martedì 1 gennaio 2013

Emanuele, vescovo e demonio

L'abbazia di Aduard in Frisia

Il suo nome era stato cancellato dalla memoria collettiva per oltre ottocento anni. Poi nel 1998 la diocesi di Groningen ha esumato le sue spoglie dal sepolcro dove si trovavano dal 1298, e con una processione solenne le ha trasportate nella nuova tomba appositamente allestita per accoglierle. Ma a Cremona nessuno ne ha mai saputo nulla, dal momento che le notizie del beato Emanuele di Sescalca si erano perse lungo le strade della Frisia ormai da quasi un millennio. Davvero una vicenda straordinaria quella di questo maestro e arcidiacono e poi vescovo di Cremona dal 1290 al 1295, cacciato per discordie intestine e poi rifugiatosi nell'abbazia cistercense di Adwert o Aduard nella Frisia occidentale, soppressa nel 1594 e distrutta quasi totalmente nel 1941, dove, ancora in vita, venne venerato come un santo. Il nostro Emanuele era dunque un monaco cistercense giunto a Cremona in epoca imprecisata, ma sicuramente prima del 1277. In quell'anno, infatti, con il titolo di maestro e rivestito della dignità di arcidiacono della chiesa cremonese, viene ricordato all'Università di Parigi presso la scuola di Gerardo di Cutri dove legge le decretali. Ben presto dovettero nascere contrasti con il collegio dei decretalisti perché il nostro si sarebbe rifiutato di pagare la metà della pensione dovuta per l'uso della scuola, senza poter giustificare la sua richiesta con la documentazione di cui diceva di essere in possesso. Dopo aver citato a testimoniare a suo favore davanti all'ufficiale di Parigi anche il decano fu accusato di essere spergiuro e ribelle e dunque privato del diritto di lettura. Per questo motivo, con ogni probabilità, dovette tornare a Cremona dove, in quel momento, era in corso la lotta per la successione al soglio episcopale. Qui, il 18 luglio 1290, era morto il vescovo Ponzio Ponzoni, vicario di Cacciaconte de' Sommi e canonico della Cattedrale. Alla sua scomparsa si riaccesero le lotte fra i canonici per l'elezione del nuovo vescovo che fino al gennaio 1291 impedirono di fatto la nomina di un nuovo presule. In realtà i contrasti avevano già avuto inizio poco dopo il ritorno dell'arcidiacono Emanuele a Cremona. "Qui nuovi guai non dovettero mancargli. La sua natura stessa - scrive Francesco Novati - tutt'altro che pieghevole, se ne giudichiamo dal poco che ci è noto di lui, s'incaricava di procacciargliene in copia,fra gente violenta, rissosa, pronta sempre a battagliare per difendere diritti veri o immaginari. Emanuele, così, a cagion delle sue dignità e de' suoi benefizi, più numerosi di quanto i canoni consentissero, ebbe presto ad entrare in lotta con il vicario del vescovo, poscia col vescovo stesso, con il capitolo, infine con tutti". Contro l'arcidiacono giunto da Parigi si schiera subito il vescovo Cacciaconte de' Sommi accusandolo di essersi rifiutato di rispondere alle domande del legato apostolico Bernardo di Languissel vescovo di Arles in merito al fatto che non pagasse le decime. Il vescovo lo accusa anche di detenere illegalmente la prepositura della chiesa di S. Michele contro le decisioni delle leggi canoniche. Il 30 agosto 1286 il nunzio episcopale Guglielmo, mansionario della Cattedrale viene incaricato di intimare all'arcidiacono ribelle la citazione a comparire dinanzi al vescovo per purgarsi delle accuse che gli vengono fatte, ma, non trovandolo in canonica, gli intima la citazione pubblicamente. Emanuele non si dà per vinto e ricorre al vescovo metropolita, presso il quale quasi sicuramente trova benevola accoglienza, visto che in dicembre lo stesso Cacciaconte è costretto a mandare un suo nunzio a Milano per diffidare l'arcivescovo Ottone Visconti dal prestare ascolto alle eventuali accuse formulate contro di lui dall'arcidiacono, in quanto già scomunicato. Una mossa che desta una grande impressione nella curia arcivescovile di Milano, al punto tale che Ottone Visconti l'11 giugno 1288 intima allo stesso Emanuele di presentarsi per annunziargli personalmente di aver deciso di ritirare ed annullare tutti processi iniziati, su sua istanza, contro Cacciaconte e la chiesa cremonese. Ma Emanuele neppure questa volta si presenta: il vescovo vince sì la sua battaglia contro il ribelle, ma il 16 luglio 1288 muore e frana con lui tutto il castello di accuse faticosamente costruito contro l'arcidiacono, che, nonostante sia stato scomunicato ben sette volte, alla scomparsa di Ponzio Punzoni, viene a sua volta eletto dai fautori, che pure dovevano essere numerosi, alla dignità vescovile. Le cose filarono liscio fino al 1295 quando Guizzardo da Persico viene nominato vescovo dal Capitolo della Cattedrale e si reca alla Curia di Roma per sostenere la propria elezione, contestata da due concanonici. Il 24 aprile 1296, mentre Emanuele è sempre vivo, muore il vescovo da Persico e papa Bonifacio VIII decide di nominare titolare della diocesi cremonese il suo cappellano Raineri del Porrina da Casole. Tuttavia sembra che Emanuele abbia continuato ad esercitare le proprie funzioni, sia a Roma nel 1295, che nel cantone svizzero dei Prigioni dove nello stesso anno dedicò due altari del monastero delle Benedettine di Munster, nel 1296 presenziò alla consacrazione della chiesa dei domenicani di Wezel infine nel 1297 ad Aduard, o Adwert, dove consacrò la cappella dell'infermeria dell'abbazia di San Bernardo, fondata nel 1192 come filiazione di Cluny. E' qui che Emanuele terminò la sua tribolata vicenda terrena, morendo in odore di santità il 1 ottobre 1298. Il suo corpo fu sepolto dinnanzi all'altare maggiore e la tomba venne ricoperta di una pietra che recava scolpita la sua immagine e all'intorno l'epigrafe: "Hic jacet Emanuel Dei gratia episcopus et comes, iuris utriusque professor, qui obiit anno Domini MCCXCVIII ipso die remigai episcopi et confessoris. Cuius anima per misericordiam Dei requiescat in pace. Amen". Eretico in patria, santo in Olanda. E questo spiega la dimenticanza in cui S. Emanuele è caduto presso i suoi concittadini. 

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