano intervenire in tutte le
feste, nelle solennità, nelle processioni e in tutte le occasioni in cui il
Comune era solito fare oblazioni alle varie chiese. Fra le processioni era memorabile
quella del Corpus Domini e quella dell’Assunta del 15 agosto, quando i pifferai
dovevano precedere il baldacchino. Il Comune forniva ai pifferai sei braccia di
panno bianco e rosso con cui dovevano confezionarsi l’abito e il mantello. E
quanto questo fosse importante è ricordato anche da quello che successe
nell’agosto del 1603 quando il Comune, a corto di panni, alla metà del mese
aveva deciso di distribuirli soltanto per le cappe e i cappelli, suscitando le
proteste dei pifferai che volevano il necessario per l’abito completo. I
pifferai formavano una società che si chiamava “Societas pulsatorum piffari”
che trattava collegialmente con il Comune e proponeva l’assunzione di nuovi
suonatori selezionati e che spesso venivano scelti nell’ambito familiare. Le
prime notizie sui pifferai risalgono al 1495, quando la comunità cremonese il
28 aprile si era rivolta al duca di Milano per ottenerne la conferma
dell’elezione di un nuovo musicista. L’anno precedente era morto il “piferro”
Antonio Gavazolo, che da oltre 40 anni aveva esercitato il suo mestiere alle
dipendenze del Comune, per cui era stato eletto il figlio Lorenzo. Un altro
caso di figlio subentrato al padre si ha ancora nel 1563, segno evidente che a
Cremona non esisteva una vera e propria scuola ma l’arte si tramandava a
livello familiare. In ogni caso nel 1464 il Comune aveva eletto cinque
suonatori con tutti i relativi obblighi. I nostri suonatori venivano
chiamati anche per accompagnare le festività nei paesi del cremonese, come ad
esempio nel 1609 quando uno di essi, Cesare Quaglioni, fu invitato a Dosimo.
Tuttavia nel 1629, volendo ridurre le spese pubbliche per le condizioni dei
tempi, i Signori Conservatori deliberarono il 29 dicembre con nove voti a
favore contro quattro di sopprimere il “Chorum Tibicinum, qui vulgo Piffari
dicuntur”. I cremonesi rimasero così senza ensemble anche se, per chi avesse
voluto sentire suonare altri pifferai, c’erano sempre quelli del Castello,
stipendiati dal Re di Spagna, che suonavano due volte al giorno, alla mattina e
alla sera.
E veniamo ora alla Scozia. Agostino Cavalcabò racconta di una
cornamusista scozzese di origine italiana, un certa Rachele Mac Crimmon, morta
a Dunvegan nell’estate del 1914. Cavalcabò cita anche quanto affermava il
“Dizionario universale dei musicisti” di Carlo Schmidl: “Nelle vene di questa
singolare musicista scorreva però anche del buon sangue lombardo, poichè la
tradizione ricorda come parecchi secoli addietro un cremonese suonatore d’arpa
si stabilisse in Scozia, prendendo il nome di Mac Crimmon: i suoi discendenti
divennero tutti celebri suonatori di cornamuse non solo, ma si distinsero anche
come compositori, scrivendo una quantità di musica per questo strumento; essi
fondarono a Dunvegan, ove vivevano, una scuola di cornamusisti che divenne
famosa ed alla quale accorrevano allevi da tutte le contrade della Scozia, che
trasfondevano poi a loro volta in altri esecutori l’arte loro”. Il misterioso
cremonese migrato in Irlanda si sarebbe chiamato secondo il Cavacalbò Pietro
Bruno e sarebbe stato figlio di un prete, chiamato Giuseppe, nato verso il 1475
ed emigrato al principio del 1500 per motivi religiosi. Qui avrebbe dapprima
preso il nome di Patrick Cremon, poi mutato in Mac Cremona e definitivamente in
Mac Crimmon. Avrebbe avuto due figli: Patrizio e Giovanni.
Nel 1951 il segretario del “College of Piping” di Glasgow
Thomas Pearston scrisse all’Ente provinciale del Turismo di Cremona per avere
una conferma di quanto in Scozia si sapeva sulla discendenza cremonesi dei Mc
Crimmon, cui apparteneva uno dei vicepresidenti del College, Calum. Pearston
giunse a Cremona i primi di giugno ed appurò una notizia: nel codice del
Bordigallo risultò che nel 1515 viveva nella soppressa parrocchia di Santa
Maddalena un certo Bassiano del Bruno, ma non veniva ricordato alcun altro
membro della famiglia. Il più antico membro rintracciato dal Cavalcabò è invece
un certo Corrado o Corradino ricordato nel 1227. Purtroppo mentre la ricerca si
infittiva, Agostino Cavalcabò morì, lasciando incompiuta la sua ricerca che si
conclude con queste parole: “Nella prima parte fra i nomi dei pifferai di
Cremona non ci è stato possibile rintracciare un Bruni: fra i nomi dei membri
delle famiglie Bruni (o Bruno) che abbiamo riportato per i secoli XV e XVI mai
ricorre il nome di Giovanni Bruni che, secondo le notizie tramandatesi in
Iscozia, sarebbe stato il cremonese emigrato al principio del ‘500 e nemmeno il
nome di un Giuseppe suo supposto padre”.
