martedì 30 maggio 2017

Il sogno del porto di mare

Il progetto del porto milanese del 1917

Sulla linea gialla del Metro milanese, tra le stazioni di Corvetto e Rogoredo, c'è una fermata dal nome curioso, per una città che dista cento chilometri dalla spiaggia più vicina. Porto di Mare si trova in via Cassinis all’altezza di via Fabio Massimo e di via Gaggia e all’uscita si trovano solo i casermoni in cemento della tipica periferia estrema milanese, il raccordo verso la tangenziale Est e un parco. Nessuna traccia di mare, ovviamente: il nome deriva da una vasta area del sud est di Milano che venne identificata nel 1907 dal Genio Civile, su incarico del Comune, per ospitare un nuovo porto artificiale per la città.
Già nel 1902, l’ingegner Paribelli del Genio Civile aveva elaborato un progetto per la realizzazione di un grande porto fluviale a sud della città, nella zona di Rogoredo, già punto di raccolta delle acque reflue della città che poi confluivano nel Lambro Lo sviluppo dell’idea della costruzione del porto da destinarsi alle necessità delle industrie e dei commerci cittadini, segnalò l’esigenza di creare un porto commerciale, con diversi bacini disposti a pettine, ed un porto canale di utilizzo industriale.
Un grande porto che avrebbe realizzato il sogno di collegare il cuore della Lombardia al mare, attraverso Cremona e il Po. Un sogno che fu sul punto di concretizzarsi cent'anni fa. La darsena era infatti ormai insufficiente per la mole enorme di materiali trasportati via barconi dal Po e dal Lago Maggiore, tramite rispettivamente il Naviglio Pavese e il Grande. Oltre 70 imbarcazioni da 40/80 tonnellate, un numero superiore a quello di porti affermati come Brindisi, Bari e Messina, intasavano i navigli. Si trattava però di imbarcazioni di modesta portata molto inferiori ai battelli di 600 tonnellate che percorrevano i canali francesi e che avrebbero potuto navigare da Milano a Venezia lungo il Po. Il Pavese era caratterizzato da 12 chiuse per superare il dislivello che rallentavano enormemente il tragitto. Anche il percorso dal Lago Maggiore era lunghissimo, giorni di navigazione e traino. Inoltre il piano regolare Beruto del 1884 prevedeva la scomparsa dei canali dal centro città. 
Il Genio Civile presentò quindi il progetto di una enorme serie di darsene localizzate nel punto ove tutte le acque di Milano, di superficie e di falda, tendono a colare, la zona a sud dell'attuale Piazzale Corvetto. Nel progetto iniziale il grande bacino aveva 5 enormi moli di attracco, e sarebbe stato collegato con il Po tramite il canale Milano-Cremona. Nel 1917 infine il Comune approvò il progetto e stanziò il primo denaro. I lavori iniziarono subito mentre il progetto subiva alcune modifiche, con l'allargamento del bacino e la riduzione dei moli a 4, mentre il canale industriale continuava verso nord allacciandosi alla Martesana passando ad est dell'Idroscalo. Linee ferroviarie apposite avrebbero connesso il porto con la stazione di Rogoredo e di Porta Romana.

