venerdì 9 febbraio 2018

La chiesa di S.Ambrogio compie 80 anni

La chiesa di Sant'Ambrogio nel 1938 nella foto di Ernesto Fazioli
Nel 2018 compie ottant'anni la chiesa di Sant'Ambrogio, l'ultimo dei grandiosi edifici sacri cremonesi. La progettazione della chiesa è opera dell’architetto Giovanni Muzio e risale al periodo compreso tra il 1934, data approssimativa d’inizio, e il 1935, ed è l'ultimo grande edificio sacro costruito a Cremona che possa a tutti gli effetti essere considerato un'opera d'arte sia per valore intrinseco sia per importanza storica. Questa chiesa esemplifica, infatti, la poetica costruttiva del suo progettista, l'architetto Giovanni Muzio (1893-1982) che dedicò una parte importante del suo operato specificatamente all'architettura sacra moderna. Nel vasto ed importante catalogo di Muzio spiccano, infatti, ad esempio la Cappella del Sacro Cuore dell'Università Cattolica, progettata tra il 1930 ed il 1932, la chiesa milanese di S.Maria Annunciata in chiesa Rossa del 1932, l'Angelicum del 1939 e la Basilica dell'Annunciazione a Nazareth. Accanto a queste si inserisce proprio la chiesa di Sant'Ambrogio di Cremona, vasto progetto a carattere anche urbanistico, solo in parte però realizzato.
Quando, infatti, nel 1934, il vescovo di Cremona Giovanni Cazzani decise di affidare ai Minori Francescani la cura d'anime di un'intera parrocchia, quella di Sant'Ambrogio, il quartiere si raccoglieva ancora disordinatamente, tra case, campi e fabbriche, attorno alla piccola e cadente chiesa omonima del XVIII secolo che risultava, però, del tutto insufficiente a soddisfare le esigenze di una popolazione in rapida espansione. Serviva, quindi, un nuovo complesso che non fosse solo luogo di culto, ma offrisse anche spazi per particolari momenti di fede, come il battistero, per l'associazionismo cattolico (l'auditorium), per la comunità monastica (il chiostro dei frati) costituendosi come vero e proprio polo urbano dal forte valore sociale e religioso. Giovanni Muzio venne perciò chiamato a dare forma tangibile a questo progetto che a buon diritto entrava nel programma di nuova evangelizzazione promosso dalla Chiesa Cattolica in quegli anni, coadiuvata in questo proprio dall'Ordine Francescano.
L'interno della chiesa, foto di Ernesto Fazioli 1938

Il suo progetto, imbevuto di moderno classicismo, ottenne l'approvazione, nel maggio del 1935, della Commissione Diocesana per l'arte sacra che sottolineava "il senso di semplicità grandiosa e moderna... del complesso architettonico". A padre Pacifico Valugani, nominato Superiore del convento, ed al cugino padre Pasquale spettò il gravoso compito di sostenere economicamente il progetto reperendo i fondi necessari, impresa resa possibile dal generoso aiuto di tanti benefattori e dagli interventi delle autorità politiche del tempo come il podestà Attilio Gnocchi a cui si deve l'approvazione, nel bilancio comunale, dell'acquisto per 13 lire il metro di un vasto appezzamento di proprietà dei Minori posto in fondo a piazza Castello dove, poi, sorsero le scuole elementari "Costanzo Ciano" oggi Bissolati. Venne, perciò, costituito un Comitato Esecutivo presieduto da monsignor Carlo Boccazzi e si moltiplicarono in città le iniziative volte alla raccolta di fondi; così l'8 novembre 1935 venne aperta in alcuni locali della Galleria 23 marzo (oggi XXV aprile) una pesca di beneficenza di carattere principalmente gastronomico che ottenne largo successo così da essere ripetuta in prossimità della ricorrenza di S. Omobono anche nei due anni successivi, mentre il 6 febbraio 1936 le maestranze della Cavalli e Poli offrirono a beneficio della nuova chiesa "quintali 3,50 di ferro e la somma di lire 500". Ad un intervento diretto di Farinacci è, poi, da far risalire la cospicua offerta di 25.000 lire decisa dal Duce per "l'erigenda chiesa di S.Antonio a S.Ambrogio" come da lui stesso comunicato al comitato il 10 settembre 1937, mentre nell'aprile del 1938 Farinacci offrì personalmente la somma di lire 15.000 "per onorare la memoria della madre...e con l'augurio che questo suo gesto possa servire d'incitamento ad altri offerenti".
Nel frattempo i lavori proseguirono alacremente ed ad un anno dalla posa della prima pietra, nel giugno 1936, la cripta era già ultimata, nel 1937 si stavano alzando i muri perimetrali che in agosto raggiungevano l'imposta del tetto, mentre nel marzo 1938 la copertura era completata; per tutto questo periodo il cantiere fu spesso oggetto di visite illustri , diventando una sorta di cantiere-aperto ante litteram, visite che si completavano con la visione dell'esposizione permanente, nella vicina casa Azzolini, dei progetti stesi da Giovanni Muzio nonché del plastico completo di tutte le strutture previste per questo futuro centro di arte e di fede. Tra queste visite se ne ricorda in particolare una del vescovo Cazzani che nell'autunno del 1937 "servendosi delle scale a pioli si portò sulla sommità dell'edificio , percorrendo tutto il fianco meridionale e ammirando insieme lavori e panorama". 

