lunedì 12 febbraio 2018

Sessantotto in salsa cremonese

Ricorre quest'anno il cinquantesimo anniversario del Sessantotto, noto in Europa come il “maggio francese”, perchè la fase acuta della rivolta iniziò il 3 maggio, con i primi scontri alla Sorbona di Parigi. La miccia che innescò l'incendio fu una riforma, proposta da Christian Fouchet (ministro dell'Educazione nel governo gollista di Georges Pompidou), che tendeva a creare un legame stretto fra università e mondo produttivo, marginalizzando le facoltà umanistiche. Tuttavia era già da un anno che il mondo studentesco era in fermento a causa del sovraffollamento delle università, dell'incertezza degli sbocchi professionali, la crisi dei valori tradizionali, lo scarso ricambio nelle classi dirigenti.  A Trento, gli studenti avevano occupato la Facoltà di sociologia mesi prima rispetto a quelli di Nanterre, da cui tutto era iniziato. Il 2 maggio, dopo 40 giorni di occupazione, l'Università di Nanterre fu sgomberata dalla polizia. La prova di forza ebbe l'effetto opposto dal voluto e gli studenti sloggiati si trasferirono alla Sorbona e contagiarono la maggiore università parigina coi loro slogan: "L'immaginazione al potere", "Tutto e subito", "Vietato vietare". il 7 e l'8 grandi cortei attraversarono Parigi; il 10 nel Quartiere Latino sorsero barricate e per tutta notte le vie divennero un campo di battaglia, con centinaia di feriti. Il giorno 13 la rivolta toccò l'apice: mentre un manipolo di studenti occupava la Sorbona, 800mila scioperanti bloccavano Parigi. Per un mese la Francia fu incendiata dalla rivolta, poi il vento cambiò e subentrò alla rivoluzione il desiderio di nomalità. Ma intanto il dado era gettato. In Italia la contestazione studentesca divampò qualche mese dopo, agli inizi di novembre.

Gli studenti in Questura la mattina del 19 novembre (foto Faliva)
A Cremona il 6 novembre nella sala cooperative e mutue di via Beltrami 18, Roberto Giammanco tiene una conferenza su “La rivolta degli studenti” su invito di un gruppo di studenti cremonesi. Qualche giorno dopo a manifestare la loro inquietudine sono per primi il 9 novembre gli studenti dell'Istituto magistrale Sofonisba Anguissola, nel corso di una tavola rotonda convocata dal giornale dell'istituto “Gruppo 66”, anche se si affrettano a chiarire di non essere “contestatori nel senso violento che oggi si attribuisce al termine”, ma solo interessati “ad una discussione aperta e civile sui problemi che ci riguardano più da vicino e che investono tutto tutto quanto il nostro futuro e il nostro avvenire di uomini e di insegnanti”. La contestazione, però, è presente, e verte sulle prospettive offerte dalla scuola, che ogni anno sforna decine di abilitati all'insegnamento che, per accedere alla facoltà di magistero, devono sostenere un esame di ammissione con il risultato di creare schiere di maestri disoccupati. Il motivo? L'inflazione degli studenti, attirati dai quattro anni di corso. Il dibattito è acceso, animato da un lato dal presidente del parlamento dell'Istituto Giovanni Gregori e da un'abilitata recente, Franca Dall'Acqua, e dall'altra i professori Pontiroli, Barbieri e Marcocchi e il direttore didattico Siboni.
I temi della politica e dell'attualità sono ancora lontani in queste prime manifestazioni spontanee di disagio, centrate soprattutto sui temi del diritto allo studio fin da quando, ad inizio dell'anno scolastico, nel settembre il Comitato di agitazione studentesca, nucleo che dà luogo al Movimento Studentesco, aveva diffuso un documento in cui si invitava a combattere nella scuola “il classismo: il 90 % degli alunni delle scuole elementari sono figli di lavoratori dipendenti, nella Università essi si riducono al solo 6%; l’autoritarismo poiché non abitua alla critica personale ma solo ad assimilare un contenuto fornito da superiori (professori, presidi, programmi ministeriali); l’antidemocrazia: gli studenti non hanno alcun potere di controllo sui professori e i professori non l’hanno sul preside”. il documento, annunciando la costituzione del Movimento Studentesco, enunciava i principi su cui doveva basarsi la lotta degli studenti: “Nessuna delega alla soluzione dei nostri problemi; no al parlamentino. si all’assemblea; in ogni istituto si devono creare dei nuclei di mobilitazione permanente tra loro collegati e possibilmente ramificati per classe. studenti: l’azione deve cominciare da oggi!”. 
