venerdì 26 giugno 2015

Arriva Buffalo Bill

Buffalo Bill, al secolo William Frederick Cody, ex colonnello dell’esercito degli Stati Uniti, leggenda vivente dell’epopea americana della Frontiera, arrivò a Cremona la mattina del 18 aprile 1906 alla testa del suo gigantesco circo equestre per un evento che, in ogni città d’Europa dove aveva dato spettacolo, aveva suscitato sorpresa ed entusiasmo, mobilitando folle oceaniche. Da quando, intorno al 1883, aveva lasciato il circo Barnum, dove si era esibito con la carabina ed una mezza mandria di cavalli selvaggi, per mettere insieme la sua colossale compagnia, Buffalo Bill era entrato nel cuore e nella fantasia degli abitanti del Vecchio Continente, che avevano conosciuto la sua storia più attraverso i romanzi di avventura che i libri o i giornali. Nel 1870, quando aveva appena ventiquattro anni, era già eroe leggendario, tanto che il popolare scrittore Ned Buntline ne aveva fatto il protagonista di un suo romanzo, “Il re della frontiera”, che venne venduto a milioni di copie. Due anni dopo era già stato protagonista, peraltro con scarsa fortuna, in un dramma di avventure del West scritto appositamente per lui. Dunque l’attesa per questo spettacolo, che si annunciava come il più accattivante del tempo, era spasmodica. Fin dai primi di marzo la stampa locale aveva iniziato a seguire le vicende del grande circo sbarcato a Marsiglia il 4 marzo per la prima rappresentazione. In Italia, di tappa in tappa, la gigantesca troupe era poi passata a Roma per poi risalire al Nord. Da ogni location venivano inviati dispacci alla stampa per tenere al corrente il pubblico degli spostamenti del circo. Le rappresentazioni, costituite da un vero e proprio spettacolo da circo equestre in cui erano impegnati uomini e cavalli, furono precedute da un battage pubblicitario come non si era mai visto in Italia. Un lancio all’americana che era già di per se stesso uno spettacolo, al punto che la gente accorreva persino ad assistere allo scarico dei materiali alla stazione ferroviaria ed al montaggio dell’arena, un’ampia tribuna coperta capace di contenere dodicimila posti nelle città più piccole, e sino a ventimila in quelle più grandi, che poteva essere allestita in tre ore. Tempi e tecnologie assolutamente nuove per quegli anni. Il circo, nelle città come Cremona, sostava una sola giornata, ma la sua perfetta organizzazione, che fu uno degli aspetti che più colpirono la fantasia degli spettatori italiani, consentiva in poche ore dall’arrivo del treno di avere l’intera struttura a disposizione. Il circo viaggiava su quattro convogli separati costituiti nel complesso da cinquanta vagoni appositamente predisposti, che giungevano a destinazione ad un’ora di distanza l’uno dall’altro, il tempo necessario a scaricare i materiali.
La troupe di Buffalo Bill

