venerdì 10 luglio 2015

Arriva la prima automobile


La versione più economica costava 3400 lire, quella più accessoriata, una sorta di monovolume, arrivava a 9000; aveva una velocità media di 20 chilometri orari e una spesa di mantenimento che poteva arrivare ai quattro centesimi al chilometro, con un'autonomia di circa 120 chilometri. E' la descrizione della prima automobile moderna che fece la propria comparsa a Cremona 120 anni fa, quando sul finire del settembre del 1895, un veicolo Benz proveniente da Milano, transitò sulle strade della nostra provincia impegnato in un raid dimostrativo che lo avrebbe portato lungo tutta la Penisola. La validità del nuovo mezzo di locomozione fu subito compresa da Ettore Sacchi, direttore del quotidiano “La Provincia” che vi vide un mezzo tecnico in grado di modificare la vita dell'uomo in modo più rapido che in tutti i secoli precedenti. Lo stesso Sacchi non si limitò solo a dar notizia dell'evolversi del fenomeno, ma sul finire dell'Ottocento fu autore di una serie di articoli didattici e informativi che sicuramente contribuirono a diffondere in città e in provincia l'interesse verso il nuovo mezzo.
Giorgio Mina a bordo della sua Benz nel 1896
Prova ne sia che già l'anno successivo Giorgio Mina si fece ritrarre a bordo della sua fiammante Benz nella tenuta di Castel Rozzone, nel comune di Pieve Delmona. Il 28 e 29 settembre, dunque, così Ettore Sacchi descrisse il transito di questa strana carrozza senza cavalli: “I giornali di Milano tengono dietro al viaggio che il signor Brena ha intrapreso sopra una carrozza automobile lungo tutta la penisola. I risultati del viaggio per or sono splendidi. Partito da Milano lunedì mattina il signor Brena è già arrivato a Firenze. Il veicolo, stando alle notizie, ha ruzzolato velocemente e senza scosse meglio che su rotaie percorrendo fino a 25 km/h. E' a quattro posti e da Milano a Firenze non ha ancora consumato 5 lire di benzina. Si vera sunt exposita, e noi cremonesi lo abbiamo potuto constatare quando il veicolo dell'avvenire è passato nella nostra città, questa carrozza ha innanzi a sé vastissimi orizzonti, essa ucciderà la bicicletta non solo, ma i trams, e le ferrovie. Chi è quel misero mortale che non vorrà mettere su carrozza, specie se la industria di tali veicoli si diffonderà e se i negozianti e i rappresentanti li venderanno a respiro e talvolta a...sospiro? Mettere su carrozza finora era stato un problema insolubile per la grande maggioranza della misera comunità. Ma le difficoltà del problema non erano state per le carrozze: erano quei benedetti cavalli che costituivano lo scoglio maggiore. Come potrebbe fare difatti un uomo che doveva risolvere la sciarada del desinare per se stesso e definire anche quella dei cavalli? La bicicletta ebbe un grade successo perchè si disse: è un cavallo che non mangia. E in parte è vero. Ma non tutti si sentono in vena di andare a lezione di velocipedi, vi sono uomini grevi con tanto di barba che non arrischiano di mettersi in berlina sulla pubblica via. Le signore, poi, meno poche eccentriche che sfidano il misoneismo del pubblico, non hanno il coraggio di infilare i pantaloni alla turca necessari per pedalare comodamente senza dovere badare allo svolazzamento delle gonnelle. Ma la carrozza automobile taglia tutti i nodi della questione. Uomini, vecchi, signore, bambini potranno imbarcarsi senza dare nell'occhio e percorrere miglia a loro bell'agio, senza dover mettersi in pensiero se i cavalli si stancheranno, o tremare perchè sono di natura ombrosi, o quel che più conta, senza dover loro provvedere la biada». Ma ancora più interessante è la descrizione tecnica della nuova macchina che chiude il servizio, ricca di dettagli sino ad allora sconosciuti. «Le vetture automotrici brevetto Benz, in seguito ai numerosi perfezionamenti subiti, oggi si presentano pratiche, razionali e di una sicurezza assoluta. Si costruiscono in diversi tipi e sono mosse da un motore ad accensione elettrica utilizzante il petrolio leggero, hanno una velocità media in piano di 20 km/h. La costruzione della vettura è in acciaio e legno per quanto riguarda lo scheletro e le ruote, di forma elegantissima e solidissima possono correre su strade anche brecciate, come pure su ghiaccio, neve, ecc.