La protesta degli studenti il 20 novembre
Da questi confini l'analisi si allargherà nei mesi successivi ai temi più generali suggeriti dall'attualità, come la pace, il Viet-Nam, l’America Latina e la figura di Che Guevara, la Cecoslovacchia, la fame nel mondo. Già l'anno prima, d'altronde, qualche studente come Deo Fogliazza dell'Itis, aveva partecipato alla Marcia per la pace nel Vietnam organizzata da Danilo Dolci, Ernesto Treccani e Don Gaggero, in due tappe contemporanee: una che da Milano andava a Roma, l’altra che raggiungeva Roma partendo dal Belice in Sicilia. Un gruppo di ragazzi di Casalmaggiore aveva trascorso una settimana a Parigi per essere presente alle lotte del maggio francese e nei luoghi storici del dibattito extrascolastico, come il Ristorante Centrale, l’Osteria del Vicolo del Cigno, Cinto ed altri si iniziava a discutere e ad impostare volantini che poi venivano ciclostilati presso qualche partito o sindacato che disponesse dell'attrezzatura necessaria, sneza che dovesse interferire.
A Cremona i temi di discussione vertono sui numerosi casi di sovraffollamento in edifici vetusti ed inadatti, sugli orari ed i trasporti scolastici, le mense e così via e su questi problemi molto sentiti si elaborano in diverse scuole dettagliate piattaforme rivendicative proprio utilizzando il diritto di riunione nelle aule. Man mano, però, il movimento diventa meno “spontaneo”, si struttura, si articola e politicizza, dialoga e polemizza coi “vecchi partiti”, si confronta con le organizzazioni giovanili degli stessi. C'è anche un gruppo che in via Oberdan si struttura in modo autonomo e dà vita ad un giornaletto, “Il quarto lato del triangolo” in cui affronta le tematiche più specifiche del mondo studentesco cremonese, come ad esempio i i problemi degli studenti “pendolari” che vengono con autobus e treni a Cremona dalla provincia.
Nel frattempo, però, inizia a crescere la tensione: l'11 novembre avvengono tafferugli a Bologna e Roma. Il 12 novembre si tiene al Cittanova l'assemblea degli studenti del Manin, la prima in orario di lezione alla mattina, moderata da Floriano Soldi con relazioni di quattro studenti: Conte, Mangani, Goi e lo stesso Soldi, al termine della quale viene diramato un comunicato stampa, in cui si ribadisce “l'assoluta infondatezza delle continue accuse che in altre sedi si fanno ai giovani di non essere che strumento, portavoce di determinati partiti e organizzazioni politiche. Niente di più falso: per lo meno al liceo classico si è sentito un appello corale all'unità e all'assoluta indipendenza del fronte studentesco e si è sottolineato continuamente come da gran parte dei giovani sia del tutto superato il discorso delle divisioni partitiche”.
Il provveditore Grimaldi parla agli studenti
Il 13 novembre all'inaugurazione dell'anno dell'Università Cattolica di Milano gli studenti inscenano una protesta abbandonando l'aula della facoltà di lettere e filosofia, al liceo scientifico Leonardo da Vinci la polizia interviene per sgombrare il corridoio del primo piano dagli studenti che lo occupavano, al liceo Berchet 150 studenti disertano le lezioni, a Ferrara polizia e carabinieri intervengono per sedare la protesta degli studenti del liceo scientifico Antonio Roiti contro il preside che non concede il diritto di riunirsi in assemblea, a Fidenza un centinaio di studenti dell'istituto commerciale Luca Paciolo sciopera contro la sostituzione dell'insegnante di estimo agrario. Altre agitazioni avvengono a Mestre, Roma e Bologna. La protesta non risparmia neppure il mondo della cultura d'evasione. Si ribellano anche gli autori di fumetti che disertano in massa il Salone dei Comics di Lucca ed il oltre duecento firmano una dichiarazione contro le strumentalizzazioni intellettualistiche cui sono soggetti: si trovano insieme a braccetto Tex Willer e Trottolino, Zagor e Braccio di Ferro, Diabolik e Tiramolla. E tra gli autori Jacovitti e Bruno Bozzetto, Pier Carpi e i fratelli Montecchi, Armando Testa e Biassotti, soggettisti delle storie di Topolino e Paperino. Il giorno dopo scendono in piazza anche gli studenti di Firenze, Vigevano, Napoli, Sanremo, Genova, Savona, Bari e Bologna.