La compagnia contava in tutto circa 800 persone, di cui soltanto una decina di donne, di una dozzina di razze differenti: pellerossa delle diverse tribù, messicani, cowboys che avevano prestato servizio nel glorioso Settimo Reggimento Cavalleria degli Stati Uniti, cavallerizzi inglesi, arabi, zuavi, giapponesi, beduini del deserto, cosacchi. Buffalo Bill si portava dietro ben seicento cavalli di cui un centinaio erano adibiti al solo trasporto dei materiali dalle stazioni ferroviarie al luogo in cui veniva eretto il tendone capace anche di ventimila posti, per alzare il quale servivano 1.300 pioli, 4 mila pali, 30 mila metri di corde, 20 mila metri quadrati di tende, oltre 10 mila pezzi vari in legno e ferro ed un area di almeno 40 mila metri quadrati. Nella cucina da campo venivano consumati giornalmente 800 chili di carne, mille di pane, 400 di patate, 60 chili di burro, 150 di zucchero, 700 chili di agrumi, e 320 litri di latte e mille di the e caffè. Le derrate alimentari, cucinate e servite da 8 cuochi, 3 macellai e 10 camerieri, erano acquistate regolarmente nelle città dove il circo sostava. La cucina, dove troneggiava un enorme padellone di due metri di diametro, era alimentata da una caldaia a vapore con cui si provvedeva a preparare il the o il caffè e ad alimentare la tavola calda collocata nell’adiacente refettorio dove prendevano i pasti gli artisti, le maestranze, operai e tecnici. Il biglietto per lo spettacolo costava 2 lire; 4 per i posti numerati, 5 e 8 per i posti riservati. I ragazzi al di sotto dei 10 anni pagavano metà: per il tempo erano prezzi alti e sproporzionati.
Il primo vagone, con la squadra addetta alla pubblicità, giunse a Cremona una quindicina di giorni prima della rappresentazione: una carrozza ferrovia riappositamente costruita nelle officine di Stock on Trent, con scritte dipinte in oro su fondo bianco, dove era ricavato lo studio del direttore, il maggiore John Burke, e da cui partivano gli addetti alle affissioni di migliaia di manifesti, cartelloni e stampati di ogni tipo. Non vi fu vetrina di negozio o magazzino su cui non campeggiasse un’immagine di Buffalo Bill, affissa dopo che l’organizzazione aveva acquistato la bellezza di cinque quintali di farina bianca con cui fabbricare la colla necessaria. Manifesti molto “americani”, dai colori vivaci, di ogni misura, con varie scene e un quadro multiforme di varia umanità, una vera e propria lezione di ambiente e costume, la rappresentazione di un Far West mitizzato e fantastico. Ma anche pagine di quel romanzo storico di cui il colonnello William Cody era stato protagonista di rilievo con le sue gesta vere o leggendarie e quei personaggi che con lui avevano fatto la storia dell’America. Su uno di questi manifesti appariva Buffalo Bill con un cappellaccio in stile messicano che montava un maestoso cavallo con la criniera sciolta al vento, su un altro cartellone le macabre danze degli indiani attorno ad una capanna incendiata, oppure l’immagine di un soldato con una divisa fiammante che guida due focosi destrieri, o ancora quella dei pellerossa all’assalto di una sgangherata carovana di pionieri. I giornali dedicavano centinaia di righe a questa pubblicità che lasciava esterrefatti per sua meticolosa ricostruzione della realtà. Perciò quando venne il gran giorno, già dalle due del mattino del 18 aprile, con un freddo ancora pungente, una folla strabocchevole era già assiepata dietro le transenne, posizionate davanti allo scalo merci e si dovettero chiamare i Carabinieri per evitare il peggio. Il primo dei quattro treni della carovana arrivò da Mantova alle 3 e l’ultimo alle 4,35. Alle 5,45, una volta completato lo scarico, un primo drappello della troupe si diresse all’Ippodromo, situato dove oggi è piazza Castello per iniziare ad erigere il tendone mentre alla stazione i veterinari procedevano alla visita dei cavalli, ad iniziare da quelli da tiro destinati a trainare i carri con il materiale.
Buffalo Bill con Toro Seduto
Un migliaio di persone era già in attesa anche all’Ippodromo, per assistere all’arrivo della lunga teoria di carri, carrozze e cavalli che aveva iniziato a snodarsi dalla barriera di porta Milano: uno spettacolo che, ancora prima di andare in scena, dava prova della grande abilità con cui tutto il personale era impegnato nel manovrare quella moltitudine di animali senza un solo colpo di frusta. Poco prima dell’inizio dello spettacolo, a mezzogiorno, la pista era ormai pronta e molti della compagnia si riversarono in città con i loro splendidi costumi variopinti. Per il momento non si fece vedere solo Buffalo Bill, vero mattatore della scena, rimasto nel suo carro a dare gli ultimi ritocchi ai preparativi. Alle 14,30, nella grande arena a forma di rettangolo in cui si erano assiepate almeno 12 mila persone, al suono della marcia suonata dalla banda di cowboys, fecero il loro ingresso i primi drappelli di indiani a cavallo, cui seguirono altri gruppi preceduti dai loro capi avvolti negli abiti tradizionali dai grandi piumaggi, a cavallo di piccoli destrieri focosi. Seguì l’entrata in scena di moltissimi cowboys nelle loro camicie rossoscuro e si diede inizio al primo dei grandi caroselli del circo con la rappresentazione di alcune delle più famose battaglie dell’epopea americana: l’apparizione di Buffalo Bill fu accolta da una standing ovation. Poi seguirono i messicani con i loro sombrero e i caratteristici ponchos a righe multicolori. Dopo varie evoluzioni a cavallo i messicani ci cimentarono con i lazos che portavano agganciati alla sella. Seguirono quindi i lancieri in uniforme della guerra di secessione, i leggendari rough riders della guerra ispano‐americana, un gruppo di cosacchi del Caucaso nelle ampie zimarre ed i fucilieri americani, infallibili nell’uso della carabina. Lo spettacolo venne replicato la sera, poi le attrezzature vennero smontate e durante la notte la carovana partì per Piacenza.

