mercoledì 28 dicembre 2016

Il cacciatore di Valdesi

Eretici valdesi
Ci fu un arcidiacono della Cattedrale di Cremona a capo della persecuzione contro i Valdesi nel corso di quella che è stata definita l'ultima crociata medievale, combattuta nelle valli piemontesi tra il 1487 ed il 1488. Il suo nome era Alberto Cattaneo ed apparteneva alla grande scuola dell'Inquisizione cremonese che, due secoli prima, aveva avuto nel frate domenicano Moneta, o Simoneta, il suo massimo rappresentante con un manuale destinato a fare a suo modo storia: il famoso trattato “Summa contra catharos et valdenses” del 1244. Forse proprio per questo motivo, quando l'arcivescovo d'Embrun Jean Baile si rivolse direttamente al papa Innocenzo VIII perché gli fosse inviato un commissario efficiente nella lotta contro gli eretici del Delfinato, la scelta cadde su di lui, già abituato ad aver a che fare con gli ultimi “Poveri lombardi”. In poco più di un anno, tra l'aprile del 1487 ed il luglio del 1488, Cattaneo ridusse gli eretici alla resa, e non certo con la forza della persuasione. Papa Innocenzo VIII, d'altronde, era un cultore del tradizionalismo religioso e pochi anni prima aveva visto fallire il suo tentativo di convocare nell'inverno 1484-1485, una Dieta a Roma per organizzare la crociata contro il sultano turco Bajazet, che aveva invaso la Moldavia. Nella primavera del 1487 Innocenzo VIII aveva condannato per eresia Pico della Mirandola, impedendo lo svolgimento della disputa universale che il principe filosofo aveva indetto a Roma. E qualche anno prima, nel dicembre 1484, con la bolla “Summa desiderantes” aveva di fatto inaugurato la caccia alle streghe in Germania, dando piena facoltà di intervenire per reprimere la stregoneria ai due celebri inquisitori Heinrich Institor e Jacob Sprenger, gli autori del “Malleus maleficarum”. Dunque, nominato il nuovo nunzio e commissario apostolico in Savoia e nel Delfinato con una bolla datata 27 apr. 1487 , il papa interviene presso Carlo VIII re di Francia ed il ventenne Carlo II duca di Savoia perchè approntino una spedizione armata in aiuto al nuovo inquisitore. La bolla concede a chi partecipa alla crociata di impossessarsi dei beni degli eretici e la remissione dei peccati, rende nulli i contratti con i valdesi e vieta a chiunque di aiutarli. Sul piano locale Cattaneo doveva agire contro i valdesi residenti nella giurisdizione del Parlamento di Grenoble i quali, per quanto riguardava la sfera spirituale, dipendevano dall'arcivescovo di Embrun, se abitavano le vallate occidentali delle Alpi, e da quello di Torino o dal prevosto di Oulx, se vivevano nelle vallate del versante orientale. L'arcidiacono cremonese cominciò dunque la sua missione chiedendo la collaborazione del suo collega Biagio da Berra, inquisitore del Piemonte residente a Pinerolo, che però il 18 luglio rispose che non poteva abbandonare la sua sede. In realtà, come poi vedremo, i motivi erano ben altri e Berra non si limitò a declinare l'offerta, ma si oppose fermamente all'attività de nuovo commissario papale. Risposte analoghe, tuttavia, giunsero in agosto da parte dei vicari del prevosto di Oulx e dell'arcivescovo di Torino. Una strada, dunque, tutta in salita per l'inquisitore, che però riuscì a far riconoscere i suoi poteri dal Parlamento di Grenoble, che il 7 agosto emanò un'ordinanza con la quale si ingiungeva alle giurisdizioni di Briançon e di Embrun di riconoscere l'inviato pontificio.
Il 24 agosto Cattaneo, che si trovava a Oulx, inviò a tutti i curati che dipendevano da quella prepositura una lettera circolare per informarli della sua missione e per annunciare loro che stava per iniziare una inchiesta nelle parrocchie della Val Cluson, Mentoulles, Usseaux, Fenestrelles e Pragelas. Da quel momento si stabilì a Briançon, dove rimase prudentemente per tutta la durata del suo incarico. L'11 settembre convocò davanti a sé undici abitanti della Val Cluson, ritenuti capi dei valdesi; due soltanto si presentarono e vennero assolti. Il 18 erano ventisette i valdesi che furono citati a comparire; e il 24 centotrenta di Pragelas, settantadue di Mentoulles. Non essendosi presentato nessuno, duecentodiciassette valdesi vennero scomunicati e minacciati di essere dichiarati eretici se non si fossero presentati dinnanzi al nunzio apostolico entro venticinque giorni a partire dal 9 ottobre. Contemporaneamente l'inquisitore pontificio si era preoccupato di affermare la sua autorità presso i poteri civili ed ecclesiastici: il 15 settembre il Parlamento di Grenoble lo autorizzò a ricorrere al braccio secolare per operare gli arresti e il 23 ottobre il papa gli fece sapere di aver sospeso i poteri e il titolo di inquisitore a Biagio da Berra. Il 30, Innocenzo VIII firmò un altro breve con cui ingiungeva a Cattaneo di non lasciare il paese prima di averlo purgato dalla eresia. Tuttavia, malgrado le minacce, nessuno si presentò davanti all'inquisitore; che di conseguenza invocò l'intervento della forza armata. Dopo il fallimento di un tentativo di mediazione compiuto dai cattolici della Val Cluson, con la massima solennità l'inquisitore dichiarò eretici e recidivi i valdesi della vallata e li consegnò al braccio secolare. Coloro che credevano di poter ottenere aiuto dal re di Francia furono delusi: Carlo VIII scrisse al governatore del Delfinato Filippo di Savoia, il futuro duca Filippo II, di appoggiare la repressione con tutti i mezzi a sua disposizione.
Mentre si preparava la spedizione militare, alla vigilia di Natale Cattaneo rivolse le sue attenzioni ai valdesi della diocesi di Embrun procedendo all'interrogatorio di alcuni indiziati all'Argentière. L'inquisitore cremonese dubitò della sincerità delle conversioni in massa a cui assistette in quella circostanza, e avrebbe voluto infierire se il papa, cui si era rivolto per avere disposizioni, non gli avesse consigliato con un breve del 3 gennaio 1488 di agire con la maggiore prudenza possibile e di esaminare ogni caso in particolare: soltanto gli eretici dichiarati potevano essere consegnati al braccio secolare. Tuttavia non si arrese e l'8 marzo dichiarò eretici e recidivi i valdesi della diocesi di Embrun.