Il progetto del porto
di Cremona del 1911
Contemporaneamente anche a Cremona, dove l'interesse per la navigazione interna era rinato grazie agli studi del senatore Giovanni Cadolini, pubblicati nel 1909 ma risalenti a qualche anno prima, nel 1911 viene redatto un primo progetto per la realizzazione di un moderno porto fluviale promosso dal Comitato cremonese di navigazione interna. “Ed è venuta anche la volta di Cremona! - scriveva l'ingegnere Pietro Bortini – Cremona, la città tranquilla e serena che il gran fiume dolcemente bacia, si è pure svegliata, e buon per essa se l'ardore che oggi la infervora troverà anche per l'avvenire la fiamma animatrice. Cremona è in posizione per natura privilegiata: Milano, la regine dall'industria e del commercio da una parte. Mantova, la futura Mannheim d'Italia dall'altra. Mantova vuol conquistare il mare, Milano vuol raggiungere Mantova: la grande arteria deve necessariamente passare per Cremona! Dalla capitale lombarda giunti a Pizzighettone si può arrivare a Cremona per due vie diversissime sia per principio informatore, sia per diversità assoluta di tracciati. Da Milano a Pizzighettone si arriva per canale navigabile ormai progettato dalla provincia di Milano; da Pizzighettone a Cremona, tanto si può venire per via d'acqua naturale e convenientemente sistemata, quanto si può continuare il canale Milano-Lodi-Pizzighettone”. L'area individuata per la realizzazione del porto fluviale era compresa tra la linea ferroviaria Cremona-Borgo San Donnino, lo Stradone Passeggio e la strada di circonvallazione che univa porta Po a porta Milano. Il porto interno, completo di tre bacini, avrebbe avuto uno sviluppo di banchine d'approdo di 1500 metri, lo specchio d'acqua una superficie di 55 mila metri quadrati e bacini e piazzali avrebbero occupato un'area di 200 mila metri quadrati. «L'accesso dalla città al porto – scrive Bortini – come ben appare dalla planimetria generale, risulta comodissima. Per chi esce da porta Po, non ha che da scendere lateralmente allo Stradone Passeggio ed è subito alle vicine calate: uscendo invece da porta Milano o venendo dalla stazione si segue la circonvallazione e due comode strade, una delle quali limitante il fianco degli approdi e tracciata nel progetto di piano regolatore per Cremona dell'ing. Remo Lanfranchi, conducono al porto. Il tram pure vi ha facilissimo accesso allacciandosi da una parte alla circonvallazione e dall'altra alla linea Cremona-Piacenza sullo Stradone Passeggio.
L'allacciamento ferroviario pure è in ottime condizioni; infatti mente non impedisce menomamente il transito sulle calate adibite alle tramvie e ai carri ordinari, s'innesta alla linea Cremona-Borgo S. Donnino appena prima d'arrivare al passaggio a livello della strada provinciale per Milano sviluppandosi per una lunghezza di binario di metri 600 circa co curve i cui raggi non sono inferiori a metri 200 e colla pendenza del 7 per mille.
Finalmente la posizione e l'orientamento del progettato porto è pure adatta per ricevere l'eventuale linea navigabile artificiale Pizzighettone-Cremona, sia come stazione di testa, sia come stazione di transito. Infatti il canale Pizzighettone-Cremona sottopasserebbe il rilevato della ferrovia Cremona-Borgo San Donnino nel punto stesso in cui è previsto il sottopasso del canale alimentatore (dato che venga preferito questo sistema a quello d'alimentazione meccanica), derivato dal Morbasco. Appena attraversato tale rilevato il canale si biforca; una ramo corre in porto e l'altro va ad allacciarsi al canale che conduce al porto esterno. Se poi la line navigabile artificiale si dovesse continuare a valle fino a Casalmaggiore o per Tagliata sistemato fino all'Oglio e a Mantova, il porto di Cremona diventerebbe una vera stazione laterale alla grande arteria Venezia-Milano. In questo caso fra il porto e lo Stradone Passeggio il canale navigabile verrebbe attraversato da un ponte girevole».

In realtà Bortini aveva studiato altre due ubicazioni che, per motivi diversi, non vennero prese in considerazione. La prima prevedeva la realizzazione del porto a nord della ferroviaria Cremona-Borgo San Donnino, l'altra nell'area delimitata dalla strada chiamata “del porto”, dall'argine maestro del terzo comprensorio, dallo Stradone Passeggio e dal rilevato delle fornaci Frazzi e di via Del Sale. Nella prima soluzione il canale di comunicazione con il Po si sarebbe affacciato sul fiume nel punto dove sfociava il Riglio, “posizione veramente ottima – scriveva Bortini – essendo difeso a monte e a valle ed in diretto contatto col principale canale del fiume. Il porto però non sarebbe molto comodo alla città; difficile risulterebbe l'accesso al tronco di canale limitato dall'argine maestro e dalla sponda del fiume, che, come vedremo, deve costituire una parte importante dell'opera; finalmente il manufatto del tiro a segno e la cascina Quadri rappresentano due ostacoli non trascurabili dovendo occupare l'area in parola: D'altra parte riuscirebbe facile il raccordo ferroviario, quantunque sarebbe necessario deviare la rogia che presentemente scorre parallela e subito a monte del rilevato ferroviario della Cremona-Borgo. Ottima pure la posizione per l'arrivo i porto dell'eventuale canale Pizzighettone-Cremona». L'altra proposta, invece, venne tralasciata per l'impossibilità di realizzare l'avanconca di comunicazione con il Po. «Logico sarebbe progettare tale canale sboccante in fiume fra la strada così detta del porto a monte o la strada del Sale a valle: ma questa posizione si rivela subito inaccettabile se si osserva che a poco a valle della strada del porto si entra in un ramo secondario di Po fronteggiato da un'isola in formazione, mentre il canale navigabile abbandona la sponda sinistra subito a valle del ponte in ferro per addossarsi alla sponda destra (attualmente in parte protetta e in parte in corso di difesa) a monte del paese di Mezzano Chitantolo...Venendo finalmente al vero porto si deve osservare, in tesi generale, che l'area disponibile se non è insufficiente come superficie, è alquanto sacrificata nella larghezza in vicinanza alal città ,precisamente dove occorrerebbe maggior spazio per piazzali di deposito, calate, tettoie, binari di raccordo, ecc. Il tracciato planimetrico quindi di tale porto dovrebbe essere di forma allungata e trapezzoide, colle banchine fronteggianti Stradone Passeggio e strada del Sale. I raccordi ferroviari non sarebbero molto facili o dovrebbero sempre attraversare lo Stradone di Passeggio».