La posa della prima pietra (foto Fazioli)
La posa della prima pietra avvenne il 9 giugno 1935 alla presenza di Farinacci, membro del Gran Consiglio, del prefetto Carini, del segretario federale, gli onorevoli Moretti e Mori, il vice podestà, il preside della Provincia, i membri del comitato d'onore, il rettore dell'Università cattolica padre Agostino Gemelli, in rappresentanza dell'Ordine dei Frati Minori, il vescovo Giovanni Cazzani con il Capitolo della Cattedrale. Gli operai del Nastrificio Alquati, oggi parte della Casa di Cura delle Figlie di San Camillo, donarono tre ore di lavoro e l'azienda, da parte sua, l'equivalente. Aspersa la croce elevata nel punto esatto in cui sarebbe sorto l'altare maggiore del nuovo tempio, il vescovo firmò la pergamena che doveva essere racchiusa nella prima pietra, controfirmata poi dalle principali autorità in duplice copia, una delle quali destinata all'archivio del convento: “Il Vescovo depone la custodia della pergamena entro al pietra, che chiude con il cemento; poi, mente i seminaristi intonano un salmo. Il progettista, architetto Muzio, ordina agli operai di calare il grosso blocco di granito, che il vescovo asperge con l'acqua santa. Sono le 18,30. Il Vescovo si inginocchia e intona le litanie dei Santi, per invocare lo ausilio della Coorte celeste alla grave opera che i Frati Minori stanno per intraprendere. Quindi, seguito dal corte dei canonici, e da altri sacerdoti, fa il giro delle fondamenta che benedice e che, con l'aspersorio di issopo, irrora d'acqua benedetta”.
La posa della prima pietra (foto Fazioli)
L'inaugurazione avvenne tre anni dopo, il 12 giugno 1938, con la presenza dell'arcivescovo di Milano cardinale Ildefonso Schuster. La mattina il vescovo monsignor Cazzani, assistito dal Capitolo della Cattedrale aveva benedetto la nuova chiesa che, verso le 10,30, era stata subito gremita dai fedeli, mentre i Frati Minori, diretti dal maestro Guido Manfredini, avevano intonato la “Missa jucunda” del Vittadini che accompagnava il primo pontificale. La cerimonia solenne avvenne il pomeriggio con la grande processione eucaristica per il trasporto della Santissimi dalla vecchia alla nuova chiesa, che per un momento di temette di dover sospendere a causa del maltempo che infuriava e la pioggia che cadeva a rovesci. Ma verso le 15,30, poco prima dell'arrivo del metropolita lombardo, il cielo si era improvvisamente schiarito e la macchina organizzativa del ricevimento aveva potuto mettersi in moto. Lungo il percorso del corteo era stato predisposto un ingente schieramento di forze militari: lungo via Milano erano schierati gli artiglieri con i loro automezzi ed il colonnello che poi si sarebbe messo alla testa della scorta d'onore del cardinale Schuster, con altri militari e fanti. Verso le 15,30 l'auto del cardinale fece il proprio ingresso nel cortile del Seminario vescovile, accompagnata da trentun colpi di cannone e dal suono di tutte le campane cittadine. Dopo l'abbraccio con il vescovo ed i saluti del clero cremonese, l'incontro con le autorità, i gerarchi e Farinacci, che sull'uniforme fascista portava per l'occasione la fascia del Gran Cordone dell'Ordine Coloniale della Stella d'Italia. “Dopo una breve sosta in Seminario – ricorda il cronista de “Il Regime Fascista” - il Cardinale è salito sull'automobile scoperta e l'onorevole Farinacci gli si è assiso di fianco. I carabinieri a cavallo si sono incolonnati dietro la macchina che, seguita da numerose altre, si è messa in movimento. E' stato un passaggio trionfale attraverso le strade tutte imbandierate. Le finestre, ornate con drappi, arazzi, fiori, erano gremite, dietro i cordoni la folla faceva ala ed applaudiva al passaggio del cardinale che, sorridendo, rispondeva con gesti di benedizione. Via Carlo Alberto, piazza Risorgimento. Via Crema erano brulicanti di folla; e ovunque si rinnovarono le fervide dimostrazioni di affetto e di entusiasmo. Alla porta della nuova chiesa erano il Provinciale dei Minori lombardi, il superiore cremonese, Padre Pacifico Valugani, che è stato l'entusiasta animatore dell'iniziativa, ed un gruppo di frati che hanno reso omaggio al Cardinale Schuster. Il quale è entrato nella chiesa accolto dalle acclamazioni della folla che la gremiva e, dopo aver pregato davanti all'Altare Maggiore, si è assiso in Trono. La chiesa si è vuotata lentamente: i fedeli andavano ad incolonnarsi per la processione, che doveva muovere dalla vecchia chiesa di Sant'Ambrogio, dopo la benedizione, impartita dal Vescovo, ai tradizionali gigli di Sant'Antonio, che cento bimbi bianco vestiti avrebbero poi portato in processione, formando un pittorico gruppo gentile. Nella nuova chiesa, intanto, il Cardinale si intratteneva con l'architetto Giovanni Muzio, progettista della chiesa, e aggiungeva le sue alle felicitazioni che egli aveva ricevuto numerose per la bella opera compiuta. Si intratteneva anche con Padre Pacifico Valugani, al quale diceva altre parole di compiacimento”.
Padre Pacifico Valugani sul cantiere nel 1937
Una volta giunta a destinazione la processione, Schuster si limitò ad una breve discorso e ad una brevissima funzione religiosa. “Egli ha citato un episodio della vita di San Francesco. Il quale, un giorno, invitò un suo fraticello ad accompagnarlo, perchè doveva andare a tenere una predica. E si mossero, «come i Frati minori vanno per via», con cuore compunto, con atteggiamento devoto. E soltanto verso sera, dopo aver tanto girato per le strade di Roma, tornarono a battere alla porta del convento. Con stupore del fraticello, che non seppe trattenersi dal domandare: «E la predica?». E San Francesco rispose: «La predica l'abbiamo fatta». L'avevano fatta processionando così, con tanta devozione e tanto raccoglimento. Da questo fatto trae lo spunto il Cardinale per dire che due prediche di seguito non si fanno; e poiché i cremonesi hanno già fatta la loro – partecipando con cuore devoto alla processione, cadendo in ginocchio davanti al Santissimo senza curarsi se per terra vi era tanto fango che imbrattava le vesti, dimostrando in vari modi quanto grande e radicata sia la loro fede – egli non farà che una esortazione: «Nella nostra fede vi è l'anima del popolo italiano. Sappiatela sempre conservare intatta». Ha concluso dicendo che la idea di far sorgere il nuovo tempio in onore di Sant'Ambrogio e di avervi voluto aggiungere il Santuario Antoniano, è una garanzia di aumento dei pace di aumento di bene. Infine ha invocato su tutti la benedizione di Dio”. Il giorno successivo, festa di Sant'Antonio, nella nuova chiesa si celebrò un'altra funzione solenne officiata dall'arcivescovo di Sassari Mazzotti, nel corso della quale venne eseguito l'inno processionale in onore di Sant'Antonio, composto per l'occasione dal maestro Federico Caudana.