Pietro Valdo
Frattanto era trascorso l'inverno ed era stata raccolta una piccola armata di 18.000 uomini radunati sui due versanti alpini . Un ultimo tentativo di riconciliazione tra i valdesi e l'inquisitore, organizzato da un consigliere del Parlamento di Grenoble, Jean Rabot, fallì. Gli appelli rivolti dagli eretici e dalle popolazioni di quelle valli al re e al papa non sortirono altro effetto che la conferma dell'operato del Cattaneo. Da ultimo, alcuni deputati valdesi della Val Cluson minacciarono all'inquisitore le punizioni celesti se egli avesse persistito nella sua azione. Le operazioni militari iniziarono durante il mese di marzo, sotto il comando di Hugues de la Palud, luogotenente del governatore del Delfinato. I francesi entrano nella valle di Loyse e mettendola al sacco. I valdesi con le loro famiglie salgono sul monte Pelvoux e si barricano nella grande caverna chiamata Aigue-Froid (oppure Balme-Chapelue). La Palud sale il monte Pelvoux per l’altro versante, raggiunge la grotta e vi immette del fumo. I valdesi che escono sono massacrati, altri 3.000, compresi 400 bambini, muoiono nella grotta. Gli abitanti delle valli Argentiere e Fraissiniere barricano i passi d’accesso. I crociati evitano queste fortificazioni e saccheggiano piuttosto le valli indifese. Un gruppo di crociati francesi raggiunge la spedizione piemontese nella valle di Pragelas.

 I valdesi della Val Cluson, vinti con le armi, accettano di presenziare a una solenne cerimonia di riconciliazione che ebbe luogo a Mentoulles il 31 marzo.
Il legato pontificio Alberto Cattaneo parte da Pinerolo verso Bricherasio e La Torre, capitale delle vallate valdesi. I valdesi inviano inutilmente a trattare Giovanni Campo e Giovanni Besiderio. Alberto Cattaneo pone il campo all’entrata della val Lucerna, divide le sue truppe in tante piccole bande e le disperde per le vallate valdesi. La Torre, all’incrocio tra val Lucerna e val d’Argogna, è occupata, seguita da Villaro e Bobbio, abbandonate dai valdesi. I crociati sono così in possesso dell’intera val Lucerna. Cataneo sposta il campo presso La Torre, avanza con il grosso verso la val d’Angrogna ed invia 700 uomini oltre il colle Julten per devastare le valli di Prali e San Martino.
I sabaudi trovano i valdesi barricati presso Roccomaneot, iniziano a lanciare frecce senza effetti. Al grido dei valdesi “Dio dei Nostri Padri, Aiutaci! O Dio, Liberaci!”, il capitano Le Noir di Mondovì risponde con bestemmie ma una freccia di Pierre Revel d’Angrogna lo uccide, causando la fuga dei crociati. I valdesi li inseguono abbattendo i ritardatari.
Cattaneo raduna le truppe e riprende l’avanzata, supera indisturbato l’altura di Roccomaneot e penetra nella strettoia presso la ripida montagna detta “Barricade” ma è accolto dalle frane causate dai valdesi, che poi attaccano i crociati, li mettono in fuga e ne fanno strage. Il corpo del gigantesco capitano Saquet, di Polonghera, cade nel torrente ed è ritrovato a valle, nel luogo tuttora chiamato Tompie di Saquet (Golfo di Saquet).
Durante il mese di aprile Cattaneo aveva convocato davanti al suo tribunale o a quello dei suoi delegati duecentotrenta persone. L'inquisitore è citato per l'ultima volta nel Delfinato il 4 luglio 1488.