La spesa va dai tre ai quattro centesimi al chilometro. L'apparecchio gazificatore e quello di riserva bastano per un viaggio di 100-120 km. La velocità si regola semplicemente operando o l'uno o l'altro dei due manubri opportunamente posti sul davanti della vettura in guisa di poter ottenere una velocità minima. Si arresta a velocità e immediatamente, sferza colla massima facilità ed è sensibilissima a qualsiasi movimento anche in strettissima curva. Basta poche ore per conoscere ogni movimento ed anche il più inesperto o profano in materia può approfittare di tali perfezionati veicoli, premiati ai principali concorsi europei».

Il quotidiano locale per qualche tempo non si occupa più di automobilismo, anche se è certo che già verso la fine del 1895 circolava sulle strade della provincia almeno un autoveicolo, secondo quanto riportava la “Gazzetta di Mantova” di quel tempo, dando notizia del transito del primo autoveicolo nella città virgiliana il 20 febbraio 1896: “Martedì, quasi a supplire la deficienza degli equipaggi signorili, girava sul nostro Corso una di quelle carrozze automobile che fecero tanto parlare di sé in questi ultimi tempi e che non s'erano ancora fatte vedere a Mantova. Ne è proprietario, e la guidava martedì, l'ingegnere Ippolito Pinardi di Rivarolo del Re (Casalmaggiore) venuto qui a passare gli ultimi di carnevale presso l'egregio dottor Cipriano Manfredini. Vi erano montati la signora Pinardi, figlia dell'ingegnere, la signora Manfredini e i suoi due figli. Il veicolo correva in mezzo alla folla sena pericolo di alcuno: rallentava la corsa, la accelerava, girava con la massima facilità ed eleganza. Esso fu acquistato dall'ingegnere Pinardi in persona due mesi fa a Parigi. Di là, con un amico, l'ingegnere venne a Rivarolo a tappe di 150-200 chilometri al giorno. Solo per ragioni di prudenza lo mise in ferrovia lungo il tratto del Cenisio. Con questa carrozza si possono percorrere a strada libera persino 30 chilometri all'ora; ma calcolate una media continua e sicura di 24. Il consumo di benzina è di centesimi 7 per chilometro. Peccato che sia ancora un po'...carina. Costò a Parigi non meno di lire 5.500!”.
Dieci anni dopo i motoveicoli circolanti in provincia erano 64, di cui 22 automobili. Ci aveva visto giusto il solito Ettore Sacchi che il 1 luglio del 1898 aveva scritto un nuovo articolo sui vantaggi del nuovo mezzo a motore e sui difetti dei trasporti pubblici: «Quanto ai vantaggi dell'automobilismo non sono pochi. Esso può rendere più facili ed economiche le comunicazioni, liberandole da quel legame delle rotaie cui sono soggette le ferrovie ed i trams, sostituendosi ai vieti e cattivi mezzi di trasporto. Fino ad oggi esso è quasi ancora allo stato di sport, ma i concorsi banditi nel 1894 e 1895 da un giornale francese per la cosa Parigi-Rouen e per quella Parigi-Bordeaux, il concorso dell'Automobil Club del 1897, hanno provato come un grande avvenire aspetti questi ingegnoso mezzo di trasporto. E già le amministrazioni militari, in alcuni paesi, si occupano alacremente del nuovo mezzo di trazione pel trasporto dei bagagli. Nelle esigenze della moderna attività l'automobile rappresenta un vero progresso dei mezzi di comunicazione e coll'andar del tempo esso si perfezionerà, sostituendosi a poco a poco alle odierne trazioni a cavalli; conseguirà lo scopo fondamentale richiesto a ogni nuovo ritrovato moderno: economia di tempo e di danaro”.