L'inaugurazione con il cardinale Schuster (foto Fazioli, 1938)
Del progetto originario, alcune strutture come l’abside, il tiburio, il battistero e il campanile non sono state realizzate. Il santuario antoniano, oggi impiegato come cappella settimanale, è stato infatti completato solo nel 1961. Muzio è padrone della metodologia progettuale razionalista che lo guida fin dall’inizio nella distribuzione degli spazi, delle funzioni e delle strutture del complesso architettonico. Un ampio sagrato si apre davanti al corpo longitudinale della chiesa e alla imponente facciata esaltando lo slancio verticale del portico, collegato all’area del convento retrostante, il cui chiostro è stato realizzato soltanto in parte. Nonostante le parti mancanti, l’opera di Muzio appare compiuta nella sua concezione complessiva e trasmette chiaramente quella capacità di ordinare volumi puri, dando vita a una continuità tra esterni e interni anche attraverso astratte tessiture in laterizio che donano coerenza e omogeneità a tutto il complesso e che rimandano alla tradizione lombarda e cremonese. La pianta è concepita a navata unica, con un chiaro rimando alla struttura basilicale delle origini; lo spazio è scandito da sette campate e da pilastri slanciati collegati alle pareti da archi pensili a formare un corridoio perimetrale e un ballatoio sospeso, esteso sino al portico della facciata, entrambi percorribili. La copertura è realizzata mediante un susseguirsi di piccole volte a botte autoportanti in laterizio armato, disposte trasversalmente, che caratterizzano anche l’esterno dell’edificio. Un’altra piccola volta, simile alle precedenti ma posta longitudinalmente ad esse, segna il grande arco centrale del portico di accesso alla chiesa. All’interno, le piccole volte sono decorate su disegno dello stesso Muzio. L’ampia navata è illuminata da numerose vetrate e si inserisce tra i pilastri e le volte creando giochi caleidoscopici di pieni e di vuoti, contribuendo a dare allo spazio un carattere monumentale ed accogliente al tempo stesso. Per l’illuminazione notturna Muzio ha pensato a semplicissimi candelabri applicati ai pilastri. L’architetto milanese si è occupato anche della progettazione dei confessionali e degli altari, in modo da creare un insieme coerente ed armonico.

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