Partendo da una libera interpretazione del Vangelo, il valdesismo diffonde nel popolo precetti di morale pratica, positiva, prospetta come esempio da seguire la vita degli apostoli. Proclamando l'uguaglianza di tutti i fedeli nell'ambito della Chiesa e il sacerdozio universale fondato unicamente sul merito individuale, retaggio di tutti uomini e donne, e non sopra una consacrazione esteriore (retaggio di una classe privilegiata), spezza alle basi la ragion d'essere della gerarchia ecclesiastica e della Chiesa stessa. Movimento laico e popolare, costituito pressochè totalmente da contadini e artigiani, dava con ciò un colpo potente alla stessa organizzazione feudale, strettamente legata alla Chiesa, e rivelava tutto il suo carattere rivoluzionario. I Valdesi conoscevano a perfezione la Bibbia; predicavano la povertà e l'astensione dal lavoro; vivevano d'elemosina; rifiutavano i sacramenti impartiti dagli ecclesiastici; praticavano la confessione l'un con l'altro, negavano la transustanziazione e la validità della Messa; rifiutavano il culto dei santi e dei morti; non ammettevano la comunione dei santi, né il Purgatorio. Condannavano come illecita la menzogna, il giuramento e ogni forma di giudizio. Praticavano la continenza, non in odio alla materia creata, ma per desiderio di perfezione. Uniti in comunità a carattere fraterno, non sembra abbiano conosciuto (almeno fino a tutto il sec. XIV) una forma precisa e definita di vera e propria organizzazione ecclesiastica. La condanna ecclesiastica determinò il rapido diffondersi del movimento. Già propagatisi in Lombardia, probabilmente fin dall'epoca del concilio Laterano, i Valdesi, allontanati da Lione, si diffondono nel Delfinato e nella Provenza, in Alsazia, in Lorena, in Svizzera, in Germania e persino in Spagna. In Italia un forte gruppo valdese (i cosiddetti "Poveri Lombardi") si costituisce a Milano, a fianco e d'intesa con gli Umiliati. Nel sec. XIII la propaganda valdese si estende fin nell'Ungheria, in Polonia, in Boemia, dove anzi, secondo la leggenda, si sarebbe recato e sarebbe morto (1217) lo stesso Valdo. Perseguitati accanitamente, specialmente durante la famosa crociata bandita da Innocenzo III, essi, dopo due secoli e mezzo, erano praticamente scomparsi dall'Austria, Germania, Francia, Spagna. Più a lungo resistettero in Boemia, dove verso la metà del sec. XV si fusero con gli Ussiti per opera specialmente di Federico Reiser. Dei gruppi italiani, oltre quelli piemontesi e lombardi, va ricordato quello che si stabilì (primi del sec. XIV) in Calabria. Ma il gruppo valdese destinato a sussistere e a mantenersi intatto attraverso i secoli fu quello che si venne raccogliendo, fin dal sec. XIII, in alcune valli delle Alpi Cozie (Val Queiras, Valluisa, Valle Argentiera, Val Freissinière, dalla parte della Francia; Val Pragelato, Val Perosa, Val S. Martino, Valle Pellice o di Luserna, con la valle laterale di Angrogna, dalla parte del Piemonte). Questi nuclei valdesi furono da principio ben accolti dai signori locali, specialmente dai conti di Luserna, ma già nel 1220 gli Statuti di Pinerolo condannavano a un banno di dieci soldi l'ospite del Valdese. Questa situazione di ostilità andò aggravandosi nel corso del sec. XIII con il costituirsi , con centro a Pinerolo, del principato d'Acaia, che favorì l'opera dell'Inquisizione in Val Perosa. Anche nelle valli occidentali, gravitanti verso Embrun e Briançon, i Valdesi furono perseguitati nel 1289 e quindi nel 1332. Una persecuzione generale fu organizzata da papa Gregorio XI (1370-1378) che si valse dell'opera del francescano Francesco Borelli tristemente famoso per la repressione da lui condotta nelle valli francesi (169 persone salirono il rogo), mentre nelle valli orientali i domenicani si mostrarono meno severi. Ma nel 1476 un editto della duchessa Violante di Savoia ordinava di eseguire i comandi dell'Inquisizione e gli stessi signori di Luserna, fino allora restii a dar mano libera all'Inquisizione, finirono per piegarsi. Nel 1484 il duca di Savoia Carlo I tentò di sradicare i Valdesi con le armi, ma la campagna finì male per il duca, tanto che, scatenatasi, nel 1487, la crociata antivaldese bandita da Innocenzo VIII e guidata dall'arcidiacono Alberto Cattaneo, essa rimase limitata alle valli del Delfinato che furono presto e pressoché definitivamente purgate. Nelle valli piemontesi, favoriti dalle precarie condizioni dello stato sabaudo, i Valdesi godettero invece, fin verso la metà del sec. XVI, un periodo di relativa tranquillità.

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