martedì 29 gennaio 2019

Tiburzio Massaino, un genio barocco dimenticato

Tiburzio Massaino, chi era costui? Cremona si è troppo presto dimenticata di questo grande musicista che ha avuto solo il torto di essere stato contemporaneo di due altri mostri sacri, suoi concittadini, come Marcant'Antonio Ingegneri e Claudio Monteverdi. La sua fama di compositore Tiburzio se l'è infatti costruita tutta all'estero, a Venezia, Roma, Praga e Salisburgo, dove ha fondato la cappella musicale del duomo. Cremona gli ha tributato l'unico ricordo nel 1971, con la pubblicazione, da parte della Fondazione Claudio Monteverdi, dell'edizione crticia dei “Sacri modulorum concentus”, edito la prima volta a Venezia nel 1592, curata da Raffaello Monterosso.
Quasi cinquant'anni dopo, nell'ottobre del 2018, si è tenuta a Venezia la prima esecuzione moderna di una sua opera dopo 400 anni, da parte dell'ensemble Modulata Carmina. Si tratta della monumentale Missa “Conserva me Domine” che Tiburzio Massaino scrisse per la Basilica del Redentore a Venezia dove una lunga tradizione lega gli abitanti al ricordo di uno dei momenti più tragici della storia della città, quella che nel 1577 vide terminare due anni di lotta contro un’epidemia di peste che portò alla tomba oltre cinquantamila persone. Il Doge, seguito dal Senato, aveva fatto voto solenne di erigere un tempio in onore del Santo Redentore, qualora la città fosse stata liberata dalla peste. Quel tempio è oggi la stupenda basilica che Palladio realizzò sulla sponda dell’Isola della Giudecca che guarda verso San Marco dalla cui piazza, da allora, ogni anno, un ponte di barche fa da cornice alla processione mattutina che vede autorità civili e religiose recarsi in preghiera al tempio votivo per ringraziare Dio di aver liberato Venezia da tale flagello. 
L'edizione praghese del 1592
Tiburzio Massaino nacque a Cremona, probabilmente poco prima del 1550, anche se la sua origine cremonese, come gran parte delle notizie biografiche che lo riguardano, è attestata dai frontespizi delle stampe musicali. Della famiglia del Massaino non si sa nulla, se non che egli ebbe un fratello di nome Luca, capo dei soldati veneti a Creta.
In giovane età Tiburzio entrò nell’Ordine degli agostiniani eremitani, probabilmente nel convento piacentino di S. Lorenzo. Dalla dedica del Primo libro de madrigali a cinque voci (Venezia, figli di A. Gardano, 1571) a Ottavio Farnese, duca di Parma e Piacenza, sappiamo che nel gennaio 1571 si trovava a Roma. Secondo i manoscritti secenteschi dello storico cremonese Giuseppe Bresciani, il Massaino ebbe la carica di musicorum praefectusin S. Maria del Popolo, chiesa che fin dalla seconda metà del Quattrocento era degli agostiniani della congregazione lombarda, a cui egli stesso apparteneva. Un’ulteriore traccia del collegamento fra Tiburzio e l’ambiente romano è la dedica del suo Primo libro de madrigali a quattro voci (Venezia, A. Gardano, 1569) a Giulia Orsini, moglie del modenese Baldassarre Rangoni e figlia del condottiero pontificio Camillo. A un altro figlio di quest’ultimo, Paolo, è dedicato il Secondo libro di madrigali a cinque voci (ibid., erede di G. Scotto, 1578), in cui il Massaino afferma di essere “da gran tempo” servitore della famiglia dei Rangoni, marchesi di Longiano e signori di Spilamberto. È probabile che Tiburzio abbia conosciuto Paolo Orsini a Venezia, dove era in servizio dal 1571 nell’esercito della Serenissima, lo stesso in cui militava come generale il cognato Baldassarre Rangoni. Allo stato attuale delle conoscenze si suppone che i Rangoni, forse conosciuti dal Massaino già durante il soggiorno piacentino, fossero il tramite nei rapporti fra lui e gli Orsini, benché non si possa escludere l’ipotesi contraria.