Carlo Carulli, primo patentato nel 1905
Passò qualche anno ed il 12 agosto 1899 fecero la loro comparsa alle porte di Cremona le prime corse automobilistiche con i i primi temerari piloti alla guida degli improvvisati bolidi. Ne dà notizia il quotidiano cremonese che scrive: “Lunedì prossimo avrà luogo l'importante corsa di automobili che fa parte delle feste agostiane di Piacenza. Percorso: Piacenza, Caorso, Monticelli, Castelvetro, San Giuliano, Busseto, Piacenza per lo stradone emiliano. A Castelvetro di fronte alla fornace dell'ing. Cav. Repellini ci sarà l'ufficio di controllo sorvegliato dal sig. Montaldi Aurelio. Inutile dire che il concorso di ciclisti cremonesi a Castelvetro sarà numeroso”. In una splendida giornata di sole, la mattina del 14 agosto, avvenne la partenza. I primi a lanciarsi sulla strada polverosa furono i cinque concorrenti nella categoria motocicli e tricicli ad un posto. Al via si presentarono il conte Alfonso Lecchi e Giuseppe Nescrini, bresciani, su due Prinetti & Stucchi, fabbrica milanese che poteva disporre di motori progettati da Ettore Bugatti; Luigi Storero e Velox di Torino montavano due Phoenix Hp I ¾, mentre il costruttore piacentino Attilio Orio cavalcava ua delle sue Orio & Marchand. Altri tre veicoli dell'officina piacentina si presentarono nella seconda categoria, riservata alla vetturette a due posti di peso non superiore ai 400 chilogrammi, guidate da Bartolomeo Orio, da Penice II e dal milanese Giuseppe Ruini. Una vettura Prinetti & Stucchi guidava il bolognese Guido Sanguinetti, mentre sempre all'officina piacentina aveva fatto ricorso il ragioniere amministratore Emilio Leporte, che utilizzava una potente, almeno per i tempi, 7 HP, un prototipo ancora in fase di collaudo che cercava una definitiva conferma in gara. Al traguardo di porta San Lazzaro si presentò per primo “con una volata vertiginosa” Luigi Storero in mezzo a due ali di folla che applaudiva entusiasta. Velox rimase senza benzina ma, anziché abbandonare la competizione, spinse a piedi il veicolo fino al traguardo. Due ore e 17 minuti il tempo impiegato dal vincitore a percorrere i cento chilometri del percorso, mentre nella seconda categoria giusne al traguardo solo Guido Sanguinetti in tre ore e diciotto minuti. Buona la performance della vettura ufficiale della Orio & Marchand guidata da Leporte, che concluse la gara in tre ore ed un minuto, ma che giunse a tagliare il traguardo quando il pubblico se ne era ormai andato, un po' deluso, come osservava il cronista piacentino: “Ma il pubblico che è rimasto è stanco e pensa, non a torto, che se le corse di automobili sono tutte come queste, divertono ben poco”. Corsi e ricorsi storici, come ben sanno gli appassionati di Formula 1.
Una Darracq del 1901
Pochi giorni dopo i temerari delle quattro ruote fecero la loro comparsa anche a Cremona nella tappa della grande corsa di resistenza disputata l'11 settembre sul percorso Brescia-Cremona-Mantova-Verona-Brescia di 223 chilometri. Sono gli anni in cui si affaccia anche la prima ditta cremonese che commercializza autoveicoli: si tratta della Bonezzi e Bonvicini con negozio in via Giudecca, l'attuale via Verdi ed officina in via Biblioteca, oggi via Boldori, che rappresentava in esclusiva per la provincia le automobili Darracq, fabbricate in Francia, la prima produzione in serie di 1200 esemplari prima che arrivassero le prime Fiat. Nel frattempo, in soli cinque anni, la tecnonologia ha fatto passi da gigante: le automobili non sono più semplici carrozze a motore, ma presentano ruote di uguale diametro, anche se i cerchioni con le razze in legno sono ancora simili a quelli dei carri pur se le gomme piene sono state sostituite da pneumatici. Il motore, ormai quasi sempre bicilindrico affiancato, piatto o a cilindri contrapposti, è quasi sempre piazzato in posizione anteriore, dietro le serpentine dei radiatori. Per la messa in moto si ricorre alla manovella che ha ormai quasi definitivamente soppiantato il sistema a strappo che utilizzava una cinghia montata sull'albero motore. Mancano ancora le corrozzerie ed il guidatore è esposto alle intemperie e al vento per cui è costretto a ricorrere a pastrani, occhialoni e berretto. Ha però la soddisfazione di disporre di un volante vero e non più delle vecchie code di bue. E' in questo clima che si svolge la seconda