venerdì 8 aprile 2016

Metti una sera al Filo con i fratelli Lumière


La locandina del Cinematografo Lumière
Si spengono le luci e, nel buio della sala, i cavalli sembrano uscire dallo schermo tra nuvole di polvere. Poi le prime automobili sbucano all’improvviso tra i passanti sbigottiti. E’ una serata ricca di emozioni, quella del 20 settembre 1896 al teatro Filodrammatici. Il Cinematografo Lumière approda a Cremona, a neppure un anno dall’esordio al Salon Indien, nel seminterrato del Gran Café di Parigi, al numero 14 di Boulevard des Capucines, il 28 dicembre del 1895. A portarvelo un certo Giuseppe Filippi: avrebbe voluto fare la prima proiezione in un teatro più degno, ma il Concordia era in crisi, ed a stento era riuscito a rabberciare in qualche modo la stagione lirica, ed il Ricci, che poi sarebbe andato a fuoco la notte di quel 10 dicembre, era chiuso. Non restava che il teatrino dei Filodrammatici, che il presidente Arrigo Camisasca, storcendo il naso di fronte a quella novità che “alterava la mente della gente”, aveva deciso di affittare per garantirsi qualche piccolo introito che lo salvasse dalla precaria condizione economica. Lo spettacolo dei Lumière veniva presentato come un esperimento, ma i cremonesi erano già rimasti incuriositi qualche mese prima al passaggio in città di Alexandre Promio, un agente dei fratelli francesi, con una strana macchina per riprendere la gente dal vero. Alla prima serata si presentò uno sparuto numero di curiosi, ma tanto bastò per suscitare una piccola rivoluzione.“Gli esperimenti di fotografia animata dati l’altra sera e ieri sera al Filodrammatici – scriveva il cronista il 22 settembre 1896 – riuscirono sorprendenti. Si ripeteranno per poche sere dalle 8 alle 11, di mezz’ora in mezz’ora. Ingresso cent. 50, ragazzi cent. 25. E’ uno spettacolo curioso e nuovo per i cremonesi e che ovunque ha ridestato la più grande meraviglia”. Quelle serate al Filo costituirono un avvenimento che, nelle parole entusiaste del cronista, avrebbero cambiato il mondo: “Domenica sera, al Filodrammatico, si riprodussero sei quadri: un mercato, il baluardo degli italiani a Parigi, le capre, il maneggio, una via a Pietroburgo, e un bagno non penale. Vi sono particolari nella riproduzione della realtà che colpiscono: dopo che i cavalli han fatto il salto dell’ostacolo, voi vedete la polvere alzarsi; nel via vai delle grandi città, istantaneamente colpito, voi notate le espressioni di chi passa, e movimenti, voi sentite quasi anche quello che dicono o almeno lo si sentirà in seguito, con probabile, felice connubio del microfono e del cinematografo, l’esordio è stato lusinghiero, si tratta di cosa assolutamente nuova e bella. Si fermerà quattro o cinque giorni e le rappresentazioni serali avranno luogo dalle ore 19 in avanti”.
Jean Alexandre Promio
Visto il successo le proiezioni vennero ripetute l’anno successivo. Si iniziò lunedì 20 settembre.