Il 20 novembre anche a Cremona si tengono le prime manifestazioni: circa settecento studenti delle Magistrali si recano davanti al Provveditorato per consegnare una petizione con le loro richieste, a loro si aggiungono anche studenti del Beltrami, dell'Industriale e dello Stanga, mentre quelli dello Scientifico e del Classico si limitano ad una protesta interna. Il preside del Beltrami Enzo Maffini acconsente alle richieste perchè partecipi alla protesta una delegazione dell'ultimo corso dei geometri, preoccupato per il crollo di parte della cancellata dell'istituto sotto la pressione degli studenti che in via Palestro sono sempre più numerosi. Nel corso del pomeriggio il comitato studentesco decide indire per il giorno dopo una manifestazione di tutti gli istituti superiori cittadini con la richiesta dell'assemblea degli studenti in ogni istituto.
La protesta del 20 novembre
All'appuntamento in piazza Roma si ritrovano oltre seimila studenti che, incolonnati da un discreto servizio d'ordine formato da agenti di polizia e carabinieri, si dirigono verso piazza Cavour e corso Vittorio Emanuele per raggiungere il Provveditorato agli studi. Sugli scalini del palazzo è posizionato un microfono, dove, richiesto a gran voce, si presenta il Provveditore Vero Grimaldi che “assicura che terrà buon conto di tutte le proposte che gli verranno dagli alunni, massimamente se esse saranno state presentate con quella cordialità, della quale non si può fare a meno nelle relazioni umane. Invita, quindi, i giovani a non disertare ancora le aule facendo presente che la scuola, anche per chi non voglia attribuirle altri meriti, è metodo, è graduazione, è programma; rileva inoltre che anche i contestatori hanno ricevuto proprio nella contestata scuola strumentazioni linguistiche ed attrezzature intellettuali sì da poter esprimere in modo efficace le loro opinioni; nutre, infine, la speranza che i giovani sappiano dignitosamente giovarsi del clima di libertà e di benessere preparato con molta fatica dai loro padri”. Il Provveditore, accolto con applausi, se ne va tra i mugugni. Tocca agli studenti dir la loro. Il rappresentante degli istituti tecnici chiede la ristrutturazione dei programmi, un nuovo metodo di insegnamento, l'abolizione delle spese di studio, il diritto di assemblea, e l'orario unico. Quello del liceo classico li liceo unico, il tempo pieno, il presalario, la scuola obbligatoria fino ai 18 anni, le materie opzionali l'abolizione del voto e l'immediata soluzione del problema edilizio. Lo scientifico rivendica la cassa scolastica di studio, la ristrutturazione dei programmi negli insegnamenti di chimica e disegno, l'assemblea per discutere sui diritti degli studenti. A mezzogiorno la manifestazione di scioglie in un clima di grande incertezza, nel pomeriggio di susseguono le voci su un intervento del Provveditore per autorizzare la concessione delle assemblee in tutti gli istituti ma, nonostante i tentativi degli studenti, non vengono reperiti i presidi che possano eventualmente confermare la notizia e, di conseguenza, si resta d'accordo nel ritrovarsi la mattina successiva davanti ai cancelli delle scuole per decidere il da farsi. Il giorno successivo tutti i presidi, in accordo con il Provveditorato, concedono il diritto di assemblea, ma tuttavia la protesta prosegue perchè ai ragazzi fermi in attesa davanti ai cancelli degli istituti arriva la notizia che il preside dell'Istituto professionale per il Commercio Einaudi di via Cavallotti non ha concesso il diritto all'assemblea, ma, sembra solo per la mancanza di un locale adatto, e che gli studenti del Liceo Scientifico sarebbero stati rinchiusi nella scuola. Gli studenti del Classico, dell'Industriale, Magistrali e Beltrami non entrano in classe e si concentrano nuovamente in piazza Roma e raggiungono lo Scientifico dove ad attenderli vi è un cordone di polizia. Tre rappresentanti degli studenti entrano nell'istituto ed apprendono che in realtà il diritto di assemblea è stato concesso e che gli studenti sono entrati. Questa viene immediatamente convocata, e sarà la prima nella storia del mondo studentesco cremonese, e delibera a maggioranza di unirsi agli studenti che attendono in via Palestro. La preside concede ai ragazzi di uscire da scuola e questi vengono accolti all'esterno dagli applausi, poi tutti insieme si dirigono nuovamente a parlare con il Provveditore Grimaldi, decidendo, dopo l'incontro, il rientro a scuola.