Sempre a Venezia Tiburzio conobbe altri due musicisti agostiniani, Ludovico Zacconi e Ippolito Baccusi. E nel 1579 fu incaricato di curare la raccolta di madrigali intitolata Trionfo di musica , destinata a celebrare le nozze fra Bianca Capello e Francesco de’ Medici e comprendente brani suoi e di altri musicisti, fra i quali Claudio Merulo, Baldassarre Donati, Orazio Vecchi, Philippe de Monte e Alessandro Striggio. Negli anni successivi Massaino svolse la sua attività tra la Repubblica veneta e il Ducato di Milano: nel 1580 firmò da Lodi la dedica del secondo libro dei Sacri cantus quinque paribus vocibus  e a metà del 1585 fu assunto, con contratto triennale, come maestro di cappella del duomo di Salò, dopo la morte di Agostino Bertolotti. Il contratto, tuttavia, fu sciolto in anticipo, cosicchè nel luglio del 1587 Tiburzio. chiese al Comune di Salò di poter lasciare temporaneamente l’incarico per recarsi a Costantinopoli al seguito di un “antiquo padrone”, il “cavagliere Moro”, ambasciatore della Serenissima, con cui diceva di essere già stato in Francia, proponendo come sostituito il musicista agostiniano Teodoro da Lucca, in servizio presso il vescovo di Ventimiglia.
L’ambasciatore a cui il nostro fa riferimento nei documenti è identificabile con Giovanni Moro, nel 1581 ambasciatore veneziano in Francia e nell’agosto 1587 bailo a Costantinopoli, dove rimase fino all’inizio del 1590. Nonostante avesse manifestato alla Comunità di Salò l’intenzione di assentarsi solo momentaneamente con la speranza di riavere il posto al rientro, tanto da dichiarare la città sua seconda patria e luogo ideale per la sua sepoltura, Tiburzio in realtà. non vi fece più ritorno: all’inizio del 1588 i consiglieri salodiani elessero quindi un nuovo maestro di cappella. Un’ulteriore conferma dei suoi viaggi in Francia e a Costantinopoli si trova in un sonetto, in lode del Massaino, del lodigiano Giovanni Francesco Medici: nel titolo del componimento il musicista cremonese è definito “musico famosissimo in Costantinopoli, Alemania, Francia e Italia”. A metà del 1587, prima di partire per l’Oriente con Giovanni Moro, Massaino diede alle stampe due opere: Il terzo libro de madrigali a cinque voci , dedicato a Rodolfo Gonzaga, marchese di Castiglione delle Stiviere, e il Secundus liber missarum quinque vocibus, dedicato al conte Mario Bevilacqua, mecenate veronese e promotore di un rinomato ridotto musicale.
Il duomo di Salisburgo
Da alcuni documenti conservati a Salisburgo, risalenti a metà del 1590, si apprende che Massaino, dopo aver lavorato, probabilmente dal 1588 o 1589, come cantore e maestro di cappella presso la corte dell’arciduca Ferdinando II a Innsbruck, nel 1590 passò al servizio dell’arcivescovo di Salisburgo Wolf Dietrich von Raitenau, al quale dedicò nello stesso anno il Motectorum quinque vocum… liber tertius , stampato a Venezia. L’arcivescovo di Salisburgo, che a Roma aveva frequentato il collegio Germanico e la cappella musicale dello zio Marco Sittico Altemps, voleva rianimare e riorganizzare la musica di corte; affidò quindi gran parte di questa responsabilità a Massaino, che fu costretto a reperire con celerità nuovi musicisti. In uno scambio epistolare con l’arcivescovo, Ferdinando II accusò il cremonese di aver tentato di attrarre clandestinamente alla corte salisburghese alcuni cantori attivi a Innsbruck. Cominciarono, quindi, a circolare insinuazioni sul Massaino che nell’ottobre 1591, accusato di sodomia, dovette lasciare Salisburgo nel giro di tre giorni Si recò quindi a Praga, dove incontrò il maestro di cappella Philippe de Monte e gli dedicò nel 1592 il Liber primus cantionum ecclesiasticarum. Nella dedica, oltre a professare la propria innocenza dalle accuse mossegli a Salisburgo, sottolineò come avesse composto in carcere i mottetti pubblicati nella raccolta. Al soggiorno praghese, faceva riferimento la scritta apposta sotto il ritratto di Massaino un tempo collocato nella biblioteca del convento agostiniano di Cremona, secondo quanto racconta Francesco Arisi, nella sua Cremona literata (1702).