La sorpresa, tuttavia, non mancò neppure quella sera, anche se il Filippi, prudentemente, si era tutelato tenendo in serbo un’altra meraviglia da mostrare: il grafofono, uno strumento simile ad un grammofono, con voci registrare su un cilindro che veniva fatto udire, quanto possibile, in sincronia con le immagini proiettate sullo schermo. Il cronista riferì che le immagini non soltanto si muovevano, ma anche parlavano, segno che il “grafofono” aveva raggiunto il suo scopo meravigliando forse ancora di più delle Cinematografo Lumière. Una grandissima impressione aveva suscitato soprattutto la “sfilata del 2° Reggimento del genio prussiano” su cui il grafofono aveva registrato i secchi ordini del comandante, il rumore degli stivali dei soldati e la musica della fanfara. E la sera successiva il pubblico aveva stipato il piccolo teatro in ogni ordine di posti chiedendo al termine della serata la ripetizione della proiezione, un’abitudine squisitamente teatrale. Per ottenere il bis, però, ci volle oltre un’ora di attesa, per un inconveniente sfuggito allo stesso Filippi che, rimontando la pellicola, l’aveva collocata alla rovescia, cosicchè si era visto il reggimento marciare all’indietro, tra la grande ilarità degli spettatori, accentuata dall’ingresso sulla scena di un cagnolino che, tra le gambe dei soldati, aveva iniziato anch’esso a correre al contrario. E lo stesso accadde con la bobina successiva, contenente “Il bagno di Diana a Milano”, girato l’anno prima da Promio nel capoluogo lombardo, e già presentato al Filo nel primo ciclo di proiezioni. Il cronista osservava che il Cinematrografo Lumière presentava l’inconveniente dello sfarfallìo delle immagini e questo gli aveva procurato il mal di testa, tuttavia doveva ammettere “che lo spettacolo scientifico era interessante e in molta parte nuovo di zecca”. Al secondo spettacolo di giovedì 23 settembre dovettero intervenire i carabinieri per allontanare con la forza la folla che si assiepava nella piazzetta, attirata dal nuovo programma che prevedeva anche una registrazione al grafofono del flautista cremonese Cesare Sala. Per i successivi appuntamenti di sabato e domenica Filippi aveva preparato un programma speciale: si era recato con il suo Cinematografo sulle sponde del Po ed aveva ripreso la sfilata dei canottieri non dimenticando di riprendere con lunghe inquadrature anche il pubblico presente e la folla dei curiosi, decretando, con un processo di autoriconoscimento, l’infallibile successo degli spettacoli. Alla registrazione del flautista Sala si aggiunse quella del violinista Andrea Calamani che sul grafofono incise una sua romanza cantata da Giovanni Girelli. Filippi nella settimana di permanenza a Cremona fece affari d’oro, con offerte impensabili da parte del presidente del teatro Filodrammatici, che aveva vinto l’iniziale diffidenza ed era entusiasta del successo. Tuttavia, raccolti armi e bagagli, se ne andò senza lasciare spiegazioni, forse attirato da piazze più appetibili.
La macchina da presa dei fratelli Lumière
Sta di fatto che per un paio d’anni il cinema, dopo aver offerto un assaggio della sua grande popolarità, se ne stette lontano da Cremona un paio d’anni. Le cause sono forse da rintracciarsi nella mancanza di spazi adatti ad accogliere un pubblico via via più numeroso: il Concordia era ancora alle prese com la sua crisi interna, mentre il Politeama, inaugurato il 6 gennaio 1898, sfornava spettacoli e getto continuo, tra stagioni liriche di prosa, circhi equestri, cavallerizzi e acrobati, clowns, operette e varietà che determinavano un grande favore del pubblico. Bisognò dunque attendere il settembre 1899 per ritrovare i pionieri della settima arte ed il loro ritornò scatenò il finimondo. Per la prima volta non si trattò più di esperimenti ma di spettacoli veri e propri realizzati dai fratelli Lumière, che trovarono proprio nel Politeama la location ideale. In cinque giorni si assistette ad oltre trenta proiezioni al prezzo d’ingresso di 40 centesimi in platea e di 20 nel loggione, talmente alla portata di tutte le tasche che il pubblico non mancò di assistere a tutte le proiezioni, sancendo in modo definitivo il successo del cinema sotto il Torrazzo. I cremonesi in quell’occasione poterono vedere per almeno una decina di volte “Corrida de toros” e “Vita di Gesù Cristo”, una serie di tavole viventi realizzate dagli operatori Léar e Basile e film che oggi sono considerati pietre miliari nella storia del cinema, come “L’arrivée d’un train en gare de la Ciotat” di Auguste e Louis Lumière, proiettato la prima volta il 6 gennaio 1896, “Partie d’écarté”, con la partecipazione del padre stesso dei fratelli Lumière, “Una strada di Londra”, “Piccioni in San Marco” di Promio, “Demolizione di un vecchio muro”. Vennero proiettati anche film comici come “Lotta di quattro donne”, corrispondente a “Bataille de femme avec chien”, girato da Louis Lumière nel 1896, “La battaglia con le palle di neve” sempre del 1896, con un ciclista che viene colpito e cade davanti alla cinepresa, “Bologna ore 18, Brescia ore 14”.