La protesta del 20 novembre (foto Faliva)
Gli studenti medi cremonesi hanno fatto un passo avanti verso l'auspicata forma di colloquio con i docenti – commenta il cronista de “La Provincia” - La dimostrazione è arrivata proprio ieri mattina quando l'assemblea dello Scientifico, in piena libertà ha deciso di uscire per solidarietà, unendosi ai colleghi che già manifestavano. E' questo il primo atto di un colloquio che va concretizzato, seriamente, con coscienza non solo dei propri diritti ma anche dei propri doveri. Sottolineeremo come gli studenti cremonesi abbiano compiuto con maturità queste agitazioni riuscendo ad escludere qualsiasi interferenze di elementi che avrebbero potuto trarne vantaggio di ordine partitito e politico. Non sono mancate, è vero, alcune lamentele in ordine a questo particolare. Ma noi, in coscienza, abbiamo seguito passo, passo lo svolgersi delle manifestazioni e possiamo affermare che solo gli studenti hanno manifestato, negando a chiunque la possibilità di strumentalizzarli. Ciò è un fatto positivo perchè è solo dibattendo fra di loro i problemi e con la comprensione dei professori che i giovani potranno portare avanti le loro idee, le loro istanze a vantaggio non solo di loro stessi ma anche della società. In questi tre giorni di agitazione studentesca molti si sono chiesti: che cosa vogliono gli studenti? Quali sono le loro idee? Interrogativi ai quali è difficile dare risposte precise assolute. La «contestazione» degli studenti era nella logica delle cose. Nel dopoguerra si sarebbe dovuto verificare, parallelamente alle trasformazioni politiche, economiche e sociali del paese, il passaggio dalla scuola di élite (tipica di un particolare assetto sociale) alla scuola di massa. Di fatto invece si è verificato solo un ampliamento di ciò che già esisteva, senza adeguare le strutture fondamentali. La scuola è ancora ancorata all'accademicità, al tecnicismo ed al nozionismo. Ora il mondo studentesco è in agitazione. Molto spesso gli studenti assumono posizioni di rottura nei confronti della società ma non dimentichiamo che sino ad oggi non è stato fatto tutto o quanto meno è stato fatto poco perchè essi possano trovare nella scuola non solo il motivo meramente culturale ma anche la preparazione a quella che sarà la vita professionale e civica. Sono grossi problemi, d'accordo, che non si possono risolvere con la bacchetta magica ma dobbiamo dare atto che anche per quelli piccoli si è agito in ritardo”.
Il movimento degli studenti proseguirà nel 1969. Momenti di tensione avranno luogo nella primavera in Piazza Marconi, capolinea dell’autotrasporto pubblico provinciale, con blocco dei bus da parte degli studenti, con rivendicazioni di gratuità del trasporto scolastico e relative agli orari.

Verrà poi occupato l’ITIS - Chimici allora in via S. Lorenzo con l’obiettivo dello studio e della realizzazione dell’orario unico, che risultò piuttosto lunga ed impegnativa e che venne esacerbata dalla voce che il Preside stesse elaborando una contropiattaforma rispetto agli occupanti insieme a studenti di destra. All’occupazione venne poi posta fine dall’intervento dei Carabinieri. Anche il Liceo classico fu occupato per un breve periodo dagli studenti nel febbraio 1969: l’occupazione, per l’atteggiamento più disponibile del Preside, fu poi trasformata in assemblea permanente, con gruppi di studio che si riunivano in orari non di lezione e che si tennero per un lungo periodo. 

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