Ma in Scozia, dove l’origine cremonese dello strumento è
ormai accettata da anni, prevale un’ipotesi differente sulle modalità con cui
dalla città del Torrazzo la cornamusa si sarebbe spostata nelle Highlands.
Il ruolo del piper
all’interno della società gaelica comportava una posizione di grande prestigio,
ed era quindi naturale che l’arte del piping fosse tramandata dal padre ai figli. La prima – e
più famosa – dinastia di piper fu
quella dei MacCrimmon di Skye, piper
del clan MacLeod di Skye per qualcosa come trecento anni. Si ritiene
addirittura che furono proprio i MacCrimmon ad avere concepito il pibroch: prima del loro arrivo sulla scena scozzese, le bagpipes erano in fondo uno strumento primitivo, dal
repertorio musicale molto semplice. La loro linea familiare comprende una serie
di compositori, suonatori e insegnanti di pibroch che va dal XVI al XIX secolo. Il capostipite dei
MacCrimmon divenne il piper
personale del capo-clan dei MacLeod in un anno imprecisato del XVI secolo,
presso il castello di Dunvegan. L’arte del piping venne trasmessa dal padre ai figli, cui venne donata
dal capo-clan la bella e importante tenuta di Boreraig, alla sommità del lago
Dunvegan: fino al 1773 il MacCrimmon College Of Piping a Boreraig divenne una
sorta di mecca per i piper di
tutta la Scozia. Le origini della famiglia MacCrimmon sono molto incerte: un
MacCrimmon fa per la prima volta la sua comparsa tra i documenti della
parrocchia di Glendale, in Skye, nel corso del XVI secolo. Per alcuni storici
essi provenivano dall’isola di Harris, per altri erano originari dell’Irlanda,
e alcune altre teorie li riportano infine, per assonanza del cognome, ad
un’origine cremonese. In che modo? Le prime tracce storiche della presenza
della cornamusa nelle isole britanniche risalgono ai primi del XIV secolo,
quando la cornamusa compare nelle Canterbury Tales di Chaucer.
La battaglia di Pavia |
Quasi nulla però si sa riguardo alla
comparsa dello strumento nelle Highlands. Dal XVI secolo si tramanda in Scozia
la leggenda che tra le truppe che militavano nelle fila del re di Francia
Francesco I ci fossero dei mercenari scozzesi. Il 24 febbraio del 1525 queste
truppe si scontrarono nella gigantesca battaglia nota come Battaglia di
Pavia, contro le truppe di Carlo V di
Spagna. Quest'ultimo vinse la battaglia e le truppe francesi si ritirarono
attraversando il nord-Italia e le Alpi per ritornare ai paesi di origine. La
conferma che ci fossero degli scozzesi è certificata dal fatto che in Alta Val
Canobbina, alcuni di questi si fermarono stanziandosi in un sito che sarebbe
diventato poi il paese di Gurro. Bene, tra questi soldati, che invece
rientrarono in patria, sembra ci fossero suonatori di pive provenienti dalla
vicina Cremona. Costoro furono ospitati in Scozia, pare presso il potente Clan
MacLeod, a Dunvegan, sull'isola di Skye, nelle Ebridi Interne. Dal loro nome
deriverebbe quello della famiglia dei McCrimmon (MacChruimein, in Gaelico) che
letteralmente vorrebbe dire "da Cremona". Venendo a Gurro è un
piccolo paese situato in alta Valle Cannobina, il vasto territorio montano
posto tra l'Ossola e il Verbano e confinante con il Canton Ticino. Il modo di
vestire, gli usi ed importanti studi di glottologia testimoniano una certa
affinità tra la popolazione di Gurro e quella della Scozia. Numerose sono le
testimonianze a favore di questa tradizione: vie strette ed interessanti per la
loro peculiarità, case antiche di uno stile che non si riscontra in nessun
altro villaggio della valle. La struttura portante dei muri perimetrali è in
legno, formata da un rettangolo intersecato da una croce di S. Andrea. Di Gurro
e della sua affinità con la Scozia si occupò, negli ultimi anni, il colonello
barone Gayre of Gayre and Nigg che volle donare alla popolazione di Gurro un
quadro raffigurante S. Andrea, patrono della Scozia, come segno di amicizia tra
gli abitanti di Gurro e la popolazione scozzese. Inoltre fece in modo di
includere i gurresi in uno dei più prestigiosi clan della Scozia a cui egli
stesso appartiene. Il costume delle donne di Gurro è bellissimo occorrono 14 metri
di stoffa per confezionarlo la sottoveste è, manco a dirlo, in tessuto scozzese
e di pregevole fattura.
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