Durante i quasi quattro decenni del regno di Rodolfo II (1576-1612) operavano a corte, sia pure con ruoli diversificati, circa 300 musicisti, di cui 234 di area fiamminga/tedesca, 50 italiani (circa il 17%), otto boemi, sette spagnoli e un inglese; tra gli italiani troviamo Camillo Zanotti, Alessandro Orologio, Stefano Felis, Tiburzio Massaino, Giovanni Battista Dalla Gostena, per citare i più noti. Nel ricco e variegato panorama della corte rodolfina le attività musicali erano ripartite in due diverse organizzazioni: la Cappella musicale, cui erano legati i cantanti e gli strumentisti, e le Stalle imperiali, cui appartenevano trombettieri e timpanisti. Spesso l'area d'origine dei musici di corte ne denotava la specializzazione: i trombettieri provenivano principalmente da Udine, Brescia e Verona; i violinisti e musici da camera generalmente da Cremona. Particolare era inoltre la provenienza legata alla specializzazione dei singoli protagonisti: i discantisti dalla Spagna, altri cantanti prevalentemente dai Paesi Bassi, i trombettieri dal nord d'Italia, i timpanisti dalla Germania, mentre i musici da camera erano in prevalenza fiamminghi e italiani. Tra i cremonesi alla corte di Praga troviamo anche Mauro Sinibaldi, marito della celebre cantante e liutista della corte asburgica Marta, i tre fratelli Alberto, Carlo e Giovanni Paolo Ardesi prima come trombettieri, ma presto diventati musici da camera e poi nobilitati. Dal momento che, come abbiamo detto, i cremonesi sono stati nella maggior parte violinisti, questo potrebbe far supporre che la nascente arte liutaria cremonese possa aver influenzato già nella seconda età del Cinquecento anche le scelte esecutive della corte.
A. Van Haache, Rodolfo II d'Asburgo
Tuttavia non sono finora emerse ulteriori notizie sui possibili rapporti professionali di Massaino con la corte praghese di Rodolfo II d’Asburgo, ed è probabile che non riuscì a ottenervi un incarico stabile, se nel 1592 tentò di conquistarsi il favore di importanti personalità bavaresi: dedicò infatti al duca Guglielmo V di Baviera la raccolta dei Sacri modulorum concentus stampati a Venezia nel 1592 e composti a Monaco, dove verosimilmente si era recato, e il primo libro delle Sacrae cantiones… a Marcus, Johann e Jakob Fugger, importanti banchieri e mecenati musicali, di cui si suppone che Tiburzio, fu, per breve tempo, al servizio.
Non avendo dunque trovato un impiego fisso nelle corti di Praga e Monaco, Tiburzio ritornò in Italia: nel biennio 1594-95 la sua presenza è infatti attestata a Cremona, dove probabilmente era attivo come maestro di cappella della chiesa di S. Agostino. Tuttavia egli mantenne i rapporti con l’ambiente bavarese: dedicò infatti il Quarto libro de’ madrigali a cinque voci  del 1594 al consigliere italiano del duca di Baviera, Tommaso Mermanni; il Primus liber missarum sex vocibus  del 1595 a Jakob di Johann Fugger, prevosto del duomo di Costanza; nonché il Missarum octonis vocibus liber primus del 1600 all’abate del convento di Tegernsee, nella cui dedica sottolineò i vari protettori che poteva vantare nella Germania meridionale.
Negli anni 1598-99 fu maestro di cappella a Piacenza, impiego ottenuto probabilmente grazie alla protezione di Claudio Rangoni, zio di Baldassarre e vescovo della città dal 1596. È verosimile dunque che Massaino sia stato chiamato a Piacenza già nel giugno 1597, dopo la morte del francese Luigi Roinci. Verso il 1600, lasciato questo posto a Giulio Cesare Quinzani, assunse lo stesso incarico presso la cattedrale di Lodi, mantenendolo fino al 1608. Sempre dalla raccolta poetica del lodigiano Giovanni Francesco Medici si apprende che a Lodi Massaino, oltre a comporre musica sacra, fu incaricato di mettere in musica intermedi per la rappresentazione di tragedie o pastorali allestite dalla locale compagnia degli Improvvisi nelle dimore nobiliari e in occasione di importanti eventi, come le nozze di aristocratici. Tuttavia, Tiburzio probabilmente mirava a trovare un impiego presso la corte di Mantova, all’epoca molto ambita dai musicisti: nel 1604 e nel 1607 dedicò al duca Vincenzo Gonzaga ben due opere, i Madrigali a sei voci… libro primo  e la Musica per cantare con l’organo, ma l’omaggio non gli fu sufficiente a ottenere lo sperato incarico. Nel frattempo continuò a mantenere rapporti saltuari con Piacenza: nel 1604 offrì infatti Il secondo libro de madrigali a sei voci al conte e poeta piacentino Orazio Anguissola e, secondo documenti contabili, nel 1607 lavorò nella chiesa di S. Maria di Campagna. Nel 1609 si trasferì di nuovo in questa città, lasciando all’allievo Antonio Savetta l’incarico presso la cattedrale di Lodi.