Il laghetto del porto di Milano prima dell'interramento
Grandi progetti rimasti sulla carta, per dare concretezza alla rinnovata fiducia nelle possibilità di sviluppo dell’economia lombarda fin dall’inizio degli anni ottanta del XIX secolo, a partire dalla forte espansione del comparto industriale tessile. In questi anni, la presa di coscienza delle potenzialità è supportata da tre eventi significativi di natura diversa, come l’Esposizione Nazionale del 1881, l’apertura del traforo ferroviario del San Gottardo nel 1882 e l’inaugurazione della prima centrale elettrica in Italia nel 1883, che confermano la svolta in atto in questo periodo.
A colpire i contemporanei, fu soprattutto il repentino sviluppo dell’industria meccanica, oltre alla forza già affermata del settore tessile grazie ad investimenti e conoscenze provenienti in gran parte dall’estero. Questo afflusso di soldi ed esperienze era dovuto alla posizione di Milano in qualità di cerniera tra il bacino del Mediterraneo ed i paesi di lingua tedesca, valorizzata dalle infrastrutture di recente costruzione, prima tra tutte il traforo del San Gottardo. Il processo di crescita dell’economia lombarda riguardò soprattutto l’area milanese e pedemontana, così i Cremonesi, invece di varcare l’Oceano Atlantico, per trovare lavoro si limitarono a varcare l’Adda, per raggiungere il capoluogo lombardo. Nel primo decennio del XX secolo la crescita proseguì a ritmi serrati; basti pensare alla creazione dei grandi stabilimenti produttivi nell’area di Sesto San Giovanni, nelle immediate vicinanze di Milano, tra cui possiamo citare le Acciaierie e Ferriere Lombarde Falck, le officine Breda e la Magneti Marelli, il cui insediamento nell’hinterland milanese risale proprio a quel periodo e che rivestiranno un ruolo di prima importanza nel “boom” economico degli anni sessanta. Pertanto, in questa congiuntura economica, ritrovano nuova forza i secolari progetti di collegamento tra Milano ed il mare, soprattutto per l’approvvigionamento di materie prime destinate alle grandi industrie metallurgiche e siderurgiche e per la spedizione di prodotti finiti in grandi volumi, sull’esempio di quello che avveniva nei grandi fiumi dell’Europa centro-settentrionale.
Pertanto, sulla base del progetto del 1917 a Milano si procede alla costituzione di un’Azienda Portuale di Milano, per la realizzazione del porto e del canale di collegamento che avrebbe dovuto raggiungere il fiume Adda, secondo il tracciato Melegnano-Cavenago-Pizzighettone-Foce Adda, per poi raggiungere il Po poco a monte di Cremona. I primi lavori vengono avviati al termine della prima guerra mondiale, senza molta convinzione, soprattutto per dare lavoro al gran numero di persone che tornavano dal fronte dopo la smobilitazione ed erano prive di occupazione. Infatti, negli anni tra il 1919 ed il 1922, l’attività è limitata all’esecuzione degli sbancamenti del porto commerciale e dello scavo di alcuni tronchi di canale per una lunghezza di circa venti chilometri, non contigui, nei territori di San Giuliano Milanese, Lodi, Maleo e Maccastorna. L’inizio dei lavori per la realizzazione del porto e del canale navigabile fino a Cremona furono fortemente voluti da Emilio Caldara, il primo sindaco socialista di Milano, che lasciò anche alcuni scritti sulle opportunità aperte dal collegamento con il mare.
Il sindaco Caldara, avvocato ed autorevole esponente del Partito Socialista Italiano, fondatore dell’ANCI, l’associazione dei Comuni, era nato a Soresina e quindi di origine cremonese; un elemento che forse influì sulla scelta di raggiungere il mare ed il Po attraverso Cremona, in quanto la città ed il suo territorio, fino a quel momento, erano state tagliate fuori dalle grandi vie di comunicazione stradale e ferroviaria. Parallelamente anche Cremona, dove l'amministrazione comunale cittadina è guidata dal sindaco socialista Attilio Botti, nel 1919 e ’20 appronta una banchina portuale in cemento sulla riva del fiume, appena a valle del ponte, sulla base del progetto del 1911, e crea contemporaneamente l’Azienda autonoma Porto di Cremona, per gestirne i traffici. Nel 1922, le mutate condizioni politiche portarono ad una sospensione dei lavori milanesi, mentre il traffico alla Darsena di Porta Ticinese continuava ad aumentare parallelamente allo sviluppo edilizio della città. L'anno dopo uno dei primi atti del nuovo governo è proprio la sospensione dei lavori e lo scioglimento delle aziende portuali di Cremona e Milano.

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