Con l’inizio del secolo il Cinematografo Lumière non conobbe ostacoli anche se per qualche anno non vi fu destinato stabilmente un locale. Verso il 1905 il Reale Cinematografo Gigante, l’agenzia itinerante ideata da Salvatore Spina, portò alcuni film al Politeama, fra cui “La dannazione di Faust” realizzato nel 1903 da Georges Mèliès, il primo mago degli effetti speciali, e nel maggio 1908 fu la volta del “Royal Thaumatograph”, più noto come “Cinematografo Parlante” che mandò in visibilio il pubblico.
Bisogna attendere però l’anno successivo per avere la prima sala cinematografica in pianta stabile. A crearla è Cristoforo Nobili, un rappresentante di macchine da scrivere Remington, che fa cinema per proprio diletto a scopo sperimentale.
Con la complicità di Walter Sacchi, che possiede una rudimentale macchina da proiezione, inizia a proiettare i primi nastri di celluloide su un bianco telone nel salone posto sopra l’ingresso del Politeama. Le pellicole vengono noleggiate nel negozio di Giovanni Pettine, in via Panfilo Castaldi 17 a Milano. Purtroppo siamo ancora agli inizi e le copie dei film sono uniche, per cui le pellicole si rigano velocemente peri continui passaggi nei proiettori artigianali e gli spettatori escono dalla sala con gli occhi rossi ed affaticati.
Nello stesso Politeama tra il 1909 ed il 1915 operano altri due cinematografari della prima ora, Pettini e Marcenaro, che allestiscono spettacoli singolarmente per i bambini e gli adulti. Ma il primo gestore di spettacoli cinematografici itineranti è Ernesto Sereni, originario di Ancona, ed in origine giostraio.
Il padre, morendo, gli ha lasciato infatti in eredità una giostra acquistata dopo anni di sacrifici, con dieci cavalli bianchi di cartapesta, ognuno dei quali fissato ad una palo di ottone lucidissimo che lo attraversa in verticale. La giostra è molto particolare: coperta da un telone circolare di velluto rosso, nasconde al proprio interno uno speciale organi a canne che suona melodie e pezzi d’opera, alimentato da un moto diesel che fa funzionare un sistema elettrico.
Quasi subito Sereni baratta la giostra con un tendone militare, adibito a Ospedale da campo e camere operatoria di primo intervento. Sotto il tendone, fin dagli inizi del Novecento e fino allo scoppio della prima guerra mondiale, allestisce i suoi spettacoli cinematografici viaggianti alla Fiera di Porta Milano, per poi portarli in giro in tutta Italia. Dal 1900 al 1914 gira le città con il suo “Kinetoscope Edison”, una cassetta di legno dotata di oculari con lenti attraverso cui per pochi minuti si possono vedere immagini in movimento. “Ricordo perfettamente la figura di Ernesto Sereni – scrive di lui Gianfranco Cattagni – Me lo ricordo coi capelli candidi ed il volto rugoso, relegato in un vecchio tetro e buio negozio, in fondo a via Volturno, al numero civico 40. In quel negozietto scuro e ammuffito, ha un bella mostra giocattoli, bambole, pettini, spazzole, dentifrici ed altre mille cianfrusaglie, buttate in vetrina alla rinfusa. Sereni è piccolo di statura, tarchiato, la faccia tonda ed il volto dell’eterno ragazzo. E due occhi mobilissimi, neri e intelligenti. Con un vecchio proiettore e con l’organetto a canne, proietta le comiche di un arco che va da Ridolini a Charlie Chaplin. L’ingresso al Cine-viaggiante costa poco e la gente entra. Ora, nel suo negozietto, si gode la vecchiaia. Offre ninnoli e balocchi; non può più offrire a noi ragazzi una cosa preziosa: la fantasia”.
Il salto di qualità avviene però, prima della guerra, con il vero antesignano del cinema cittadino, Dino Calza, gestore con il fratello Pino, del Teatro Milanese, una delle prime sale cinematografiche meneghine, in corso Vittorio Emanuele.