Dopo il 1609 non si hanno più notizie sul nostro musicista ed è presumibile che sia morto di lì a poco. Il Massaino pubblicò 34 stampe musicali, numero di gran lunga superiore a quello di molti compositori coevi e la sua notorietà è attestata dalla presenza di sue composizioni in stampe antologiche coeve, soprattutto tedesche, e dalle dimostrazioni di stima di storici e teorici musicali fra Sei e Settecento.  La sua produzione, assai variegata e ricca di soluzioni ardite, riflette l'inquietudine della sua vita. Nelle composizioni religiose corali e strumentali, ad esempio, mostra grande capacità ed estro nelle elaborazioni contrappuntistiche, spingendosi sino a comporre brani per 8 e 16 tromboni e mottetti a ben sedici voci.


domenica 27 gennaio 2019

Prevostino, un cremonese alle origini della Sorbona

L'università della Sorbona a Parigi
Verso la fine del XII secolo c'era un cremonese che teneva testa ai papi e dettava legge a tanti filosofi suoi contemporanei, da San Tommaso a Sant'Alberto Magno e San Bonaventura. Era conosciuto con il soprannome di Prepositino, o Prevostino, anche se il suo vero nome era probabilmente Pietro, ed era nato all'ombra del Torrazzo verso il 1140. In realtà nei documenti notarili cremonesi del periodo il suo nome non figura e la sua origine lombarda è indicata solo in alcuni manoscritti e dal monaco cistercense Alberico delle Tre Fontane. Nonostante la sua importanza sia confermata dalle lodi dei contemporanei, Prepositino non ha goduto di una grande fortuna da parte degli storici. Sappiamo che ha studiato a Parigi teologia, tra i primi allievi di Pietro Lombardo, e non ha mai avuto una particolare predilezione per le materie più “laiche”, anche se non doveva mancargli una certa preparazione negli studi giuridici, che in seguito gli avrebbe consentito di ricoprire importanti incarichi diplomatici. Durante il cancellierato di Pietro Comestore (1164-1178) riceve il grado di “magister” e nel 1193 è ancora segnalato come maestro di teologia, cosicchè nell'università parigina insegna per almeno i dieci anni successivi, collega di Alano di Lilla e Pietro di Poitiers. Il frate predicatore Rolando, pure lui originario di Cremona dove risiedeva nel convento di San Guglielmo, che da giovane lo ha conosciuto a Parigi e con cui disputa frequentemente, lo definisce “auctor celeberrimus”, insieme a Guglielmo d'Auxerre. Ed a lui possiamo credere perchè Rolando, nato a Cremona nel 1178, nel 1229 aveva ricevuto la prima cattedra universitaria di teologia assegnata a un frate domenicano dal vescovo di Parigi, Gugliemo di Auvergne, in occasione di uno sciopero dei maestri secolari. 
Vi sono dunque, a pochi anni di distanza l'uno dall'altro, due grandi teologi cremonesi ai vertici della più antica e prestigiosa scuola europea fondata intorno al 1170. Proprio Gugliemo d'Auxerre in un passo della sua opera “Summa aurea” ci informa che Prepositino si sarebbe attivamente impegnato contro gli eretici, soprattutto passagini, che, sforzandosi di conciliare le prescrizioni del Nuovo con quelle dell’Antico Testamento, ritenevano necessarie alla salvezza la circoncisione e l’osservanza del sabato, mentre sul piano dogmatico negavano la trinità di Dio e la divinità di Cristo. Proprio in una copia manoscritta della “Summa contra haereticos” conservata a Praga, attribuita ad un “magister Gallus” a lungo identificato con Prepositino, su cui però molti storici non sono d'accordo, troviamo una delle prime esposizioni della dottrina manichea, professata da alcuni gruppi ereticali del tempo, sui rapporti tra Cristo e la Maddalena, che hanno fatto ritenere come l'autore avesse una certa dimestichezza con l'ambiente cataro. George Lacombe ascrisse l'opera a Prevostino in virtù del fatto che Guglielmo d'Auxerre aveva asserito che Prevostino aveva vissuto tra gli eretici e aveva attuato qualche conversione. In ogni modo è lo stesso Prepositino a definirsi magister gallus nella sua Summa de penitentia iniungenda, e con ogni probabilità alla stessa Summa contra haereticos sembra essersi ispirato il grande inquisitore domenicano Moneta, attivo in quegli anni nello studium di Bologna, ma anche lui cremonese, il quale potrebbe aver conosciuto il testo composto a Parigi tramite Rolando che, come abbiamo visto, era l'altro cremonese chiamato all'università francese nel 1229, quasi vent'anni dopo la morte di Prepositino.