edizione della Brescia-Cremona-Mantova-Verona-Brescia il 10 settembre1900, dopo la disputa del record di velocità sui 5 chilometri sul tratto dello stradone tra Bagnolo Mella e San Zeno. Con la corsa arrivò anche il primo incidente grave in cui perse la vita il giovane Attilio Caffarati di Pinerolo, uscito di strada su una curva ad un paio di chilometri da Brescia. La gara è minuziosamente descritta in un articolo sulla “Provincia” del 12 settembre: “Il nostro secolo è invaso da una strana ossessione: quella della corsa. Dopo la bicicletta è venuto l'automobile il quale va sempre più perfezionandosi pel grande scopo di divorare la via: e quel bipede implume che si chiama uomo, o almeno uomo sportivo, non ha che un miraggio, vale a dire quello di correre sfrenatamente, pazzamente, non potendo, almeno fino ad oggi volare. Ciò premesso e stabilito come necessaria constatazione di una mania affatto moderna ed affatto caratteristica, veniamo alla cronaca del passaggio degli automobili che ebbe luogo ieri mattina a Porta Venezia. Prima delle otto c'era già molta gente, la quale andava man mano prendendo posizione, parte dov'era il controllo cioè al passaggio a livello della ferrovia, parte innanzi cioè sul gran stradone di Mantova. Per una delle tante contraddizioni delle quali è lastricato il mondo in genere, compreso il mondo dei cicli e degli automobili, alla zucchereria ieri non è approdato nessun carro di barbabietole, e nessuna barbabietola, cosicchè se gli automobilisti fossero passati anche dal piazzale cone l'anno scorso, era tolto il pericolo di uno scontro o d'un barbabietolicidio. Ma le disposizioni erano già prese e fu scrupolosamente seguita la variante, o rotta che dir si voglia, Il cielo si mantenne coperto di nubi, però non piovve e se qua e là c'era qualche pozzanghera, ci fu anche il gran vantaggio della mancanza assoluta di polvere, anzi oserei dire che sotto questo rapporto la corsa riuscì fortunatissima. Gli iscritti erano 48: da Brescia ne partirono 34, da Cremona ne transitarono 37. Il primo arrivato, alle 8,40, fu un triciclo, poi a distanza di pochi minuti vennero altri due tricicli. Io mi ero portato sulla strada di Brescia innanzi qualche chilometro per osservare l'arrivo di un punto di massima corsa, e vi assicuro che fu uno spettacolo impressionantissimo.
Il triciclo fila con una velocità da treno lampo, e quella massa nera che si avanza vertiginosa e su cui sta un uomo che sembra un palombaro cò grandi occhi di vetro, preceduto dal rumore caratteristico dello scoppio, vi fa quasi trattenere il fiato. Per fortuna lo stradone è bello, largo, libero, perchè ognuno pensa subito che se il triciclo trova un ostacolo, la macchina e chi lo monta vanno in frantumi. Pur troppo più tardi ho saputo che ci fu un urto fatale ed un morto, la qual cosa mi ha fatto subito presagire che finiranno per abolire anche da noi queste corse pazze ,come hanno fatto in Francia. Io capisco che si possa indire una corsa di resistenza: ciò è bello ed è pratico; quello che non capisco è fare, con l'automobilismo, la concorrenza alla ferrovia, ai treni lampo, agli express su strada comune. La quinta arrivata fu una vettura, così pure la sesta, la settima. Le vetture presentano meno pericoli, almeno apparentemente, del triciclo, e per lo più sono montate da due: uno che guida, l'altro in una posizione più o meno impacciata e gotica, forse per tagliare l'aria con minore resistenza. Tra le vetture, ne passò una tutta gialla che mi dissero essere del maestro barone Fanchetti. Ho visto anche passare assai bene, e con ammirevole velocità, due biciclette con motore a benzina. Chi montava la prima bicicletta a benzina aveva le braccia al sen conserte: come potete giudicare è una bella prova di fiducia in se stesso e nelle leggi dell'equilibrio, verso le undici tutto era finito. In complesso la corsa se ha segnato ai miei occhi un evidente progresso in velocità e un evidente perfezionamento, fu meno varia di quella dell'anno scorso. Ad un certo punto direi quasi che ogni cosa fu strozzata, perchè evidentemente molti tornarono indietro, al qual fatto contribuì senza dubbio la disgrazia accaduta. Nei nostri pressi tutto andò benissimo, il controllo funzionò egregiamente, e in ordine, alla firma obbligatoria apposta al controllo.”

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