Buffalo Bill sollecitato dalla fortuna che sta avendo il circo da poco inventato da Phineas Barnum, aveva deciso nel 1883 di mettere in scena assieme all’attore drammatico Nate Salsbury il selvaggio West, le battaglie tra Indiani e uomo bianco, il lavoro dei pony express, la caccia ai bisonti. Lo spettacolo, che si chiamerà “Wild West Show”, non è una semplice rappresentazione, ma qualcosa di emozionante, gigantesco, indimenticabile. Due i punti centrali dello spettacolo: la messa in scena della battaglia di Little Big Horn del 1876 e l’episodio del “primo scalpo per Custer”, nel quale Buffalo Bill vendica la sconfitta della battaglia uccidendo un indiano, Mano Gialla, capo dei Sioux Odlaga, e prendendogli lo scalpo. Dopo aver subito modifiche e ingrandimenti, e aver aggiunto storie di guerrieri di tu ti i tempi e le latitudini, il “Wild West Show” è pronto per raccontare anche all’Europa e all’Italia il selvaggio West e la storia della Frontiera americana. La “macchina” dello spettacolo si fa organizzatissima: gli spostamenti di questa carovana gigantesca, che prevede centinaia di figuranti e migliaia di cavalli, vengono effettuati la notte, in modo da poter mettere in scena lo show ogni giorno in una città diversa. Dello spettacolo fa parte, per un certo periodo, anche il leggendario capo Sioux Toro Seduto e sono presenze costanti l’infallibile tiratrice
La tiratrice Annie Oakley
Annie Oakley, tra l’altro anche la sua amante da anni, l’inseparabile cavallo Brigham e la mitica la diligenza Deadwood, sopravvissuta a mille avventure, trasformata in uno del personaggi del suo circo. Dopo esibizioni da tutto esaurito negli Stati Uniti, lo show si trasferisce in Europa. La prima volta nel 1887, in Inghilterra, in occasione del giubileo della regina Vittoria con i capi sioux Giacca Rossa, Piccolo Toro, Manzo Tagliato, Cane Povero e altri 97 indiani in buona parte ammalatisi durante la traversata. In Italia passerà per ben due volte, nel 1890, per un tour in cinque città e poi nel 1906, per una tournée lunghissima che toccherà numerose città, per ben 119 spettacoli. Quando arriva in Italia per la prima volta, nel 1889, Buffalo Bill è preceduto dalla fama conquistata a Parigi, dove partecipa con suo spettacolo all’Expo universale. Sbarca a Napoli, dopo le difficoltà dovute a malattie e vaiolo incontrate in Spagna, ma alla prima si ritrovano duemila persone con biglietto vero e duemila con biglietto falsificato. Le cronache dicono che il vero spettacolo quel giorno fu la litigata fra quattromila persone. Dopo Napoli, Cody va a Roma da papa Leone XIII: i suoi indiani si prendono beffe dei costumi delle guardie svizzere e lui non vuol visitare il Colosseo. «Troppo pietrame», dirà. Nella seconda tournée, però, il colonnello Cody non è più quello di prima: ha compiuto 60 anni il 26 febbraio, porta il parrucchino, si fa quattro colossali bevute al giorno, litiga con la moglie Louisa Frederici al punto di chiedere il divorzio. Tuttavia è ancora un mito. E quando il successo del circo comincia a declinare Buffalo Bill passa al cinema. Dal 1913 al 1915 gira alcune pellicole prodotte dall’inventore Thomas Alva Edison, sulle storie degli indiani. Per una di queste il set scelto sarà lo stesso della famosa battaglia di Wounded Knee, luogo di un eccidio compiuto nel 1890 da truppe americane contro sioux inermi.


1 commento:

  1. Molto interessante.
    Sapevo che Buffalo Bill era stato a Cremona, perché me ne aveva parlato mio padre e a lui l'aveva raccontato suo padre, mio nonno.
    Mio padre mi aveva anche detto il luogo dove era stato montato il grande tendone.
    Mi disse che sorgeva nella piazza dove c'è il Torrione di Via Ghinaglia, quindi tra Via Ghinaglia e Via Piave.
    Ho sempre creduto questo. A guardar bene, lo spazio non è molto grande, anche per la presenza della torre e delle case in fregio a Via Ghinaglia che sono antecedenti alla venuta di Buffalo Bill.
    Nello scritto si dice che era invece all' IPPODROMO, dove adesso c'è Piazza Castello. Lì una volta infatti c'era una vasta zona senza costruzioni, dove nel medioevo si esercitavano i militi, la piazza d'armi.
    Lo si vede chiaramente dalla Carta del Campi.
    Sarebbe interessante verificare più approfonditamente e magari trovare una fotografia del tendone montato lì, impossibile che non esista neppure una sola foto.
    .
    . Daniele Disingrini

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