Nel 1995 Prepositino viene chiamato a Magonza come “scolastico”, una carica che comporta l'ufficio di presidenza della scuola cattedrale e di sovrintendenza sulle altre scuole monastiche della diocesi con le relative competenze di tipo amministrativo, dove trascorre sei anni abbastanza tranquillo, scolgendo anche due importanti incarichi diplomatici per conto della Santa Sede. E' giudice nel 1196 in una controversia riguardante l’esenzione del monastero di Pegau, in Sassonia; nel 1198 è chiamato, assieme al vescovo di Bamberga, a ufficializzare la scomunica al vescovo di Hildesheim Corrado, che si era insediato autonomamente nella diocesi di Würzburg, qualora questi non avesse immediatamente ubbidito nel giro di venti giorni alle ingiunzioni di Roma. Corrado non obbedisce ed il 20 gennaio 1200 viene scomunicato, i canonici di Würzburg perdono il diritto all'elezione ed il vescovo vien espulso sia dalla sede originaria di Würburg che da quella usurpata di Hildesheim.
Poi avviene un fatto incomprensibile ed ancor più grave, in cui viene coinvolto il nostro Prepositino, a dimostrazione di una certa libertà di vedute non sempre in linea con le indicazioni ecclesiastiche romane. Nel 1200, alla morte dell'arcivescovo di Magonza Corrado, in vista della successione una parte dei canonici elegge a maggioranza come loro candidato Liupoldo, che, pur essendo già vescovo di Worms, prende immediatamente possesso della nuova cattedra, nonostante la esplicita proibizione di Roma, che gli antepone il candidato della minoranza, sostenuto, pare, solo da tre canonici, Sigfrido. Per dirimere la questione i due partiti dei canonici in lotta spediscono ciascuno al papa i propri patrocinatori e per sostenere Liupoldo viene scelto Prepositino, sia in ragione della carica rivestita che per una certa esperienza nel diritto canonico. Il papa a sua volta incarica dell'inchiesta il legato in Germania Guido da Palestrina che, uditi i testimoni i quali sotto giuramento affermano di aver subito violenze da parte dei sostenitori di Liupoldo, conferma l'elezione di Sigfrido, consacrandolo prete e vescovo. Prepositino perde la causa ed il suo partito accusa il legato pontificio di venalità. Il Papa, però, non retrocede di un passo e trascina nella sconfitta dei canonici anche Prepositino, sospettato di aver avuto trascorsi ghibellini in Italia. Il 9 aprile 1203 riceve una severa ammonizione ultimativa da parte del papa Innocenzo III che gli intima di sottomettersi entro un mese al nuovo vescovo. Non sappiamo qual sia stata la reazione di Prepositino, che con ogni probabilità non si sarebbe mai sottoposto a Sigfrido e per questo avrebbe rassegnato le proprie dimissioni dall'incarico, rinunciando a tutti i benefici che questo comportava. Di fatto il 12 dicembre 1203 viene sostituito nell'incarico da Simeone, scelto direttamente da Roma. Nonostante tutto lo ritroviamo nel 1206 nuovamente ai vertici dell'università parigina con la carica di cancelliere episcopale e alle prese con altri incarichi papali. Non è escluso che, per riottenere la fiducia del papa, abbia compiuto nel frattempo un pellegrinaggio riparatore a Roma, anche se non sappiamo come abbia trascorso questi tre anni tra Magonza e Parigi. Ad ogni modo, nonostante l'episodio di Magonza, il suo prestigio resta intatto, tant'è vero che lo ritroviamo subito alla prese con nuove questioni.