Dino Calza
Per dissapori con l’altro socio, il commendatore Papa, proprietari di una catena di teatri milanesi, i due decidono di trasferirsi a Cremona: trovano una magazzino per carta da macero in una vecchia casa del centro storico, lo svuotano, ripuliscono e lo riempiono di sedie e panche. Diventa il cinema di “Via Curzia”, subito dopo ribattezzato “Cinema Calza”, il primo ambiente cittadino destinato esclusivamente alla settima arte, con duecento posti, disadorno ma pulito.
Verso il 1910 Dino Calza stipula un contratto con la Società Filodrammatica Cremonese, prendendo in gestione anche il teatro Filo ad uso di cinema. Ma è passato troppo tempo dall’ultima volta che i cremonesi hanno assistito ad una proiezione, ed i cinema non sono molto frequentati.
Quando il pioniere sembra sul punto di mollare tutto, arriva il soccorso insperato della guerra di Libia: è la prima in cui alcuni bravi operatori al seguito del truppe girano lungometraggi sugli avvenimenti bellici in terre lontane. E’ proprio grazie ai primi “cinegiornali” che il cinema torna ad essere affollato. E Calza abbina alle proiezioni tutto ciò che può far spettacolo.
Nel 1911 deve chiudere per mancanza di risorse il teatro Eden, in via Zara nella zona di piazza Castello, dove si organizzano vari spettacoli, dal cinema, ai piccoli circhi, alle marionette. Calza decide quindi nel 1913 di allestire il primo cinema estivo all’aperto nel cortile di un vecchio palazzo in via Gaetano Tibaldi: fili di ferro tesi da un muro a all’altro con un sistema di teli mobili da chiudere sulle teste degli spettatori in caso di maltempo. E’ il cinema all’aperto “Giardino Esperia”.
E quando nel 1915 l’Italia entra in guerra reagisce con un atto di coraggio che gli fa costruire un nuovo fabbricato in via Anguissola: il più grande edificio di quei tempi destinato al cinema. Il progetto viene affidato ad Attilio Gamba, il fabbricato e le coperture murarie vengono eseguite sotto la direzione di Enrico Guindani, la decorazione degli ambienti è opera dello scultore Guido Persico, membro della Reale Accademia di Brera, coadiuvato dal milanese Mario Ceresa e dal cremonese Ferruccio Rossi. I piloni in cemento armato ed i soffitti sono forniti dalla Soc. an. Cementi di Cremona mentre i pavimenti e le decorazioni interne ed esterne sono eseguiti dalla ditta Gamba Persico e Giuseppe Farina di Cremona e da Francesco Ballanti di Crema. I serramenti sono opera dei cremonesi fratelli Poli, i mobili ed i rivestimenti in legno del cremonese Luigi Guastalli, l’impianto elettrico dell’Unione Elettrotecnica Cremonese e quello di ventilazione e riscaldamento della società Gaetani di Cremona. Mobili in ferro della ditta Bossi di Gallarate e lavori in ferro battuto. E’ costruito in puro stile liberty, con un grande atrio spazioso ed un imponente scalone che porta alla galleria. Tutti i soffitti e le colonne che reggono gli ingressi sono decorati a stucco, con grappoli d’uva, pampini e vitigni. Nel complesso è un locale molto elegante, con decorazioni sfarzose, mobili di pregio e lampadari elettrici. E’ dotato di 700 posti, 380 in platea e 120 poltrone in galleria. L’inaugurazione ufficiale è il 30 ottobre 1915 con il film “Il fucile di legno”, a cui segue una comica brillante. Il prezzo di ingresso è di una lira per la galleria e 60 centesimi per la platea. Biglietti scontati per militari e ragazzi. Per Cremona si tratta di un’opera colossale, vista ed ammirata da tutti gli esercenti di cinema italiani. Nel 1928 la gestione passerà nelle mani di Luigi Rizzoli, che, oltre al cinema “Italia” gestirà anche la sala “Olimpia” ed il Filodrammatici.

Nessun commento:

Posta un commento