S. Agostino scaccia i demoni delle eresie, miniatura se, XII
Dal 1206 Prepositino, nonostante i suoi trascorsi complicati, viene insignito della prestigiosa carica di cancelliere dell’Università di Parigi ma non smette di svolgere, contestualmente, nel maggio di quell’anno, un’attività come giudice delegato del papa negli affari del monastero di St-Jean-en-Vallée di Chartres. Durante i tre anni intensi di cancellierato, Prepositino non viene più coinvolto in altre preoccupazioni istituzionali documentate, sebbene sia segnalato un suo impegno diplomatico ancora nel marzo del 1209; avrebbe bensì atteso, per il suo secondo soggiorno parigino, alla composizione dei Sermones, in tutto 78 nelle collezioni più complete.
La sua principale opera, composta tra il 1190 e il 1194, è la Summa Theologica , ampiamente diffusa manoscritta, il cui metodo del pro et contra dovette rappresentare un modello di riferimento prossimo, e assurto a sistema organico, per la teologia del XIII secolo, come le numerose citazioni dell’opera del maestro parigino da parte dei nomi più influenti della grande scolastica possono confermar. Prepositino è di fatto l’unico tra i maestri parigini della fine del XII secolo a essere così tanto citato, sebbene le sue sintesi siano principalmente oggetto di confutazione. Dopo un breve prologo, i quattro libri dell’opera, la cui ripartizione schematica risente molto delle importanti novità apportate da Pietro di Poitiers al modello offerto da Pietro Lombardo, trattano rispettivamente di Dio e della Trinità, della creazione, dei peccati e delle virtù, dei misteri cristologici e, infine, dei sacramenti. L’opera, frutto di redazioni successive nel passaggio dalla disputatio orale alla quaestio scritta, non va considerata un mero commentario alle Sententiae di Pietro Lombardo, bensì una summa teologica autonoma, il cui metodo, procedendo secondo classificazioni generali circa genere e numero dei vocaboli usati nel discorso su Dio, presenta le forme e i contenuti di un legittimo e autonomo linguaggio teologico di cui la grammatica offre le regole di base.
La cacciata dei Catari da Carcassonne
Prepositino si offre come modello di un’alternativa ortodossa di osservanza agostiniana per tutti i dottori parigini, l’erede di Pietro Lombardo per seguito e popolarità, benché non sia un teologo di grandissimo livello; infatti, egli sa sostenere il confronto con Gilberto di Poitiers sul medesimo piano della teologia logico-linguistica: alle regole di proporzione di Gilberto, che consentono alle leggi grammaticali di risultare definitivamente normative anche in teologia, Prepositino antepone l’irriducibilità delle proposizioni dogmatiche, ponendo al centro del suo interesse non il contesto sintattico dei termini quanto quello semantico definito da una decina di assiomi teologici precedentemente individuati, asservendo in tal modo il procedere logico alla preconoscenza del mistero divino. Prepositino, al quale interessa principalmente di veder garantita lasimplicitas di Dio, intese negare alla regola grammaticale, limitandone la consequenzialità, il potere ultimo di consentire la teorizzazione della complessità naturalium rationibus in Dio, come si era espressa presso i porretani. Tramite un’operazione di svuotamento nominalistic, per la quale i dogmi dettati dalla pre-concezione teologica costituiscono i principi assiomatici a cui deve conformarsi ogni proposizione – il linguaggio della sua teologia, venendo meno come strumento di indagine del mistero, costituisce di esso soltanto la corretta rappresentazione.
Alberico di Tre Fontane ci informa che già nel 1209 Prepositino viene sostituito a Parigi dal cancelliere Giovanni de Candelis. L’anno della sua morte, segnalata il 25 febbraio nel necrologio di Saint-Martin-des-Champs, è probabilmente il 1210.

La sua fama presso i contemporanei è legata, però, alla sua Summa contra haereticos, l'unico testo che fornisce informazioni precise sull'eresia catara, al punto di aver fatto dubitare Guglielmo d'Auxerre che avesse vissuto qualche tempo presso i patarini. Secondo Prepositino i catari sono coloro che dicono che Dio ha creato soltanto le cose invisibili e immateriali, mentre il diavolo ha creato quelle visibili e materiali. Vi sono due principi, quello buono e quello cattivo, e due nature, quella buona e quella malvagia. Nella sua opera indica solo una variante nelle opinioni dei catari: ve ne sono alcuni che, pur ammettendo con gli altri che Gesù non ha avuto un'anima umana, precisano che in lui è stata la divinità a tenere luogo dell'anima.